1 Dicembre 2023
 
Venerdì XXXIV Settimana  T. O.
 
Dn 7,2-14 ; Sal Cant. Dn 3,75-81; Lc 21,29-33
 
Colletta
Ridesta, o Signore, la volontà dei tuoi fedeli,
perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza,
ottengano in misura sempre più abbondante
i doni della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Occorre vigilare - Catechismo della Chiesa Cattolica: Cristo invita alla vigilanza 672 Prima dell’ascensione Cristo ha affermato che non era ancora giunto il momento del costituirsi glorioso del regno messianico atteso da Israele, regno che doveva portare a tutti gli uomini, secondo i profeti, l’ordine definitivo della giustizia, dell’amore e della pace. Il tempo presente è, secondo il Signore, il tempo dello Spirito e della testimonianza, ma anche un tempo ancora segnato dalla necessità e dalla prova del male, che non risparmia la Chiesa1166 e inaugura i combattimenti degli ultimi tempi. È un tempo di attesa e di vigilanza.  
Necessità della vigilanza 1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).  
«Siccome non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti».  
Tempo presente come tempo di vigilanza 672 Prima dell’ascensione Cristo ha affermato che non era ancora giunto il momento del costituirsi glorioso del regno messianico atteso da Israele, regno che doveva portare a tutti gli uomini, secondo i profeti, l’ordine definitivo della giustizia, dell’amore e della pace. Il tempo presente è, secondo il Signore, il tempo dello Spirito e della testimonianza, ma anche un tempo ancora segnato dalla necessità1164 e dalla prova del male, che non risparmia la Chiesa e inaugura i combattimenti degli ultimi tempi. È un tempo di attesa e di vigilanza.
 
I Lettura: Il testo di Daniele rappresenta ancora una volta l’alterigia, l’arroganza e la prepotenza dei quattro imperi, ma l’interesse va tutto a “uno simile a un figlio d’uomo”: “l’aramaico bar nasha’, come l’ebraico ben ‘adam, equivale in primo luogo a «uomo» (cf. Sal 8,5). E così che in Ezechiele Dio chiama il profeta. Ma l’espressione ha qui un senso particolare, eminente, per cui designa un uomo che supera misteriosamente la condizione umana. Senso personale, così come fanno fede gli antichi testi giudei apocrifi, ispirati al nostro passo: Enoch e 4 Esdra, come anche l’interpretazione rabbinica più costante, e soprattutto l’uso che ne fa Gesù applicandolo a se stesso (cf. Mt 8,20+). Ma anche senso collettivo, fondato sul v 18 (e il v 22) dove il Figlio dell’uomo si identifica in qualche modo con i santi dell’Altissimo: ma il senso collettivo (ugualmente messianico) prolunga il senso personale, essendo il Figlio dell’uomo, nello stesso tempo, il capo, il rappresentante e il modello del popolo dei santi. È così che sant’Efrem pensava che la profezia avesse di mira dapprima i giudei (i Maccabei), poi, attraverso loro e in maniera perfetta, Gesù” (Bibbia di Gerusalemme).
In questa pagina è preconizzato palesemente l’avvento del Messia.
 
Vangelo
Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
 
Gesù invita gli uomini a vigilare e vigilare significa non avere il cuore appesantito. Vigilare significa essere attenti ai segni dei tempi. Occorre vigilare perché la venuta del Giudice divino, anche se sarà preceduta da segni premonitori, avverrà all’improvviso. Ciò che conta, dunque, è stare attenti a non lasciarsi sorprendere dal sonno della insipienza.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,29-33:
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: 
«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».
 
Parola del Signore.
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 29 La parabola del fico che con le sue gemme annunzia l’arrivo dell’estate è riportata anche dagli altri due evangelisti (Mt., 24, 32-36; Mc., 13, 28-31; se ne veda il commento); essa tuttavia in Luca subisce qualche ritocco stilistico. E disse loro una parabola; è una formula introduttiva che attenua il passaggio un po’ brusco che si ha in Marco e Matteo, nei quali si legge: «dal fico apprendete questa similitudine». Tutti gli altri alberi; estensione di Luca per generalizzare la portata del paragone.
versetti 30-31 Quando già buttano (le gemme); descrizione concisa e poetica in pari tempo. Sappiate che il regno di Dio è vicino; l’evangelista non lascia indeterminata la proposizione, ma indica il soggetto di essa dichiarando che si tratta del regno di Dio. Come il germogliare del fico costituisce un segno precursore dell’approssimarsi dell’estate, così il verificarsi dei perturbamenti cosmici descritti preannunzia l’imminente venuta del regno di Dio. Il prossimo avvento del regno si riferisce alla diffusione ed al consolidamento del regno di Dio sulla terra, non già alla parusia; Gesù quindi preannunzia un evento storico che si verificherà in un tempo relativamente vicino; infatti con la rovina di Gerusalemme, capitale religiosa dell’ebraismo, cadde il più grave ostacolo all’espansione del regno annunziato da Cristo.
versetti 32-33 Le parole, che hanno un accento particolarmente solenne, affermano il compimento di un fatto determinante per le sorti del regno di Dio. L’evangelista, in armonia a quanto aveva indicato precedentemente, segnala il passaggio dall’èra antica (l’ebraismo con Gerusalemme suo centro religioso) alla nuova (il regno di Dio cioè la Chiesa, che si diffonde e si afferma nel mondo dopo la rovina di Gerusalemme), passaggio predetto da Gesù stesso con termini solenni e categorici.
 
Figlio dell’uomo: il linguaggio delle apocalissi - Jean Delorme: 1. Il libro di Daniele. - Per rappresentare concretamente la successione degli imperi umani che crolleranno per far posto al regno di Dio, l’apocalisse di Daniele si serve di un’immagine sorprendente. Gli imperi sono bestie che salgono dal mare. Sono spogliate della loro potenza quando compaiono al tribunale di Dio, che è rappresentato sotto i tratti di un vegliardo. Allora sulle (o con le) nubi del cielo arriva «come un figlio d’uomo»; avanza fino al tribunale di Dio e riceve la sovranità universale (7,13s). L’origine di questa concezione è incerta. II «figlio dell’uomo» dei Salmi o di Ezechiele non basta a spiegarla. Certuni invocano il mito iranico dell’uomo primordiale che ritorna come salvatore alla fine dei tempi. Forse bisogna cercare dalla parte delle tradizioni che presuppongono la sapienza divina personificata o l’Adamo di Gen 1 e di Sal 8, creato ad immagine di Dio e «di poco inferiore a Dio». In Dan 7, Figlio d’uomo e bestie si oppongono come il divino al satanico. Nell’interpretazione che segue la visione, la sovranità tocca al «popolo dei santi dell’altissimo» (7,18.22.27); esso dunque viene rappresentato a quanto pare dal figlio d’uomo, non di certo nella sua condizione di perseguitato (7,25), ma nella sua gloria finale. Tuttavia le bestie raffiguravano sia gli imperi che i loro capi.
Non si può quindi escludere del tutto che ci sia allusione al capo del popolo santo a cui sarà dato il dominio, in partecipazione col regno di Dio. Ad ogni modo, le attribuzioni del figlio d’uomo trascendono quelle del messia, figlio di David: tutto il contesto lo pone in rapporto con il mondo divino e ne accentua la trascendenza.
2. La tradizione giudaica. - L’apocalittica giudaica posteriore al libro di Daniele ha ripreso il simbolo del figlio d’uomo, ma interpretandolo in modo strettamente individuale e accentuandone gli attributi trascendenti. Nelle parabole di Enoch (la parte più recente del libro), è un essere misterioso, dimorante presso Dio, possessore della giustizia e rivelatore dei beni della salvezza, tenuti in serbo per la fine dei tempi; allora egli siederà sul suo trono di gloria, giudice universale, salvatore e vendicatore dei giusti, che vivranno presso di lui dopo la loro risurrezione. Gli vengono attribuiti alcuni dei tratti del messia regale e del servo di Jahve (egli è l’eletto di giustizia, cfr. Is 42,1), ma non si parla a suo riguardo di sofferenza ed egli non ha una origine terrena. Benché la data delle parabole di Enoch sia discussa, esse rappresentano uno sviluppo dottrinale che doveva essere acquisito in taluni ambienti giudaici prima del ministero di Gesù. D’altronde l’interpretazione di Dan 7 ha lasciato tracce nel libro IV di Esdra e nella letteratura rabbinica. La fede in questo salvatore celeste che sta per rivelarsi prepara l’uso evangelico dell’espressione «figlio dell’uomo».
 
Albero del fico - Anselm Urban Assieme all’ulivo e alla vite rappresenta la ricchezza della terra promessa. Dal momento che mette le foglie molto tardi, esso indica già l’avvicinarsi dell’estate (non della primavera); Gesù sfrutta questo fatto come similitudine al termine del grande discorso escatologico (Mc 13,28s par): in questo modo la realizzazione dei terribili eventi menzionati annuncerà la vicinanza del suo ritorno (senza tuttavia che si possano predire il giorno e l’ora: 13,32). È probabile che questa similitudine si riferisse originariamente alla signoria di Dio attesa imminente) già vicina nella persona di Gesù e che si manifestava a livello di segno nei suoi miracoli (Le 12,54-56).
In connessione con la vite o con la vigna l’albero del fico appare nei profeti anche come simbolo di Israele: JHWH l’ha piantato e si aspetta da esso il frutto della giustizia, ma rimane deluso quando viene per il raccolto (Mi 7,1s; Ger 8,13). In questo sfondo la maledizione del fico (Mc 11,12ss; Mt 21,20-22) va intesa come profezia in azione: Gesù annuncia il rigetto d’Israele indurito che non ha portato nessun frutto di giustizia e non ha accolto il messia.
La similitudine dell’albero del fico sterile (Lc 13,6-9), con la quale viene minacciata seriamente questa ricusazione rappresenta una variante di quanto detto sopra.
 
La pianta di fico è un segno di fede e un segno di incredulità - Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 10,45: Perciò, qui, la figura del fico ha due aspetti: sia quando la durezza comincia a diventar tenera, sia quando i peccati sono rigogliosi. A causa della fede dei credenti ciò che prima era inaridito si metterà a fiorire, e a causa dell’attrattiva provocante dei peccati, i peccatori si glorieranno. Là c’è il frutto della fede, qui la petulanza sfrenata dell’incredulità. La cura che ne ha l’agricoltore del Vangelo mi dà la garanzia che il fico fruttificherà (cf. Lc 13,9). Non dobbiamo perderei d’animo, se i peccatori si sono coperti di foglie di fico come di una veste ingannatrice, per nascondere la loro coscienza: le foglie, quando non han frutti, sono sospette. Tali sono le vesti di coloro che furono banditi da Paradiso.
 
Il Santo del Giorno - 1 Dicembre 2023 -  Sant’Ansano da Siena, Martire: Questo patrono di Siena era di origini romane, figlio di un nobile patrizio, Tranquillino. Ansano era stato condotto al battesimo dalla madrina Massima. Quando scoppiò la persecuzione di Diocleziano Massima e Ansano vennero imprigionati. La madrina morì sotto i colpi di verga dei littori, mentre Ansano riuscì a fuggire, dirigendosi verso nord lungo la via Cassia, fino ad arrivare a Siena. Qui predicò il Vangelo e battezzò i primi cristiani. Quest’opera gli meritò il titolo di «battezzatore dei Senesi»: sulla sua sepoltura sarebbe sorta la cattedrale e lo stesso Duccio di Buoninsegna lo ritrasse nella sua celebre «Maestà». Ma la persecuzione seguì Ansano anche a Siena. Inseguito e raggiunto dal proconsole Lisia venne catturato e torturato. La lunga vicenda che, dopo la cattura, lo portò al martirio narra di pesanti e dolorose vessazioni che non servirono a fargli rinnegare la propria fede. Venne così condannato al rogo. Ansano, però, fu salvato miracolosamente dalle fiamme, che si spensero non appena venne gettato sul fuoco. Alla fine fu decapitato con la spada fuori dalla città, sulle rive dell’Arbia. (Avvenire)
 
Dio onnipotente,
che ci dai la gioia di partecipare ai divini misteri,
non permettere che ci separiamo mai da te,
fonte di ogni bene.
Per Cristo nostro Signore. 
 
 30 Novembre 2023
 
Sant’Andrea Apostolo - Festa
 
Rm 10,9-18; Sal 18 (19); Mt 4,18-22
 
Colletta:  
Umilmente ti invochiamo, o Signore:
il santo apostolo Andrea, che fu annunciatore del Vangelo
e guida per la tua Chiesa,
sia presso di te nostro perenne intercessore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Benedetto XVI (Udienza Generale 14 Giugno 2006): La prima caratteristica che colpisce in Andrea è il nome: non è ebraico, come ci si sarebbe aspettato, ma greco, segno non trascurabile di una certa apertura culturale della sua famiglia. Siamo in Galilea, dove la lingua e la cultura greche sono abbastanza presenti. Nelle liste dei Dodici, Andrea occupa il secondo posto, come in Matteo (10,1-4) e in Luca (6,13-16), oppure il quarto posto come in Marco (3,13-18) e negli Atti (1,13-14). In ogni caso, egli godeva sicuramente di grande prestigio all’interno delle prime comunità cristiane.
Il legame di sangue tra Pietro e Andrea, come anche la comune chiamata rivolta loro da Gesù, emergono esplicitamente nei Vangeli. Vi si legge: “Mentre Gesù camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone chiamato Pietro e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini»” (Mt 4,18-19; Mc 1,16-17). Dal Quarto Vangelo raccogliamo un altro particolare importante: in un primo momento, Andrea era discepolo di Giovanni Battista; e questo ci mostra che era un uomo che cercava, che condivideva la speranza d’Israele, che voleva conoscere più da vicino la parola del Signore, la realtà del Signore presente. Era veramente un uomo di fede e di speranza; e da Giovanni Battista un giorno sentì proclamare Gesù come “l’agnello di Dio” (Gv 1,36); egli allora si mosse e, insieme a un altro discepolo innominato, seguì Gesù, Colui che era chiamato da Giovanni “agnello di Dio”. L’evangelista riferisce: essi “videro dove dimorava e quel giorno dimorarono presso di lui” (Gv 1,37-39). Andrea quindi godette di preziosi momenti d’intimità con Gesù. Il racconto prosegue con un’annotazione significativa: “Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia, che significa il Cristo», e lo condusse a Gesù” (Gv 1,40-43), dimostrando subito un non comune spirito apostolico. Andrea, dunque, fu il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Proprio su questa base la liturgia della Chiesa Bizantina lo onora con l’appellativo di Protóklitos, che significa appunto “primo chiamato”. Ed è certo che anche per il rapporto fraterno tra Pietro e Andrea la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli si sentono tra loro in modo speciale Chiese sorelle. Per sottolineare questo rapporto, il mio predecessore Papa Paolo VI, nel 1964, restituì l’insigne reliquia di sant’Andrea, fino ad allora custodita nella Basilica Vaticana, al Vescovo metropolita ortodosso della città di Patrasso in Grecia, dove secondo la tradizione l’Apostolo fu crocifisso.
 
I Lettura: San Paolo «precisa alcuni termini centrali della fede cristiana. Essa è un atto di intelligenza, che, mossa dal buon volere dell’uomo, riconosce che Cristo è il Signore, risuscitato dal Padre. La fede del cuore poi si manifesta  esternamente dinanzi agli uomini, diventando testimonianza profetica» (Vincenzo Raffa).
 
Vangelo
Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
 
Simone chiamato Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono convocati autorevolmente da Gesù ed essi rispondono alla chiamata con generosità lasciando immantinente lavoro, beni, affetti... La dedizione immediata di questi apostoli è ben messa in evidenza dal Vangelo: Simone e Andrea subito lasciarono le reti e seguirono il Maestro, allo stesso modo, Giacomo e Giovanni subito lasciarono la barca e il padre andando dietro al giovane Rabbi. Dio «passa e chiama. Se non gli rispondi immediatamente, può proseguire il cammino e allontanarsi da noi. Il passo di Dio è rapido; sarebbe triste se restassimo indietro, attaccati a molte cose che sono di peso e d’impaccio» (Bibbia di Navarra).
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 4,18-22

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
 
Parola del Signore
 
La chiamata di Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello avviene lungo il mare di Galilea: altro nome del lago di Genesaret (o Tiberiade), situato nella parte settentrionale della valle del Giordano.
Simone, chiamato Pietro. Il nome di Pietro, qui anticipato, sarà dato a Simone da Gesù in occasione della sua “confessione” (Cf. Mt 16,18). Nel mondo antico, soprattutto nella mentalità biblica, v’era la tendenza di trovare sempre un significato funzionale ai nomi delle persone o anche delle cose. Imporre il nome o cambiare il nome stava ad indicare il potere di potere di chi prendeva tale iniziativa. Adamo che era stato posto nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2,15), impone nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, segno indubbio di esercizio di sovranità (Gen 2,19-20), Abram da Dio sarà chiamato Abraham, per significare che tutti i popoli saranno benedetti in lui, loro padre (Gen 17,5). Giacobbe sarà chiamato Israele, perché ha lottato con Dio (Gen 48,20), così Simone sarà chiamato Pietro perché sarà la pietra sulla quale Gesù edificherà e renderà salda la sua Chiesa (Mt 16,18).
Andrea suo fratello. Dapprima discepolo di Giovanni il Battista, segue, su sua chiamata, Gesù, e fa parte dei discepoli più intimi di Gesù. Secondo Giovanni (1,35-40) è Andrea a condurre suo fratello Simone da Gesù. Secondo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predicò il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale. Poi, passato in Grecia, guidò i cristiani di Patrasso. E qui subì il martirio per crocifissione.
E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». L’immagine usata dall’evangelista Matteo per indicare la futura missione degli Apostoli si radica nelle credenze del tempo. Era sentire comune credere che il mare fosse il regno delle potenze infernali, trarre fuori gli uomini dal mare assumeva quindi il significato profondo di liberare gli uomini dal peccato; liberare gli uomini dal potere di Satana sarà appunto la missione specifica degli Apostoli prima, della Chiesa dopo. Per Angelico Poppi si “tratta di una immagine del linguaggio escatologico, connessa con l’opera e la funzione di Gesù quale giudice universale [cf. Ez 47,1-12]. Come i pescatori «raccolgono» i pesci, così i discepoli sono associati all’attività di Gesù per la raccolta escatologica degli uomini [(cf. A Sand, p. 118]” (I Quattro Vangeli, Commento Sinottico).
Nella chiamata di Simone e Andrea, suo fratello, vi è una novità sorprendente: infatti, a differenza «dei discepoli dei maestri ebrei che scelgono il loro maestro, qui è Gesù che sceglie quelli che vuole che lo seguano. C’è una forza e un’autorità misteriosa in lui se basta questo semplice invito a seguirlo per ottenere da parte dei discepoli una risposta pronta e l’altrettanto immediata rinuncia a tutto [Cf. Anche Mc 1,16-20]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli, Ed. Paoline).
La scuola di Gesù non vuole trasmettere nozioni o scibile umano, ma vuole creare una comunione di vita tra il Maestro e i discepoli: «Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui» (Mc 3,13; Cf. Gv 1,39).
 
Venite e seguitemi; Io vi farò diventare pescatori di uomini: Paolo VI (Omelia, 29 giugno 1975): Oh! beati voi, figli e fratelli carissimi! beati voi, che avete avuto la grazia, la sapienza, il coraggio di ascoltare e di accogliere questo invito determinante! Esso ha sconvolto i progetti normali e seducenti della vostra vita; esso vi ha strappati dal consorzio dei vostri cari; esso vi ha chiesto perfino la rinuncia all’amore coniugale per esaltare in voi una pienezza eccezionale d’amore per il regno dei cieli; per la fede cioè, e per la carità verso i fratelli; ha fatto di voi degli esseri singolari, più simili - in virtù del carattere sacerdotale - agli angeli che agli uomini di questo mondo; vi ha infuso, ed anche imposto una spiritualità esclusiva, che però tutto sa comprendere e valutare; e accogliendo la vostra oblazione, vi ha inserito nella drammatica avventura della sequela di Cristo. Oh! beati voi! riflettete sempre alla sopraelevante fortuna della vostra vocazione, e non dubitate mai d’avere sbagliato la vostra scelta ispirata da un superlativo carisma di sapienza e di carità. E non voltatevi più indietro! ve lo insegna Gesù stesso: «Chiunque, dopo aver messo mano all’aratro volge indietro lo sguardo, non è idoneo al regno di Dio». Questa è la legge della vocazione: un sì totale e definitivo.
 
Pescatori di uomini: “Prima di dire a fare alcunché, Cristo chiama gli apostoli, affinché nulla resti loro nascosto delle sue parole e delle sue opere, sicché in seguito con fiducia possano dire: Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto a ascoltato [At 4,20]. Li osserva non nel corpo ma nello spirito, non guardando al loro aspetto esteriore ma ai loro cuori. E li sceglie non perché fossero apostoli ma perché potevano divenire apostoli. Come l’artigiano, se ha visto delle pietre preziose ma non tagliate, le sceglie non per quello che sono ma per ciò che possono divenire, perché essendo pratico nella sua arte, non disdegna un bene pur rozzo, allo stesso modo il Signore, vedendoli, non sceglie le loro opere ma i loro cuori” (Anonimo, Opera incompleta su Matteo, omelia 7).
 
Il Santo del Giorno - 30 Novembre 2023 - Sant’Andrea, Apostolo: Andrea, dal bel nome greco (Andreas = Virile), appare un uomo generoso, pronto, aperto, entusiasta. Era figlio di Giona di Betsaida (Mt 16,17), fratello minore di Pietro. Fu discepolo di Giovanni Battista, presso il quale conobbe l’apostolo Giovanni, e con lui seguì per primo Gesù, al quale condusse il fratello Pietro (Gv 1,35-42). I suoi interventi nel gruppo degli apostoli sono pochi ma significativi. Davanti alla folla affamata, Andrea indica a Gesù un fanciullo provvisto di cinque pani d’orzo e di due pesci (Gv 6,9), quasi per invitarlo a rinnovare dei prodigi. Alla scuola di Giovanni Battista, Andrea conobbe l’essenismo e fu fortemente colpito dalla speranza messianica: è lui, infatti, che pose la domanda alla quale Cristo rispose con il suo discorso escatologico (Mc 13,3-37). Infine, Andrea si è dimostrato particolarmente aperto di fronte al problema missionario: infatti, assieme a Filippo, e nelle forme prescritte dal giudaismo, si fece garante delle buone disposizioni dei pagani che volevano avvicinare Gesù (Gv 12,20-22). Alcune tradizioni, che non possiamo controllare, riferiscono che Andrea svolse il suo ministero apostolico in Grecia e in Asia minore. Secondo queste tradizioni, egli morì martire a Patrasso, sopra una croce formata ad X, detta appunto «croce di sant’Andrea». (Fonte: www.maranatha.it)
 
La comunione al tuo sacramento, o Signore,
ci fortifichi, perché, portando in noi i patimenti di Cristo
sull’esempio del santo apostolo Andrea,
possiamo vivere con lui nella gloria.
Per Cristo nostro Signore.
 
 
29 Novembre 2023
 
Mercoledì XXXIV Settimana T. O.
 
Dn 5,1-6.13-14.16-17.23-28; Cant. Dn 3,62-67; Lc 21,12-19
 
Colletta
Ridesta, o Signore, la volontà dei tuoi fedeli,
perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza,
ottengano in misura sempre più abbondante
i doni della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica - Persecuzione di Cristo 530 La fuga in Egitto e la strage degli innocenti 781 manifestano l’opposizione delle tenebre alla luce: «Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11). L’intera vita di Cristo sarà sotto il segno della persecuzione. I suoi condividono con lui questa sorte. Il suo ritorno dall’Egitto ricorda l’Esodo e presenta Gesù come il liberatore definitivo.  
Persecuzione della Chiesa 675 Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il «mistero di iniquità» sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne. 
769 «La Chiesa [...] non avrà il suo compimento se non nella gloria del cielo», al momento del ritorno glorioso di Cristo. Fino a quel giorno, «la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio». Quaggiù si sente in esilio, lontana dal Signore; «anela al regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi al suo Re nella gloria». Il compimento della Chiesa – e per suo mezzo del mondo nella gloria non avverrà se non attraverso molte prove. Allora soltanto, «tutti i giusti, a partire da Adamo, “dal giusto Abele fino all’ultimo eletto”, saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale».  
1816 Il discepolo di Cristo non deve soltanto custodire la fede e vivere di essa, ma anche professarla, darne testimonianza con franchezza e diffonderla: «Devono tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla via della croce attraverso le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa». Il servizio e la testimonianza della fede sono indispensabili per la salvezza: «Chi [...] mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32-33).  
 
I Lettura: Le parole che dita misteriose tracciano sul muro sono foriere di condanna per un re pagano che ha oltraggiato il Dio di Israele (vv.1-4.22-28). Il re Baldassàr vuole colmare di doni Daniele che ha interpretato le parole misteriose, ma il profeta rifiuta i regali di un re la cui sorte è già stata segnata da un giudizio vero e inappellabile da parte di Dio. Iahvè, il Dio di Israele, è l’unico vero Dio signore della storia e della vita degli uomini: questo è il messaggio che il profeta Daniele vuole trasmettere a un popolo impaurito, esule in terra straniera, e che forse ha perduto la speranza.
 
Vangelo
Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
 
La persecuzione non è un incidente di percorso per i discepoli di Gesù, è parte integrante della sequela. Essi saranno traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, eppure non dovranno difendersi perché Dio sarà loro difesa con la certezza che nemmeno un capello del loro capo andrà perduto. 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,12-19
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. 
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
 
Parola del Signore.
 
Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome: ormai è giunta l’ora, l’ora della passione, della morte, l’ora dello scandalo della Croce, e Gesù, preconizzando questi eventi, vuole rendere salda la fede dei suoi amici (Gv 15,14-15). Nel passo odierno l’evangelista si sofferma sulle persecuzioni che dovranno subire i discepoli: è una allusione alle prime sofferenze e martirii subiti dalla prima comunità e riportati dallo stesso Luca nel Libro degli Atti degli Apostoli (8,1-3). Luca insiste sulla necessità di dare testimonianza: il discepolo deve essere pronto ad affrontare anche la morte: sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani (Mt 10,8). L’ombra della Croce già avvolge la storia umana degli Apostoli, un’ombra di morte che porterà un gravoso carico di dolori e di patimenti, ma nemmeno un capello del loro capo andrà perduto. Gesù con questo discorso vuole invitare i suoi discepoli ad essere forti, ad avere coraggio nell’affrontare le inevitabili persecuzioni. Nelle parole di Gesù brilla anche la mirabile promessa della ricompensa, del premio celeste, ma a una condizione: “se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Rm 8,16).
 
Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno: Alfonso Colzani: Martirio / martiri - Nella storia cristiana, soprattutto dei primi secoli, i due termini designano la testimonianza e i testimoni della fede. Il termine martirio deriva dal greco martyrion: testimonianza resa sotto giuramento con valore di prova. Con questo significato di documento probatorio (dell’Alleanza o della Torà) il termine ricorre frequentemente nella versione greca dell’Antico Testamento e in alcuni luoghi del Nuovo Testamento, caratterizzato dal riferimento a Cristo.
L’evangelista Luca introduce un nuovo significato: negli Atti degli apostoli martirio significa rendere testimonianza, inteso come predicare Cristo, compito caratteristico degli apostoli che “con grande forza rendevano testimonianza” (At 4,33). Martiri a partire da Luca 24,48, sono designati i testimoni del Risorto, i quali sono incaricati di essere testimoni fra le genti. Questo compito è chiaramente marcato dalla sofferenza e dal rischio della morte (Stefano, il primo martire cristiano, è chiamato in Atti degli apostoli 22,20 “il testimone fedele”), ma non è caratterizzato dalla concezione più tardiva di martirio come testimonianza del sangue, quanto dal­l’inalterata e completa proclamazione del messaggio di Cristo. Per l’evangelista Giovanni martyrion è per definizione testimonianza di Cristo, anticipata da Giovanni Battista, testimonianza che lo stesso Cristo rende a se stesso e che i discepoli proclamano e confermano. Giovanni usa il vocabolario dell’esperienza (della fede) e della testimonianza, che ha il senso di conferma della verità di Dio: i discepoli che hanno visto rendono testimonianza e annunciano la vita eterna resasi visibile (1Gv 1,2). Tale processo si realizza con l’aiuto dello Spi­rito Paraclito, che è colui che rende testimonianza a Gesù (Gv 15,26), ma non sostituisce la testimonianza dei discepoli: “e anche voi mi renderete testimonianza” (v. 27).
 
Il frutto della persecuzione: Raymond Deville: Il cristiano di fronte alla persecuzione - 1. Dinanzi alla persecuzione i giusti del VT hanno adottato tutti un atteggiamento di pazienza e di fedeltà coraggiosa nella speranza. Geremia è il tipo del perseguitato fedele ed orante; le sue «confessioni» sono tanto proteste di fedeltà, quanto lamenti dolorosi; egli sa che, qualunque cosa gli capiti, Jahvè «è con lui» per proteggerlo e salvarlo (ad es. Ger l,8.19). La stessa cosa vale per il servo sofferente (Is 52-53) e per i salmisti perseguitati: «Signore, salvami da coloro che mi perseguitano» (Sal 7,2): questo grido di angoscia e di fiducia echeggia in tutto il salterio. Accompagnata sovente da imprecazioni contro i nemici (Sal 35; 55; 69; 70; 109) o da appelli alla vendetta di Dio (Ger 11,20; 15,15; 17,18), una simile preghiera si fonda sulla certezza della salvezza che il Dio fedele accorda ai suoi (Sal 31,6; cfr. 23,4; 91,15). Gesù, perseguitato, non soltanto confida nel Padre suo che è con lui (Mt 26,53; Gv 16,32), ma prega per i suoi persecutori (Lc 23,34); in tal modo dà ai suoi discepoli un esempio supremo della carità che sopporta ogni persecuzione (1Cor 13,7). Soggetti alle persecuzioni, gli apostoli ed i primi cristiani pregano per essere liberi e poter così annunziare il vangelo (Atti 4,29; cfr. 12,5); al pari del loro maestro si mostrano pazienti in mezzo alle persecuzioni (2Tess 1,4) e come lui pregano Dio di perdonare ai loro carnefici (Atti 7,60).
2. I consigli dati da Gesù. - Corrispondono all’atteggiamento di cui ha dato egli stesso l’esempio. come lui, il discepolo deve pregare per coloro che lo perseguitano (Mt 5,44 par.; cfr. Rom 12,14). Deve affrontare la persecuzione con coraggio; se non deve essere temerario e saper fuggire da una città dov’è ricercato (Mt 10,23; Atti 13,50s), deve aspettarsi pure di essere imprigionato, percosso e messo a morte (Mt 10,16-39; Gv 16,1-4). Ma dinanzi a simili prospettive non deve aver paura: il suo maestro ha vinto il mondo (Gv 16,33), ed alla fine trionferà degli empi persecutori «con i suoi, i chiamati, gli eletti, i fedeli» (Apoc 17,34). I nemici del discepolo non possono nulla contro la sua anima (Mt 10,28-31). Lo Spirito di Dio lo assisterà quando sarà trascinato dinanzi ai tribunali, perciò egli non deve preoccuparsi della propria difesa in occasione del processo (Mt 10,19s). Tuttavia occorre sempre vegliare e pregare, perché la persecuzione è una prova, una tentazione, e se lo spirito è pronto, la carne è debole (Mt 26,41 par.). Paolo riprende i mandati di Gesù. Nulla, egli dice, ci può separare dall’amore di Cristo, neppure la persecuzione o la spada (Rom 8,35). In sintesi, il discepolo fa fronte alla persecuzione con una speranza che lo rende fedele, costante e lieto (Rom 12,12; 2Tess 1,4; cfr. Mt 13,21 par.). Sa in chi ha posto la sua fiducia (2 Tim 1,12). Perciò, circondato dagli innumerevoli martiri del VT e del NT, con gli occhi fissi su Cristo «che ha subito da parte dei peccatori una simile ostilità contro la sua persona», corre verso la meta, con pazienza, senza scoraggiarsi (Ebr 11,1- 12 3).
3. La gioia della speranza (Rom 12, 12).- Essa è il frutto della persecuzione così sopportata: «Beati sarete voi quando vi oltraggeranno, vi perseguiteranno... per causa mia. Gioite ed esultate...» (Mt 5,11s). Questa promessa di Gesù si realizza nel cristiano che «si gloria nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la costanza, la costanza la virtù provata, la virtù provata la speranza, e la speranza non delude...» (Rom 5,3ss; cfr. Giac 1,2ss). Egli «sovrabbonda di gioia nelle tribolazioni» (2Cor 7,4; 12,10; Col 1,24; cfr. Atti 5,41; Ebr 10,34). La consolazione nella tribolazione (2 Cor 1,3-10) è un frutto dello Spirito (1Tess l,6; Atti 13,52; cfr. Gal 5,22), e nello stesso tempo il segno della presenza del regno. Scritta durante una terribile prova, l’Apocalisse, specchio della vita della Chiesa, alimenta questa gioiosa speranza nel cuore dei perseguitati, assicurandoli della vittoria di Gesù e della instaurazione del regno. Ad ognuno di essi, come a tutta la Chiesa il Signore risorto rivolge sempre questo messaggio: «Non temere le sofferenze che ti aspettano; il demonio sta per gettare alcuni di voi in carcere per tentarvi ed avrete dieci giorni di prova. Rimani fedele fino alla morte, ed io ti darò la corona della vita» (Apoc 2,10).

Gli apostoli saranno perseguitati - Cirillo di Alessandria (Commento a Luca, omelia 139): Gesù dà loro segni chiari ed evidenti del tempo in cui si avvicina la fine del mondo. Dice che ci saranno ovunque guerre, tumulti, carestie e epidemie. Ci sarà terrore e grandi segni provenienti dal cielo. Come un altro evangelista dice: Tutti gli astri cadranno dal cielo e i cieli si avvolgeranno come un rotolo e le potenze dei cieli saranno sconvolte (Mt 24,29).
In mezzo a questo, il Salvatore pone quanto riguarda la presa di Gerusalemme. Mescola insieme le considerazioni in entrambe le parti della narrazione. Prima di tutte queste cose dice: Essi metteranno le loro mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, e trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza.
Prima della fine dei tempi, la terra dei Giudei fu presa prigioniera e le armate dei romani la invasero. Essi bruciarono il tempio, rovesciarono il loro governo nazionale ...e fecero mancare i mezzi per il culto prescritto dalla Legge. Essi non hanno più avuto sacrifici, ora che il tempio è stato distrutto. Il paese dei Giudei, assieme alla stessa Gerusalemme, è stato lasciato completamente deserto. Prima che queste cose avvenissero, essi hanno perseguitato i santi discepoli. Li hanno imprigionati e hanno preso parte a processi insopportabili. Hanno portato i discepoli dinanzi a giudici e li hanno mandati dai re. Paolo è stato mandato a Roma da Cesare. [ ... ] Cristo promette, comunque, che li assisterà sicuramente e completamente. Dice che non un capello della loro testa perirà.
 
Il Santo del Giorno - 29 Novembre 2023 - Sant’Egevino, Abate: Sant’Egevino o Egelvino era un monaco inglese vissuto nel VII secolo.
La tradizione lo qualifica come fratello di Kenewalch, re dei Sassoni occidentali.  Per tutta la vita dovette sopportare santamente continue malattie e considerevoli sofferenze, che sopportò sempre con cristiana rassegnazione. Sant’Egevino seppe raggiungere un alto grado di perfezione religiosa e santità, che lo fece diventare famoso oltre la sua discendenza reale.
Sant’Egevino era molto venerato grazie ai numerosi miracoli avvenuti attraverso la sua intercessione, specialmente nell’abbazia di Athelney nel Somerset, fondata 878 dal re Alfredo il Grande. In questo monastero Sant’Egevino era ricordato e festeggiato nel giorno 29 novembre. (Autore: Mauro Bonato)
 
Dio onnipotente,
che ci dai la gioia di partecipare ai divini misteri,
non permettere che ci separiamo mai da te,
fonte di ogni bene.
Per Cristo nostro Signore.
 
 

28 Novembre 2023
 
Martedì XXXIII Settimana T. O.
 
 Dn 2,31-45; Cant 3,57-621; Lc 21,5-11
 
Colletta
Ridesta, o Signore, la volontà dei tuoi fedeli,
perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza,
ottengano in misura sempre più abbondante
i doni della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
... quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?: Giovanni Paolo II (Omelia, 19 novembre 1995): Il brano del Vangelo tratto da Luca ha un carattere escatologico. In esso, però, non è preponderante il tema della fine del mondo, ma l’annuncio della distruzione di Gerusalemme. “Verranno giorni – dice Gesù – in cui di tutto quello che ammirate non resterà pietra su pietra che non venga distrutta” (Lc 21, 6). Chi ascoltava queste parole aveva visto con i propri occhi la magnificenza del tempio di Gerusalemme. Il Signore, pertanto, annunciava eventi relativamente vicini nel tempo. È noto, infatti, che la distruzione di Gerusalemme e del tempio ebbero luogo nel settanta dopo Cristo.
Alla domanda: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (Lc 21,7), Cristo dà una risposta che direttamente riguarda la distruzione di Gerusalemme, ma potrebbe anche riferirsi alla fine del mondo. Preannuncia guerre e rivolgimenti, ammonendo contro i falsi messia: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo” (Lc 21,10-11). Simili eventi accompagnarono la caduta di Israele e la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani, ma si può dire che si sono realizzati anche in altre epoche della storia. Non ha forse visto il nostro secolo molte guerre e rivoluzioni? La storia dell’uomo e quella dell’umanità portano il segno del loro destino escatologico. L’orientamento del tempo verso le “ultime realtà” ci rende consapevoli di non avere sulla terra una stabile dimora. Siamo infatti in attesa di un eterno destino, costituito da quel mondo futuro, l’eone redento, in cui abitano stabilmente la giustizia e la pace.
Le parole di Cristo si riferiscono indubbiamente pure alla comunità dei primi discepoli: essi dovranno attraversare prove difficili, saranno consegnati alle sinagoghe e saranno messi in prigione, trascinati davanti a re ed a governanti a causa del suo nome (cf. Lc 21, 12). E subito aggiunge: “Questo vi darà occasione di rendere testimonianza” (Lc 21, 13). Cristo, che dirà: “Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8), sottolinea qui che non si tratterà di una testimonianza facile, ma tanto più difficile per il fatto che quanti professano pubblicamente la loro fede potranno sperimentare la persecuzione da parte dei loro cari. “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Lc 21, 16-17). Noi, oggi, ascoltiamo ancora una volta queste gravi parole che hanno preparato gli Apostoli e tutta la Chiesa ad affrontare varie prove, non soltanto quelle incontrate dai cristiani dei primi secoli ma anche quelle del nostro secolo.
 
I Lettura: L’annuncio del brano veterotestamentario è foriero di speranza per il popolo d’Israele in cattività. Il profeta preconizza un futuro che sarà gravido di terrore, di sangue, di catene, eventi inevitabili nella storia umana, ma alla fine a trionfare sulla brutalità umana sarà IAHVE, il Dio d’Israele, l’unico vero Dio.
Dopo il regno babilonese (v. 39) il regno medo-persiano e quello di Alessandro il Macedone (v. 39), ne verrà un quarto, il regno dei Seleucidi d’Antiochia, ai quali apparterrà Antioco Epifane (vv. 41-43). Ma tutti questi regni sono destinati alla dissoluzione. Sulle loro macerie IAHVE, il Dio d’Israele, l’unico vero Dio, costruirà il suo regno, senza bisogno dell’intervento umano (vv. 34-35.44-45), un regno che sarà eterno.
Israele quindi non venga meno nella sua speranza: al dolore e alla persecuzione seguirà la gioia e la libertà.
 
Vangelo
Non sarà lasciata pietra su pietra.
 
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole dice il sapiente (Qo 1,9), eppure nonostante le smentite ancora circolano falsi profeti e pseudo veggenti abili divulgatori di paure e di angoscia: Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! La storia che ci ricorda il Vangelo fonda sulla infedeltà del popolo. Il tempio d’Israele, casa di Dio, abitata dalla gloria di Dio, ha mancato alla funzione messianica: perciò nonostante la sua magnificenza, il tempio sarà distrutto: non sarà lasciata pietra su pietra.
Con l’incarnazione del Verbo Dio pianterà la sua tenda in mezzo agli uomini e in essa si compiacerà (Gv 1,14: 1Cor 3,16; 2Cor 6,16; Ef 2,20.22).
 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,5-11
 
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
 
Segni premonitori della distruzione di Gerusalemme (21,10-11) - Alois Stöger (Vangelo secondo Luca): Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno grandi terremoti e, in vari luoghi, carestie e pestilenze, e verranno dal cielo spaventosi eventi e segni portentosi».
Il discorso introduce delle novità. Esso annuncia dei segni. Vi sono delle oscurità in queste parole. A quanto pare, Luca le spiega come segni della distruzione di Gerusalemme e del tempio. Egli dà uno sguardo retrospettivo agli avvenimenti e sa che la catastrofe si era annunciata con dei segni premonitori. La parola di Gesti, annunciante appunto questi ultimi, si è adempiuta.
I segni riguardano tutto ciò che circonda l’uomo. Attorno a lui vacilla ogni cosa che serve ad assicurargli la vita. L’ordine pacifico viene sommerso da guerre tra i vari popoli; la stabilità della terra è scossa da terremoti; l’esistenza è messa in forse dalla carestia e dalle pestilenze; l’ordine dei corpi celesti è sconvolto da spaventevoli apparizioni. Non sappiamo da quali avvenimenti della storia a lui contemporanea Luca deducesse l’avveramento di queste predizioni. Pensava forse alle guerre scatenate dalle rivolte delle legioni romane? Forse alla situazione confusa creatasi in Palestina prima dello scoppio della guerra giudaica? Alle notizie di terremoti che in quel tempo avevano devastato la Frigia? Egli conosce certamente la carestia che aveva imperversato sotto l’imperatore Claudio (cf. Atti, 11, 28). Secondo la tradizione giudaica, nell’anno 66 compare sulla città di Gerusalemme un astro in forma di spada; una cometa brilla in cielo per un anno intero. Sei giorni dopo lo scoppio della guerra giudaica sembra che in cielo si rincorrano dei carri di guerra. Nella festa di Pentecoste di questo stesso anno, i sacerdoti nel tempio sentono un grido notturno con queste parole: «Andiamo via da questo luogo!». Marco ha visto in questi segni premonitori «l’inizio delle doglie» che inaugurano «la rinascita del mondo» (Mt. 19, 28) e il suo rinnovamento per intervento di Dio. Sebbene Luca leggesse queste cose nel modello che teneva davanti a sé, egli non ne parla affatto, ma spiega questi segni non come inizio dei guai che verranno alla fine dei tempi, ma come prodromi della caduta di Gerusalemme, e interpreta la profezia mediante avvenimenti storicamente accaduti. Il corso della storia non viene stabilito soltanto da cause insite nel mondo, ma dal consiglio di Dio. Anche se vista così, la storia nasconde in sé molti misteri.
 
Il falso messianismo - “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome”. Queste parole di Gesù sono state sempre attuali nella storia millenaria della Chiesa. Però mai come oggi acquistano un sapore più amaro. Mai come oggi l’uomo, il credente, i cristiani, sono assediati da innumerevoli falsi messia. Quante sette, o sedicenti movimenti cristiani, preannunciano come imminente la venuta del Signore, seminando quasi sempre il terrore, la tristezza, la paura, la paralisi della fede.
Gesù ci dice: “Non seguiteli”. Anche san Pietro ha dovuto fare i conti con gente simile. In una sua lettera leggiamo: “Questo anzitutto dovete sapere; che verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni, e diranno: «Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione»” (2Pt 3,3-4). A questa contestazione l’apostolo risponde con parole che dovrebbero sconvolgere il nostro cuore: “Una cosa  però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempire la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 3,8-9).
Ai menagramo di tutti i tempi il cristiano risponde con la pazienza di Dio. Ai seminatori di tempesta, a tutti coloro che vorrebbero un Dio irato pronto a incenerire il perverso mondo, la Chiesa risponde con il suo amore e con l’amore del suo Dio. La fine del mondo non è il trionfo della impazienza di un Dio arrabbiato, ma il trionfo della vita sulla morte, della gioia sulla sofferenza. È il trionfo dell’amore gratuito e il giorno della misericordia infinita; sarà anche un giorno di giustizia piena e totale, ma a giudicarci sarà l’Amore e ci giudicherà sull’amore (Cf Mt 25,31-46). E il Signore vuole che tutti gli uomini entrino nella sua gioia, ecco perché ritarda e usa pazienza. Il modo migliore per attendere Cristo giudice è quello di chiamarlo e desiderarlo come facevano i primi cristiani: “Vieni, Signore Gesù”.
 
Terra nuova e cielo nuovo - Gaudium et spes n. 39: Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini.
Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l’incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all’uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori, quali la dignità dell’uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre «il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace».
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.
 
La vicinanza delle guerre - Massimo di Torino (Sermoni 85, 1): Forse, fratelli, siete tentati perché sentiamo dire continuamente che avvengono tumulti di guerra e incursioni di combattenti; e il fatto che avvengano in questi nostri tempi potrebbe forse tentare maggiormente la vostra carità. Ma il motivo è questo, che cioè, quanto più vicini siamo alia rovina del mondo, tanto più siamo vicini al regno del Salvatore.
Lo stesso Signore dice: Negli ultimi giorni una nazione si solleverà contro un’altra e un regno contro un altro regno. Quando vedrete guerre, terremoti, carestie, sappiate che il regno è vicino. Dunque questa vicinanza delle guerre dimostra che Cristo ci è più vicino.
 
Il santo del Giorno - 28 Novembre 2023 - San Giacomo della Marca: La fede può anche muovere l’economia, valorizzando i talenti di tutti e la dignità di ogni essere umano, costruendo così una società basata su solidarietà e giustizia. Ce lo ricorda la storia di san Giacomo della Marca, frate minore, predicatore e ideatore dei Monti di Pietà, creati per consentire l’accesso al credito a interessi minimi anche a chi si trovava in difficoltà. Era nato a Monteprandone (Ascoli Piceno) nel 1394 e a 22 anni aveva ricevuto il saio francescano da san Bernardino da Siena. Seguendo l’esempio del maestro, si dedicò alla predicazione in Italia, Polonia, Boemia, Bosnia e Ungheria. S’impegnò anche nella lotta contro le piaghe sociali dell’usura, dell’azzardo, della bestemmia e della superstizione. Debilitato dall’intensità con cui viveva l’impegno dell’apostolato, morì a Napoli nel 1476. (Matteo Liut)
 
Dio onnipotente,
che ci dai la gioia di partecipare ai divini misteri,
non permettere che ci separiamo mai da te,
fonte di ogni bene.
Per Cristo nostro Signore.