1 Dicembre 2018


Sabato XXXIV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.” (Lc 21,36 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca  21,34-36: Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo: con queste parole Gesù vuole inculcare nei credenti un atteggiamento di vigile responsabilità, aliena dal fanatismo apocalittico: il cristiano non progetta il futuro del mondo almanaccando su sedicenti profezie o appellandosi a fantastici calendari. Il credente, in attesa della venuta del Figlio dell’uomo, getta via le opere delle tenebre e indossa le armi della luce. Si comporta onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Si riveste invece del Signore Gesù Cristo e non si lascia prendere dai desideri della carne (cfr. Rm 13,12-14). In altre parole la tensione escatologica della comunità cristiana, che attende il Signore, non è una fuga dagli impegni terreni, ma un costruire giorno dopo giorno la sua casa eterna, e quella del mondo, nella situazione presente.

State attenti a voi stessi - Carlo Ghidelli (Luca): State bene attenti che i vostri cuori...: anche la «piccola apocalisse» (17,22-37) conteneva un forte, martellante invito alla vigilanza; qui, oltre al pericolo di essere trovati impreparati, si sottolinea quello di lasciarsi travolgere nella crapula, nella ubriachezza e nelle preoccupazioni della vita (cfr 8,14). Dato che questi versetti, praticamente, non hanno paralleli metteremo in evidenza il loro carattere squisitamente lucano. - State bene attenti -. è un motivo che ricorre più volte in questi versetti, ma anche altrove (cfr 12,1; 17,3). Questa vigilanza implica esame critico del tempo nel quale si vive, presenza critica nel tessuto sociale nel quale si opera, discernimento critico delle proposte di salvezza che vengono da altre sponde. - Vi è, poi, il richiamo mento di purezza interiore ed esteriore, senza indulgere alle seduzioni del Maligno e del mondo. - Troviamo ancora il binomio vediate e pregate (v. 36) che sottende un duplice tema caro a Luca (cfr 18,1): la vigilanza permetterà di trovare il tempo per la preghiera, d’altro canto l’assiduità alla preghiera ci tiene sempre più vigili. - Vi è, infine, l’accenno alla forza necessaria per sfuggire a tutto quello che sta per accadere (è detto, implicitamente, che essa è dono di Dio), ma anche e soprattutto per comparire (oppure: per stare sicuri) dinanzi al Figlio dell’uomo. È dunque evidente il carattere parenetico di questi ultimi versetti. A questo proposito B. Rigaux scrive giustamente: «Qui la parenesi è diretta, escatologica e messianica».

... i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze - Catechismo degli Adulti 927: La fede ci fa riconoscere molte forme di peccato che sfigurano l’uomo, immagine di Dio. Nella Bibbia troviamo vari elenchi di peccati, piuttosto dettagliati.  A voler raccogliere in un quadro le principali indicazioni, si ottiene una lista impressionante, peraltro ancora esemplificativa e non esaustiva: incredulità, idolatria, stregoneria, bestemmia, spergiuro, apostasia, oltraggio ai genitori, infanticidio, omicidio, odio, dissolutezza, omosessualità, orgia, fornicazione, adulterio, furto, avarizia, traffico di persone, tradimento, inganno, calunnia, turpiloquio, cuore spietato, orgoglio insensato. Questi peccati sono considerati gravi, incompatibili con la vita di comunione con Dio. Purtroppo il triste elenco si allunga con altre esperienze negative della nostra epoca: genocidio, terrorismo, traffico delle armi, aborto, eutanasia, tortura, carcerazione arbitraria, deportazione, razzismo, sfruttamento dei paesi poveri, condizioni indegne di vita e di lavoro, violenza sui minori, mercato delle donne, commercio pornografico, traffico di droga, corruzione politica e amministrativa, speculazione finanziaria, evasione fiscale, speculazione edilizia, inquinamento ambientale.

Che cos’è il peccato?: Compendio CCC 392-393: Il peccato è «una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna» (sant’Agostino). È un’offesa a Dio, nella disobbedienza al suo amore. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana. Cristo nella sua Passione svela pienamente la gravità del peccato e lo vince con la sua misericordia. Esiste una varietà dei peccati? La varietà dei peccati è grande. Essi possono essere distinti secondo il loro oggetto o secondo le virtù o i comandamenti ai quali si oppongono. Possono riguardare direttamente Dio, il prossimo o noi stessi. È possibile inoltre distinguerli in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissione.

Vegliate in ogni momento pregando... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): L’esortazione alla vigilanza trova in Luca una formulazione che si differenzia notevolmente da quella degli altri due Sinottici. Anche Marco, nel testo parallelo, ricorda una breve esortazione alla vigilanza seguita ed illustrata dalla parabola dei servi che vegliano in attesa del ritorno del padrone (cf. Mc., 13,32-37), ma il suo racconto non presenta contatti di pensiero, né di lingua con quello di Luca; relativamente al presente testo quindi non si può parlare di parallelismo tra i Sinottici. State bene in guardia; in greco: προσέχετε ἑαυτοῖς (sottinteso: τὸν νοῦν ponete mente, fate attenzione a voi stessi): espressione propria di Luca (cf. Lc., 12,1; 17,3; Atti, 5,5; 20,28). Perché non si appesantiscano i vostri cuori...; il cuore, come sede dell’intelligenza e in genere delle facoltà spirituali dell’uomo, non dev’essere aggravato cioè offuscato dai vizi (crapulaebbrezza), né rimanere oppresso dalle sollecitudini della vita. Queste occupazioni e preoccupazioni terrene sono ricordate da Luca, perché rientrano nella sua concezione del messaggio evangelico; per l’evangelista infatti questo messaggio è ordinato a moderare e bandire dall’animo del credente le «sollecitudini della vita» presente.

La preghiera - Giovanni Paolo II (Omelia, 10 Giugno 1988): La preghiera è l’obiettivo di ogni catechesi nella Chiesa, poiché è un mezzo di unione con Dio. Attraverso la preghiera la Chiesa esprime la signoria di Dio e compie il primo e grande comandamento dell’amore.
Tutto ciò che di umano esiste viene segnato dalla preghiera. Il lavoro umano viene rivoluzionato dalla preghiera, elevato al suo più alto livello. La preghiera è la sorgente della piena umanizzazione del lavoro. Nella preghiera viene compreso il valore del lavoro, perché cogliamo il fatto di essere veramente collaboratori di Dio nell’opera di trasformazione ed elevazione del mondo. La preghiera consacra questa collaborazione. Nello stesso tempo è un mezzo attraverso il quale noi affrontiamo i problemi della vita e in cui ogni impegno pastorale viene concepito e portato avanti.
L’invito alla preghiera deve precedere l’invito all’azione, ma l’invito all’azione deve in realtà accompagnare l’invito alla preghiera. La Chiesa trova nella preghiera la radice del suo impegno sociale, la capacità di motivarlo e di sostenerlo. Nella preghiera noi scopriamo le necessità dei nostri fratelli e sorelle e le facciamo diventare nostre, perché nella preghiera noi scopriamo che le loro necessità sono le necessità di Cristo. La coscienza sociale è formata nella preghiera. Secondo le parole di Gesù, giustizia e misericordia sono tra “le prescrizioni più gravi della legge” (Mt 23,23). L’impegno della Chiesa per la giustizia e la sua ricerca della misericordia avranno successo solo se lo Spirito Santo le darà il dono della perseveranza: questo dono deve essere cercato nella preghiera.
Nella preghiera noi giungiamo a comprendere le beatitudini e le ragioni per cui viverle. Solo attraverso la preghiera noi possiamo cominciare a vedere le aspirazioni degli uomini secondo la prospettiva di Cristo. Senza le intuizioni della preghiera non potremmo mai cogliere tutte le dimensioni dello sviluppo umano e l’urgenza, per la comunità cristiana, di impegnarsi in questo lavoro.
La preghiera ci invita a un esame di coscienza su tutti i problemi che colpiscono l’umanità. Ci invita a valutare la nostra responsabilità, personale e collettiva, davanti al giudizio di Dio e alla luce della solidarietà umana. Per questo la preghiera trasforma il mondo. Tutto in essa si rinnova, sia negli individui sia nelle comunità. Nuove mete e nuovi ideali emergono. Si riafferma la dignità e l’azione cristiana. Le promesse del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine Sacro acquistano un’urgenza nuova. Nella preghiera si spalancano gli orizzonti dell’amore coniugale e della missione della famiglia.
La sensibilità cristiana dipende dalla preghiera. La preghiera è conduzione essenziale - anche se non l’unica - per una corretta lettura dei “segni dei tempi”. Senza preghiera è inevitabile ingannarsi in una questione così delicata.

Perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo: Lumen gentium 48: Siccome poi non conosciamo il giorno né l’ora, bisogna che, seguendo l’avvertimento del Signore, vegliamo assiduamente, per meritare, finito il corso irripetibile della nostra vita terrena (cfr. Eb 9,27), di entrare con lui al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati (cfr. Mt 25,31-46), e non ci venga comandato, come a servi cattivi e pigri (cfr. Mt 25,26), di andare al fuoco eterno (cfr. Mt 25,41), nelle tenebre esteriori dove «ci sarà pianto e stridore dei denti» (Mt 22,13 e 25,30). Prima infatti di regnare con Cristo glorioso, noi tutti compariremo « davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno il salario della sua vita mortale, secondo quel che avrà fatto di bene o di male» (2 Cor 5,10), e alla fine del mondo «usciranno dalla tomba, chi ha operato il bene a risurrezione di vita, e chi ha operato il male a risurrezione di condanna» (Gv 5,29;  cfr. Mt 25,46).

Bibbia di Navarra versetti 34-36: Al termine del discorso il Signore esorta alla vigilanza, un atteggiamento indispensabile a tutti i cristiani. Dobbiamo stare all’erta, perché non sappiamo né il giorno né l’ora in cui il Signore verrà a chiederci conto delle nostre azioni. Occorre perciò vivere sempre docili alla volontà divina, facendo in ogni momento le cose che è doveroso fare. Bisogna vivere in modo che vivono con ques­ta disposizione la morte improvvisa non è mai una sorpresa. A costoro san Paolo dice: «Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro» (1Ts 5,4). Viviamo, dunque, in continua vigi­lanza. Questa consiste nella lotta incessante per non attaccarci alle cose di quaggiù (la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita: cfr 1Gv 2,16) e nella pratica assidua della preghiera, che ci rende uniti a Dio. Se viviamo in tal maniera, “quel giorno” sarà per noi un giorno di gaudio e non di terrore; infatti la vigilanza continua avrà avuto come risultato, mercé l’aiuto di Dio, che le nostre anime siano preparate, cioè in grazia, per ricevere il Signore. Così rincontro con Cristo non sarà sancito da un giudizio di condanna, ma da un abbraccio definitivo, col quale Gesù ci introdurrà nella casa del Padre. «Non brilla nella tua anima il desiderio che tuo Padre-Dio abbia a rallegrarsi quando dovrà giudicarti?» (Cammino, n. 746).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La preghiera è conduzione essenziale - anche se non l’unica - per una corretta lettura dei “segni dei tempi”. Senza preghiera è inevitabile ingannarsi in una questione così delicata.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…



30 Novembre 2018

Sant’Andrea Apostolo
  
Oggi Gesù ci dice: “Venite dietro a me, vi farò pescatore di uomini.” (Cfr. Mt 4,19 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 4,18-22: Simone chiamato Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono convocati autorevolmente da Gesù ed essi rispondono alla chiamata con generosità lasciando immantinente lavoro, beni, affetti... La dedizione immediata di questi apostoli è ben messa in evidenza dal Vangelo: Simone e Andrea subito lasciarono le reti e seguirono il Maestro, allo stesso modo, Giacomo e Giovanni subito lasciarono la barca e il padre andando dietro al giovane Rabbi. Dio «passa e chiama. Se non gli rispondi immediatamente, può proseguire il cammino e allontanarsi da noi. Il passo di Dio è rapido; sarebbe triste se restassimo indietro, attaccati a molte cose che sono di peso e d’impaccio» (Bibbia di Navarra).

La chiamata di Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello avviene lungo il mare di Galilea: altro nome del lago di Genesaret (o Tiberiade), situato nella parte settentrionale della valle del Giordano.
Simone, chiamato Pietro. Il nome di Pietro, qui anticipato, sarà dato a Simone da Gesù in occasione della sua “confessione” (Cf. Mt 16,18). Nel mondo antico, soprattutto nella mentalità biblica, v’era la tendenza di trovare sempre un significato funzionale ai nomi delle persone o anche delle cose. Imporre il nome o cambiare il nome stava ad indicare il potere di chi prendeva tale iniziativa. Adamo che era stato posto nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2,15), impone nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, segno indubbio di esercizio di sovranità (Gen 2,19-20), Abram da Dio sarà chiamato Abraham, per significare che tutti i popoli saranno benedetti in lui, loro padre (Gen 17,5). Giacobbe sarà chiamato Israele, perché ha lottato con Dio (Gen 48,20), così Simone sarà chiamato Pietro perché sarà la pietra sulla quale Gesù edificherà e renderà salda la sua Chiesa (Mt 16,18).
E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». L’immagine usata dall’evangelista Matteo per indicare la futura missione degli Apostoli si radica nelle credenze del tempo. Era sentire comune credere che il mare fosse il regno delle potenze infernali, trarre fuori gli uomini dal mare assumeva quindi il significato profondo di liberare gli uomini dal peccato; liberare gli uomini dal potere di Satana sarà appunto la missione specifica degli Apostoli prima, della Chiesa dopo.
Nella chiamata di Simone e Andrea, suo fratello, vi è una novità sorprendente: infatti, a differenza «dei discepoli dei maestri ebrei che scelgono il loro maestro, qui è Gesù che sceglie quelli che vuole che lo seguano. C’è una forza e un’autorità misteriosa in lui se basta questo semplice invito a seguirlo per ottenere da parte dei discepoli una risposta pronta e l’altrettanto immediata rinuncia a tutto [Cf. Anche Mc 1,16-20]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli, Ed. Paoline).
La scuola di Gesù non vuole trasmettere nozioni o scibile umano, ma vuole creare una comunione di vita tra il Maestro e i discepoli.

Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello: Benedetto XVI (Udienza Generale, 14 Giugno 2006): [Tradizioni molto antiche considerano Andrea] come apostolo dei Greci negli anni che succedettero alla Pentecoste; ci fanno sapere che nel resto della sua vita egli fu annunciatore e interprete di Gesù  per il mondo greco. Pietro, suo fratello, da Gerusalemme attraverso Antiochia giunse a Roma per esercitarvi la sua missione universale; Andrea fu invece l’apostolo del mondo greco: essi appaiono così in vita e in morte come veri fratelli – una fratellanza che si esprime simbolicamente nello speciale rapporto delle Sedi di Roma e di Costantinopoli, Chiese veramente sorelle. Una tradizione successiva, come si è accennato, racconta della morte di Andrea a Patrasso, ove anch’egli subì il supplizio della crocifissione. In quel momento supremo, però, in modo analogo al fratello Pietro, egli chiese di essere posto sopra una croce diversa da quella di Gesù. Nel suo caso si trattò di una croce decussata, cioè a incrocio trasversale inclinato, che perciò venne detta “croce di sant’Andrea”. Ecco ciò che l’Apostolo avrebbe detto in quell’occasione, secondo un antico racconto (inizi del secolo VI) intitolato Passione di Andrea: “Salve, o Croce, inaugurata per mezzo del corpo di Cristo e divenuta adorna delle sue membra, come fossero perle preziose. Prima che il Signore salisse su di te, tu incutevi un timore terreno. Ora invece, dotata di un amore celeste, sei ricevuta come un dono. I credenti sanno, a tuo riguardo, quanta gioia tu possiedi, quanti regali tu tieni preparati. Sicuro dunque e pieno di gioia io vengo a te, perché anche tu mi riceva esultante come discepolo di colui che fu sospeso a te [...]. O Croce beata, che ricevesti la maestà e la bellezza delle membra del Signore! ... Prendimi e portami lontano dagli uomini e rendimi al mio Maestro, affinché per mezzo tuo mi riceva chi per te mi ha redento. Salve, o Croce; sì, salve davvero!”. Come si vede, c’è qui una profondissima spiritualità cristiana, che vede nella Croce non tanto uno strumento di tortura quanto piuttosto il mezzo incomparabile di una piena assimilazione al Redentore, al Chicco di grano caduto in terra. Noi dobbiamo imparare di qui una lezione molto importante: le nostre croci acquistano valore se considerate e accolte come parte della croce di Cristo, se raggiunte dal riverbero della sua luce. Soltanto da quella Croce anche le nostre sofferenze vengono nobilitate e acquistano il loro vero senso. L’apostolo Andrea, dunque, ci insegni a seguire Gesù con prontezza (cfr. Mt 4,20; Mc 1,18), a parlare con entusiasmo di Lui a quanti incontriamo, e soprattutto a coltivare con Lui un rapporto di vera familiarità, ben coscienti che solo in Lui possiamo trovare il senso ultimo della nostra vita e della nostra morte.

Gesù vide due fratelli... Claude Tassin (Vangelo di Matteo): L’abbinamento delle due «coppie» di chiamati deriva da un’antica tradizione, presente anche in Mc 1,16-20. Matteo precisa semplicemente che Simone è «chiamato Pietro», preparando così il suo futuro ruolo (cfr. Mt 16,18), e unifica le espressioni: in Marco «essi lo seguirono / essi gli andarono dietro» diventa due volte in Matteo «lo seguirono», tipico verbo dello stato di discepolo.
L’espressione «pescatori di uomini» del v. 19 richiama la rete del pescatore o del cacciatore. In Ab 1,14-15 e Ger 16,16, quest’immagine rappresenta il giudizio di Dio che raggiunge colui che credeva di sfuggirgli. Mat­teo però interpreta senza dubbio Ger 16,14-21 come una profezia ottimistica del raduno degli ebrei dispersi e della conversione dei pagani; egli può anche pensare in anticipo alla parabola della rete (Mt 13,47): insomma, l’espressione «pescatori di uomini» annuncia in qualche modo la missione cristiana. L’evangelista insisterà ora su un punto: ci si può definire missionari nella misura in cui si è discepoli. Qui Gesù chiama dei discepoli che, nel corso di questa sezione, ascolteranno il Maestro e lo vedranno all’opera. Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni erano figure considerevoli per la seconda generazione di cristiani; ma, suggerisce Matteo, si venera la loro memoria perché essi in primo luogo sono stati discepoli, chiamati gratuitamente dall’araldo del regno dei cieli.

La missione degli Apostoli: CCC 858-859: Gesù è l’Inviato del Padre. Fin dall’inizio del suo ministero, «chiamò a sé quelli che egli volle [...]. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Mc 3,13-14). Da quel momento, essi saranno i suoi « inviati » (è questo il significato del termine greco α¯ πο´ στολοι). In loro Gesù continua la sua missione: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). Il loro ministero è quindi la continuazione della sua missione: «Chi accoglie voi, accoglie me», dice ai Dodici (Mt 10,40). Gesù li unisce alla missione che ha ricevuto dal Padre. Come «il Figlio da sé non può fare nulla» (Gv 5,19.30), ma riceve tutto dal Padre che lo ha inviato, così coloro che Gesù invia non possono fare nulla senza di lui, dal quale ricevono il mandato della missione e il potere di compierla. Gli Apostoli di Cristo sanno di essere resi da Dio «ministri adatti di una Nuova Alleanza» (2Cor 3,6), «ministri di Dio» (2 Cor 6,4), «ambasciatori per Cristo» (2 Cor 5,20), «ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1).

Vi farò pescatori di uomini: Giovanni Paolo II (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, 31 maggio 1998): Ricordo, infine, il valore della vocazione missionaria “ad vitam”: se la Chiesa tutta è missionaria per ragione della propria natura, i missionari e le missionarie “ad vitam” ne sono il paradigma. Colgo, pertanto, questa occasione per rinnovare il mio appello a tutti coloro che, specialmente giovani, sono impegnati nella Chiesa: “La missione... è ancora ben lontana dal suo compimento” sottolineavo nella Redemptoris missio (n.1) e per questo bisogna ascoltare la voce di Cristo che ancora oggi chiama: “Venite dietro a me e vi farò diventare pescatori di uomini” (cfr. Mt 4,19). Non abbiate paura! Aprite le porte del vostro cuore e della vostra vita a Cristo! Lasciatevi coinvolgere nella missione dell’annuncio del Regno di Dio: per questo il Signore “è stato mandato” (cfr. Lc 4,43) ed ha trasmesso la medesima missione ai suoi discepoli di tutti i tempi. Iddio, che non si lascia vincere in generosità, vi darà il cento per uno, e la vita eterna (cfr. Mt 19,29).

Venite e seguitemi; Io vi farò diventare pescatori di uomini: Paolo VI (Omelia, 29 giugno 1975): Oh! beati voi, figli e fratelli carissimi! beati voi, che avete avuto la grazia, la sapienza, il coraggio di ascoltare e di accogliere questo invito determinante! Esso ha sconvolto i progetti normali e seducenti della vostra vita; esso vi ha strappati dal consorzio dei vostri cari; esso vi ha chiesto perfino la rinuncia all’amore coniugale per esaltare in voi una pienezza eccezionale d’amore per il regno dei cieli; per la fede cioè, e per la carità verso i fratelli; ha fatto di voi degli esseri singolari, più simili - in virtù del carattere sacerdotale - agli angeli che agli uomini di questo mondo; vi ha infuso, ed anche imposto una spiritualità esclusiva, che però tutto sa comprendere e valutare; e accogliendo la vostra oblazione, vi ha inserito nella drammatica avventura della sequela di Cristo. Oh! beati voi! riflettete sempre alla sopraelevante fortuna della vostra vocazione, e non dubitate mai d’avere sbagliato la vostra scelta ispirata da un superlativo carisma di sapienza e di carità. E non voltatevi più indietro! ve lo insegna Gesù stesso: «Chiunque, dopo aver messo mano all’aratro volge indietro lo sguardo, non è idoneo al regno di Dio». Questa è la legge della vocazione: un sì totale e definitivo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Questa è la legge della vocazione: un sì totale e definitivo. 
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente, esaudisci la nostra preghiera nella festa dell’apostolo sant’Andrea; egli che fu annunziatore del Vangelo e pastore della tua Chiesa, sia sempre nostro intercessore nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


 29 Novembre 2018

Giovedì XXXIV Settimana «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.” (Lc 21,28 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 21,20-28: Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti... chi va a Gerusalemme può accertarsi de visu come sono state vere queste parole di Gesù, e che il mondo passa e noi passiamo con esso è una verità che è sempre sotto i nostri occhi, e anche le rughe, la carne cadente, le ossa fiacche, le malattie che si moltiplicano sono eloquenti testimoni di questo passare degli anni. Alessandro Magno, Nerone, Cavour, Giuseppe Garibaldi, Stalin, Mao, i re, gli imperatori, tutto passa. Precipitiamo nell’eternità dalla quale non si torna più indietro. L’unica cosa da fare è: salvare la propria anima. Nessuno resta al mondo per sempre. Se riflettessimo su questo fatto, alzeremmo continuamente lo sguardo verso il cielo, che è la nostra patria: lì, affrancati da ogni pena, vivremo per sempre, liberi, figli nella casa del Padre.

Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): La fine di Gerusalemme - Quando la città sarà già circondata dall’esercito nemico, gli uomini si renderanno conto che è imminente la fine di essa e la sua distruzione. Ci saranno ancora alcuni che potranno fuggire ai monti e quelli che sono già fuori delle mura non vi devono far ritorno. Poiché la fine sarà spaventosa.
«Vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli». Il popolo, che si crede ora così sicuro ed è così superbo della sua città e del tempio maestoso, vedrà cadere in rovina la città e il tempio stesso e assisterà alla fine dell’esistenza della propria nazione. Allora sarà troppo tardi ravvedersi. La fine sarà terrificante.
Questo segno terreno deve essere un segnale di allarme per gli uomini. Ciò che accade in piccolo a Gerusalemme, accadrà un giorno, in grande, al mondo intero.
La fine del mondo - Subitanea irromperà la fine. Quando verrà la catastrofe degli astri, un’angoscia spaventosa atterrirà gli uomini. Quando irromperanno terremoti e mareggiate, si abbatterà su di loro la disperazione. Allora il Figlio dell’uomo verrà nella gloria sulle nubi del cielo. È la fine del mondo e con essa la fine di tutti i nemici di Cristo, la fine di coloro che si credono al sicuro su questa terra e sono orgogliosi delle loro opere e conquiste. Naturalmente i simboli usati da Gesù per descrivere la fine non sono pronostici co­smici o storici ma elementi narrativi per stimolare l’attenzione e la vigilanza.
Così anche la fine del mondo è una fine terrificante. Ma solo per gli avversari. Per i cristiani viventi, che hanno aspettato il Signore e col desiderio e la preghiera ne hanno ottenuto la fine, è l’ora della liberazione. «Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina . Ciò che per gli altri significa terrore, è pace per i cristiani. Ciò che per gli altri è la fine, significa per essi l’inizio. Poiché questa fine è il rovesciamento e il rivolgimento di tutte le cose. Quel Cristo che ora è consegnato, in Gerusalemme, in potere dei nemici, e con la loro sentenza giudiziale sarà condannato a morte, è colui che verrà nella potenza e, come giudice, pronunzierà la condanna degli avversari. Perciò l’uomo non si deve lasciar invischiare dal mondo e dalle sue opere, né deve cadere sotto il fascino del mondo. Deve invece pensare alla fine e conformarvi la vita. Allora la fine non sarà per lui una fine di terrore, ma, con il lieto annunzio del ritorno di Cristo, l’inizio della gioia.

Saranno giorni di vendetta: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Saranno giorni di vendetta; proposizione derivata dal Vecchio Testamento (cf. Deuteronomio, 32,35; Osea 9,7; Isaia, 34,8; Geremia, 46,10 etc.). Questo giorno di vendetta rappresenta l’avveramento di tutte le sventure comminate dai profeti contro la capitale ebraica (si compirà tutto quello che è stato scritto). Il versetto, che si legge soltanto nel passo lucano, pone in evidenza il motivo religioso che ha determinato la tragica sorte di Gerusalemme: tutto ciò che la città dovrà patire nel duro e lungo assedio è un castigo per la mancata risposta agli appelli che i profeti le avevano rivolto nel passato.
23a Guai alle donne che sono incinte...!; nel terzo vangelo queste parole di lamento non si trovano nel loro esatto contesto storico, come invece lo sono in Matteo e Marco; in Luca infatti il detto riguarda le donne, prossime alla maternità o di recente madri, che si trovano assediate a Gerusalemme; in Matteo e Marco invece esso richiama l’impedimento delle donne che si trovano in queste condizioni nel fuggire in un momento di estremo pericolo.
23b Nella seconda parte del versetto il testo si discosta notevolmente da quello di Marco. È omessa l’esortazione riferita da Marco («Pregate perché ciò non avvenga d’inverno», Mc., 13,18; cf. Mt., 24,20), perché non armonizza con l’idea dell’assedio; come anche viene tralasciata la riflessione sulla riduzione del periodo delle prove («e se il Signore non avesse abbreviato quei giorni, nessuno sarebbe salvo», Mc., 13,20; Mt., 24,22), perché in antecedenza Luca aveva esortato alla sopportazione per tutto il tempo della prova (cf. versetto 19). Lo scrittore qui rielabora le espressioni di Marco puntualizzando due idee: la grande calamità che si abbatterà sulla regione e l’ira, castigo divino, che si scatenerà contro il popolo ebraico.

La vostra liberazione è vicina - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «Quando cominceranno ad accadere queste cose, drizzate (vi) e alzate le vostre teste ...». I cristiani non dovranno spaventarsi per gli sconvolgimenti cosmici finali, ma, dopo tante sofferenze, persecuzioni e oppressioni che li hanno schiacciati, potranno finalmente drizzarsi e alzare con sicurezza le loro teste, essendo quello «il segnale della realizzazione della loro speranza» (Dupont, p. 130). Benché nel v. 27 sia implicito il giudizio di condanna per i nemici, Luca, tuttavia, mette in risalto il senso salvifico della venuta del Figlio dell’uomo, conferendo alla pericope una valenza parenetica di fiduciosa speranza. L’evangelista tralascia ogni riferimento all’attività giudiziaria del Figlio dell’uomo nella sua parusia (cf. Mc 13,27), per concentrare l’attenzione soltanto sulla liberazione (apolytrosis = redenzione, v. 28) dei credenti. Per costoro la fine del mondo non costituisce un motivo di angoscia e di spavento, bensì di gioia per la loro redenzione e per la fine delle tribolazioni e delle persecuzioni, come avvenne per gli ebrei la notte di Pasqua nella liberazione dalla schiavitù d’Egitto.

Necessità del giudizio universale: Catechismo Tridentino 90: È necessario spiegare perché, oltre al giudizio privato dei singoli, si farà anche quello universale. Primo, avviene spesso che sopravvivano ai defunti dei figlioli, imitatori dei genitori, o dei discepoli, fedeli nell’amarne e propugnarne gli esempi, le parole e le azioni; il che necessariamente fa aumentare il premio o la pena dei defunti medesimi. Ora, poiché tale vantaggio o danno di valore sociale, non cesserà prima della fine del mondo, è giusto che di tutta questa partita di parole e di opere fatte bene o male, si faccia una completa disamina, impossibile a farsi senza il giudizio universale. Secondo, poiché la fama dei buoni è spesso lesa, mentre gli empi vengono esaltati come innocenti, la giustizia di Dio vuole che i primi ricuperino innanzi all’assemblea di tutti gli uomini la stima, ingiustamente loro tolta. Terzo, poiché gli uomini, buoni o cattivi, hanno compiuto nella vita le loro azioni con il loro corpo, ne segue che le azioni buone o cattive spettino anche ai corpi, che ne furono lo strumento. E giusto dunque dare ai corpi, insieme con le rispettive anime, il dovuto premio di eterna gloria o il castigo: ciò che non si può fare senza la risurrezione degli uomini e il giudizio universale. Quarto, bisognava mostrare finalmente che nei casi prosperi o avversi, i quali capitano talora promiscuamente agli uomini buoni e cattivi, nulla avviene fuori della infinita sapienza e giustizia di Dio. Quindi è necessario non solo stabilire premi per i buoni e castighi per i cattivi nella vita futura, ma anche applicarli in un giudizio pubblico e generale, affinché riescano più notori ed evidenti e così si lodi da tutti Dio per la sua giustizia e provvidenza, in compenso dell’ingiusto lamento che persone anche sante talora fanno come uomini, vedendo gli empi pieni di ricchezza e colmi di onori.

La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova: CCC 1042-1044: Alla fine dei tempi, il regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa «avrà il suo compimento [...] nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l’uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo». Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l’umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l’espressione: «i nuovi cieli e una terra nuova» (2Pt 3,13). Sarà la realizzazione definitiva del disegno di Dio di «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10). In questo nuovo universo, la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli «tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,4).

Per sempre nella casa del Padre: Catechismo dei Fanciulli 11: Un popolo immenso abita la terra: sono bambine e bambini, giovani e vecchi, di ogni nazione, di ogni razza e di ogni religione... C’è miseria e peccato; e c’è la morte. C’è sacrificio e amore; e c’è la vita. Gesù è con noi, nella vita e nella morte. Egli ha detto: «Io vado a prepararvi un posto: ritornerò da voi e vi prenderò con me, e lì dove sono io sarete anche voi e la vostra gioia sarà piena». Tutti saremo giudicati sulla nostra vita. L’amore di Dio ci purificherà da ogni colpa. Alcuni rifiutano l’invito di Gesù. Non lo amano, non lo servono nei piccoli e nei poveri, bestemmiano il suo nome con cattiveria. Se non cambiano vita, rimarranno esclusi per sempre dalla casa del Padre. Sarà l’Inferno: sarà una pena senza fine. Maria, la mamma di Gesù, san Francesco, santa Caterina, san Giovanni Bosco e tanti altri che nessuno può contare, hanno ascoltato Gesù, hanno amato Dio e i fratelli. Ora sono con Gesù in Paradiso, nella casa del Padre. Là è gioia senza fine. Coloro che ne hanno ancora bisogno, verranno prima purificati dalla misericordia di Dio (Purgatorio). La nostra preghiera può aiutarli. Dio Padre, prima che nascessimo, ci ha chiamati per nome. Ora ci attende nella sua casa. Gesù ci accoglierà così: «Venite benedetti dal Padre mio, nella casa preparata per voi fin dalla creazione del mondo». Non ci sarà più fatica. Non ci sarà più dolore, morte, separazione. Lo Spirito Santo ci unirà nell’amore per sempre. È il Paradiso. Il Paradiso è gioia senza fine: vivremo per sempre con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Il Paradiso è gioia senza fine: vivremo per sempre con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...




28 Novembre 2018

Mercoledì  XXXIV Settimana «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Sii fedele fino alla morte, e ti darò la corona della vita.” (Ap 2,10c - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 21,12-19: Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome: ormai è giunta l’ora, l’ora della passione, della morte, l’ora dello scandalo della Croce, e Gesù, preconizzando questi eventi, vuole rendere salda la fede dei suoi amici (Gv 15,14-15). Nel passo odierno l’evangelista si sofferma sulle persecuzioni che dovranno subire i discepoli: è una allusione alle prime sofferenze e martirii subiti dalla prima comunità e riportati dallo stesso Luca nel Libro degli Atti degli Apostoli (8,1-3). Luca insiste sulla necessità di dare testimonianza: il discepolo deve essere pronto ad affrontare anche la morte: sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani (Mt 10,8). L’ombra della Croce già avvolge la storia umana degli Apostoli, un’ombra di morte che porterà un gravoso carico di dolori e di patimenti, ma nemmeno un capello del loro capo andrà perduto. Gesù con questo discorso vuole invitare i suoi discepoli ad essere forti, ad avere coraggio nell’affrontare le inevitabili persecuzioni. Nelle parole di Gesù brilla anche la mirabile promessa della ricompensa, del premio celeste, ma a una condizione: se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi (Rm 8,16).

Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno: Alfonso Colzani: Martirio / martiri - Nella storia cristiana, soprattutto dei primi secoli, i due termini designano la testimonianza e i testimoni della fede. Il termine martirio deriva dal greco martyrion: testimonianza resa sotto giuramento con valore di prova. Con questo significato di documento probatorio (dell’Alleanza o della Torà) il termine ricorre frequentemente nella versione greca dell’Antico Testamento e in alcuni luoghi del Nuovo Testamento, caratterizzato dal riferimento a Cristo.
L’evangelista Luca introduce un nuovo significato: negli Atti degli apostoli martirio significa rendere testimonianza, inteso come predicare Cristo, compito caratteristico degli apostoli che “con grande forza rendevano testimonianza” (At 4,33). Martiri a partire da Luca 24,48, sono designati i testimoni del Risorto, i quali sono incaricati di essere testimoni fra le genti. Questo compito è chiaramente marcato dalla sofferenza e dal rischio della morte (Stefano, il primo martire cristiano, è chiamato in Atti degli apostoli 22,20 “il testimone fedele”), ma non è caratterizzato dalla concezione più tardiva di martirio come testimonianza del sangue, quanto dal­l’inalterata e completa proclamazione del messaggio di Cristo. Per l’evangelista Giovanni martyrion è per definizione testimonianza di Cristo, anticipata da Giovanni Battista, testimonianza che lo stesso Cristo rende a se stesso e che i discepoli proclamano e confermano. Giovanni usa il vocabolario dell’esperienza (della fede) e della testimonianza, che ha il senso di conferma della verità di Dio: i discepoli che hanno visto rendono testimonianza e annunciano la vita eterna resasi visibile (1Gv 1,2). Tale processo si realizza con l’aiuto dello Spi­rito Paraclito, che è colui che rende testimonianza a Gesù (Gv 15,26), ma non sostituisce la testimonianza dei discepoli: “e anche voi mi renderete testimonianza” (v. 27).

Il frutto della persecuzione: Raymond Deville: La gioia della speranza (Rom 12,12) è il frutto della persecuzione così sopportata: «Beati sarete voi quando vi oltraggeranno, vi perseguiteranno... per causa mia. Gioite ed esultate...» (Mt 5,11s). Questa promessa di Gesù si realizza nel cristiano che «si gloria nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la costanza, la costanza la virtù provata, la virtù provata la speranza, e la speranza non delude...» (Rom 5,3ss; cfr. Giac 1,2ss). Egli «sovrabbonda di gioia nelle tribolazioni» (2 Cor 7,4; 12,10; Col 1,24; cfr. Atti 5,41; Ebr 10,34). La consolazione nella tribolazione (2Cor 1,3-10) è un frutto dello Spirito (1Tess 1,6; Atti 13,52; cfr. Gal 5,22), e nello stesso tempo il segno della presenza del regno.
Scritta durante una terribile prova, l’Apocalisse, specchio della vita della Chiesa, alimenta questa gioiosa speranza nel cuore dei perseguitati, assicurandoli della vittoria di Gesù e della instaurazione del regno. Ad ognuno di essi, come a tutta la Chiesa il Signore risorto rivolge sempre questo messaggio: «Non temere le sofferenze che ti aspettano; il demonio sta per gettare al di voi in carcere per tentarvi ed avrete di giorni di prova. Rimani fedele fino alla mo te, ed io ti darò la corona della vita» (Apoc 2,10).

Io vi darò lingua e sapienza: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 24 maggio 1989):  Lo Spirito Santo-paraclito sarà l’avvocato difensore degli apostoli, e di tutti coloro che, nei secoli, saranno nella Chiesa gli eredi della loro testimonianza e del loro apostolato, particolarmente nei momenti difficili che impegneranno la loro responsabilità fino all’eroismo. Lo ha predetto e promesso Gesù: “Vi consegneranno ai loro tribunali ... sarete condotti davanti ai governatori e ai re ... Quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire ... non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,17-20; similiter Mc 13,11; Luca 12,12: “perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire”).
Anche in questo senso molto concreto, lo Spirito Santo è il paraclito-avvocato. Si fa trovare vicino, e anzi presente agli apostoli, quando essi devono confessare la verità, motivarla e difenderla. Egli stesso, diventa allora il loro ispiratore; egli stesso parla con le loro parole, e insieme con essi e per loro mezzo rende testimonianza a Cristo e al suo Vangelo. avanti agli accusatori egli diventa come l’“Avvocato” invisibile degli accusati, per il fatto che agisce come loro patrocinatore, difensore, confortatore.
6. Specialmente durante le persecuzioni contro gli apostoli e contro i primi cristiani, ma anche in quelle di tutti i secoli, si avvereranno le parole pronunciate da Gesù nel Cenacolo: “Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre ... egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me sin dal principio” (Gv 15,26-27).
L’azione dello Spirito Santo è quella di “testimoniare”. È un’azione interiore, “immanente”, che si svolge nel cuore dei discepoli, i quali poi rendono testimonianza a Cristo all’esterno. Mediante quella presenza e quell’azione immanenti, si manifesta e avanza nel mondo la “trascendente” potenza della verità di Cristo, che è il Verbo-Verità e Sapienza. Da lui deriva agli apostoli, mediante lo Spirito, la potenza della testimonianza secondo la sua promessa: “Io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere” (Lc 21,15). Ciò è avvenuto già fin nel caso del primo martire Stefano, del quale l’autore degli Atti degli Apostoli scrive che era “pieno di Spirito Santo” (At 6,5), così che gli avversari “non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava” (At 6,10). Anche nei secoli successivi gli oppositori della fede cristiana hanno perseverato nell’infierire contro gli annunciatori del Vangelo, spegnendo a volte nel sangue la loro voce, senza riuscire, tuttavia, a soffocare la verità di cui erano portatori: essa ha continuato a vigoreggiare nel mondo con la forza dello Spirito.

Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Nemmeno un capello del vostro capo perirà; il detto ha l’accento di un proverbio popolare. Gesù con queste parole non intende propriamente rassicurare i discepoli che non avranno nessun danno dalle persecuzioni, perché essi rimanendo costanti nella prova riceveranno una grande ricompensa nella vita futura; il Maestro invece intende soprattutto rincuorare i suoi, prospettando ad essi la vittoria nelle persecuzioni che dovranno subire; i discepoli infatti, almeno in parte (cf. versetto 16: «parte di voi sarà messa a morte»), sopravvivranno alle prove, poiché, con l’onnipotente protezione divina, la causa del vangelo trionferà (cf. versetti 14-15). Con la vostra sopportazione; oppure: «con la vostra costanza»; il sostantivo greco ὑπομονή implica questi due concetti (cf. Lc., 8,15). I discepoli devono essere preparati a subire ed a sostenere coraggiosamente le prove finché esse durano, cioè fino alla «liberazione» (cf. vers. 28). Questa esortazione rivolta dal Redentore ai discepoli rivela che lo scrittore non pensa alla fine del mondo presente, ma alle prove che i seguaci di Cristo dovranno subire nel corso della storia.

“Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti ai re e ai governanti, a causa del mio nome”. La persecuzione per il discepolo di Gesù non è un incidente di percorso, tutt’altro! San Giovanni ricorda questa parola del Maestro: “Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20).
L’essere cristiani pone nella condizione di essere perseguitati, calunniati, odiati; essere cristiani non significa non subire alcun danno o offesa, ma che ogni sofferenza verrà ricompensata e niente andrà perduto, neppure un capello. Anche il padre, il fratello, potranno tramare contro di loro.
Il mondo del male sarà coalizzato contro di loro; essere discepoli di Cristo è una scelta che riserva un calice amaro: è il prezzo della verità.
I martiri, poi, dal Signore sono chiamati beati: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi” (Mt 5,11-12).
“Gesù chiama alla gioia, paradossalmente, i discepoli vittime di ogni angheria. Essi pagano un prezzo alto l’adesione a Cristo. Ma grande sarà anche la ricompensa celeste ed escatologica. Nessuna meraviglia per questo destino di persecuzione, perché già i profeti sono stati perseguitati; così sarà dei discepoli di Gesù” (G. B.).
La comunanza di profeti e discepoli di Gesù nel destino di persecuzione è attestata da Luca 11,49-50: “Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti ed apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno; perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo”.
Una lunga scia di sangue che lambisce ben duemila anni di storia cristiana!

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Beati sarete voi quando vi oltraggeranno, vi perseguiteranno... per causa mia. Gioite ed esultate...» (Mt 5,11s).   
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...