1 Ottobre 2018
Lunedì XXVI Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande” (Vangelo).
Dal Vangelo secondo Luca 9,46-50: Nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande: forse per ambizione, forse per vanità... in ogni caso, i discepoli sono ancora lontani dal comprendere il messaggio di Gesù. A tanta insipienza, Gesù risponde con un gesto simbolico ponendo vicino a sé un bambino indicandolo come il più grande nel Regno di Dio: Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande. Farsi bambini è scegliere la via dell’umiltà, del servizio... sono queste le cose che veramente contano nella comunità cristiana e sono le condizioni per farvi parte. Ma non basta perché bisogna rinunciare anche a ogni forma di integrismo. L’esorcista estraneo, che scacciava i demoni nel nome di Gesù, pur non appartenendo al suo gruppo, aveva provocato l’indignazione dei discepoli, agitando i loro cuori. La risposta di Gesù tende a far capire che la bontà di Dio agisce anche al di fuori del gruppo, ma sopra tutto è tesa a sradicare dai loro cuori l’ invidia, “un sentimento che divora chi lo nutre” (Alessandro Morandotti, Minime, 1979/80).
Carlo Ghidelli (Luca): chi di loro fosse più importante: siamo di fronte ad un atteggiamento così poco evangelico degli apostoli. Si nota una distanza quasi infinita tra il Maestro, che con decisione e fermezza va verso la sua Pasqua, e i suoi discepoli, che stanno a discutere sui primi posti. La reazione di Gesù è molteplice ed efficace: - dapprima scruta i loro cuori e smantella i loro pensieri; - poi interviene con una esplicita lezione sulla vera umiltà; - intanto accompagna le sue parole con un gesto molto significativo (prese un fanciullo ... ). - un fanciullo (paidion): altrove (per es. Mt 18,3), è preso non come modello di innocenza, di purezza o di perfezione morale, ma come uno che, contrariamente ai discepoli, non ha pretesa alcuna, è in una situazione di totale dipendenza e disponibilità. Qui Luca rielabora molto l’episodio e sembra considerare il fanciullo come il tipo delle persone fragili e insignificanti, alle quali i discepoli devono rivolgere le loro attenzioni, facendosi così piccoli e umili. I discepoli devono imitare il Maestro nel servizio verso i più poveri e i più bisognosi. - il più piccolo ... il più grande: troviamo così capovolti i valori! Chi entra nella logica evangelica spesso si vede costretto a rivedere i suoi giudizi, a riformulare i suoi principi, a rifare i suoi progetti (cfr Is 55,8s). - questo fanciullo ... me ... colui che mi ha mandato: questa sequenza è molto stimolante. Altrove (Lc 10,16) Luca stabilisce la stessa sequenza, ponendo però i suoi discepoli al primo posto, sulla linea della rappresentatività, della missione evangelizzatrice. Qui, invece, siamo sulla linea della umiltà-carità, come fondamentale precetto evangelico. A ben considerare, però, anche qui si verifica una rappresentatività: Gesù si identifica con i fanciulli (questi diventano sacramento della sua presenza) come, per altro verso e secondo altri parametri, si identifica con i continuatori della sua missione salvifica.
In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande - Javer Pikaza: Seguendo la logica di questo mondo pare evidente che i più importami, nella comunità, siano quelli che si distinguono per le loro doti a per la responsabilità delle funzioni che sono loro affidate.
Per questo gli apostoli discutevano sul posto e sul nome del più grande fra loro come fan sempre molti. Orbene, la risposta di Gesù continua a essere tagliente ora come allora: il più grande e il più importante è semplicemente il più bisogno o, il bambino, l’indifeso.
Il bambino non è più grande per i suoi valori, la sua innocenza o la sua tenerezza: è importante solo perché è povero, perché ha bisogno degli altri e non può provvedere a se stesso. Sotto questo aspetto sono importanti, con il bambino, tutti quelli che sono più dimenticati, abbandonati, indifesi, poveri. Costoro furono al centro dell’attenzione di Cristo e continueranno a essere al centro delle cure della Chiesa. Perciò costoro sono i più importanti.
Questo vuol dire che la Chiesa non è una società fondata sul valore delle persone che la compongono ma sulle necessità e sulla miseria di coloro che hanno bisogno d’aiuto. Il suo movimento fondamentale è quella forza d’espansione per la quale esce da se stessa e offre il suo aiuto a coloro che ne hanno bisogno (dentro e fuori delle sue file).
I Bambini: Giuliano Vigini (Dizionario del Nuovo Testamento): Nel Nuovo Testamento la figura del “bambino” (paidion, népios, brephos) è al centro di vari episodi dei vangeli e viene più volte assunta da Gesù come pietra di paragone per il discepolato e la vita cristiana. In particolare, quando presentano a Gesù dei bambini e i discepoli cercano di allontanarli da lui (Mc 10,13-16; cfr. Mt 19,13-15; Lc 18,15-17), la sua tenerezza e benevolenza nel prenderli tra le braccia, imporre loro le mani, benedirli (Mc 10,16) testimonia che il loro essere “piccoli” li costituisce simbolo privilegiato delle realtà spirituali che devono fare da presupposto all’entrata nel regno di Dio (Mc 10,15).
Per accedervi, infatti, è necessario convertirsi e diventare come bambini (Mt 18,3): cioè assumere quella disposizione d’animo che rende il cuore docile alla volontà del Signore. Come i bambini dipendono e si affidano ai loro genitori che li educano e li guidano, così devono fare con Gesù coloro che vogliono essere suoi discepoli, svolgendo la loro missione con obbedienza e fedeltà, semplicità e purezza di cuore.
Non contano in questo le graduatorie di merito (chi è il più grande nel servire Gesù); conta invece l’umiltà con cui lo si serve. Nella disputa tra i discepoli, il bambino messo al centro da Gesù (Mc 9,36-37; cfr. Mt 18,2.4-5; Lc 9,47-48) non indica soltanto la persona da accogliere amorevolmente (“Chi accoglie questo bambino nel mio nome, accoglie me” Lc 9,48) ma il modello di vita da seguire (“Chi è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande” Lc 9,48). Nei gesti di Gesù, dunque, si coglie non solo un atteggiamento personale di benevolenza e rispetto nei confronti dei bambini, che funge da esortazione a valutarli per quello che sono e a prendersi cura di loro, ma anche un insegnamento circa la semplicità di cuore con cui bisogna aderire alla fede.
Metaforicamente inversa a quella di Gesù è invece la rappresentazione dei bambini in Paolo. L’apostolo si pone nella prospettiva di chi vede essenzialmente nel bambino una creatura in via di sviluppo, che non ha ancora raggiunto l’equilibrio, la solidità e la pienezza di giudizio della persona adulta (cfr., ad es., 1Cor 13,11-12; Ef 4,14). L'atteggiamento dei credenti di Corinto, che mostrano con la loro condotta di non aver ancora capito ciò che è interiormente importante per la quotidiana edificazione della loro vita cristiana, spinge infatti Paolo a paragonarli a dei bambini, spiritualmente acerbi e razionalmente immaturi, che hanno quindi ancora bisogno di “latte” (gala), più che di cibi solidi, per crescere nella fede (1Cor 3,2; cfr. anche Eb 5,12-13; 1Pt 2,2).
Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Chi accoglierà questo piccolo fanciullo per il nome mio...; «per il mio nome», cioè: «per me»; questa espressione è più efficace di quella comunemente indicata nelle versioni («nel mio nome»). Luca si sforza di rendere più chiaro il pensiero esposto nel testo parallelo di Marco e di precisare il senso del gesto compiuto dal Maestro prendendo un fanciullo accanto a sé. Nel presente contesto il fanciullo non è indicato come esempio di semplicità o di docilità, ma come tipo di chi è piccolo ed «ultimo». Nel versetto sono esposti due pensieri: chi accoglie un fanciullo per il nome di Gesù accoglie Gesù stesso e chi si fa piccolo prestando i suoi servizi agli ultimi ed ai più piccoli è il più grande (chi è il più piccolo tra tutti voi, quegli è grande). Evidentemente l’espressione «chi accoglie questo piccolo fanciullo» è molto sintetica ed indica tutto quello che si fa verso i più piccoli e gli ultimi; con queste parole, illustrate e rese più efficaci dalla presenza di un fanciullo, Gesù risponde al quesito intorno al quale discutevano i discepoli, illuminandoli sul vero spirito che essi devono avere e Con il quale dovranno evitare ogni discussione del tipo di quella già verificatasi.
E, preso un bambino...: Giovanni Paolo II (Messaggio per la Quaresima 2004): Il tema di quest’anno - “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5) - offre l’opportunità di riflettere sulla condizione dei bambini, che anche oggi Gesù chiama a sé e addita come esempio a coloro che vogliono diventare suoi discepoli. Le parole di Gesù costituiscono un’esortazione a esaminare come sono trattati i bambini nelle nostre famiglie, nella società civile e nella Chiesa. E sono anche uno stimolo a riscoprire la semplicità e la fiducia che il credente deve coltivare, imitando il Figlio di Dio, il quale ha condiviso la sorte dei piccoli e dei poveri. In proposito, santa Chiara d’Assisi amava dire che Egli, “posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce” (Testamento, Fonti Francescane n. 2841). Gesù amò i bambini e li predilesse “per la loro semplicità e gioia di vivere, per la loro spontaneità, e la loro fede piena di stupore” (Angelus del 18.12.1994). Egli, pertanto, vuole che la comunità apra loro le braccia e il cuore come a Lui stesso: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). Ai bambini Gesù affianca i “fratelli più piccoli”, cioè i miseri, i bisognosi, gli affamati e assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati. Accoglierli e amarli, o invece trattarli con indifferenza e rifiutarli, è riservare a Lui lo stesso atteggiamento, perché in loro Egli si rende particolarmente presente.
Christifideles laici 47: I bambini sono certamente il termine dell’amore delicato e generoso del Signore Gesù: ad essi riserva la sua benedizione e ancor più assicura il regno dei cieli (cf. Mt 19,13-15; Mc 10,14). In particolare Gesù esalta il ruolo attivo che i piccoli hanno nel Regno di Dio: sono il simbolo eloquente e la splendida immagine di quelle condizioni morali e spirituali che sono essenziali per entrare nel Regno di Dio e per viverne la logica di totale affidamento al Signore: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perché chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio accoglie me» (Mt 18,3-5; cf. Lc 9,48).
I bambini ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio. La vita di innocenza e di grazia dei bambini, come pure le sofferenze loro ingiustamente inflitte, ottengono, in virtù della Croce di Cristo, uno spirituale arricchimento per loro e per l’intera Chiesa: di questo tutti dobbiamo prendere più viva e grata coscienza.
Si deve riconoscere, inoltre, che anche nell’età dell’infanzia e della fanciullezza sono aperte preziose possibilità operative sia per l’edificazione della Chiesa che per l’umanizzazione della società. Quanto il Concilio dice della presenza benefica e costruttiva dei figli all’interno della famiglia «chiesa domestica»: «I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure a loro modo alla santificazione dei genitori» dev’essere ripetuto dei bambini in rapporto alla Chiesa particolare e universale. Lo rilevava già Jean Gerson, teologo ed educatore del xv secolo, per il quale «i fanciulli e gli adolescenti non sono certo una parte trascurabile della Chiesa».
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, che apri le porte del tuo regno agli umili e ai piccoli, fa’ che seguiamo con serena fiducia la via tracciata da santa Teresa di Gesù Bambino, perché anche a noi si riveli la gloria del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
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