1 Marzo 2017
Il pensiero del giorno
Mc 11,12-14.20-27: La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, [Gesù] ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all'albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l'udirono. La mattina seguente, passando, videro l'albero di fichi seccato fin dalle radici...
Una fede che non salva - La fede, dice il Catechismo della Chiesa, è la «virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio» - gli diciamo di sì, ci fidiamo di lui - «e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato e che la Chiesa ci propone da credere, perché egli è la stessa verità» (n. 1814).
Quando per illogici giochi mentali l’uomo non si fida più di Dio, pur continuando a vivere una fede di facciata, scivola nell’ateismo pratico. La fede, che aveva permeato la sua vita, le sue giornate, il suo respiro, diventa un fico secco, incapace di produrre frutti di salvezza (cf. Mc 11,12-14). È una fede sterile, una fede che non salva.
È la fede di coloro che per la fame insaziabile di potere e gloria si affidano agli idoli (Is 41,1-29; Ger 10,1-10), alla magia (Sap 17,7; Is 47,9), alla ricchezza (Pr 11,28). È la fede di colui che per mire umane confida nei potenti, «in un uomo che non può salvare» (Sal 146,3). Su questa fede pende una maledizione: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore» (Ger 17,5).
C’è una fede insipiente che non porta frutto: è la fede di colui che va alla ricerca del sensazionale, del miracolo come fatto emozionale (Gv 4,48; 1Cor 1,22). Questa ricerca non farà mai nascere né crescere la fede!
C’è la fede vera che è quella di chi si affida totalmente a Dio fino al punto di chiedergli anche un miracolo: non per tentarlo però, che in tal caso il miracolo non avverrà mai, ma piuttosto perché si ha totale fiducia in lui. Dopo l’ascensione del Maestro gli Apostoli conquistarono il mondo con la fede in Gesù risorto e operando in suo nome miracoli e prodigi (Mc 16,17-18; Atti 4,30-31).
La fede vera è la fede degli umili, di chi sa stare al suo posto, di chi sa riconoscere che la capacità di compiere qualcosa è totalmente dovuta alla grazia divina; è la fede dell’uomo giusto che attende tutto da Dio, sopra tutto la salvezza: «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo» (Ef 2,8-10). Chi «ha la fede autentica riconosce che le sue più grandi realizzazioni sono non sue, ma del Signore. Proprio i più grandi testimoni di Cristo, pensatori, mistici e realizzatori, sono quelli che alla fine professano con assoluta sconvolgente sincerità: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (V. Croce).
La fede vera è la fede di colui che «come albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti» (Ger 17,8) di carità e di bene. Perché «la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta» (Gc 2,17).
La fede senza le opere è la fede del «servo malvagio e infingardo» che sotterra il talento per paura del suo padrone e si presenta a mani vuote dinanzi al suo Signore (Mt 25,25); è la fede del fico senza frutti che si seccò e non diede più frutto (Mt 21,19).
La fede vera è la fede impegnata, non timida, perché «Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» (2Tm 1,7).
Una fede non vergognosa ma, che sa affrontare serenamente e virilmente, appoggiandosi su Dio, tentazioni, sofferenze, lotte e dolori; vissuta nel grigiore del quotidiano o nei momenti più esaltanti.
La vera fede dona al credente anche dubbi, interrogativi, perché la «fede che non dubita non è fede» (Miguel de Unamuno); a volte fa piangere lacrime di sangue perché introduce il credente nel buio tunnel della croce senza dargli sicurezze, appoggi; oppure lo consegna al nudo patire senza offrirgli una goccia di consolazione, di conforto. A volte gli richiede rinunce inaudite esponendolo ai morsi terrificanti della solitudine, dello sconforto, del silenzio insopportabile di Dio.
Non è facile vivere di sola fede. Il celebre scrittore inglese William Thackeray, l’autore de La Fiera della vanità, era della stessa idea quando affermò: «Il difficile non è morire per la fede, ma vivere per essa». Per chi ha fede morire per essa è un sopportabile martirio; vivere per essa è trasformare la vita in un sopportabile martirio perché con la fede l’uomo trova Dio e con Dio la vita è un paradiso anticipato.
Siamo arrivati al termine. Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo...