1 Gennaio 2024
 
Maria Santissima Madre di Dio
 
Nm 6,22-27; Salmo Responsoriale 66 [67]; Gal 4,4-7: Lc 2,16-21
 
 
Colletta
O Dio, che nella verginità feconda di Maria
hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna,
fa’ che sperimentiamo la sua intercessione,
poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita,
Gesù Cristo, tuo Figlio.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
 
Maria santissima Madre di Dio: Benedetto XVI (Omelia, 1 gennaio 2008): Il titolo di Madre di Dio è il fondamento di tutti gli altri titoli con cui la Madonna è stata venerata e continua ad essere invocata di generazione in generazione, in Oriente e in Occidente. Al mistero della sua divina maternità fanno riferimento tanti inni e tante preghiere della tradizione cristiana, come ad esempio un’antifona mariana del tempo natalizio, l’Alma Redemptoris mater con la quale così preghiamo: “Tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctum Genitorem, Virgo prius ac posterius - Tu, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, Madre sempre vergine”. Cari fratelli e sorelle, contempliamo quest’oggi Maria, madre sempre vergine del Figlio unigenito del Padre; impariamo da Lei ad accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Se nel Bimbo nato da Lei riconosciamo il Figlio eterno di Dio e lo accogliamo come il nostro unico Salvatore, possiamo essere detti e lo siamo realmente figli di Dio: figli nel Figlio. Scrive l’Apostolo: “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4).
 
I Lettura: Ti benedica il Signore e ti custodisca: la preghiera sacerdotale ricordata dal libro dei Numeri trova ricchezza e compimento nel nome di Gesù: nel mistero del Dio umanato, e nella sua dolcezza, tutti gli uomini saranno benedetti da Dio. In Gesù ogni uomo ha trovato grazia e salvezza.
 
II Lettura: Quando venne la pienezza del tempo: questa espressione designa la venuta dei tempi messianici o escatologici, che colmano la lunga attesa dei secoli come una misura finalmente piena. Inoltre, in modo mirabile, Paolo mette in risalto “i due aspetti, negativo e positivo della redenzione: divenendo figlio, lo schiavo acquista la libertà. Lo schiavo liberato è adottato come figlio, non solamente per l’accesso legale all’eredità, ma con il dono reale della vita divina, nella quale le tre Persone sono associate” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
 
I pastori entrano nella grotta e vedono tutto ciò che era stato loro annunciato dall’angelo e, colmi di gioia, trasmettono il messaggio angelico, udendolo la gente si meraviglia, come si erano meravigliati i parenti di Zaccaria così si meraviglieranno il padre e la madre di Gesù.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo, come per Giovanni, il nome era già stato indicato dall’angelo, prima del concepimento. Nella concezione semitica il nome non serve solo come denominazione di un uomo, ma si identifica con la sua stessa persona (1Sam 25,25).
Gesù, un nome “voluto da Dio ricco di significato [Mt 1,21 lo spiega], ma soprattutto carico di destino. Un nome che sintetizza bene il valore della persona che lo porta, che rinchiude in sé l’oggetto del vangelo: la salvezza” (Carlo Ghidelli, Vangelo secondo Luca).
 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21
 
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.
E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
 
Parola del Signore
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Maria poi serbava tutte queste cose...; lo stesso concetto ritorna al vers. 51. Il racconto descrive due sentimenti ponendoli l’uno accanto all’altro, cioè: l’ammirazione di quelli che hanno ascoltato i fatti riferiti dai pastori e la riflessione profonda e penetrante che Maria compiva sugli eventi visti e ascoltati. Il rapporto tra gli atteggiamenti psicologici di questi due tipi di personaggi (coloro che hanno ascoltato i racconti riferiti dai pastori e Maria) fa anche emergere la loro differenza; da una parte infatti si ha una ammirazione fugace e di superficie (ἐδαύμασαν = aoristo che indica un’azione transeunte o azione puntiforme), dall’altra vi è una riflessione prolungata (συνετήρει = imperfetto che designa un’azione iterata, duratura, cioè un’azione lineare). Questa precisione stilistica mette a punto una finezza psicologica: i sentimenti di quelli che hanno ascoltato i pastori presentano una proprietà avventizia, occasionale; i sentimenti invece di Maria hanno un carattere prolungato ed abituale. Il verbo συντερέω può essere tradotto con «conservare» ed anche «osservare», perché suppone il verbo ebraico shamar (aramaico: natar) che ha questi due sensi. E le meditava in cuor suo; il greco ha il participio συμβάλλουσα ([le] meditava) che determina ulteriormente l’imperfetto precedente del testo (serbava). La frase usata da Luca più che designare una doppia azione psicologica (serbava e meditava) indica un’attività intellettuale intensa, quindi in essa più che uno sdoppiamento di azione bisogna vedere un’intensità o profondità di un unico atto della mente. «Tutte queste cose» (fatti visti e parole udite) intorno al piccolo Gesù sono state conservate o osservate con interesse ed attenzione da Maria, vale a dire: la madre di Cristo le ha profondamente meditate. Questa intensa attività dello spirito è stata indicata con il participio συμβάλλουσα, verbo proprio del vocabolario di Luca, che designa una riflessione profonda su un problema importante e di difficile soluzione (cf. Lc., 14, 31; Atti, 4, 15). «In cuor suo», cioè: nel suo intimo; l’evangelista con questo rilievo indica che la «meditazione» di Maria aveva carattere religioso, essa cioè consisteva in una riflessione intima sul senso religioso dei fatti; l’espressione quindi «in cuor suo» non indica propriamente la facoltà che compiva tale meditazione (il cuore, secondo la psicologia ebraica, era la sede del pensiero), ma la religiosità con la quale Maria considerava gli eventi. L’osservazione dell’evangelista, oltre la sua importanza storica, poiché accenna velatamente alla fonte da cui provengono, almeno in parte, le notizie del vangelo dell’infanzia, ha un valore dottrinale notevole. Essa infatti puntualizza un aspetto della personalità della madre di Gesù; Maria è presentata come un’anima riflessiva, desiderosa di maggiori approfondimenti (cf. Lc., 1, 29; 2, 51); ella è una fervida ebrea che ama meditare sulla Scrittura per comprendere meglio, nella luce di essa, i fatti di cui è protagonista o spettatrice. Israele ha conosciuto gruppi di persone ferventi che meditavano sulla Scrittura e sugli eventi della storia per scoprirne le mutue relazioni ed i misteriosi richiami. Ampie parti dell’Antico Testamento documentano abbondantemente, con le composizioni a carattere rievocativo ed antologico, l’esistenza di questo genere di meditazione religiosa praticata da quei «saggi» di cui non pochi hanno lasciato in vari salmi e in lunghe sezioni dei libri sapienziali il dolce frutto di questa loro riflessione interamente ispirata dalla loro vibrante pietà, dal loro vivo attaccamento alla storia ed alla religione. Nel vangelo dell’infanzia (Lc., 1-2), penetrato da questa riflessione religiosa, si rileva che Maria ama approfondire il significato religioso delle cose (cf. Lc., 1, 29; 2, 19, 51) e scoprire il nesso che li congiunge con le affermazioni della Scrittura. Il Magnificat rappresenta una chiara conferma dei rilievi compiuti; questo cantico infatti, che è un richiamo continuo di passi biblici, attesta che la Madre di Gesù non soltanto conosce l’Antico Testamento, ma che ella ne vede anche la perfetta consonanza con gli avvenimenti della sua vita. Da questo modo di presentare i fatti si deduce che Maria, nel pensiero dell’evangelista, non è soltanto una protagonista ed una spettatrice degli eventi, ma che ella ne è anche la prima coordinatrice, poiché proprio la Madre di Gesù è la persona, la quale, con una penetrante riflessione religiosa, scorge questi fatti nella luce del Vecchio Testamento considerandoli come la realizzazione delle promesse e dell’economia divina antecedenti alla venuta del Messia. Di queste riflessioni religiose di cui Maria è stata l’iniziatrice il vangelo dell’infanzia rappresenta l’ultimo e definitivo sviluppo (cf. R. Laurentin, o. c., p. 99-100).

Maternità divina - Catechismo degli Adulti 773-774: Fin dalle origini la dignità della divina maternità ha attirato l’attenzione e lo stupore della Chiesa. L’evangelista Luca onora Maria come la Madre del Signore, tenda della divina presenza, arca della nuova alleanza. I cristiani cominciano presto a invocarla come Madre di Dio. Lo attesta già una bella preghiera del III secolo: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta». Più tardi, nel 431, il concilio di Efeso definisce che Maria è Madre di Dio. Ovviamente con ciò non intende affermare che Maria è stata principio della divinità, cosa evidentemente assurda; ma che ha generato nella sua umanità il Figlio eterno, che è vero Dio e veramente è diventato uomo.
Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell’eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca
Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell’eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca anche nella storia, come uomo e come primogenito di molti fratelli. Madre di Dio è «il nome proprio dell’unione con Dio, concessa a Maria Vergine», «che realizza nel modo più eminente la predestinazione soprannaturale... elargita a ogni uomo». Maria vive questa grazia singolarissima con atteggiamento di accoglienza grata, amante e adorante, in modo simile a tutti i credenti, ma con una radicalità e pienezza inaudita. Questo è il suo modo di ricevere la Parola e di partecipare alla vita divina. Allo stesso tempo è il modo più sublime di attuare la femminilità, come accoglienza e donazione di vita.
«Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo.
«Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo.
 
Inno a Maria - Cirillo di Alessandria, Hom. 4, n. 1183): “Salve, Madre di Dio, Maria, tesoro venerabile di tutto il mondo, lampada inestinguibile, corona della verginità, scettro della sana dottrina, tempio indissolubile, casa di colui che non può essere contenuto in nessuna casa, madre e vergine; per la quale è chiamato benedetto nei Vangeli colui che viene nel nome del Signore [Mt 21,9]: salve, tu accogliesti nel tuo seno santo e verginale l’immenso e incontenibile, per te la santa Trinità è glorificata e adorata; per te la preziosa croce è celebrata e adorata in tutto il mondo; per te il cielo esulta, per te gli angeli e gli arcangeli si allietano, per te i demoni son messi in fuga, per te il diavolo tentatore cade dal cielo, per te la creatura decaduta vien portata al cielo; per te ogni creatura, irretita dal veleno degli idoli, giunge alla conoscenza della verità; per te il santo battesimo è stato dato ai credenti, per te l’olio della consacrazione, per te sono state fondate le Chiese in tutto il mondo, per te i popoli son guidati alla penitenza. E che dirò ancora? Per te l’unigenito figlio di Dio rifulse come luce a coloro ch’eran nelle tenebre; per te i profeti parlarono, per te i morti risorgono, per te gli apostoli annunziarono la salvezza, per te i re regnano in nome della santa Trinità. E chi mai potrà celebrare adeguatamente quella Maria degnissima d’ogni lode? Essa è madre e vergine; o cosa meravigliosa! Questo miracolo colma di stupore.
 
Il Santo del giorno - 1 Gennaio 2024 -  Maria Santissima Madre di Dio - La solennità di Maria SS. Madre di Dio è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Originariamente la festa rimpiazzava l’uso pagano delle “strenae” (strenne), i cui riti contrastavano con la santità delle celebrazioni cristiane. Il “Natale Sanctae Mariae” cominciò ad essere celebrato a Roma intorno al VI secolo, probabilmente in concomitanza con la dedicazione di una delle prime chiese mariane di Roma: S. Maria Antiqua al Foro romano, a sud del tempio dei Castori.  La liturgia veniva ricollegata a quella del Natale e il primo gennaio fu chiamato “in octava Domini”: in ricordo del rito compiuto otto giorni dopo la nascita di Gesù, veniva proclamato il vangelo della circoncisione, che dava nome anch’essa alla festa che inaugurava l’anno nuovo. La recente riforma del calendario ha riportato al 1° gennaio la festa della maternità divina, che dal 1931 veniva celebrata l’11 ottobre, a ricordo del concilio di Efeso (431), che aveva sancìto solennemente una verità tanto cara al popolo cristiano: Maria è vera Madre di Cristo, che è vero Figlio di Dio. Nestorio aveva osato dichiarare: “Dio ha dunque una madre? Allora non condanniamo la mitologia greca, che attribuisce una madre agli dèi”; S. Cirillo di Alessandria però aveva replicato: “Si dirà: la Vergine è madre della divinità? Al che noi rispondiamo: il Verbo vivente, sussistente, è stato generato dalla sostanza medesima di Dio Padre, esiste da tutta l’eternità... Ma nel tempo egli si è fatto carne, perciò si può dire che è nato da donna”. Gesù, Figlio di Dio, è nato da Maria. È da questa eccelsa ed esclusiva prerogativa che derivano alla Vergine tutti i titoli di onore che le attribuiamo, anche se possiamo fare tra la santità personale di Maria e la sua maternità divina una distinzione suggerita da Cristo stesso: “Una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27s). In realtà, “Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù e, abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente” (Lumen Gentium, 56).   (Autore: Piero Bargellini)

I sacramenti ricevuti con gioia, o Signore,
conducano alla vita eterna noi che ci gloriamo di riconoscere
la beata sempre Vergine Maria
Madre del tuo Figlio e Madre della Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.
 

 

 


 31 DICEMBRE 2023
 
SANTA FAMIGLIA DI GESU’, MARIA E GIUSEPPE, FESTA – ANNO B

Gen 15,1-6; 21,1-13; Salmo Responsoriale Dal Salmo 104 (105); Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40
 
Colletta
O Dio, nostro creatore e Padre,
tu hai voluto che il tuo Figlio crescesse in sapienza,
età e grazia nella famiglia di Nazaret;
ravviva in noi la venerazione
per il dono e il mistero della vita,
perché diventiamo partecipi della fecondità del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Festa della Santa Famiglia di Nazaret - Benedetto XVI (Angelus, 30 dicembre 2007): Celebriamo oggi la festa della Santa Famiglia. Seguendo i Vangeli di Matteo e di Luca, fissiamo lo sguardo su Gesù, Maria e Giuseppe, e adoriamo il mistero di un Dio che ha voluto nascere da una donna, la Vergine Santa, ed entrare in questo mondo per la via comune a tutti gli uomini. Così facendo ha santificato la realtà della famiglia, colmandola della grazia divina e rivelandone pienamente la vocazione e la missione. Alla famiglia ha dedicato grande attenzione il Concilio Vaticano II. I coniugi - esso afferma - sono l’uno per l’altro e per i figli testimoni della fede e dell’amore di Cristo (cfr. LG, 35). La famiglia cristiana partecipa così della vocazione profetica della Chiesa: con il suo modo di vivere “proclama ad alta voce le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata” (ibid.). Come ha poi ripetuto senza stancarsi il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, il bene della persona e della società è strettamente connesso alla “buona salute” della famiglia (cfr. GS, 47). Perciò la Chiesa è impegnata a difendere e promuovere “la dignità naturale e l’altissimo valore sacro”- sono parole del Concilio - del matrimonio e della famiglia (ibid.)
 
I Lettura: Il brano va letto alla luce del Nuovo Testamento: la discendenza «numerosa come le stelle» di Abramo si compirà nella «moltitudine immensa» (Ap 7,9) discepola dell’Agnello; la fede di Abramo sboccerà in pienezza in quella di Giuseppe e di Maria e il «nuovo cielo e una nuova terra» (Ap 21,1) sarà per i credenti la «terra promessa» ad Abramo.
 
II Lettura: L’autore sacro ci parla della fede di Abramo, soffermandosi, in modo particolare, su due episodi della sua vita: la sofferta prova della sterilità di Sara e la richiesta dell’immolazione del “suo figlio unico”. Di questa fede l’elogio più bello lo troviamo nella Lettera ai Romani: Abramo «ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza» (Rom 4,18).
 
Vangelo
l bambino cresceva pieno di sapienza.
 
I primi due capitoli di Matteo e di Luca sono conosciuti come i Vangeli dell’infanzia. La gioia di Giuseppe e di Maria viene turbata dalle parole oscure di Simeone, il quale non fa che indicare agli ignari sposi la via della croce: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione» (v. 34). Gesù apre questa via, la percorre fino alla fine e la propone a noi, suoi discepoli. Maria, per prima, la seguirà in piena fedeltà e disponibilità.
 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,22-40
 
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
 
Parola del Signore.
 
Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme - Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale: secondo la legge mosaica (Cf. Lev 12,2-8) la donna che dava «alla luce un maschio», a motivo della sua impurità, non doveva toccare «alcuna cosa santa» né doveva entrare nel santuario per quaranta giorni. Al termine di questo periodo doveva portare «al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione» per essere purificata «dal flusso del suo sangue». Le donne povere che non avevano mezzi per offrire un agnello offrivano, come Maria qui, due colombi.
In quanto primogenito, Gesù viene portato al tempio per essere consacrato al Signore, come richiesto dalla legge di Mosé (Es 13,1-2). In tutte le lingue, presso tutti i popoli, il primo nato è sempre detto primogenito, seguano o no altri figli. Presso gli Ebrei il primo nato era sempre detto e rimaneva sempre primogenito perché al primo nato erano riservati particolari diritti di famiglia (Cf. Gen 27; Num 3,12-13; 18,15-16; Dt 21,15-17).
Lo Spirito Santo aveva promesso a Simeone, che «non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo Signore». Il vegliardo, «uomo giusto e pio», rappresenta «l’Israele fedele, che attendeva con fiducia illimitata la comparsa del Messia per l’attuazione del regno di Dio. In questo incontro la religiosità sincera dell’Antico Testamento si salda direttamente con quella del Nuovo Testamento, in una meravigliosa continuazione del progetto salvifico di Dio» (Angelico Poppi). L’attesa di Simeone si fonda su alcune profezie che predominano in tutto il Secondo o il Terzo Isaia (Is 40-55; 56-66).
Il Nunc Dimittis sembra un cantico proveniente dall’ambiente giudaico-cristiano, anche se, come suggerisce la Bibbia di Gerusalemme, a differenza del Magnificat e del Benedictus, potrebbe essere «stato composto dallo stesso Luca, con il particolare aiuto di testi di Isaia. Dopo i primi tre versi che riguardano Simeone e la sua morte vicina, gli altri tre descrivono la salvezza universale portata dal Messia Gesù: una illuminazione del mondo pagano che ha avuto inizio dal popolo eletto e ridonderà a sua gloria» (vedi nota a Lc 2,29-32). Gesù sarà «come segno di contraddizione»: la sua missione sarà accompagnata da ostilità e da persecuzioni da parte del suo popolo. Maria, sua Madre, parteciperà a questo destino di dolore.
Anche la profetessa Anna, «figlia di Fanuèle», riconosce nel bambino Gesù il Messia e per questo favore si mette «a lodare Dio e a parlare del bambino». Per molti, poiché il termine bambino non ricorre nel testo, la «traduzione l’aggiunge per evitare la strana ambiguità, che sembra identificare questo piccolo con Dio. Questa applicazione a Cristo di testi concernenti Jahve non è specifica di Luca, ma costante nel Nuovo Testamento per esprimere la divinità di Cristo» (René Laurentin).
 Della tribù di Aser, l’ultima nel tradizionale elenco delle tribù d’Israele: in questo modo «tutte le tribù d’Israele, anche l’ultima, almeno nelle anime ben disposte e pie», riconoscono «in Gesù bambino il redentore di Israele» e ne divengono «apostole. Ecco il tocco finale di Luca in questo secondo trittico: è un monito a tutti gli israeliti ad aprirsi al Signore, e a noi cristiani a non stimarci sicuri della salvezza per il solo fatto che siamo nati nel nuovo Israele» (Giovanni Leonardi).
 
«Nunc Dimittis» - Giovanni Leonardi (L’Infanzia di Gesù): Il profeta Simeone è noto solo da questo episo­dio. Non è detto che fosse sacerdote: dal testo (v. 29) traspare invece che era una persona anziana. Qualcuno recentemente ha voluto identificarlo con Simeone figlio di Hillel, di cui si parla nel Talmud e il cui ritratto corrisponde a quello del Simeone di Luca. Daniélou ricorda che anche alcune tradizioni giudeo-cristiane sono favorevoli a questa interpretazione.
Simeone è presentato «giusto e pio», al modo dei personaggi precedenti: giusto esternamente e pratica­mente, pio o timorato di Dio internamente.
 Egli attendeva «il conforto di Israele», cioè quel Messia (astratto per il concreto) il cui compito - secondo Isaia 61,2s - era «di confortare i piangenti di Sion», cioè di consolare e riportare alla gioia.
Lo Spirito Santo, in premio di tali buone disposizioni e della intemerata condotta, gli aveva promesso (Luca non dice come) che avrebbe visto con i suoi occhi il Messia. Ed è appunto lo Spirito che, non solo lo fa salire al tempio in coincidenza con la venuta della sacra Famiglia, ma anche gli fa riconoscere nel Bambino il Messia.
Simeone non si accontenta di contemplarlo: lo prende nelle sue braccia venerande e, nonostante la commozione, trova la forza di benedire Dio, cioè di uscire, come già Zaccaria, in un inno di lode e ringraziamento a Dio. II cantico è, come il Magnificat e il Benedictus, un mosaico di testi tolti dall’Antico Testamento. Vi predominano però i riferimenti al Deutero-Isaia, il profeta della consolazione di Israele (40,1; 42,6; 46,13; 49,6; 52,10; Cf. 46,30); per cui Daniélou pensa che si tratti di un arcaico inno giudeo-cristiano della Chiesa post-pentecostale e da Luca mes­so in bocca a Simeone per esprimerne sentimenti simili.
Simeone si pone (vv. 29-32) nell’atteggiamento del servo verso il padrone ed esprime la sua soddisfazione al Signore per aver mantenuta la parola promessa: gli dice che lo lasci pur andare (lett. salpare) verso il porto dell’aldilà con la pace messianica ormai raggiunta; i suoi occhi infatti hanno visto la sua salvezza (astratto per il concreto): quella salvezza - continua a dire - che Dio ha preparato - quale mensa imbandita - davanti a tutti i popoli, perché sia luce alle genti pagane e gloria (cioè onore o vanto) del suo popolo Israele; oppure meglio perché sia la presenza specialissima e benefica di Dio in mezzo al suo popolo. Questo è l’unico accenno espressamente universalistico che troviamo nel Vangelo dell’infanzia di Luca: per giunta i pagani vengono messi al primo posto, anche se considerati avvolti dalle tenebre dell’idolatria e quindi bisognosi della luce della rivelazione cristiana.
 
Santa Famiglia - Nella lingua ebraica, la famiglia è chiamata ordinariamente «casa del padre». Essa, per l’Israelita, è tutto. È il luogo dove si vivono le gioie del quotidiano e dove, insieme, perché uniti dai legami della più stretta solidarietà, si affrontano le difficoltà e le prove che la vita largamente dona ad ogni uomo. La famiglia è anche un’entità politica ed allo stesso tempo una associazione religiosa dove si celebrano le feste del Signore. Il padre ne era in un certo senso il sacerdote (Cf. Gb 1,5). Nato «e vissuto in una famiglia umana, Gesù ne rispetta la struttura e le leggi che le tradizioni del suo popolo avevano formato. Più volte egli deve intervenire in un quadro familiare. Lo vediamo insieme a sua madre e ai discepoli partecipare al momento in cui nasce una nuova famiglia, alle nozze di Cana [Gv 2,1-2]. Interviene nella famiglia degli amici, per ristabilire la serenità e la pace compromessa dalla malattia e dalla morte. Così guarisce la suocera di Pietro [Mc 1,29-31] e resuscita l’amico Lazzaro, restituendolo all’affetto delle sorelle Marta e Maria [Gv 11]. Anche altre famiglie vengono a conoscere l’intervento salvifico di Gesù: la figlia di Giairo [Mc 5,35-42] e il figlio della vedova di Naim [Lc 7,11-17] vengono riconsegnati alla vita e all’affetto dei loro. Ancora, la sua azione non conosce limiti di appartenenza etnico-religiosa: la donna siro-fenicia, per la sua fede, ottiene la guarigione della figlia [Mt 15,22]» (Bruno Liverani).
La festa della “Santa Famiglia” vuole sottolineare un dato fondante della famiglia: essa è associata alla missione apostolica della Chiesa, missione che è «radicata nel battesimo e riceve dalla grazia sacramentale del matrimonio una nuova forza per trasmettere la fede, per santificare e trasformare l’attuale società nella quale è inserita» (Familiaris consortio n. 52).
È soprattutto il Nuovo Testamento a mostrarci la famiglia come «comunità credente ed evangelizzante» (Familiaris consortio n. 51), al servizio del Vangelo e dell’uomo.
Spesso l’accoglimento del Vangelo da parte del capofamiglia comportava l’entrata di tutto il nucleo familiare nella salvezza (Cf. At 10,2; 16,1ss). A Tiro, Paolo, in viaggio verso Gerusalemme, viene accompagnato dai discepoli «con le mogli e i figli sin fuori della città» (At 21,5-6). Stefana riceve dall’apostolo Paolo il battesimo con tutti i suoi (Cf. 1Cor 1,16). Anche Lidia, una credente in Dio, «commerciante di porpora, della città di Tiàtira» (At 16,14-15), viene battezzata da Paolo insieme alla sua famiglia.
Una volta accolta la fede da parte della famiglia, è in essa che si sviluppa e matura. Ed è proprio per questo motivo che i pericoli che minacciano la fede dei singoli, minacciano anche la pace e l’unità della famiglia, che rischia di essere trascinata e coinvolta nell’errore, così come, unita era arrivata alla fede: «Vi sono infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e ingannatori della gente. A questi tali bisogna chiudere la bocca, perché mettono in scompiglio intere famiglie, insegnando per amore di un guadagno disonesto cose che non si devono insegnare» (Tt 1,10-11). La famiglia che accoglie il Vangelo a sua volta diventa missionaria; così la famiglia di Stefana che diventa un vero centro di irradiamento del vangelo nell’Acaia, un punto di riferimento per i “fratelli” che vogliono impegnarsi in tale opera missionaria: «Fratelli: conoscete la famiglia di Stefana, che è primizia dell’Acaia; hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli; siate anche voi deferenti verso di loro e verso quanti collaborano e si affaticano con loro» (1Cor16,15-16). Aquila e Priscilla, dopo aver ascoltato Paolo, lo accolgono nella loro casa e gli espongono con «maggiore accuratezza la via di Dio» (At 18,26).
Quindi, la missione è stata sempre un dato costitutivo della famiglia. Un dato sempre accolto e sollecitato dal magistero della Chiesa: «La famiglia come la Chiesa deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque nell’intimo di una famiglia cosciente di questa missione tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita» (Evangelii nuntiandi n. 71).
È urgente, quindi, che la famiglia scopra la sua dimensione missionaria e per fare questo è necessario superare «la concezione che una famiglia è “buona”, quando tutto va bene al suo interno, ma è chiusa verso l’esterno. Si può trattare di un “egoismo comunitario” invece che semplicemente individuale. L’amore non può essere consumato tutto solo fra i componenti della famiglia. La famiglia non è un mondo a sé stante, ma cellula del mondo e della Chiesa» (Costanzo Donegana).
 
Il bambino cresceva, pieno di sapienza: «… anche a proposito di Giovanni leggiamo: “E il bambino cresceva e si fortificava...”, non si aggiunge però: era ricolmo di sapienza... Non appartiene alla natura umana essere ricolmati di sapienza prima di dodici anni. Una cosa è possedere parzialmente la sapienza, un’altra essere ricolmati di sapienza. È evidente dunque che qualcosa di divino si manifestò nel corpo di Gesù, qualcosa che supera non solo gli uomini, ma qualsiasi creatura razionale» (Origene).
 
Il Santo del Giorno - 31 Dicembre 2023 - Silvestro I. Testimone di un «tempo nuovo» e di una Chiesa libera da riorganizzare - L’anno si chiude con un santo noto a tutti proprio per l’associazione con la notte che porta al Capodanno ma la cui eredità è poco conosciuta. In realtà san Silvestro I è il testimone adatto per gettare lo sguardo al nuovo anno che arriva: fu, infatti, il primo Pontefice a dover “gestire” la libertà di culto concessa alla Chiesa nel 313 dopo secoli di persecuzioni solo pochi mesi prima che lui salisse al soglio pontificio. Insomma, fu la guida della comunità romana dei cristiani in un momento in cui assumeva una nuova luce e tutto andava riorganizzato e ricalibrato in base alla libertà trovata. Prete romano, Silvestro fu Papa dopo l’africano Milziade, al quale succedette nel 314, trovandosi a cercare di contenere, per quel che poteva, l’enorme influenza dell’imperatore Costantino anche sulle questioni interne della Chiesa per 21 anni, fino alla morte nel 335. Finita l’era dei martiri della persecuzione anticristiana dell’Impero Romano, Silvestro fu tra i primi testimoni della fede ai quali venne attribuito il titolo di «Confessore della fede», cioè un testimone del Vangelo fino alle estreme conseguenze, anche se non martire. Nonostante le difficoltà, Silvestro lasciò il segno tra i suoi contemporanei che già nel 336 gli dedicarono una festa il 31 dicembre. La sua eredità spirituale oggi è un augurio per il nuovo anno: la società contemporanea ritrovi il senso collettivo e condiviso della libertà e della responsabilità.
 
Padre clementissimo, che ci nutri con questi sacramenti,
concedi a noi di seguire con fedeltà gli esempi della santa Famiglia,
perché, dopo le prove della vita,
siamo associati alla sua gloria in cielo.
Per Cristo nostro Signore.
 
 
 
30 DICEMBRE 2023
 
Sabato - Ottava di Natale
 
1Gv 2,12-17; Sal 95 (96); Lc 2,36-40
 
Colletta:
Dio grande e misericordioso,
la nascita del tuo Figlio unigenito
nella nostra carne mortale
ci liberi dalla schiavitù antica
che ci tiene sotto il giogo del peccato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Il tempio: Giovanni Paolo II (Omelia 2/2/1994): I personaggi, che prendono parte all’evento oggi commemorato, sono tutti compresi in un grande simbolo: il simbolo del tempio, il tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone, i cui pinnacoli indicano le vie della preghiera per ogni generazione d’Israele. Il santuario è in effetti il coronamento del cammino del popolo attraverso il deserto verso la Terra promessa, ed esprime una grande attesa. Di questa attesa parla tutta la liturgia odierna. Il destino del tempio di Gerusalemme, infatti, non si esaurisce nel rappresentare l’Antica Alleanza. Il suo vero significato era sin dall’inizio l’attesa del Messia: il tempio, costruito dagli uomini per la gloria di Dio vero, avrebbe dovuto cedere il posto ad un altro tempio, che Dio stesso avrebbe edificato lì, a Gerusalemme. Oggi, viene al tempio colui che dice di compierne il destino e lo deve “riedificare”. Un giorno, proprio insegnando nel tempio, Gesù dirà che quell’edificio costruito dalle mani dell’uomo, già distrutto dagli invasori e ricostruito, sarebbe stato distrutto di nuovo, ma tale distruzione avrebbe segnato come l’inizio di un tempio indistruttibile. I discepoli, dopo la sua risurrezione, capirono che egli chiamava “tempio” il suo corpo (cfr. Gv 2, 20-21).
 
I Lettura: Il mondo da cui il cristiano deve allontanarsi non è il mondo creato da Dio, ma il mondo ostile a Dio. Di questo mondo l’apostolo Giovanni ricorda tre aspetti fondamentali dai quali il credente si deve allontanare: la concupiscenza della carne, cioè  dai disordini sessuali; la concupiscenza degli occhi, cioè dalla brama ossessiva dei beni terreni sui quali l’uomo crede di poter edificare la sua vita e la sua felicità, quindi il suo benessere carnale e la sua sicurezza; la superbia della vita, la luciferina arroganza di sopraffare il prossimo imponendo la propria volontà. Tutto questo è effimero, e gli uomini che si ancorano a questo mondo malvagio come l’erba presto appassiranno; come il verde del prato avvizziranno, solo chi fa la volontà di Dio rimane in eterno.
 
Vangelo
Anna parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione.
 
La profetessa Anna loda Dio e manifesta Gesù come redentore di Gerusalemme. L’anziana donna appartiene alla tribù di Aser, l’ultima nel tradizionale elenco delle tribù d’Israele: in questo modo «tutte le tribù d’Israele, anche l’ultima, almeno nelle anime ben disposte e pie», riconoscono «in Gesù bambino il redentore di Israele» e ne divengono «apostole. Ecco il tocco finale di Luca in questo secondo trittico: è un monito a tutti gli israeliti ad aprirsi al Signore, e a noi cristiani a non stimarci sicuri della salvezza per il solo fatto che siamo nati nel nuovo Israele» (Giovanni Leonardi). La conclusione ricorda ancora una volta la fedeltà dei genitori alla legge.
Poi c’è il ritorno in Galilea, a Nazaret, dove il bambino Gesù cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
 
Dal Vangelo secondo Luca 2,36-40: [Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
 
Parola del Signore.

Il bambino cresceva - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Il vangelo ci mostra, a sua volta, una donna molto avanzata negli anni, la profetessa Anna, che seppe aspettare l’ora di Dio e alla fine vide compiuta la sua speranza e premiato il suo costante servizio al Signore con digiuni e preghiere. Anna e Simeone hanno molto in comune. Entrambi erano laici, cioè non appartenevano al ramo sacerdotale, ma al gruppo dei semplici ai quali il Padre rivela il mistero di Cristo e del regno e che sanno leggere in segni tanto comuni la presenza di Dio nella figura umana di suo Figlio, Gesù Cristo.
Per questo lo scoprono e lo comunicano agli altri, come i pastori di Betlemme o i magi venuti dall’Oriente, mentre il mistero resta nascosto ai sapienti, ai superbi e agli autosufficienti.
Il testo evangelico si conclude con un riassunto di Luca: « Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui ». L’incarnazione continua il suo cammino normale. Gesù è un bambino come gli altri, non un superuomo né un eroe mitologico. Nacque e crebbe in seno a una famiglia, come tutti noi.
Nell’ambiente intimo del Natale acquista attualità la famiglia, con i suoi valori fondamentali e permanenti, come cellula della società e della Chiesa. La famiglia è una di quelle strutture sempre perfettibili e in costante evoluzione, ma di fatto insostituibili perché è il clima migliore e più adeguato per la crescita e la maturità personale di tutti i suoi membri attraverso l’amore e la donazione. Questo è il cammino evangelico nel quale si realizza l’essere umano come persona e come credente. L’amore fu, e sarà sempre, l’origine e l’anima della famiglia, come riflesso dell’amore di Cristo per il suo popolo, la Chiesa, e della forza creatrice di Dio, visibile nella paternità e maternità umana.
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): ...il bambino intanto cresceva...; il versetto riecheggia quanto lo scrittore aveva già affermato a proposito di Giovanni il Precursore (cf. Lc., 1, 80) e questo stesso rilievo sarà ripetuto nell’ultimo versetto del presente capitolo (cf. vers. 52), che concluderà l’intero racconto del vangelo dell’infanzia. La constatazione dell’evangelista, oltre a richiamare l’attenzione sul fatto dello sviluppo fisico e intellettuale di Gesù, serve come premessa psicologica dell’episodio che segue, dove si avrà una manifestazione sorprendente della «sapienza» di Gesù giovanetto. «Cresceva»: indica lo sviluppo fisico del bambino, comune ad ogni fanciullo normale. Si sviluppava: letteral.: si fortificava; l’autore non vuole aggiungere una nuova idea ma rafforzare quella già espressa; il bambino si sviluppava armoniosamente nell’organismo e nell’energia fisica; i due verbi quindi vanno considerati come una forma di endiadi. Vari manoscritti per distinguere più nettamente lo sviluppo fisico da quello psicologico hanno inserito un sostantivo prima del secondo verbo e leggono: «si sviluppava nello spirito»; questa determinazione è una glossa originata dal testo parallelo Lc., 1, 80; essa quindi non va accolta; inoltre il versetto parla esplicitamente dello sviluppo psicologico poiché aggiunge: e si riempiva di sapienza. Il participio passivo πληρούμενον, che la Volgata traduce con l’aggettivo «plenus (sapientia)», va inteso nella forma media (= si riempiva) e non già in quella passiva (riempito, pieno), poiché qui si considera l’aspetto umano di Cristo; Gesù infatti come vero e perfetto uomo cresceva in saggezza, cioè in maturità psicologica. L’affermazione dell’autore sacro ha un’importanza teologica fondamentale per la Cristologia, poiché constata la realtà umana di Gesù, negata o attenuata dal docetismo in tutte le sue forme. Cristo, che è in pari tempo vero Dio e vero uomo, se viene considerato secondo questo ultimo aspetto, cioè come vero e perfetto uomo, ha tutte le proprietà positive inerenti alla natura umana, le quali evidentemente non ripugnino, né siano in contrasto con quelle derivanti dalla sua natura divina. Il suo sviluppo fisico e morale non è quindi apparente, ma reale, segue cioè le leggi della natura umana; di conseguenza come Cristo cresceva somaticamente, cosi anche si sviluppava psicologicamente cioè accresceva le sue conoscenze pratiche (aveva la così detta scienza sperimentale, come viene indicato con termine teologico questo genere di conoscenze, che gli provenivano dal contatto con le persone e le cose) e progrediva nell’esercizio delle virtù e delle perfezioni umane (cf. Summa Theologiae, III, q. 12, a. 2). Logicamente il rilievo dell’evangelista non va considerato soltanto come l’affermazione di uno storico, ma come quella di un teologo, cioè di uno scrittore che non si limita alla constatazione del fenomeno, ma si apre ad una riflessione più profonda e penetrante di esso.
Questo sviluppo del corpo e della mente di Gesù non era affatto turbato da fattori negativi, come l’inclinazione al male, il peccato, o alterazioni di altro genere, ma si attuava in forma armonica che attestava la perfezione della sua natura umana. La grazia di Dio era sopra di lui: la grazia indica la compiacenza (cf. Atti, 4, 33) con la quale Dio guardava Gesù che si sviluppava perfettamente nella parte fisica e spirituale. La dichiarazione dello storico accentua fortemente l’aspetto religioso dell’adolescenza di Cristo; l’evangelista non si limita a dire che il bambino, crescendo armonicamente, si riempiva di «sapienza», termine questo che nella letteratura biblica racchiude già una prospettiva religiosa, ma colloca in primo piano questo elemento religioso; egli infatti, con la sua affermazione, vuole indicare l’aspetto misterioso dello sviluppo psicologico e spirituale di Cristo; in verità la crescita di Gesù si compiva sotto lo sguardo compiacente di Dio ed all’ombra misteriosa della sua «grazia» (compiacenza).
 
C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser - Paolo Curtaz: Come Simeone, anche Anna, un’anziana vedova a servizio del tempio, vede il bambino, e il suo cuore si riempie di gioia. Simeone e Anna rappresentano tutte le persone che, con semplicità e fedeltà, seguono il Signore, nelle nostre parrocchie, prestando qualche servizio, partecipando ogni giorno alle celebrazioni. Il Signore accetta anche questo tipo di presenza, gradisce queste persone che rappresentano lo zoccolo duro delle nostre povere comunità. E dice: anche vivendo la fedeltà con abitudine, senza grandi eventi, possiamo accogliere il Signore nel suo Natale. Dio chiede di essere accolto, di nascere nel cuore di ogni discepolo, di ogni uomo: i giorni che stiamo vivendo ci aiutano a spalancare il nostro cuore e la nostra vita alla fede del Dio che viene. Paradossalmente, dopo duemila anni di cristianesimo, il rischio è quello di anestetizzare il Natale di stravolgerne il significato, di renderlo insopportabile, inutile. Le persone che soffrono, che vivono sole, vivono il Natale come una festa infinitamente dolorosa. A loro, invece, Dio dice che sono i privilegiati, i prescelti, coloro che possono riconoscere il Dio fattosi povero.
 
La profezia di Anna dimostra che le donne saranno salvate - Origene, Omelie sul Vangelo di Luca 17, 9: Poiché era necessario che anche le donne fossero salvate, dopo Simeone giunse là una donna che era una profetessa. La Scrittura dice di lei: E Anna era una profetessa, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Come è bello quest’ ordine! La donna non è venuta prima dell’uomo: prima è giunto Simeone che ha preso il bambino e lo ha tenuto fra le sue braccia, poi è giunta la donna, le cui parole esatte non sono ricordate; ma il racconto dice in termini generali che lodava Dio e parlava di lui a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
 
Il Santo del Giorno - 30 Dicembre 2023 - San Lorenzo da Frazzanò Monaco: Nacque probabilmente intorno al 1116, nella piccola borgata di Frazzanò. I suoi genitori morirono nel giro di un anno, lasciando orfano il figlio. Lorenzo venne così affidato alla giovane nutrice Lucia, una vicina di casa. A sei anni, dopo i primi approcci con la liturgia e le scritture, Lorenzo chiese a Lucia di potere studiare le lettere umane e divine. Fu così indirizzato al monastero basiliano di San Michele Arcangelo a Troina, dove il giovane stupì tutti per le sue doti umane e religiose. Lo stesso vescovo di Troina lo invitò a vestire l’abito monacale basiliano e a ricevere gli ordini minori e maggiori. A soli 20 anni Lorenzo era già sacerdote e la sua fama andava diffondendosi nella regione. Si recò presso il monastero di Agira e qui i fedeli andavano per sentire la parola del santo. Nel 1155 circa Lorenzo entrò nel monastero di San Filippo di Fragalà. In questo periodo, Lorenzo si adoperò per fare edificare a Frainos (Frazzanò) una chiesetta dedicata a San Filadelfio. Nell’autunno del 1162 si conclusero i lavori della nuova chiesa di Tutti i Santi, da lui desiderata «ad honore della Santissima Trinità». Morì il 30 dicembre dello stesso anno. (Avvenire)
 
O Dio, che vieni a noi nella partecipazione al tuo sacramento,
rendi efficace nei nostri cuori la sua potenza,
perché il dono ricevuto ci prepari a riceverlo ancora.
Per Cristo nostro Signore.