4 Novembre 2018
XXXI Domenica T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.” (Gv 14,23 - Acclamazione al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34: La Parola di Dio ci spinge ad esplorare due piste: l’unicità di Dio e la carità. Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore: nel Nuovo Testamento il monoteismo è tanto intransigente quanto nel giudaismo. Qui, sulla bocca di Gesù esso si basa sullo Shemà (Dt 6,4-5), una preghiera della liturgia ebraica la cui recita avviene due volte al giorno, nella preghiera mattutina ed in quella serale. L’unicità di Dio risuona anche nella predicazione cristiana: l’apostolo Paolo esorterà i pagani a «convertirsi» all’unico Dio vivente (At 14,15; 1Cor 8,4-6, 1Ts 1,9; 1Tm 2,5). Nella teologia paolina l’unicità viene esplicitata dalla affermazione convinta che tutta l’opera del Cristo Gesù proviene da Dio e vi sfocia perché Dio la rivolge alla sua propria gloria (Rm 8,28-30; 16,27, 1Cor 1,30; 15,28.57; Ef 1,3-12; 3,11; Fil 2,11; 4,19-20;1Tm 2,3-5; 6,15-16; Eb 1,1-13; 13,20-21; ecc.). Anche la carità avvolge interamente il Nuovo Testamento. Il tredicesimo capitolo della prima lettera ai Corinzi custodisce, come prezioso scrigno, l’Inno alla Carità, e la prima lettera di san Giovanni serba la massima rivelazione di Dio: Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (1Gv 4,8; cfr. 1Gv 4,16). La carità è il cuore della Chiesa e ha consumato i santi, incendiando la loro vita, così la breve vita di san Carlo Borromeo: «Santo pieno di ardore per il bene, ricco di amore per Dio e per il prossimo, egli fu ed è modello di zelo e di carità [...]. Esempio di pietà soccorrevole, tenne sempre presente nella vita quanto scrive san Paolo nella prima Lettera ai Corinzi [1Cor 14,4-5], al capitolo 13: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità; non si vanta ... ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine”.» (Giovanni Paolo II, Omelia, 4 novembre 1984).
Allora si avvicinò a lui uno degli scribi - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Uno scriba... gli domandò; Marco, dopo aver presentato avversari prevenuti che pongono al Maestro capziosi quesiti, introduce un dottore della legge (uno scriba), che rivolge a Cristo una domanda più sincera. Dalle parole con le quali l’evangelista presenta lo scriba interlocutore non appare che questi abbia avuto un’intenzione malevola nel proporre a Gesù la domanda sul primo comandamento. Matteo, nel testo parallelo, asserisce che questo dottore della legge interrogò il Maestro «per metterlo alla prova». Il Knabenbauer, per conciliare i dati dei due evangelisti, pensa che il dottore della legge si sia presentato a Gesù con intenzioni ostili e che, durante il colloquio, abbia cambiato questo sentimento di prevenzione, perché soggiogato dalle parole dei Maestro. Questo non sembra il modo migliore di spiegare la divergenza delle due informazioni evangeliche, poiché pecca di concordismo; ogni scrittore sacro infatti va interpretato secondo il senso esplicito delle proprie affermazioni e secondo il modo con cui ha presentato il fatto. Marco ha visto nell’interlocutore una persona ben disposta verso il Maestro e desiderosa di essere illuminata.
Qual è il primo di tutti i comandamenti? Il testo greco ha: πρώτηπαντῶν, mentre ci si attenderebbe il femminile πασῶν. La domanda lascia intravedere che tra i dottori si discuteva intorno alla gerarchia dei precetti elencati dalla Legge mosaica.
Il primo è...: CCC n. 2196: Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse: «Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più importante di questo» (Mc 12,29-31). L’Apostolo san Paolo lo richiama: «Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto: “non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare” e qualsiasi altro comandamento, si riassumono in queste parole: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore”» (Rm 13,8-10).
Il Signore nostro Dio è l’unico Signore - Catechismo degli Adulti n. 347: L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico principio di tutta la vita divina; le tre persone insieme sono l’unico principio di tutta la realtà creata. «Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose; e un solo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose», proclama il II concilio di Costantinopoli nell’anno 553. Essendo tre correlati tra loro, non si addizionano, se non nel nostro povero modo di parlare; ma ciascuno contiene gli altri ed è l’unico Dio e l’unico Creatore, «a somiglianza di tre soli, ciascuno contenuto nell’altro, in modo che ci sia una sola luce a motivo dell’intima compenetrazione». L’unità è Trinità, è comunione.
I due precetti della carità - Catechismo degli Adulti n. 868: La legge evangelica si riassume nei due precetti fondamentali della carità verso Dio e verso il prossimo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,3739). Amare Dio significa fare la sua volontà; amare gli altri significa volere il loro vero bene. Si tratta di un atteggiamento pratico, più che di un sentimento emotivo. I due comandamenti sono inseparabili: «Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). Amare il Padre significa amare anche i suoi figli e volere per essi il bene da lui desiderato: «Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato» (1Gv 5,1). Amare una persona per amore di Dio significa partecipare all’amore che Dio ha per lei e quindi riconoscerla in tutto il suo valore, amarla di più.
Amerai il tuo prossimo come te stesso - Deus caritas est 1: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell’esistenza cristiana: «Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto».
Abbiamo creduto all’amore di Dio - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest’avvenimento con le seguenti parole: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui ... abbia la vita eterna» (3,16). Con la centralità dell’amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d’Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza. L’Israelita credente, infatti, prega ogni giorno con le parole del Libro del Deuteronomio, nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (6,4-5). Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico : «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (19,18; cfr Mc 12,29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un «comandamento», ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro.
In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto.
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente...: La saggezza lodata da Gesù sta nel fatto che lo scriba è riuscito a tenersi fuori dalle diatribe legali dei farisei e dei sadducei dando all’amore verso Dio e verso il prossimo la precedenza sui sacrifici e sugli innumerevoli precetti mosaici. Le scuole giudaiche contavano ben 248 precetti positivi e 365 precetti negativi rendendo in questo modo impraticabile e asfissiante la vita religiosa.
«Gesù vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”»: è la prima volta che Gesù loda la ‘sapienza’ degli «uomini del libro». La figura di questo scriba può essere accostata a quella di Giuseppe d’Arimatea, l’autorevole membro del sinedrio, che «aspettava anche lui il regno di Dio» (Mc 15,43). In Matteo (13,52), Gesù fa bene intendere che lo scriba divenuto suo discepolo conosce, possiede e amministra tutta la ricchezza dell’antica alleanza, accresciuta e perfezionata dagli insegnamenti della nuova alleanza. Lo scriba non è «lontano dal regno di Dio», perché è una «realtà vicina, presente nella stessa persona, nell’opera redentrice di Gesù. Questa redenzione, manifestazione suprema di amore, sta per compiersi appunto, tra breve, a Gerusalemme. Non c’è altro criterio che possa indicare all’uomo la sua vicinanza o lontananza dal regno di Dio se non la sua sincera disponibilità o il suo ostinato rifiuto davanti alla suprema legge dell’amore, proposta da Gesù» (R. Scognamiglio).
L’assenso dello scriba sembra mettere a tacere una volta per tutte gli avversari di Gesù, ma è soltanto una pausa. Di lì a poco i sommi sacerdoti e gli scribi cercheranno «il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo» (Mc 14,1).
L’insegnamento di Gesù sull’amore troverà profonde radici nella vita delle primitive comunità cristiane tanto che Paolo scrivendo ai cristiani di Roma dirà loro: «Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore» (Rom 13,9-10).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Tu mi indichi il sentiero della vita, Signore, gioia piena nella tua presenza. (Sal 15,11)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, tu se l’unico Signore e non c’è altro Dio all’infuori di te; donaci la grazia dell’ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote. Egli è Dio, e vive e regna con te...