IL PENSIERO DEL GIORNO
1 Agosto 2017
Oggi Gesù ci dice: «Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno» (Mt 13,38).
Da una parte la pazienza di Dio, dall’altra l’impazienza dei servi. Dio, come ci suggerisce il libro della Sapienza, padrone della forza, giudica con mitezza e governa con molta indulgenza. Il discepolo deve preoccuparsi soltanto di essere seme buono. La santità è solo alla conclusione del Regno sulla terra. Così viene condannato ogni estremismo.
Il Vangelo ci suggerisce che il regno dei cieli assomiglia: a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Poi, dalla stessa spiegazione dataci da Gesù, possiamo aggiungere:
Primo - Il Figlio dell’uomo è il fondatore del regno dei cieli ed è lui quindi a scriverne la carta costituente: ogni aggiunta umana, a questa carta costituente, deturpa, sconvolge e stravolge il volto e il cuore del regno dei cieli. La Chiesa è “il regno di Cristo già presente in mistero” (LG, 3).
“La Chiesa è ad un tempo via e fine del disegno di Dio: prefigurata nella creazione, preparata nell’Antica Alleanza, fondata dalle parole e dalle azioni di Gesù Cristo, realizzata mediante la sua croce redentrice e la sua risurrezione, essa è manifestata come mistero di salvezza con l’effusione dello Spirito Santo. Avrà il suo compimento nella gloria del cielo come assemblea di tutti i redenti della terra” (CCC 778).
Secondo - Il regno dei cieli non si manifesta nella potenza, ma porta i segni della piccolezza e della debolezza. La parabola della zizzania ci permette di comprendere questa estrema debolezza del regno.
Pazienza, attesa, tolleranza, comprensione... sono tutti frutti della carità. Non si possono erigere steccati o muri: siamo tutti, buoni e cattivi, dentro lo stesso recinto e dentro il recinto del nostro cuore mescoliamo bontà a cattiveria.
Dunque, il regno dei cieli ha un inizio (il seme), una fine (la mietitura), separati da un tempo di crescita (i frutti). In questo tempo intermedio, rintuzzati gli assalti del nemico, il credente-servo ha una cosa sola da fare: come lievito deve gettarsi nella massa della pasta e come seme morire nel campo del mondo: perché la pasta sia lievitata e il campo fecondato, lasciando il giudizio a Dio.
“Anche lo scandalo di una Chiesa mediocre, peccatrice, compromessa, lontana dall’ideale evangelico della purezza, della santità, del disinteresse, non deve turbare. Essendo fatta di uomini e vivendo nel mondo, la Chiesa corre continuamente il rischio di contaminarsi con il mondo e di veder crescere all’interno delle sue file, le piante della zizzania accanto al grano buono.
Alcuni cristiani vorrebbero ricorrere a mezzi violenti e risolutivi: scomunicare i membri più deboli, bruciare gli eretici, gettare con violenza le esigenze del Vangelo in faccia a cristiani e non cristiani con la politica dell’aut-aut, o con me o contro di me...
Alla base di questi atteggiamenti ci sono due distorsioni. Una errata idea di Dio, un Dio geloso degli uomini, pronto a scagliare i suoi fulmini; quindi un Dio gretto, meschino, non il Padre misericordioso; una mancanza di fiducia in Dio e quindi di speranza, che genera paura e insicurezza” (LDC, Messale festivo).
Un secondo errore è quello di passare dall’intolleranza al buonismo. Il Vangelo non ci suggerisce una accettazione passiva degli eventi e neppure una qualunquistica bonomia, ma un atteggiamento positivo, costruttivo, che richiede anche pazienza e rispetto dei tempi di crescita.
Dolcezza e misericordia che esigono la riparazione e la conversione, “senza la quale non si può entrare nel regno” (CCC 545). Se non si richiedesse tutto questo, si lascerebbe il peccatore nel suo peccato e in un infantilismo peggiore dello stesso peccato. La Chiesa fa suo il progetto di Dio: concede a tutti con longanimità e pazienza la possibilità di pentirsi dei peccati.
Il grano e la zizzania - «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! [...]. Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa: anche all’interno di essa» (Joseph Ratzinger, Via Crucis, Venerdì Santo 2005).
Con queste parole l’illustre porporato, oggi Papa emerito, volle mettere a nudo i peccati degli uomini di Chiesa, però è sottinteso che lo scandalo di una Chiesa peccatrice, pur lontana dall’ideale evangelico della purezza e della santità, non può e non deve turbare il cuore dei credenti. È quasi un dato di fatto. Essendo costituita di uomini e vivendo nel mondo, la Chiesa è semper convertenda e semper reformanda. La distinzione fra la Chiesa e gli uomini di Chiesa - come suggerisce Antonio Socci - è doverosa e «non è una furbizia tattica. La Chiesa infatti non è la somma dei cristiani [questo potrebbe essere casomai un partito]. La Chiesa è invece costituita dal mistero di Cristo realmente e misteriosamente fra loro» (Il segreto di Padre Pio).
Alcuni cristiani vorrebbero ricorrere a mezzi violenti e sbrigativi: tagliare la testa agli infedeli, scomunicare i membri non allineati, bruciare sul rogo gli eretici, gettare con violenza le istanze del Vangelo in faccia a cristiani e non cristiani con il diktat dell’aut-aut, o con me o contro di me.
Alla base di questi atteggiamenti c’è una distorsione. È l’arroganza di imporre un Dio frutto di una fantasia molto personalistica e anche malata: un Dio geloso degli uomini, pronto a scagliare i suoi fulmini; quindi un Dio gretto, meschino, non il Padre misericordioso. Un Dio simile non può che generare sfiducia, paura e incertezze.
Ma vi è il rischio di passare dall’intolleranza al buonismo. Alla politica della pacca sulle spalle. Il Vangelo, infatti, non ci suggerisce una accettazione passiva degli eventi e neppure una qualunquistica bonomia, ma un atteggiamento positivo, costruttivo, che richiede anche pazienza e rispetto dei tempi di crescita. Dolcezza e misericordia che devono esigere il deciso abbandono di una vita peccaminosa, la riparazione e la conversione, «senza la quale non si può entrare nel regno» (Catechismo della Chiesa Cattolica 545).
Se l’annuncio evangelico non richiedesse scelte esigenti, pur rispettando i personali tempi di crescita, si lascerebbe il peccatore nel suo peccato e in un infantilismo peggiore dello stesso peccato. Sarebbe bello una Chiesa senza penitenza, senza inferno, senza ascesi, senza diavoli, senza peccato, senza mortificazioni e senza conversione. Ma il regno di Dio non è la terra di Bengodi!
Se la Chiesa, istruita dallo Spirito Santo, e facendo suo il progetto di Dio, concede a tutti gli uomini, con longanimità e pazienza, la possibilità di pentirsi dei peccati, lo fa perché l’uomo si decida a convertirsi immantinente. E tutti gli uomini, anche i discepoli del Cristo, hanno bisogno di convertirsi e fare penitenza. Infatti, come ci suggerisce il Catechismo della Chiesa Cattolica (827), tutti «i membri della Chiesa, compresi i suoi ministri, devono riconoscersi peccatori. In tutti sino alla fine dei tempi, la zizzania del peccato si trova ancora mescolata al buon grano del Vangelo. La Chiesa raduna dunque peccatori raggiunti dalla salvezza di Cristo, ma sempre in via di santificazione: “La Chiesa è santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il sangue di Cristo e il dono dello Spirito Santo”».
La santità è solo alla conclusione del regno sulla terra: «Prima della fine non chiamare nessuno beato; un uomo si conosce veramente alla fine» (Sir 11,28). E prima della fine c’è il sudore della conquista, la spossatezza della vigilanza, la carità della pazienza e il fuoco della missione. Anche se a raccogliere i frutti saranno altri.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La santità è solo alla conclusione del regno sulla terra.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che proponi alla tua Chiesa modelli sempre nuovi di vita cristiana, fa’ che imitiamo l’ardore apostolico del santo vescovo Alfonso Maria de’ Liguori nel servizio dei fratelli, per ricevere con lui il premio riservato ai tuoi servi fedeli. Per il nostro Signore Gesù Cristo...