1 Febbraio 2019
VENERDÌ III SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
Oggi Gesù ci dice: «Avete dovuto sopportare una lotta grande. Non abbandonate dunque la vostra franchezza.» (I Lettura).
Vangelo - Dal Vangelo secondo Marco 4,26-34: La parabola del granello di senape e del lievito mettono in evidenza il sorprendente contrasto tra i piccoli inizi del regno e della sua espansione. Un convincente monito alla pazienza. Se l’uomo è impaziente, Dio invece dà un’impostazione più ampia e più tollerante al suo piano di salvezza: «Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi» (2Pt 3,9). Ed è anche un invito ad avere fiducia nell’azione di Dio, una forza intensiva ed estensiva che arriva a trasformare e a sconvolgere l’intera vita dell’uomo.
A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio - benedetto Prete (I Quattro Vangeli): La similitudine riferita dai tre Sinottici, è annoverata da Marco e Matteo tra quelle pronunziate da Cristo nella giornata delle parabole, da Luca (13,18-19) è posta in un periodo posteriore, verso la fine del ministero pubblico di Gesù. La forma interrogativa (a quale cosa paragoneremo il regno di Dio?...) con la quale s’introduce la parabola è simile a quella usata dai rabbini, quando, nel loro insegnamento, invitavano gli uditori a sforzarsi per comprenderlo. È il più piccolo; il comparativo (μικρότερον) ha valore di superlativo, come avviene di frequente nel Nuovo Testamento. L’autore non vuol dire che il granello di senape sia effettivamente il più piccolo seme esistente in natura, ma che è un chicco minuscolo. Questo seme era proverbialmente usato come paragone per designare una piccola cosa; i rabbini infatti dicevano spesso «piccolo come un granello di senape» (cf. Mt., 17,20). Cresce e diviene più grande...; la parabola puntualizza questo aspetto dell’immagine; il chicco cresce e diviene grande. Gli evangelisti non vogliono rivolgere l’attenzione sul granello di senape che diviene la più grande delle leguminose, ma semplicemente che esso cresce e diviene grande, come fa capire apertamente Luca, il quale omette l’espressione «più grande di tutte le leguminose», ma dice soltanto che «cresce e diventa albero» (cf. Lc., 13,19). Possono stare alla sua ombra; κατασκηνοῦν (letteral.: attendarsi) ha qui il semplice valore di posarsi, stare; non già quello di abitare o nidificare. Il particolare descrittivo non contiene nessun senso allegorico. Con la parabola del granello di senape si vuole lumeggiare questo aspetto del regno di Dio: come il minuscolo chicco di senape ha uno sviluppo sorprendente e quasi impensabile, data la sua piccolezza, così il regno di Dio, pur avendo inizi modesti, raggiungerà uno sviluppo inatteso ed insospettato.
Il Vangelo del regno di Dio - R. Deville e P. Grelot: 1. Gesù dà al regno di Dio il primo posto nella sua predicazione. Ciò che egli annuncia nelle borgate di Galilea è la buona novella del regno (Mt 4, 23; 9,35). «Regno di Dio», scrive Marco; «regno dei cieli », scrive Matteo conformandosi alle abitudini del linguaggio rabbinico: le due espressioni sono equivalenti. I miracoli, accompagnando la predicazione, sono i segni della presenza del regno e ne fanno intravvedere il significato.
Con la sua venuta ha termine il dominio di Satana, del peccato e della morte sugli uomini: «Se in virtù dello spirito di Dio io scaccio i demoni, è dunque venuto per voi il regno di Dio» (Mt 12,28). Ne consegue la necessità di una decisione: bisogna convertirsi, abbracciare le esigenze del regno per diventare discepoli di Gesù.
2. Gli Apostoli, mentre è in vita il loro maestro, ricevono la missione di proclamare a loro volta questo vangelo del regno (Mt 10,7). Perciò, dopo la Pentecoste, il regno rimane il tema centrale della predicazione evangelica, anche in S. Paolo (Atti 19,8; 20,25; 28,23.31). Se i fedeli che si convertono soffrono mille tribolazioni, si è «per entrare nel regno di Dio » (Atti 14,22), perché Dio «li chiama al suo regno ed alla sua gloria» (1Tess 2,12). Ormai soltanto il nome di Gesù Cristo si aggiunge al regno di Dio per costituire l’oggetto completo del vangelo (Atti 8,12): bisogna credere in Gesù per avere accesso al regno.
L’annunzio del Regno di Dio - Catechismo della Chiesa Cattolica: 543 Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo Regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la Parola di Gesù: La Parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l’ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il Regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto.
544 Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per “annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18). Li proclama beati, perché “di essi è il Regno dei cieli” (Mt 5,3); ai “piccoli” il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.
545 Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: “Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori”(Mc 2,17). Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro e l’immensa “gioia” che si fa “in cielo per un peccatore convertito” (Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita “in remissione dei peccati” (Mt 26,28).
546 Gesù chiama ad entrare nel Regno servendosi delle parabole, elemento tipico del suo insegnamento. Con esse egli invita al banchetto del Regno, ma chiede anche una scelta radicale: per acquistare il Regno, è necessario “vendere” tutto; le parole non bastano, occorrono i fatti. Le parabole sono come specchi per l’uomo: accoglie la Parola come un terreno arido o come un terreno buono? Che uso fa dei talenti ricevuti? Al cuore delle parabole stanno velatamente Gesù e la presenza del Regno in questo mondo. Occorre entrare nel Regno, cioè diventare discepoli di Cristo per “conoscere i Misteri del Regno dei cieli” (Mt 13,11). Per coloro che rimangono “fuori”, tutto resta enigmatico.
Il regno di Dio - Lumen gentium 5: Il mistero della santa Chiesa si manifesta nella sua stessa fondazione. Il Signore Gesù, infatti, diede inizio ad essa predicando la buona novella, cioè l’avvento del regno di Dio da secoli promesso nella Scrittura: «Poiché il tempo è compiuto, e vicino è il regno di Dio» (Mc 1,15; cfr. Mt 4,17). Questo regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole, nelle opere e nella presenza di Cristo. La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato nel campo (cfr. Mc 4,14): quelli che lo ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo (cfr. Lc 12,32), hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto (cfr. Mc 4,26-29). Anche i miracoli di Gesù provano che il regno è arrivato sulla terra: «Se con il dito di Dio io scaccio i demoni, allora è già pervenuto tra voi il regno di Dio» (Lc 11,20; cfr. Mt 12,28). Ma innanzi tutto il regno si manifesta nella stessa persona di Cristo, figlio di Dio e figlio dell’uomo, il quale è venuto «a servire, e a dare la sua vita in riscatto per i molti» (Mc 10,45). Quando poi Gesù, dopo aver sofferto la morte in croce per gli uomini, risorse, apparve quale Signore e messia e sacerdote in eterno (cfr. At 2,36 Eb 5,6; 7,17-21), ed effuse sui suoi discepoli lo Spirito promesso dal Padre (cfr. At 2,33). La Chiesa perciò, fornita dei doni del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, umiltà e abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio. Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela al regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella gloria.
Adalberto Sisti - senza parabole non parlava loro: questa osservazione si ritrova pure in Mt 13,34 ed è curioso che questo evangelista la riferisca nel bel mezzo del discorso in parabole e non alla fine come in Marco. Per molti studiosi ciò fa pensare ad una fonte comune, che i due evangelisti avrebbero utilizzato in maniera diversa. Quanto al valore dell’affermazione in se stessa, non è da pensare che Gesù si servisse di parabole in modo esclusivo, ma solo in modo prevalente e sempre allo scopo di annunciare qualche verità (in greco si ha il medesimo verbo del v. 33: «annunciava la parola»).
- ai ... discepoli in privato: come al solito (vv. 10-12), i discepoli sono messi su un piano diverso e trattati con maggior fiducia (...) Marco vuol dire che Gesù con i discepoli usava spiegare in termini propri quanto alle folle aveva insegnato in parabole, affinché potessero comprendere con maggior compiutezza il mistero del regno (v. 11). E ciò perché essi erano meglio disposti e preparati a intenderne l’insegnamento; ma anche perché destinati a ripeterlo fra tutte le genti, alle quali Gesù un giorno li avrebbe inviati per continuare la sua opera.
Spesso il cuore del credente è invaso dalla sfiducia, tutto sembra avvoltolarsi nel fango, nella stupidità, nel non senso, tutto sembra portare il marchio dell’arrivismo, del protagonismo, eppure la Parola di Dio smorza gli effetti devastanti di queste osservazioni e valutazioni umane, e offre ottimi motivi per sperare, e vivere così nella pace, nella gioia, nella serenità... il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa: la Parola di Dio ha una forza intrinseca che la rende inviolabile a tutti i tentavi di soffocarla: Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata (Is 55,10-11). Il regno di Dio è come un granello di senape: anche la fragilità del peccato rende piccolo, fragile il seme, ma il seme cresce perché è Dio che fa crescere (1Cor 3.16), ma deve morire per portare frutto (Gv 12,24), e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura. Un altro motivo per sperare è il fatto che Gesù parla al cuore secondo la sua capacità di intendere, perché Egli vuole che tutti gli uomini arrivino alla conoscenza della verità (1Tm 2,4)). Ma se il discepolo entra nell’intimità della sua amicizia allora una misura buona, pigiata, colma e traboccante sarà versata nel suo cuore (Lc 6,38).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Cfr. Mt 11,25)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, guida i nostri atti secondo la tua volontà, perché nel nome del tuo diletto Figlio portiamo frutti generosi di opere buone. Per il nostro Signore Gesù Cristo...