Venerdì 1 Gennaio 2021
Maria Santissima Madre di Dio, Solennità
Nm 6,22-27; Salmo Responsoriale 66 [67]; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
Dal Martirologio: Nell’ottava del Natale del Signore e nel giorno della sua Circoncisione, solennità della santa Madre di Dio, Maria: i Padri del Concilio di Efeso l’acclamarono Theotókos, perché da lei il Verbo prese la carne e il Figlio di Dio abitò in mezzo agli uomini, principe della pace, a cui fu dato il Nome che è al di sopra di ogni nome.
Colletta: Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...
Benedetto XVI (Omelia 1 Gennaio 2011): Il brano del Vangelo di oggi termina con l’imposizione del nome di Gesù, mentre Maria partecipa in silenzio, meditando nel cuore, al mistero di questo suo Figlio, che in modo del tutto singolare è dono di Dio. Ma la pericope evangelica che abbiamo ascoltato mette in particolare evidenza i pastori, che se ne tornarono “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto” (Lc 2,20). L’angelo aveva annunciato loro che nella città di Davide, cioè Betlemme, era nato il Salvatore e che avrebbero trovato il segno: un bambino avvolto in fasce dentro una mangiatoia (cfr Lc 2,11-12). Partiti in fretta, essi avevano trovato Maria e Giuseppe e il Bambino. Notiamo come l’Evangelista parli della maternità di Maria a partire dal Figlio, da quel “bambino avvolto in fasce”, perché è Lui – il Verbo di Dio (Gv 1,14) – il punto di riferimento, il centro dell’evento che si sta compiendo ed è Lui a far sì che la maternità di Maria sia qualificata come “divina”.
Questa attenzione prevalente che le letture odierne dedicano al “Figlio”, a Gesù, non riduce il ruolo della Madre, anzi, la colloca nella giusta prospettiva: Maria, infatti, è vera Madre di Dio proprio in virtù della sua totale relazione a Cristo. Pertanto, glorificando il Figlio si onora la Madre e onorando la Madre si glorifica il Figlio. Il titolo di “Madre di Dio”, che oggi la liturgia pone in risalto, sottolinea la missione unica della Vergine Santa nella storia della salvezza: missione che sta alla base del culto e della devozione che il popolo cristiano le riserva. Maria infatti non ha ricevuto il dono di Dio solo per se stessa, ma per recarlo nel mondo: nella sua verginità feconda, Dio ha donato agli uomini i beni della salvezza eterna (cfr Colletta). E Maria offre continuamente la sua mediazione al Popolo di Dio peregrinante nella storia verso l’eternità, come un tempo la offrì ai pastori di Betlemme. Ella, che ha dato la vita terrena al Figlio di Dio, continua a donare agli uomini la vita divina, che è Gesù stesso e il suo Santo Spirito. Per questo viene considerata madre di ogni uomo che nasce alla Grazia e insieme è invocata come Madre della Chiesa.
I Lettura: Ti benedica il Signore e ti custodisca: la preghiera sacerdotale ricordata dal libro dei Numeri trova ricchezza e compimento nel nome di Gesù: nel mistero del Dio umanato, e nella sua dolcezza, tutti gli uomini saranno benedetti da Dio. In Gesù ogni uomo ha trovato grazia e salvezza.
Salmo: Atanasio: “Questo salmo annuncia che il Verbo di Dio si manifesterà tra gli uomini. Il profeta prega per affrettare l’incarnazione che porterà tutte le benedizioni messianiche e soprattutto la conoscenza di Dio. Cita Gv 14,9: Chi vede me, vede il Padre, e aggiunge che, chiedendo la manifestazione del volto, chiede di vedere Dio faccia a faccia”
II Lettura: Quando venne la pienezza del tempo: questa espressione designa la venuta dei tempi messianici o escatologici, che colmano la lunga attesa dei secoli come una misura finalmente piena. Inoltre, in modo mirabile, Paolo mette in risalto “i due aspetti, negativo e positivo della redenzione: divenendo figlio, lo schiavo acquista la libertà. Lo schiavo liberato è adottato come figlio, non solamente per l’accesso legale all’eredità, ma con il dono reale della vita divina, nella quale le tre Persone sono associate” (Bibbia di Gerusalemme).
Vangelo: I pastori entrano nella grotta e vedono tutto ciò che era stato loro annunciato dall’angelo e, colmi di gioia, trasmettono il messaggio angelico, udendolo la gente si meraviglia, come si erano meravigliati i parenti di Zaccaria così si meraviglieranno il padre e la madre di Gesù.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo, come per Giovanni, il nome era già stato indicato dall’angelo, prima del concepimento. Nella concezione semitica il nome non serve solo come denominazione di un uomo, ma si identifica con la sua stessa persona (1Sam 25,25).
Gesù, un nome “voluto da Dio ricco di significato [Mt 1,21 lo spiega], ma soprattutto carico di destino. Un nome che sintetizza bene il valore della persona che lo porta, che rinchiude in sé l’oggetto del vangelo: la salvezza” (Carlo Ghidelli, Vangelo secondo Luca).
Dal Vangelo secondo Luca 2,16-21: In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Maria poi serbava tutte queste cose...; lo stesso concetto ritorna al vers. 51. Il racconto descrive due sentimenti ponendoli l’uno accanto all’altro, cioè: l’ammirazione di quelli che hanno ascoltato i fatti riferiti dai pastori e la riflessione profonda e penetrante che Maria compiva sugli eventi visti e ascoltati. Il rapporto tra gli atteggiamenti psicologici di questi due tipi di personaggi (coloro che hanno ascoltato i racconti riferiti dai pastori e Maria) fa anche emergere la loro differenza; da una parte infatti si ha una ammirazione fugace e di superficie (ἐδαύμασαν = aoristo che indica un’azione transeunte o azione puntiforme), dall’altra vi è una riflessione prolungata (συνετήρει = imperfetto che designa un’azione iterata, duratura, cioè un’azione lineare). Questa precisione stilistica mette a punto una finezza psicologica: i sentimenti di quelli che hanno ascoltato i pastori presentano una proprietà avventizia, occasionale; i sentimenti invece di Maria hanno un carattere prolungato ed abituale. Il verbo συντερέω può essere tradotto con «conservare» ed anche «osservare», perché suppone il verbo ebraico shamar (aramaico: natar) che ha questi due sensi. E le meditava in cuor suo; il greco ha il participio συμβάλλουσα ([le] meditava) che determina ulteriormente l’imperfetto precedente del testo (serbava). La frase usata da Luca più che designare una doppia azione psicologica (serbava e meditava) indica un’attività intellettuale intensa, quindi in essa più che uno sdoppiamento di azione bisogna vedere un’intensità o profondità di un unico atto della mente. «Tutte queste cose» (fatti visti e parole udite) intorno al piccolo Gesù sono state conservate o osservate con interesse ed attenzione da Maria, vale a dire: la madre di Cristo le ha profondamente meditate. Questa intensa attività dello spirito è stata indicata con il participio συμβάλλουσα, verbo proprio del vocabolario di Luca, che designa una riflessione profonda su un problema importante e di difficile soluzione (cf. Lc., 14, 31; Atti, 4, 15). «In cuor suo», cioè: nel suo intimo; l’evangelista con questo rilievo indica che la «meditazione» di Maria aveva carattere religioso, essa cioè consisteva in una riflessione intima sul senso religioso dei fatti; l’espressione quindi «in cuor suo» non indica propriamente la facoltà che compiva tale meditazione (il cuore, secondo la psicologia ebraica, era la sede del pensiero), ma la religiosità con la quale Maria considerava gli eventi. L’osservazione dell’evangelista, oltre la sua importanza storica, poiché accenna velatamente alla fonte da cui provengono, almeno in parte, le notizie del vangelo dell’infanzia, ha un valore dottrinale notevole. Essa infatti puntualizza un aspetto della personalità della madre di Gesù; Maria è presentata come un’anima riflessiva, desiderosa di maggiori approfondimenti (cf. Lc., 1, 29; 2, 51); ella è una fervida ebrea che ama meditare sulla Scrittura per comprendere meglio, nella luce di essa, i fatti di cui è protagonista o spettatrice. Israele ha conosciuto gruppi di persone ferventi che meditavano sulla Scrittura e sugli eventi della storia per scoprirne le mutue relazioni ed i misteriosi richiami. Ampie parti dell’Antico Testamento documentano abbondantemente, con le composizioni a carattere rievocativo ed antologico, l’esistenza di questo genere di meditazione religiosa praticata da quei «saggi» di cui non pochi hanno lasciato in vari salmi e in lunghe sezioni dei libri sapienziali il dolce frutto di questa loro riflessione interamente ispirata dalla loro vibrante pietà, dal loro vivo attaccamento alla storia ed alla religione. Nel vangelo dell’infanzia (Lc., 1-2), penetrato da questa riflessione religiosa, si rileva che Maria ama approfondire il significato religioso delle cose (cf. Lc., 1, 29; 2, 19, 51) e scoprire il nesso che li congiunge con le affermazioni della Scrittura. Il Magnificat rappresenta una chiara conferma dei rilievi compiuti; questo cantico infatti, che è un richiamo continuo di passi biblici, attesta che la Madre di Gesù non soltanto conosce l’Antico Testamento, ma che ella ne vede anche la perfetta consonanza con gli avvenimenti della sua vita. Da questo modo di presentare i fatti si deduce che Maria, nel pensiero dell’evangelista, non è soltanto una protagonista ed una spettatrice degli eventi, ma che ella ne è anche la prima coordinatrice, poiché proprio la Madre di Gesù è la persona, la quale, con una penetrante riflessione religiosa, scorge questi fatti nella luce del Vecchio Testamento considerandoli come la realizzazione delle promesse e dell’economia divina antecedenti alla venuta del Messia. Di queste riflessioni religiose di cui Maria è stata l’iniziatrice il vangelo dell’infanzia rappresenta l’ultimo e definitivo sviluppo (cf. R. Laurentin, o. c., p. 99-100).
Maternità divina - Catechismo degli Adulti 773-774: Fin dalle origini la dignità della divina maternità ha attirato l’attenzione e lo stupore della Chiesa. L’evangelista Luca onora Maria come la Madre del Signore, tenda della divina presenza, arca della nuova alleanza. I cristiani cominciano presto a invocarla come Madre di Dio. Lo attesta già una bella preghiera del III secolo: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta». Più tardi, nel 431, il concilio di Efeso definisce che Maria è Madre di Dio. Ovviamente con ciò non intende affermare che Maria è stata principio della divinità, cosa evidentemente assurda; ma che ha generato nella sua umanità il Figlio eterno, che è vero Dio e veramente è diventato uomo.
Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell’eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca anche nella storia, come uomo e come primogenito di molti fratelli. Madre di Dio è «il nome proprio dell’unione con Dio, concessa a Maria Vergine», «che realizza nel modo più eminente la predestinazione soprannaturale... elargita a ogni uomo». Maria vive questa grazia singolarissima con atteggiamento di accoglienza grata, amante e adorante, in modo simile a tutti i credenti, ma con una radicalità e pienezza inaudita. Questo è il suo modo di ricevere la Parola e di partecipare alla vita divina. Allo stesso tempo è il modo più sublime di attuare la femminilità, come accoglienza e donazione di vita.
«Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio. (II Lettura)
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
I sacramenti ricevuti con gioia, o Signore,
conducano alla vita eterna noi
che ci gloriamo di riconoscere la beata sempre Vergine Maria
Madre del tuo Figlio e Madre della Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.
1 Gennaio 2021
Maria Santissima Madre di Dio
La solennità di Maria SS. Madre di Dio è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Originariamente la festa rimpiazzava l’uso pagano delle “strenae” (strenne), i cui riti contrastavano con la santità delle celebrazioni cristiane. Il “Natale Sanctae Mariae” cominciò ad essere celebrato a Roma intorno al VI secolo, probabilmente in concomitanza con la dedicazione di una delle prime chiese mariane di Roma: S. Maria Antiqua al Foro romano, a sud del tempio dei Castori. La liturgia veniva ricollegata a quella del Natale e il primo gennaio fu chiamato “in octava Domini”: in ricordo del rito compiuto otto giorni dopo la nascita di Gesù, veniva proclamato il vangelo della circoncisione, che dava nome anch’essa alla festa che inaugurava l’anno nuovo. La recente riforma del calendario ha riportato al 1° gennaio la festa della maternità divina, che dal 1931 veniva celebrata l’11 ottobre, a ricordo del concilio di Efeso (431), che aveva sancìto solennemente una verità tanto cara al popolo cristiano: Maria è vera Madre di Cristo, che è vero Figlio di Dio. Nestorio aveva osato dichiarare: “Dio ha dunque una madre? Allora non condanniamo la mitologia greca, che attribuisce una madre agli dèi”; S. Cirillo di Alessandria però aveva replicato: “Si dirà: la Vergine è madre della divinità? Al che noi rispondiamo: il Verbo vivente, sussistente, è stato generato dalla sostanza medesima di Dio Padre, esiste da tutta l’eternità... Ma nel tempo egli si è fatto carne, perciò si può dire che è nato da donna”. Gesù, Figlio di Dio, è nato da Maria. È da questa eccelsa ed esclusiva prerogativa che derivano alla Vergine tutti i titoli di onore che le attribuiamo, anche se possiamo fare tra la santità personale di Maria e la sua maternità divina una distinzione suggerita da Cristo stesso: “Una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27s). In realtà, “Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù e, abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente” (Lumen Gentium, 56). Autore: Piero Bargellini
Alla scuola di Maria però possiamo cogliere con il cuore quello che gli occhi e la mente non riescono da soli a percepire, né possono contenere: Benedetto XVI (Omelia 1 gennaio 2008)
Cari fratelli e sorelle!
Iniziamo quest’oggi un nuovo anno e ci prende per mano la speranza cristiana; lo iniziamo invocando su di esso la benedizione divina ed implorando, per intercessione di Maria, Madre di Dio, il dono della pace: per le nostre famiglie, per le nostre città, per il mondo intero. Con questo auspicio saluto tutti voi qui presenti ad iniziare dagli illustri Ambasciatori del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, convenuti a questa celebrazione in occasione della Giornata Mondiale della Pace. Saluto il Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, il Cardinale Renato Raffaele Martino e tutti i componenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Ad essi sono particolarmente grato per il loro impegno nel diffondere il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che quest’anno ha come tema: “Famiglia umana, comunità di pace”.
La pace. Nella prima Lettura, tratta dal Libro dei Numeri, abbiamo ascoltato l’invocazione: “Il Signore ti conceda pace” (6,26); il Signore doni pace a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, al mondo intero. Tutti aspiriamo a vivere nella pace, ma la pace vera, quella annunciata dagli angeli nella notte di Natale, non è semplice conquista dell’uomo o frutto di accordi politici; è innanzitutto dono divino da implorare costantemente e, allo stesso tempo, impegno da portare avanti con pazienza restando sempre docili ai comandi del Signore. Quest’anno, nel Messaggio per l’odierna Giornata Mondiale della Pace, ho voluto porre in luce lo stretto rapporto che esiste tra la famiglia e la costruzione della pace nel mondo. La famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, è “culla della vita e dell’amore” e “la prima e insostituibile educatrice alla pace”. Proprio per questo la famiglia è “la principale ‘agenzia’ di pace” e “la negazione o anche la restrizione dei diritti della famiglia, oscurando la verità dell’uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace” (cfr nn. 1-5). Poiché poi l’umanità è una “grande famiglia”, se vuole vivere in pace non può non ispirarsi a quei valori sui quali si fonda e si regge la comunità familiare. La provvidenziale coincidenza di varie ricorrenze ci sprona quest’anno ad uno sforzo ancor più sentito per realizzare la pace nel mondo. Sessant’anni or sono, nel 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite rese pubblica la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”; quarant’anni fa il mio venerato Predecessore Paolo VI celebrò la prima Giornata Mondiale della Pace; quest’anno inoltre ricorderemo il 25° anniversario dell’adozione da parte della Santa Sede della “Carta dei diritti della famiglia”. “Alla luce di queste significative ricorrenze - riprendo qui quanto ho scritto proprio a conclusione del Messaggio - invito ogni uomo e ogni donna a prendere più lucida consapevolezza della comune appartenenza all’unica famiglia umana e ad impegnarsi perché la convivenza sulla terra rispecchi sempre più questa convinzione da cui dipende l’instaurazione di una pace vera e duratura”.
Il nostro pensiero si volge ora naturalmente alla Madonna, che oggi invochiamo come Madre di Dio. Fu il Papa Paolo VI a trasferire al primo gennaio la festa della Divina Maternità di Maria, che un tempo cadeva l’11 di ottobre. Prima infatti della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, nel primo giorno dell’anno si celebrava la memoria della circoncisione di Gesù nell’ottavo giorno dopo la sua nascita - come segno della sottomissione alla legge, il suo inserimento ufficiale nel popolo eletto - e la domenica seguente si celebrava la festa del nome di Gesù. Di queste ricorrenze scorgiamo qualche traccia nella pagina evangelica che è stata poco fa proclamata, in cui san Luca riferisce che otto giorni dopo la nascita il Bambino venne circonciso e gli fu posto il nome di Gesù, “come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre” (Lc 2,21). Quella odierna pertanto, oltre che essere una quanto mai significativa festa mariana, conserva pure un contenuto fortemente cristologico, perché, potremmo dire, prima della Madre, riguarda proprio il Figlio, Gesù vero Dio e vero Uomo.
Al mistero della divina maternità di Maria, la Theotokos, fa riferimento l’apostolo Paolo nella Lettera ai Galati. “Quando venne la pienezza del tempo, - egli scrive - Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge” (4,4). In poche parole troviamo sintetizzati il mistero dell’incarnazione del Verbo eterno e la divina maternità di Maria: il grande privilegio della Vergine sta proprio nell’essere Madre del Figlio che è Dio. A otto giorni dal Natale trova pertanto la sua più logica e giusta collocazione questa festa mariana. Infatti, nella notte di Betlemme, quando “diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7), si compirono le profezie concernenti il Messia. “Una Vergine concepirà e partorirà un figlio”, aveva preannunciato Isaia (7,14); “ecco concepirai nel seno e partorirai un figlio”, disse a Maria l’angelo Gabriele (Lc 1,31); e ancora un angelo del Signore - narra l’evangelista Matteo -, apparendo in sogno a Giuseppe, lo rassicurò dicendogli: “non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio” (Mt 1,20-21).
Il titolo di Madre di Dio è il fondamento di tutti gli altri titoli con cui la Madonna è stata venerata e continua ad essere invocata di generazione in generazione, in Oriente e in Occidente. Al mistero della sua divina maternità fanno riferimento tanti inni e tante preghiere della tradizione cristiana, come ad esempio un’antifona mariana del tempo natalizio, l’Alma Redemptoris mater con la quale così preghiamo: “Tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctum Genitorem, Virgo prius ac posterius - Tu, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, Madre sempre vergine”. Cari fratelli e sorelle, contempliamo quest’oggi Maria, madre sempre vergine del Figlio unigenito del Padre; impariamo da Lei ad accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Se nel Bimbo nato da Lei riconosciamo il Figlio eterno di Dio e lo accogliamo come il nostro unico Salvatore, possiamo essere detti e lo siamo realmente figli di Dio: figli nel Figlio. Scrive l’Apostolo: “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4).
L’evangelista Luca ripete più volte che la Madonna meditava silenziosa su questi eventi straordinari nei quali Iddio l’aveva coinvolta. Lo abbiamo ascoltato anche nel breve brano evangelico che quest’oggi la liturgia ci ripropone. “Maria serbava queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Il verbo greco usato “sumbállousa” letteralmente significa “mettere insieme” e fa pensare a un mistero grande da scoprire poco a poco. Il Bambino che vagisce nella mangiatoia, pur apparentemente simile a tutti i bimbi del mondo, è al tempo stesso del tutto differente: è il Figlio di Dio, è Dio, vero Dio e vero uomo. Questo mistero - l’incarnazione del Verbo e la divina maternità di Maria - è grande e certamente non facile da comprendere con la sola umana intelligenza.
Alla scuola di Maria però possiamo cogliere con il cuore quello che gli occhi e la mente non riescono da soli a percepire, né possono contenere. Si tratta, infatti, di un dono così grande che solo nella fede ci è dato accogliere pur senza tutto comprendere. Ed è proprio in questo cammino di fede che Maria ci viene incontro, ci è sostegno e guida. Lei è madre perché ha generato nella carne Gesù; lo è perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre. Scrive sant’Agostino: “Di nessun valore sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non l’avesse portato nel cuore, con una sorte più fortunata di quando lo concepì nella carne” (De sancta Virginitate, 3,3). E nel suo cuore Maria continuò a conservare, a “mettere insieme” gli eventi successivi di cui sarà testimone e protagonista, sino alla morte in croce e alla risurrezione del suo Figlio Gesù.
Cari fratelli e sorelle, solo conservando nel cuore, mettendo cioè insieme e trovando un’unità di tutto ciò che viviamo, possiamo addentrarci, seguendo Maria, nel mistero di un Dio che per amore si è fatto uomo e ci chiama a seguirlo sulla strada dell’amore; amore da tradurre ogni giorno in un generoso servizio ai fratelli. Possa il nuovo anno, che oggi fiduciosi iniziamo, essere un tempo nel quale avanzare in quella conoscenza del cuore, che è la sapienza dei santi. Preghiamo perché, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, il Signore “faccia brillare il suo volto” su di noi, ci “sia propizio” (cfr. Nm 6,24-7), e ci benedica. Possiamo esserne certi: se non ci stanchiamo di ricercare il suo volto, se non cediamo alla tentazione dello scoraggiamento e del dubbio, se pur fra le tante difficoltà che incontriamo restiamo sempre ancorati a Lui, sperimenteremo la potenza del suo amore e della sua misericordia. Il fragile Bambino che la Vergine quest’oggi mostra al mondo, ci renda operatori di pace, testimoni di Lui, Principe della pace. Amen!
Pratica: Come il Signore mi è propizio, così allevierò le pene e le sofferenze di chi giace nell’indigenza e nella povertà.
Preghiera: Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...