IL PENSIERO DEL GIORNO
1 LUGLIO 2017
Oggi Gesù ci dice: “In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!” (Mt 8,10).
Bibbia di Gerusalemme (Nota a Mt 8,10): La fede, che Gesù richiede fin dall’inizio della sua attività (Mc 1,15) e che richiederà incessantemente, è un movimento di fiducia e di abbandono per il quale l’uomo rinunzia a far affidamento sui propri pensieri e sulle proprie forze, per rimettersi alle parole e alla potenza di Colui nel quale crede (Lc 1,20.45; Mt 21,25.32). Gesù la domanda in modo particolare in occasione dei miracoli (Mt 8,13; 9,2p.22p.28-29; 15,28; Mc 5,36p. 10,52p; Lc 17,19), che sono meno atti di misericordia che segni della sua missione e del regno (Mt 8,3+, cf. Gv 2,11+); così egli non può compierne se non trova la fede, che deve dare ad essi il loro vero significato (Mt 12,38-39;13,58p. 6,1-4). Esigendo un sacrificio dello spirito e di tutto l’essere, la fede è un atto difficile di umiltà (Mt 18,6p), che molti rifiutano di compiere, particolarmente in Israele (Mt 8,10p.15,28.27,42p; Lc 18,8) o lo fanno solo per metà (Mc 9,24; Lc 8,13). I discepoli stessi sono lenti a credere (Mt 8,26p; 14,31; 16,8; 17,20p), anche dopo la resurrezione (Mt 28,17; Mc 16,11-14, Lc 24,11.25.41). Anche la fede più sincera del loro capo, la «roccia» (Mt 16,16-18), sarà scossa dallo scandalo della passione (Mt 26,69-75p), ma poi trionferà (Lc 22,32). Quando è forte, la fede opera meraviglie (Mt 17,20p; 21,21p; Mc 16,17), ottiene tutto (Mt 21,22p; Mc 9,23), in particolare la remissione dei peccati (Mt 9,2p; Lc 7,50) e la salvezza, di cui è la condizione indispensabile (Lc 8,12; Mc 16,16; cf. Mt 3,16+).
Ortensio da Spinetoli (Matteo)
Va’, avvenga per te come hai creduto. In quell’istante il suo servo fu guarito.
Il miracolo è un’apologia del Cristo ma soprattutto un panegirico della carità, espressa nella cura del padrone verso il «servo», e particolarmente della fede cristiana. L’esempio a insegnamento viene da un pagano, per di più da un militare, generalmente di scarsa sensibilità e poco incline alle emozioni religiose. L’elogio della fede del centurione («tanto grande», «ti sia fatto come hai creduto) ha una portata pastorale e apologetica che l’evangelista non può passare sotto silenzio. L’ufficiale non solo chiede la guarigione ma suggerisce a Gesù il modo di operarla. Egli si ispira al suo mondo e alla sua professione. Nella prassi militare un «ordine» appena emanato raggiunge indistintamente vicini e lontani. La stessa cosa può fare Gesù. La sua «parola» guaritrice è un «comando» che si porta sulle forze del male obbligandole a recedere dall’infermo.
Nell’ipotesi che la risposta di Gesù, come quella alla Cananea (IS, 21-28), contenga un rifiuto del miracolo («Debbo forse venire a guarirlo?») il comportamento del centurione appare ancor più eroico. La sua protesta nei poteri del messia segna il punto culminante del racconto.
Questo testo, che la chiesa ha ripetuto come suprema professione di fede e di umiltà, contiene anche una precisazione sulla forza della parola. Il lό goz tou Qeou ha creato i cieli: la sua virtù è per questo incontenibile.
Il miracolo di Cafarnao ne è un’illustrazione confortevole.
JEAN DUPLACY
La Fede
Per la Bibbia la fede è la sorgente e il centro di tutta la vita religiosa. Al disegno, che Dio realizza nel tempo, l’uomo deve rispondere mediante la fede. Sulle orme di Abramo, «padre di tutti coloro che credono» (Rom 4,11), i personaggi esemplari del Vecchio Testamento sono vissuti e sono morti nella fede (Ebr 11) che Gesù «porta a perfezione» (Ebr 12,2). I discepoli di Cristo sono «coloro Che hanno creduto» (Atti 2,44) e «che credono» (1Tess 1,7). La varietà del vocabolario ebraico della fede riflette la complessità dell’atteggiamento spirituale del credente. Tuttavia due radici sono dominanti: ‘aman evoca la fermezza e la certezza; batah, la sicurezza e la fiducia. Il vocabolario greco è ancora più vario. Di fatto la religione greca praticamente non concedeva posto alla fede; quindi i LXX, non disponendo di parole appropriate per rendere l’ebraico, sono andati a tastoni. Alla radice batah, corrispondono soprattutto: elpìs, elpìzo, pèpoitba (Volg.: spes, sperare, confido); alla radice ‘aman: pìstis, pistèuo, alètheia (Volg.: fedes, credere, veritas). Nel Nuovo Testamento le ultime parole greche, relative al campo della conoscenza, diventano nettamente predominanti. Lo studio del vocabolario rivela già che la fede, secondo la Bibbia, ha due poli: la fiducia che si pone in una persona «fedele» ed impegna tutto l’uomo; e dall’altra parte, un passo dell’intelligenza, cui una parola o dei segni permettono di accedere a realtà che non si vedono (Ebr 11,1).
Abramo, padre dei credenti - Jahve chiama Abramo, il cui padre «serviva altri dèi» in Caldea (Gios 24,2; cfr. Giudit 5,6ss), e gli promette una terra ed una numerosa discendenza (Gen 12,1s). Contro ogni verosimiglianza (Rom 4,19), Abramo «crede in Dio (Gen 15,6) e nella sua parola, obbedisce a questa vocazione ed impegna la sua esistenza su questa promessa. Nel giorno della prova la sua fede sarà capace di sacrificare il figlio nel quale è già realizzata la promessa (Gen 22); per questa fede infatti la parola di Dio è ancor più vera dei suoi frutti: Dio è fedele (cfr. Ebr 11,11) ed onnipotente (Rom 4,21). Abramo è ormai il tipo stesso del credente (Eccli 44,20); preannunzia coloro che scopriranno il vero Dio (Sal 47,10; cfr. Gal 3,8) o il Figlio suo (Gv 8,31-41.56), coloro che si rimetteranno, per la propria salvezza, a Dio solo ed alla sua parola (1Mac 2,52-64; Ebr 11,8-19). Un giorno la promessa si realizzerà nella risurrezione di Gesù, discendenza di Abramo (Gal 3,16; Rom 4,18-25). Abramo sarà allora il «padre di una moltitudine di popoli» (Rom 4,17s; Gen 17,5): tutti coloro che la fede unirà a Gesù.
Catechismo degli Adulti (nn. 90-91)
Un dono
La fede è un dono o una scelta? Quando Paolo venne a portare il vangelo in Europa, nella città di Filippi «c’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia... e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). Non basta l’annuncio esteriore a suscitare la fede; occorre anche una illuminazione interiore.
Già l’Antico Testamento aveva chiara consapevolezza che la fede è frutto di una iniziativa di Dio: «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti... Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele» (Dt 7,79). Gesù stesso ha dichiarato pubblicamente: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). La fede è dono dello Spirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulla di estraneo.
Qualcuno potrebbe pensare: se la fede è un dono, forse io non l’ho ricevuto ed è per questo che non credo. C’è da dire, anzitutto, che i confini tra fede e incredulità nel cuore delle persone non sono ben marcati, un po’ come in quell’uomo che diceva a Gesù: «Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc 9,24). I credenti sono tentati di non credere e i non credenti sono tentati di credere. Qualcuno pensa di non credere e invece crede, almeno a livello di disponibilità e adesione implicita; altri pensano di credere e invece danno soltanto un’adesione teorica, senza vita.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** ** Credo aiutami nella mia incredulità.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...