1 Maggio 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua» (Mt 13,57).


Wolfgang Trilling: Gesù si reca a Nazaret «sua patria». Di ritorno dall’Egitto, Giuseppe vi aveva preso dimora con Maria e il fanciullo, in conformità alla volontà di Dio, secondo la parola della Scrittura (2,23). Anche a Nazaret, nella sinagoga, Gesù vuole annunciare il messaggio della salvezza, durante l’usuale riunione del sabato. La gente si stupisce, come già era accaduto dopo il discorso della montagna (7,28s.). Non si tratta però dello stupore per la propria inadeguatezza di fronte alle esigenze di Dio, ma di sentimenti di collera e di protesta da parte di chi si sente ferito nell’ orgoglio. Ci sono due possibili risposte, ugualmente istintive, di fronte al messaggio di Gesù: essere sbalorditi nell’intimo dell’anima sentendo la chiamata a cambiar vita; sentirsi minacciati e assumere un atteggiamento di difesa.


J. Russel

Profezia

I. II termine profezia fondamentalmente si riferisce alle espressioni umane in parole, segni o modi di vivere che reclamano le loro radici in una fonte trascendente o divina.
Difatti, la profezia si ritrova nelle tradizioni di Israele, nel cristiane imo, nell’Islam e in altre religioni.
II. Nella vita della Chiesa contemporanea la profezia è emersa sotto una duplice forma: 1 le profezie avvengono durante incontri di preghiera del movimento carismatico attraverso brevi affermazioni che cercano di rendere l’assemblea cosciente della presenza di Dio. Talvolta, la parola profetica ha il compito di comunicare una luce interiore che un membro dell’assemblea dichiara di aver ricevuto. II danno del soggettivismo o dell’illuminismo tende ad essere neutralizzato dal carattere discernente della stessa comunità carismatica. 2. La dimensione profetica della fede è stata anche identificata recentemente con i movimenti di giustizia, liberazione e pace tra i fedeli. Questo giudizio è basato su di una tradizione profetica di criticismo sociale, in particolare come è stato riscontrato nelle Scritture ebraiche. Il ruolo della profezia non è estraneo alla storia della Chiesa poiché la Chiesa stessa rappresenta la presenza permanente della parola dell’insuperato profeta, Gesù Cristo. La profezia è collegata alla natura carismatica della vita nella fede ed è soggetta alla verifica ecclesiale in quanto rivelazione privata. Il Vaticano II nella sua Costituzione dogmatica sulla Chiesa (cfr. LG 12) parla del popolo di Dio che condivide il ruolo profetico di Cristo specialmente attraverso una vita di fede e di carità. Il compito del profeta viene visto come un servizio per una nuova vita e per un futuro più trasparente volto verso il regno di Dio.


Catechismo degli Adulti

Più che Profeta

218 La personalità di Gesù, soprattutto l’autorità inaudita e il totale dono di sé, lasciano trasparire un profondo mistero. Viene spontaneo domandarsi se egli non abbia provato a definire la sua identità con qualche titolo o in riferimento a qualche figura dell’Antico Testamento.
Gesù si pone senz’altro al di sopra dei profeti e dei sapienti: «Ecco, ora qui c’è più di Giona!... c’è più di Salomone!» (Mt 12,41-42). Del resto, se Giovanni Battista, l’ultimo e il più grande dei profeti, ha un ruolo inferiore al più piccolo di quanti appartengono alla nuova realtà del regno di Dio, incomparabilmente più elevata deve essere la posizione di colui che rende presente il Regno stesso.
Tuttavia Gesù si situa nella linea dei profeti e non respinge la qualifica di “profeta”, con cui viene designato in ambienti popolari. Solo che, a differenza della gente, non mette l’accento sul potere di taumaturgo, ma sul destino di profeta rifiutato, perseguitato e martire, perché fedele a Dio e alla missione ricevuta: «Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!» (Lv 13,33-34).


Catechismo della Chiesa Cattolica

Gesù Profeta

783 Gesù Cristo è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha costituito “Sacerdote, Profeta e Re”. L’intero Popolo di Dio partecipa a queste tre funzioni di Cristo e porta le responsabilità di missione e di servizio che ne derivano.

785 “Il Popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica di Cristo”. Ciò soprattutto per il senso soprannaturale della fede che è di tutto il Popolo, laici e gerarchia, quando “aderisce indefettibilmente alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi” e ne approfondisce la comprensione e diventa testimone di Cristo in mezzo a questo mondo.

Lumen Gentium

Il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo...

12 Il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità, e coll’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome suo (cfr. Eb 13,15). La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cfr. 1Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando «dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici» mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l’applica nella vita.

500-501 Si obietta talvolta che la Scrittura parla di fratelli e di sorelle di Gesù (Mc 3,31-35; 6,3; 1 Cor 9,5; Gal 1,19). La Chiesa ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della Vergine Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, “fratelli di Gesù” (Mt 13,55), sono i figli di una Maria discepola di Cristo (Mt 27,56), la quale è designata in modo significativo come “l’altra Maria” (Mt 28,1). Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un’espressione non inusitata nell’Antico Testamento (Gn 13,8; 14,16; 29,15; ecc.). Gesù è l’unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria (Gv 19,26-27; Ap 12,17) si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare: «Ella ha dato alla luce un Figlio, che Dio ha fatto “il primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29), cioè di fedeli, alla cui nascita e formazione coopera con amore di madre».


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...





30 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria” (Lc 24,25-26).



J. Audusseau e X. Leon.Dufour (Dizionario di Teologia Biblica)

Il mistero della croce.

Se Gesù, e dopo di lui i discepoli, non hanno attenuato lo scandalo della croce, si è perché un mistero nascosto gli conferiva un senso. Prima di Pasqua, Gesù era solo ad affermarne la necessità, per obbedire alla volontà del Padre (Mt 16,21par.). Dopo la Pentecoste, illuminati dalla gloria del risorto, i suoi discepoli proclamano a loro volta questa necessità, collocando lo scandalo della croce al suo vero posto nel disegno di Dio. Se il Messia è stato crocifisso (Atti 2,23; 4,10), «appeso al legno» (5,30; 10,39) in modo scandaloso (cfr. Dt 21,23), fu senza dubbio a motivo dell’odio dei suoi fratelli. Ma questo fatto, una volta illuminato dalla profezia, acquista una nuova dimensione: compie «ciò che era stato scritto del Cristo» (At 13,29). Perciò i racconti evangelici della morte di Gesù contengono tante allusioni ai Salmi (Mt 27,33-60 par.; Gv 19,24.28.36s): «bisognava che il Messia soffrisse , conformemente alle Scritture, come il risorto spiegherà ai pellegrini di Emmaus (Lc 24,25s).

  
Tutta la vita di Cristo è offerta al Padre

Catechismo della Chiesa Cattolica

606 Il Figlio di Dio “disceso dal cielo non per fare” la sua “volontà ma quella di colui che” l’ha “mandato” (Gv 6,38), “entrando nel mondo dice: [...] Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà [...] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre” (Eb 10,5-10). Dal primo istante della sua Incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34). Il sacrificio di Gesù “per i peccati di tutto il mondo” (1Gv 2,2) è l’espressione della sua comunione d’amore con il Padre: “Il Padre mi ama perché io offro la mia vita” (Gv 10,17). “Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato” (Gv 14,31).

607 Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù  perché la sua Passione redentrice è la ragion d’essere della sua Incarnazione: “Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27). “Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?” (Gv 18,11). E ancora sulla croce, prima che tutto sia compiuto, egli dice: “Ho sete” (Gv 19,28).


Effetti della passione di Cristo

1708 Con la sua Passione Cristo ci ha liberati da Satana e dal peccato. Ci ha meritato la vita nuova nello Spirito Santo. La sua grazia restaura ciò che il peccato aveva in noi deteriorato.


Grazia e giustificazione

1987-1992 La grazia dello Spirito Santo ha il potere di giustificarci, cioè di mondarci dai nostri peccati e di comunicarci la “giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo” (Rm 3,22) e mediante il Battesimo: “Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rm 6,8-11). Per mezzo della potenza dello Spirito Santo, noi prendiamo parte alla Passione di Cristo morendo al peccato, e alla sua Risurrezione nascendo a una vita nuova; siamo le membra del suo Corpo che è la Chiesa, i tralci innestati sulla Vite che è lui stesso: “Per mezzo dello Spirito, tutti noi siamo detti partecipi di Dio [...] Entriamo a far parte della natura divina mediante la partecipazione allo Spirito [...]  Ecco perché lo Spirito divinizza coloro nei quali si fa presente”. La prima opera della grazia dello Spirito Santo è la conversione, che opera la giustificazione, secondo l’annuncio di Gesù all’inizio del Vangelo: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino” (Mt 4,17). Sotto la mozione della grazia, l’uomo si volge verso Dio e si allontana dal peccato, accogliendo così il perdono e la giustizia dall’Alto. “La giustificazione [...] non è una semplice remissione dei peccati, ma anche santificazione e rinnovamento dell’uomo interiore”. La giustificazione separa l’uomo dal peccato che si oppone all’amore di Dio, e purifica dal peccato il suo cuore. La giustificazione fa seguito alla iniziativa della misericordia di Dio che offre il perdono. Riconcilia l’uomo con Dio. Libera dalla schiavitù del peccato e guarisce. La giustificazione è, al tempo stesso, l’accoglienza della giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo. Qui la giustizia designa la rettitudine dell’amore divino. Insieme con la giustificazione, vengono infuse nei nostri cuori la fede, la speranza e la carità, e ci è accordata l’obbedienza alla volontà divina. La giustificazione ci è stata meritata dalla Passione di Cristo, che si è offerto sulla croce come ostia vivente, santa e gradita a Dio, e il cui sangue è diventato strumento di propiziazione per i peccati di tutti gli uomini. La giustificazione è accordata mediante il Battesimo, sacramento della fede. Essa ci conforma alla giustizia di Dio, il quale ci rende interiormente giusti con la potenza della sua misericordia. Ha come fine la gloria di Dio e di Cristo, e il dono della vita eterna: Ora, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c’è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati, nel tempo della divina pazienza. Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù (Rm 3,21-26).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Con la sua Passione Cristo ci ha liberati da Satana e dal peccato. Ci ha meritato la vita nuova nello Spirito Santo. La sua grazia restaura ciò che il peccato aveva in noi deteriorato
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che in questo giorno memoriale della Pasqua raccogli la tua Chiesa pellegrina nel mondo, donaci il tuo Spirito, perché nella celebrazione del mistero eucaristico riconosciamo il Cristo crocifisso e risorto, che apre il nostro cuore all’intelligenza delle Scritture, e si rivela a noi nell’atto di spezzare il pane. Egli è Dio, e vive e regna con te...  



   29 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: «Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» (1Gv 1,5)


Lo spegnersi di ogni luce è una piaga ed un tormento (cfr. Is 13,10). Già molto tempo prima della gnosi la parola luce è usata per esprimere la vita (cfr. Gb 3,20), la salvezza (cfr. Sal 4,7) e soprattutto il mondo celeste (per esempio la trasfigurazione di Gesù, Mt 17,2; angeli, Ap 15,6). Il vangelo trasmette la luce (2Cor 4,4). La   luce non è una potenza simile a Dio, ma solo un attributo ed una creatura di Dio (Gn 1,3ss). L’opposizione luce tenebre esprime soprattutto in Giovanni l’opposizione che c’è tra ciò che appartiene a Dio e ciò che è contrario a Dio (Gv 3,19; 12,46; 1Gv 1,5ss; Rm 13,12; 1Pt 2,9).


A. Feuillet e P. Grelot

Il Dio di luce

1. Il creatore della luce. - La luce, al pari di tutto il resto, non esiste che come creatura di Dio: luce del giorno, che emerse dal caos originale (Gen 1,1-5); luce degli astri che illuminano la terra giorno e notte (1,14-19). Dio la manda e la richiama, ed essa obbedisce tremando (Bar 3,33). Le tenebre che si avvicendano con essa sono d’altronde nella stessa situazione, perché lo stesso Dio «forma la luce e le tenebre» (Is 45,7; Am 4, 13 LXX). Perciò luce e tenebre cantano lo stesso cantico a lode del creatore (Sal 19, 2 s; 148,3; Dan 3,71 s). Ogni concezione mitica viene così ad essere radicalmente eliminata; ma ciò non impedisce alla luce ed alle tenebre di avere un significato simbolico.

2. Il Dio vestito di luce. - Di fatto, al pari delle altre creature, la luce è un segno che manifesta visibilmente qualcosa di Dio, come il riflesso della sua gloria. A questo titolo fa parte dell’apparato letterario che serve ad evocare le teofanie. E la veste di cui Dio si copre (Sal 104,2). Quand’egli appare, «il suo splendore è simile al giorno, raggi escono dalle sue mani» (Ab 3,3 s). La volta celeste su cui poggia il suo trono è risplendente come il cristallo (Es 24,10; Ez 1,22). Altrove lo si descrive avvolto di fuoco (Gen 15,17; Es 19,18; 24,17; Sal 18,9; 50,3) oppure che lancia i lampi dell’uragano (Ez 1,13; Sal 18,15). Tutti questi quadri simbolici stabiliscono un legame tra la presenza divina e l’impressione che fa sull’uomo una luce abbagliante. Quanto alle tenebre, esse non escludono la *presenza di Dio, perché egli le scruta e vede ciò che avviene in esse (Sal 139,11s; Dan 2,22). Tuttavia le tenebre per eccellenza, quelle dello sheol, sono un luogo in cui gli uomini sono «recisi dalla sua mano» (Sal 88,6s.13). Dio quindi, nell’oscurità, vede senza farsi vedere, è presente senza offrirsi.

3. Dio è luce. - Nonostante questo ricorso al simbolismo della luce, bisogna attendere il libro della Sapienza, perché la si applichi all’essenza divina. La sapienza, effusione della gloria di Dio, è «un riflesso della luce eterna», superiore ad ogni luce creata (Sap 7,27.29s). Il simbolismo raggiunge qui uno stadio di sviluppo di cui il Nuovo Testamento farà più largo uso.


Catechismo della Chiesa Cattolica

 52 Dio che “abita una luce inaccessibile” (1Tm 6,16) vuole comunicare la propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farne figli adottivi nel suo unico Figlio. Rivelando se stesso, Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero capaci da se stessi.

Dio come luce

157 La fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda sulla Parola stessa di Dio, il quale non può mentire. Indubbiamente, le verità rivelate possono sembrare oscure alla ragione e all’esperienza umana, ma “la certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta dalla luce della ragione naturale”. “Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio”.

214 Dio, “colui che è”, si è rivelato a Israele come colui che è “ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6). Questi due termini esprimono in modo sintetico le ricchezze del Nome divino. In tutte le sue opere Dio mostra la sua benevolenza, la sua bontà, la sua grazia, il suo amore; ma anche la sua affidabilità, la sua costanza, la sua fedeltà, la sua verità. “Rendo grazie al tuo Nome per la tua fedeltà e la tua misericordia” (Sal 138,2). Egli è la Verità, perché “Dio è Luce e in lui non ci sono tenebre” (1Gv 1,5); egli è “Amore”, come insegna l’apostolo Giovanni (1Gv 4,8).

234 Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina. È l’insegnamento più fondamentale ed essenziale nella “gerarchia delle verità” di fede. “Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico: Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato”.

240-242 Gesù ha rivelato che Dio è “Padre” in un senso inaudito: non lo è soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al Figlio suo Unigenito, il quale non è eternamente Figlio se non in relazione al Padre suo: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). 241 Per questo gli Apostoli confessano Gesù come “il Verbo” che “in principio” “era presso Dio”, “il Verbo” che “era Dio” (Gv 1,1), come “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15), come l’“irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3). Sulla loro scia, seguendo la Tradizione Apostolica, la Chiesa nel 325, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato che il Figlio è “consustanziale” al Padre, cioè un solo Dio con lui. Il secondo Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 381, ha conservato tale espressione nella sua formulazione del Credo di Nicea ed ha confessato “il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre”.

257 “O lux, beata Trinitas et principalis Unitas - O luce, Trinità beata e originaria Unità!”. Dio è eterna beatitudine, vita immortale, luce senza tramonto. Dio è Amore: Padre, Figlio e Spirito Santo. Dio liberamente vuol comunicare la gloria della sua vita beata. Tale è il disegno della sua benevolenza, disegno che ha concepito prima della creazione del mondo nel suo Figlio diletto, “predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,4-5), cioè “ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29), in forza dello “Spirito da figli adottivi” (Rm 8,15). Questo progetto è una “grazia che ci è stata data... fin dall’eternità” (2Tm 1,9-10) e che ha come sorgente l’amore trinitario. Si dispiega nell’opera della creazione, in tutta la storia della salvezza dopo la caduta, nella missione del Figlio e in quella dello Spirito, che si prolunga nella missione della Chiesa.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**  Dio liberamente vuol comunicare la gloria della sua vita beata.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli Apostoli, fa’ che le nostre comunità, illuminate dalla tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dalle tenebre anelano alla luce. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


  28 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: «Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore» (Sal 27,14)


Nella Sacra Scrittura la speranza è sempre l’attesa di una salvezza futura. Il regno di Dio con Cristo garantisce che questa speranza non è una utopia né una illusione. Questa speranza è solidamente fondata nella fedeltà di Dio (Sal 71; 1Cor 1,9) è non è solo pura pazienza, essa si adempie con la parusia di Gesù, però è una promessa fatta fin d’ora a questo mondo (cfr. Rm 8,19; Tt 3,7). La speranza rende i cristiani uomini gioiosi e schietti (Rm 12,12; 2Cor 3,12), a differenza di quelli che non hanno speranza e ritengono il mondo assurdo: “Ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo” (Ef 2,11-13).

La speranza cristiana: La speranza cristiana è l’attesa dei beni escatologici: la risurrezione del corpo (Rm 8,18-23; 1Ts 4,13s; cf. At 2,26; 23,6; 24,15; 26,6-8; 28,20), l’eredità dei santi (Ef 1,18; cf. Eb 6,11s; 1Pt 1,3s), la vita eterna (Tt 1,2; cf. 1Cor 15,19), la gloria (Rm 5,2; 2Cor 3,7-12; Ef 1,18; Col 1,27; Tt 2,13), la visione di Dio (1Gv 3,2s), in una parola la salvezza (1Ts 5,8; cf. 1Pt 1,3-5) di sé e degli altri (2Cor 1,6s; 1Ts 2,19). Pur designando anzitutto la virtù che attende i beni celesti, essa può talvolta designare questi stessi beni (Gal 5,5; Col 1,5; Tt 2,13; Eb 6,18). Un tempo deposta in Israele (Ef 1,11-12; cf. Gv 5,45; Rm 4,18) con esclusione dei pagani (Ef 2,12; cf. 1Ts 4,13), essa vi preparava una speranza migliore (Eb 7,19), che oggi è offerta anche ai pagani (Ef 1,18; Col 1,27; cf. Mt 12,21; Rm 15,12) nel mistero del Cristo (Rm 16,25). Essa si fonda su Dio (1Tm 5,5; 6,17, 1Pt 1,21; 3,5), sul suo amore (2Ts 2,16), sulla sua chiamata (1Pt 1,13-15; cf. Ef 1,18; 4,4), sulla sua potenza (Rm 4,17-21), sulla sua veracità (Tt 1,2; Eb 6,18) e sulla sua fedeltà (Eb 10,23) nel mantenere le promesse, che ha espresse mediante le Scritture (Rm 15,4) e il vangelo (Col 1,23) e realizzate nella persona del Cristo (1Tm 1,1; 1Pt 1,3.21). Così essa non può ingannare (Rm 5,5). Protesa per definizione verso beni invisibili (Rm 8,24; Eb 11,1), la speranza poggia sulla fede (Rm 4,18; 5,1s; 15,13; Gal 5,5; Eb 6,11s; 1Pt 1,21) e si nutre della carità (Rm 5,5; 1Cor 13,7), le altre due virtù teologali con le quali ha uno stretto legame (1Cor 13,13). Lo Spirito santo, dono escatologico per eccellenza già posseduto parzialmente (Rm 5,5; At 1,8), è la sua fonte privilegiata (Gal 5,5) che la illumina (Ef 1,17s), la fortifica (Rm 15,13), la fa pregare (Rm 8,25-27) e opera mediante essa l’unità del corpo (Ef 4,4). Fondata sulla giustificazione per mezzo della fede nel Cristo (Rm 5,1s; cf. Gal 5,5), essa è piena di sicurezza (2Cor 3,12; Eb 3,6), di conforto (2Ts 2,16; Eb 6,18), di gioia (Rm 12,12; 15,13, 1Ts 2,19) e di fierezza (Rm 5,2; 1Ts 2,19; Eb 3,6); non si lascia per nulla abbattere dalle sofferenze presenti, che contano poco in confronto della gloria promessa (Rm 8,18); al contrario le sopporta con una «costanza» (Rm 8,25; 12,12; 15,4, 1Ts 1,3; cf. 1Cor 13,7) che la prova (Rm 5,4) e la conferma (2Cor 1,7). (Fonte: Bibbia di Gerusalemme, 1974 -  Nota a Rm 5,2).

Catechismo della Chiesa Cattolica

La speranza

1817 La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo. “Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso” (Eb 10,23). Lo Spirito è stato “effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna” (Tt 3,6-7).

1818 La virtù della speranza risponde all’aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall’egoismo e conduce alla gioia della carità.

 2090 Quando Dio si rivela e chiama l’uomo, questi non può rispondere pienamente all’amore divino con le sue proprie forze. Deve sperare che Dio gli donerà la capacità di contraccambiare il suo amore e di agire conformemente ai comandamenti della carità. La speranza è l’attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio; è anche il timore di offendere l’amore di Dio e di provocare il castigo.

2091 Il primo comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i quali sono la disperazione e la presunzione:  Per la disperazione, l’uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza personale, gli aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si oppone alla bontà di Dio, alla sua giustizia - il Signore, infatti, è fedele alle sue promesse - e alla sua misericordia.


La speranza sostiene e aiuta la fede

162 La fede è un dono che Dio fa all’uomo gratuitamente. Noi possiamo perdere questo dono inestimabile. San Paolo, a questo proposito, mette in guardia Timoteo: Combatti “la buona battaglia con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l’hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede” (1Tm 1,18-19). Per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo nutrirla con la Parola di Dio; dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; essa deve operare “per mezzo della carità” (Gal 5,6), essere sostenuta dalla speranza ed essere radicata nella fede della Chiesa.


J. Duplacy 

Gesù Cristo speranza della Chiesa

La speranza della Chiesa è, nella fede, una speranza pienamente appagata. Infatti il dono dello Spirito ha terminato di compiere le promesse (At 2,33.39). Tutta la forza della sua speranza si concentra quindi nell’attesa del ritorno di Gesù (1,11; 3,20). Chiamato parusia (Gc 5,8; 1Ts 2,19), giorno del Signore, visita, rivelazione, questo futuro appare vicinissimo (Gc 5,8; 1Ts 4,13ss; Eb 10,25.37; 1Pt 4,7) e ci si stupisce facilmente che tardi (2Pt 3,8ss). In realtà verrà «come un ladro nella notte » (1Ts 5,1ss; Pt 3, l0; Ap 3,3; cfr. Mt 24,36). Questa incertezza esige che si vegli (1Tess 5,6; 1Pt 5,8) con una pazienza incrollabile nelle prove e nella sofferenza (Gc 5,7ss; lTs 1,4s; lPt 1,5ss; cfr. Lc 21,19).
La speranza della Chiesa è gioiosa (Rm 12,12), anche nella sofferenza (1Pt 4,13; cfr. Mt 5,11s), perché la gloria attesa è così grande (2Cor 4,17) da ridondare sul presente (1Pt 1,8 s). Essa produce la sobrietà (lTs 5,8; 1Pt 4,7) e il distacco (1Cor 7,29ss; 1Pt 1,13s; Tito 2,12). Che sono infatti i beni terreni nei confronti della speranza di «partecipare alla natura divina» (2Pt 1,4)? La speranza suscita infine la preghiera e l’amore fraterno (1Pt 4,7s; Gc 5,8s). Ancorata nel mondo futuro (Eb 6,18), essa anima tutta la vita cristiana.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** La speranza, ancorata nel mondo futuro, anima tutta la vita cristiana.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta e gli hai dato la speranza della risurrezione, fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore il mistero celebrato ogni anno nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


27 Aprile 2017

Il pensiero del giorno

Oggi Gesù ci dice: «Chi opera la verità viene alla luce» (Gv 3,21)

Ignace De La Potterie (Dizionario di teologia Biblica, Verità): La Parola del Padre ed il Cristo-verità: Per Giovanni la verità non è l’essere stesso di Dio, ma la parola dei Padre (Gv 17,17; cfr. 1Gv l,8: «la verità non è in voi» e 1,10: « la sua parola non è in voi»). La parola che Cristo ha inteso dal Padre (Gv 8,26.40; cfr. 3,33), è la verità che egli viene a «proclamare» (8,40.45s) e a cui viene a «rendere testimonianza» (18,37; cfr. 5,33). La verità è quindi nello stesso tempo la parola che Cristo stesso ci rivolge, e che ci porta a credere in lui (8,31s. 45s). La differenza tra questa rivelazione e quella del Vecchio Testamento è fortemente sottolineata: «La legge fu data per mezzo di Mosè; la grazia della verità ci è venuta da Gesù Cristo» (1,17), perché con lui ed in lui è apparsa la rivelazione totale, definitiva. Mentre il demonio è il padre della menzogna (8,44), Cristo invece proclama la verità  (8,45), è «pieno della grazia della verità» (1,14). La grande novità cristiana è questa: che Cristo è egli stesso la verità (14,6): lo è non tanto perché possiede la natura divina, ma perché, Verbo fatto Carne, ci rivela il Padre (1,18). Gesù spiega il senso di questo titolo unendolo a due altri: egli è «la via, la verità e la vita»; è la via che conduce al Padre, proprio perché lui, l’uomo Gesù, in quanto verità, ci trasmette in se stesso la rivelazione del Padre (17,8.14.17) e così ci comunica la vita divina (1,4; 3,16; 6,40.47.63; 17,2; 1Gv 5,11ss). Questo titolo rivela quindi indirettamente la persona divina di Cristo; se Gesù, unico tra gli uomini, può essere per noi la verità, è per il fatto di essere nello stesso tempo la Parola, «il Verbo rivolto verso il seno del Padre» (Gv 1,18), il Figlio unigenito.

Catechismo della Chiesa Cattolica

L’OTTAVO COMANDAMENTO

«Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo» (Es 20,16).

«Fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti”» (Mt 5,33).

2464 L’ottavo comandamento proibisce di falsare la verità nelle relazioni con gli altri. Questa norma morale deriva dalla vocazione del popolo santo ad essere testimone del suo Dio il quale è verità e vuole la verità. Le offese alla verità esprimono, con parole o azioni, un rifiuto di impegnarsi nella rettitudine morale: sono profonde infedeltà a Dio e, in tal senso, scalzano le basi dell’Alleanza.

Vivere nella verità

2465 L’Antico Testamento attesta: Dio è sorgente di ogni verità. La sua Parola è verità. La sua Legge è verità. La sua «fedeltà dura per ogni generazione» (Sal 119,90). Poiché Dio è il «Verace» (Rm 3,4), i membri del suo popolo sono chiamati a vivere nella verità.

2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. Pieno di grazia e di verità,egli è la «luce del mondo» (Gv 8,12), egli è la verità. Chiunque crede in lui non rimane nelle tenebre. Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi e che santifica. Seguire Gesù è vivere dello Spirito di verità che il Padre manda nel suo nome e che guida «alla verità tutta intera» (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l’amore incondizionato della verità: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37).

2467 L’uomo è naturalmente proteso alla verità. Ha il dovere di rispettarla e di attestarla: «A motivo della loro dignità tutti gli uomini, in quanto sono persone, [...] sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità conosciuta e ordinare tutta la loro vita secondo le esigenze della verità».

2468 La verità in quanto rettitudine dell’agire e del parlare umano è detta veracità, sincerità o franchezza. La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri nei propri atti e nell’affermare il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall’ipocrisia.
2469 «Sarebbe impossibile la convivenza umana se gli uomini non avessero fiducia reciproca, cioè se non si dicessero la verità». La virtù della verità dà giustamente all’altro quanto gli è dovuto. La veracità rispetta il giusto equilibrio tra ciò che deve essere manifestato e il segreto che deve essere conservato: implica l’onestà e la discrezione. Per giustizia, «un uomo deve onestamente manifestare a un altro la verità». 

2470 Il discepolo di Cristo accetta di «vivere nella verità», cioè nella semplicità di una vita conforme all’esempio del Signore e rimanendo nella sua verità. «Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità » (1Gv 1,6).

Rendere testimonianza alla verità

2471 Davanti a Pilato Cristo proclama di essere venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Il cristiano non deve vergognarsi «della testimonianza da rendere al Signore» (2Tm 1,8). Nelle situazioni in cui si richiede che si testimoni la fede, il cristiano ha il dovere di professarla senza equivoci, come ha fatto san Paolo davanti ai suoi giudici. Il credente deve «conservare una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini» (At 24,16).

2472 Il dovere dei cristiani di prendere parte alla vita della Chiesa li spinge ad agire come testimoni del Vangelo e degli obblighi che ne derivano. Tale testimonianza è trasmissione della fede in parole e opere. La testimonianza è un atto di giustizia che comprova o fa conoscere la verità: «Tutti i cristiani, dovunque vivono, sono tenuti a manifestare con l’esempio della vita e con la testimonianza della parola l’uomo nuovo, che hanno rivestito col Battesimo, e la forza dello Spirito Santo, dal quale sono stati rinvigoriti con la Confermazione».

2473 Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. «Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio».


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** San Giuseppe Moscati: Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa persecuzione, tu accettala; e se il tormento, tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, tu sii forte nel sacrificio.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta e gli hai dato la speranza della risurrezione, fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore il mistero celebrato ogni anno nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo...