5 Novembre 2018

Lunedì XXXI Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli, e conoscerete la verità.” (Gv 8,31b-32 - Acclamazione al Vangelo).  

Dal Vangelo secondo Luca 14,12-14: Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: Gesù continua il suo discorso durante il banchetto in casa di uno dei capi dei farisei parlando della scelta degli invitati, che non deve essere suggerita da motivi di tornaconto personale. È la logica del do ut des, una logica impastata di pregiudizi, di favoritismi, una logica che non tiene conto della carità, ma solo quella del vantaggio e del contraccambio. Gesù disapprovando questo modo di fare e di ragionare, con parole chiare suggerisce la via per giungere alla vera beatitudine: la via del disinteresse, della gratuità. Gesù non dà solo consigli morali, ma vuole far capire la nuova realtà messianica: i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi, una categoria bistrattata dai farisei e da essi considerata impura, sono gli amici che si deve procurare colui che vorrà far parte del convito dei giusti, seguendo l’esempio del Figlio di Dio: “«La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.” (Mt 22,9-10). Il passo lucano ci riporta al tema della carità fraterna, così cara all’evangelista. L’amore vero deve essere disinteressato, motivato non da un proprio vuoto da colmare, ma da un’eccedente pienezza interiore.

Gesù disse poi al capo dei farisei che l’aveva invitato - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli):  versetto 13 Invita i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; sono elencati quattro tipi di infelici, come nel versetto precedente erano state nominate quattro specie di invitati. «I poveri» figurano per primi poiché per Luca la povertà è una caratteristica ed una condizione fondamentale per l’appartenenza al regno del cielo.
versetto 14 Allora sarai beato; l’espressione svela l’autentico senso religioso di questo singolare ammaestramento del Redentore; la vera beatitudine consiste nel dar prova di un amore disinteressato che si compiace di esser generoso con i più infelici e diseredati, i quali non possono dar nulla in ricompensa del bene ricevuto. Questo elevato insegnamento riprende e completa quello già riferito dall’evangelista in un testo precedente (cf. Lc., 6,32-34). Nella risurrezione dei giusti; cioè: alla risurrezione avrai parte con i giusti; l’espressione designa la vita beata ed eterna. Non bisogna fraintendere la presente dichiarazione evangelica, quasi che in essa si parli di una risurrezione riservata unicamente ai buoni, come ritenevano alcuni gruppi di Ebrei e come è attestato da affermazioni conservate negli scritti rabbinici. Per i giusti la risurrezione è piena di speranza, poiché introduce nella vita futura beata; essa quindi è ricordata come la più grande ricompensa riservata a coloro che hanno accolto gli insegnamenti di Cristo. Per la risurrezione universale si vedano i testi di Lc., 11,31-32; Mt., 12,41-42; Mc.,12,26. La dottrina racchiusa in questi pochi versetti è di notevole rilievo per il messaggio evangelico, poiché insiste sull’unico e superiore motivo - la carità disinteressata - al quale deve ispirarsi l’azione del discepolo di Gesù. La forma con cui tale dottrina è proposta rivela il metodo scelto dal Maestro nell’illustrare le verità più elevate e più caratteristiche del suo messaggio; Gesù, rifacendosi ad osservazioni semplici e quotidiane, che non sfuggono nemmeno allo sguardo più superficiale, sa elevare gli ascoltatori ad insegnamenti di alta spiritualità che aprono prospettive superiori ed inducono ad un’azione fruttuosa per la vita eterna.

I poveri - Costante Brovetto: Gesù si presenta come il Messia dei poveri, inviato dallo Spirito a portare loro la buona novella (Is 61) e la consolazione. Si dichiara “mite ed umile di cuore” (Mt 11,29), come i “poveri” di JIIWH. Proclama beati i “poveri in spirito” (Mt 5,3), cioè coloro che hanno animo da poveri e vivono con piena fiducia nella Provvidenza di Dio, che viene incontro a tutte le umane necessità. Prova l'autenticità del suo messianismo con la premura taumaturgica verso i bisognosi nel corpo e nello spirito e mostrando che così giunge il Regno di Dio (cfr. Mt 12,28). Infine annuncia che il giudizio finale avverrà in base alle opere di misericordia (Mt 25,31­46). Gesù, chiamando i discepoli a seguirlo, esige da loro che lascino tutto (cfr. Mt 19,21), dando così inizio alla pratica della povertà evangelica volontaria, finalizzata all'avvento del Regno.
La tradizione cristiana. Nella Chiesa primitiva la povertà evangelica si esprime soprattutto come condivisione dei beni (cfr. At 2,44-45) in un clima di gioia escatologica. Le comunità fondate da Paolo dimostrano la loro comunione con i poveri della Chiesa madre mediante generose collette (cfr. 2Cor 8-9). È poi soprattutto la vita monastica a mantenere lo spirito della povertà evangelica mediante la condivisione. Dal Medioevo i francescani e gli altri ordini mendicanti rendono ancor più radicale e gioiosa la povertà evangelica. Innumerevoli istituti religiosi sono nati a servizio d'ogni tipo di povertà, e oggi vi si aggiungono le molte forme di volontariato. La “Chiesa dei poveri” fa proprio lo stile di umiltà e abnegazione di Cristo e riscopre il valore attivo e creativo della povertà per la sua missione e il progresso dell'umanità. Infatti oggi paradossalmente si riscoprono la parsimonia e la sobrietà come l'unico stile di vita che consenta uno sviluppo mondiale “sostenibile”, viste le urgenze di tipo ambientale e quelle della giusta redistribuzione delle risorse tra le aree del pianeta.

Bisogna testimoniare e vivere il cristianesimo mediante la carità disinteressata e concreta - Giovanni Paolo II (Omelia 31 Agosto 1986): [...] oggi Cristo ci invita ad aprire il cuore alle stesse dimensioni del suo cuore santissimo. Come lui, noi dobbiamo far nostre le sofferenze e le ansie di tutti gli umili del mondo, dei poveri, degli affamati, degli emarginati. Gesù è venuto per questo, come abbiamo cantato al versetto dell’Alleluia: “Il Signore mi ha mandato ad annunziare ai poveri la buona novella a proclamare ai prigionieri la liberazione” (Lc 4, 18).
E infatti il Vangelo oggi ascoltato è anche e soprattutto una grande lezione di amore ai fratelli più provati. Nell’accettare l’invito a pranzo, Gesù dimostra di gradire molto la gentilezza dell’ospite; ma lo invita a una più grande generosità: “Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”. Così Gesù dimostra la sua preferenza per i sofferenti, e lancia il messaggio fondamentale del Vangelo, che è servizio compiuto per amore di Dio e dei fratelli: “Sarai beato perché non hanno da ricambiarti . . . Riceverai la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14, 13-14).
Tali parole sono una continua sfida alla nostra fede. Bisogna credere, ma bisogna anche agire, cioè testimoniare e vivere il cristianesimo mediante la carità disinteressata e concreta. Anche ai nostri giorni, nonostante tutte le conquiste della scienza e della tecnica e la più vasta dilatazione della cultura e del benessere, la carità continua ad essere necessaria, perché è sempre presente tra noi il fratello che soffre. Tutti devono esserne consapevoli, a livello sia personale sia sociale. Quindi ogni cristiano, come ogni diocesi e parrocchia, ogni famiglia cristiana e ogni gruppo laicale devono sentirsi impegnati nell’esercizio della carità, nelle forme che oggi si offrono alla disponibilità di ciascuno: “Caritas”, Volontariato, Conferenze di san Vincenzo, opere assistenziali e di ricupero, aiuto e assistenza alle persone anziane, inferme o in comunque handicappate. Per vivere in modo autentico la propria fede cristiana, bisogna fare in modo di giungere alla sera di ogni giorno dopo aver realizzato l’impegno della carità: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli - dice il divin Maestro - se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35).

La carità non cerca il proprio interesse - Benedetto XVI (Angelus, 31 gennaio 2010): Nella sua Prima Lettera ai Corinzi, [l’apostolo Paolo] dopo aver spiegato, con l’immagine del corpo, che i diversi doni dello Spirito Santo concorrono al bene dell’unica Chiesa, Paolo mostra la “via” della perfezione. Questa - dice - non consiste nel possedere qualità eccezionali: parlare lingue nuove, conoscere tutti i misteri, avere una fede prodigiosa o compiere gesti eroici. Consiste invece nella carità - agape - cioè nell’amore autentico, quello che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo. La carità è il dono “più grande”, che dà valore a tutti gli altri, eppure “non si vanta, non si gonfia d’orgoglio”, anzi, “si rallegra della verità” e del bene altrui. Chi ama veramente “non cerca il proprio interesse”, “non tiene conto del male ricevuto”, “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (cfr. 1Cor 13,4-7). Alla fine, quando ci incontreremo faccia a faccia con Dio, tutti gli altri doni verranno meno; l’unico che rimarrà in eterno sarà la carità, perché Dio è amore e noi saremo simili a Lui, in comunione perfetta con Lui. Per ora, mentre siamo in questo mondo, la carità è il distintivo del cristiano. È la sintesi di tutta la sua vita: di ciò che crede e di ciò che fa.

Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi - Papa Francesco (Angelus, 28 agosto 2016): Si tratta di scegliere la gratuità invece del calcolo opportunistico che cerca di ottenere una ricompensa, che cerca l’interesse e che cerca di arricchirsi di più. Infatti i poveri, i semplici, quelli che non contano, non potranno mai ricambiare un invito a mensa. Così Gesù dimostra la sua preferenza per i poveri e gli esclusi, che sono i privilegiati del Regno di Dio, e lancia il messaggio fondamentale del Vangelo che è servire il prossimo per amore di Dio. Oggi, Gesù si fa voce di chi non ha voce e rivolge a ciascuno di noi un accorato appello ad aprire il cuore e fare nostre le sofferenze e le ansie dei poveri, degli affamati, degli emarginati, dei profughi, degli sconfitti dalla vita, di quanti sono scartati dalla società e dalla prepotenza dei più forti.

Sarai beato - Amoris laetitia 183: Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello: «Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare. […] Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado». Invece le famiglie aperte e solidali fanno spazio ai poveri, sono capaci di tessere un’amicizia con quelli che stanno peggio di loro. Se realmente hanno a cuore il Vangelo, non possono dimenticare quello che dice Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). In definitiva, vivono quello che ci viene chiesto in modo tanto eloquente in questo testo: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato» (Lc 14,12-14). Sarai beato! Ecco qui il segreto di una famiglia felice.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Bisogna testimoniare e vivere il cristianesimo mediante la carità disinteressata e concreta.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, tu se l’unico Signore e non c’è altro Dio all’infuori di te; donaci la grazia dell’ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote. Egli è Dio, e vive e regna con te...