1 Febbraio 2017
Il pensiero del giorno
Ap 3,2-3: Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te.
V’è uno stato di insensibilità dovuto al sonno naturale, alla morte e v’è un intorpidimento causato dai vizi.
«L’intorpidimento dei vizi [sonno causato dal peccato] è sia uno stato di impenitenza [morte spirituale], sia uno stato di sicurezza [la grazia diviene un comodo cuscino su cui ci s’addormenta] come pure uno stato di pigrizia spirituale [rilassatezza nello zelo missionario, Ap 3,2, e nell’attesa del ritorno di Cristo]. Vegliare significa trattenersi da questo sonno» (Friedrich Hauss).
Mangiare per mangiare e bere per ubriacarsi, divertirsi, litigare, soddisfare i desideri della carne ..., queste voluttà dal Vangelo sono condannate come insipienza e imprevidenza, e questo spesso si ripete in ciascuno di noi: di fronte al «Cristo che viene» siamo chiamati a prendere una decisione di fondo.
Il credente, smessa la veste dell’uomo delle tenebre, «orge, ubriachezze, lussurie, impurità, litigi, gelosie» (Rom 13,13), deve indossare una nuova veste: deve rivestirsi di Cristo, cioè aderire a Cristo e trasformarsi nel Cristo in una immagine sempre più perfetta di Dio, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18). Con il «nuovo giorno» è quindi arrivato il tempo di gettare via le opere delle tenebre e di «rivestirsi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo» (Ef 6,11).
È perentorio indossare «le armi della luce» perché, come ci suggerisce il Concilio Ecumenico Vaticano II, tutta intera la storia umana è «pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio» (GS 37).
Tra la conversione e la salvezza finale si incunea il tempo della lotta, della tentazione, da qui l’imperativo di indossare le armi della luce.
In Efesini 6,13-20, si enumerano le armi che compongono l’armatura spirituale.
Esse sono: la verità, naturale e soprannaturale, tradotta nella coerente pratica della vita; la giustizia, cioè la rettitudine morale che ci protegge da seconde mire e dalla doppiezza; lo zelo apostolico, che ci rende impazienti di portare anche agli altri il Vangelo di Cristo; la fede coraggiosa e ardente, la quale anche in mezzo alle più gravi tentazioni saprà, come il grande scudo rettangolare dei soldati romani, coprire e proteggere il cristiano dai «dardi infuocati del nemico»; la speranza della salvezza, che, come un elmo, ci protegge da qualsiasi scoraggiamento; la Parola di Dio, che è un’arma «più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Ebr 4,12), quindi un’arma non tanto di protezione quanto di offesa e di attacco. Gesù stesso per confutare gli errori dei suoi avversari e per debellare satana che lo tentava non trovò di meglio che ricorrere all’autorità della Parola di Dio (Mt 4,10). E infine, la preghiera incessante, umile e confidente, perché tutte queste «armi della luce (Rom 13,12), con cui il cristiano si difende dal Maligno, sarebbero inefficaci se non fossero sorrette e convalidate dalla “preghiera”; che sia, però, vera preghiera, fatta cioè in “spirito”, nell’intimo del proprio animo. Essa deve essere “vigile” e “perseverante”; basterebbe infatti un piccolo rilassamento [si ricordi la preghiera di Mosè sul monte: Es 17,11] perché il Nemico abbia di nuovo il sopravvento. Deve essere personale, ma anche collettiva, fatta cioè per tutti i fratelli che soffrono le nostre medesime tribolazioni [1Pt 5,9]» (Settimio Cipriani).
Chi dorme o chi rimanda la propria conversione non pensi, nel giorno del giudizio, di appellarsi alla bontà di Dio. Nessuno in quel giorno potrà accampare veri o presunti diritti perché tutto è benevolenza, dono, amore, grazia: «giustificati per il sangue di Cristo, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui» (Rom 5,9). L’uomo oggi, nel suo quotidiano, costruisce la sua salvezza o la sua eterna perdizione. Ogni ritardo potrebbe essere esiziale.
Siamo arrivati al termine. Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria a possedere il regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo...