1 SETTEMBRE 2019
XXII Domenica T. O. - Anno C
Sir 3,19-21.30.31 (NV) [gr. 3,17-20.28-29]; Sal 67 (68);
Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14,1.7-14
Colletta: O Dio, che chiami i poveri e i peccatori alla festosa assemblea della nuova alleanza, fa’ che la tua Chiesa onori la presenza del Signore negli umili e nei sofferenti, e tutti ci riconosciamo fratelli intorno alla tua mensa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Prima Lettura - Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso... Il libro del Siracide prende nome dal suo autore, un ebreo di Gerusalemme chiamato «Gesù figlio di Sirach, figlio di Eleàzaro» (Sir 50,27), maestro di sapienza e appassionato studioso della Legge di Dio. Per l’autore di questo libro sapienziale, l’umiltà viene da Dio ed è un dono che il Signore largisce ai suoi amici. Un dono da ricercare perché soltanto l’umile sarà ricolmato dei favori divini: «Numerosi sono gli uomini alteri e superbi, ma agli umili (Dio) rivela i suoi segreti». ([19] greco 248 e sin). L’umile, vivendo modestamente, glorifica Dio con la sua vita. L’umiltà, che è verità e conoscenza dei propri limiti, indica la vera posizione dell’uomo davanti a Dio sia come creatura che come peccatore. Nel libro è sottolineato anche il valore preziosissimo dell’elemosina: oltre ad essere una fonte di retribuzione divina è anche un tesoro che viene depositato in Cielo (Cf. Mt 6,2-4; Lc 12,21.33ss).
Salmo Responsoriale - Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora: «È bello e salutare visitare gli orfani e le vedove, in particolare quelle povere e aggravate da figli; ma soprattutto i nostri familiari nella fede che sono in bisogno: la loro vita splende e riluce agli occhi dei servi di Dio che sono veramente al servizio della verità. Ed è anche conveniente e bello che i fratelli in Cristo visitino quelli che sono tormentati dagli spiriti cattivi... Rechiamoci dunque dal fratello o dalla sorella ammalati e visitiamoli come si conviene, senza inganno, senza desiderio di guadagno, senza strepito né chiacchiere, senza rivestirci di una falsa pietà e senza superbia; ma con lo spirito umile e sommesso di Cristo» (Pseudo Clemente).
Seconda Lettura - La lettera agli Ebrei mette a confronto le due alleanze: quella Antica e quella Nuova. L’Antica è simboleggiata dal monte Sinai dove Dio si manifestò al suo popolo con segni terrificanti che resero impossibile la visione del suo volto. Nella Nuova Alleanza, simboleggiata dal monte Sion, Dio si manifesta nella debolezza della carne umana (Gv 1,14). Cristo Gesù, vero Dio e vero uomo, è l’unico Mediatore di questa Nuova Alleanza e anche via pacifica e amabile attraverso la quale l’uomo arriva alla contemplazione del volto del Padre: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9). La Nuova Alleanza a differenza dell’Antica, è eterna ed immutabile perché sancita nel sangue del Figlio Unigenito, Cristo Gesù.
Vangelo - Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto… Gesù vuole che i suoi discepoli siano umili, piccoli, «poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Il bene va fatto senza alcuna mira di contraccambio umano e l’amore verso i poveri e gli ultimi deve essere schietto, sincero ad imitazione di Dio che è «Padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 67,6). Solo agli umili Dio rivela i segreti del Regno (Cf. Mt 11,25 ) e ad essi mostra il suo volto.
Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-14: Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Gesù è sotto lo sguardo di tutti, ma Egli non è da meno: osservando e notando come i notabili cercano di accaparrarsi i primi posti, propone ai commensali una lezione sulla virtù dell’umiltà: parole severe, ma scontate in quanto non fanno che svelare l’ipocrisia e la vanità degli scribi e dei farisei notoriamente affamati di lodi, di onori e inoltre amanti dei primi posti (Cf. Mt 23,1-12).
Gesù «vuol mettere in luce che tutti i presenti, invitante ed invitati sono una massa di cafoni, pieni di pregiudizi egoistici, di banali arrivismi e di preoccupazioni gerarchiche. Gesù con le sue nette affermazioni vuole smantellare i pregiudizi mettendo a nudo i loro sentimenti. A parte la questione delle precedenze imposte dal galateo e dalle tradizioni giudaiche, in fondo si tratta anche di non cadere nel ridicolo. C’è sempre tanta ambizione e tanto arrivismo nella società di tutti i tempi: contro di essi Gesù oppone un caloroso invito all’umiltà» (C. Ghidelli).
Seguendo l’insegnamento della sacra Scrittura, l’umiltà, che Gesù addita ai commensali, oltre ad essere una virtù morale è un modo di essere: una «posizione della creatura di fronte al creatore, del peccatore di fronte al redentore» (I. M. Danieli). E nella logica evangelica solo «chi si umilia sarà esaltato» da Dio (Cf. Lc 18,9-14).
È l’insegnamento che Gesù non si stanca di proporre ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18,1-4).
Farsi umili, diventare come bambini, significa disporsi ad accettare d’essere dipendenti senza sentirsi feriti nel proprio orgoglio. Nella vita cristiana questo è molto importante perché spalanca il credente al mistero della comunione con i fratelli e con Dio. Essere umili-bambini non significa farsi più piccoli di quel che si è, ma fare la verità in se stessi; significa sapere stimare colui con il quale si condivide un cammino di vita e comprendere quanto veramente si è piccoli di fronte a Dio.
Gesù ha percorso questo cammino, umiliando se stesso e facendosi ubbidiente alla volontà del Padre fino alla morte di croce (Cf. Fil 2,5ss). Così ammaestrato, e dinanzi a tale modello divino, il discepolo serve il suo Signore con le opere e con il dono della sua vita senza ritenerlo un merito, ma un dovere: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10).
Quando offri un pranzo poveri, storpi, zoppi, ciechi… - Rinaldo Fabris (Il Vangelo di Luca): [...] il secondo insegnamento prende lo spunto da quanto capita normalmente: le relazioni sociali tra gruppi e classi sono espresse e rinsaldate mediante festini, conviti, ricevimenti. Anche in questo caso Gesù non propone semplicemente una nuova regola, stravagante ed estrosa. Un festino per i poveri, i disgraziati e gli esclusi dai ranghi sociali lo si può anche fare ogni tanto, soprattutto se esso dà lustro e fama di beneficenza. Oltretutto è un buon alibi per la falsa coscienza. L’evangelo invece suggerisce un criterio alternativo per le relazioni sociali nella loro globalità. In altre parole vuole che le nostre scelte siano motivate non più dal criterio delle caste, della mafia o del clan socio-economico o culturale, ma da un criterio di decentramento reale. La scelta dei poveri non può essere fatta sulla base di un tatticismo astuto o di un’abile demagogia. Scegliere i poveri, quelli che non contano, vuol dire sposare in pieno la loro causa. Con quali prospettive? Non ci sono né ci possono essere per il vangelo secondi fini. La beatitudine e la prospettiva della «risurrezione dei giusti», cioè il futuro promesso da Dio, è l’unica prospettiva che rende completamente libero il discepolo di impegnarsi coi poveri senza cedere al rischio di strumentalizzarli.
... e sarai beato - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Invita i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; sono elencati quattro tipi di infelici, come nel versetto precedente erano state nominate quattro specie di invitati. «I poveri» figurano per primi poiché per Luca la povertà è una caratteristica ed una condizione fondamentale per l’appartenenza al regno del cielo.
Allora sarai beato; l’espressione svela l’autentico senso religioso di questo singolare ammaestramento del Redentore; la vera beatitudine consiste nel dar prova di un amore disinteressato che si compiace di esser generoso con i più infelici e diseredati, i quali non possono dar nulla in ricompensa del bene ricevuto. Questo elevato insegnamento riprende e completa quello già riferito dall’evangelista in un testo precedente (cf. Lc., 6,32-34). Nella risurrezione dei giusti; cioè: alla risurrezione avrai parte con i giusti; l’espressione designa la vita beata ed eterna. Non bisogna fraintendere la presente dichiarazione evangelica, quasi che in essa si parli di una risurrezione riservata unicamente ai buoni, come ritenevano alcuni gruppi di Ebrei e come è attestato da affermazioni conservate negli scritti rabbinici. Per i giusti la risurrezione è piena di speranza, poiché introduce nella vita futura beata; essa quindi è ricordata come la più grande ricompensa riservata a coloro che hanno accolto gli insegnamenti di Cristo. Per la risurrezione universale si vedano i testi di Lc., 11,31-32; Mt., 12,41-42; Mc., 12,26. La dottrina racchiusa in questi pochi versetti è di notevole rilievo per il messaggio evangelico, poiché insiste sull’unico e superiore motivo - la carità disinteressata – al quale deve ispirarsi l’azione del discepolo di Gesù. La forma con cui tale dottrina è proposta rivela il metodo scelto dal Maestro nell’illustrare le verità più elevate e più caratteristiche del suo messaggio; Gesù, rifacendosi ad osservazioni semplici e quotidiane, che non sfuggono nemmeno allo sguardo più superficiale, sa elevare gli ascoltatori ad insegnamenti di alta spiritualità che aprono prospettive superiori ed inducono ad un’azione fruttuosa per la vita eterna.
L’umiltà ed i suoi gradi - M-F Lacan: L’umiltà biblica è anzitutto la modestia che si oppone alla vanità. Il modesto, alieno da pretese irrazionali, non si fida del proprio giudizio (Prov 3,7; Rom 12,3.16; cfr. Sal 131,1). L’umiltà, che si oppone all’orgoglío, sta ad un livello più profondo; è l’atteggiamento della creatura peccatrice dinanzi all’onnipotente ed al tre volte santo; l’umile riconosce di aver ricevuto da Dio tutto ciò che ha (1Cor 4,7); servo senza valore (Lc 17,10), da sé non è nulla (Gal 6,3), se non un peccatore (Is 6,3ss; Lc 5,8). Questo umile che si apre alla sua grazia (Giac 4,6 = Prov 3,34), Dio lo glorificherà (1Sam 2,7s; Prov 15,33). Incomparabilmente più profonda ancora è l’umiltà di Cristo che col suo abbassamento ci salva, ed invita i suoi discepoli a servire i loro fratelli per amore (Lc 22,26s), affinché in tutti sia glorificato Dio (1Piet 4,10s).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
O Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.
fa’ che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.