10 Ottobre 2019
Giovedì XXVII Settimana T. O.
Ml 3,13-20a; Salmo Responsoriale 1; Lc 11,5-13
Colletta: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Gesù ha insegnato ai discepoli la preghiera del Padre nostro (Lc 11,1-4), ora suggerisce loro la necessità di «pregare sempre, senza stancarsi mai» e di attendere con perseveranza il suo ritorno perché Egli certamente ritornerà come giudice degli uomini. L’evangelista Luca ama soffermarsi sulla preghiera di Gesù: è l’orante perfetto in continua comunione di amore con il Padre. Gesù prega sopra tutto nei momenti più importanti della sua vita: è orante nelle acque del Giordano (Lc 3,21); è orante sul monte Tabor (Lc 9,28); prega prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Lc 9,16); prega nel Cenacolo quando istituisce l’Eucarestia (Lc 22,19-20); prega prima di consegnarsi alla sua beata Passione (Lc 22,39-46); confitto sulla croce prega per i suoi aguzzini (Lc 23,34); muore pregando: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). La parabola dell’amico importuno è una catechesi sulla preghiera, che vuole mettere in evidenza la certezza di essere esauditi. Come è certo che quell’amico, per una ragione o per l’altra, finirà con l’alzarsi, così è certo che Dio ascolta chi lo prega. Ma perché, a volte, l’uomo non ottiene da Dio ciò che gli chiede? Dio ascolta sempre, ma sa quello che è bene dare, e quello che è bene non dare. Dio è come un padre che non concede sempre al figlio ciò che questi gli domanda, ma gli dà soltanto ciò che sa essergli utile. C’è però un dono che Dio non nega mai: lo Spirito Santo.
Dal Vangelo secondo Luca 11,5-13: In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Parabola dell’amico importuno - Angelico Poppi (Sinossi e Commento Esegetico-Spirituale dei Quattro Vangeli): Con i due brani seguenti Luca illustra i requisiti della preghiera: la fiducia e la perseveranza. La similitudine dell’amico importuno, che gli è esclusiva, si riferisce ala confidenza con cui il credente si rivolge a Dio nelle sue necessità, conoscendo la sua bontà sconfinata. Il comportamento dell’amico importunato, corrisponde al modo con cui Dio agisce nei nostri confronti: essendo nostro grande amico egli non può non esaudire la nostra preghiera. Di qui scaturisce la lezione circa la fiducia da riporre nel suo aiuto.
Il v. 8 sembra costituire una rilettura parenetica posteriore. L’accento è spostato dal comportamento dell’amico importunato a mezzanotte, che cede alle pressioni dell’amico, all’insistenza del richiedente: dal tema della preghiera fiduciosa si passa a quello della preghiera insistente.
I vari dettagli della descrizione presuppongono l’ambiente palestinese. L’ospitalità era un dovere sacro. Le case normalmente si componevano di un unico vano, dove gli inquilini dormivano tutti insieme. Il pane veniva preparato in ogni famiglia. È facile immaginare il disagio provocato dalla richiesta importuna a mezzanotte. Tuttavia il richiedente ha la certezza d’essere esaudito dall’amico; questi nel senso originario della parabola simboleggia l’Amico per eccellenza, Dio, che Gesù nel Padre nostro ha insegnato a invocare come Padre (Abbà).
Preghiera perseverante ( 11,9-13) Questo brano stupendo, che Luca ha in comune con Mt (7,7-11 ), si compone di due parti, elaborate in modo simmetrico; il messaggio dottrinale è contenuto nella conclusione. Nella prima, ai tre imperativi incalzanti, con cui i discepoli sono invitati a perseverare nella preghiera, segue la triplice assicurazione dell’esaudimento (vv. 9-10); la seconda parte contiene due paragoni tratti dalla vita familiare (vv. 11-12).
Il discepolo può rivolgersi al Padre celeste con la stessa insistenza e franchezza con cui un bambino chiede al babbo il nutrimento. Nella pericope non è espresso l’oggetto della domanda. L’accento cade sull’atteggiamento che deve assumere il discepolo, consapevole della propria indigenza e fragilità: deve rivolgersi a Dio con costanza per poter corrispondere alla sua grazia ed “ereditare la vita eterna” (10,25). L’immagine “pane-pietra” in Matteo è sostituita con “uovo scorpione” (v. 12). Inoltre, in Luca l’ordine appare invertito: prima ricorre la coppia “pesce-serpe” e poi “uovo-scorpione”. Uno scorpione contratto può venire scambiato per un uovo. Nella conclusione lucana (v. 13) il dono per eccellenza, che il Padre elargisce al credente che ricorre a lui con la preghiera perseverante, è costituito dallo “Spirito Santo”, mentre Matteo parla in modo generico di “cose buone” (7,11). Il tema dello Spirito Santo, com’è noto, rappresenta nell’opera lucana un motivo dominante, che sta a cuore all’evangelista.
Gesù disse ai suoi discepoli - Carlo Ghidelli (Luca): La fiducia nel pregare è l’ultimo elemento del trittico sulla preghiera. Si tratta anche di una applicazione dell’insegnamento parabolico? Forse sì; comunque, riferendoci queste parole di Gesù, Le vuol ribadire che la fiducia, basata sulla fede, è la componente indispensabile di ogni preghiera cristiana. Dio non può non intervenire a favore di quelli che si aprono al suo dono con una preghiera fiduciosa, perché egli è Padre (v. 13), perché egli è fedele alle sue promesse (questa fedeltà di Dio è il fondamento ultimo della nostra speranza!), perché ha un dono da comunicarci, il suo Spirito, che è l’unica cosa necessaria per noi.
La preghiera com’è insegnata da Gesù - P. Beauchamp: Mediante l’incarnazione, il Figlio di Dio è collocato al centro della richiesta incessante degli uomini. Egli la nutre di speranza rispondendovi; nello stesso tempo loda, incoraggia, od educa la fede (Lc 7,9; Mi 9,22.29; 15,28). Collocato su questo sfondo vissuto, il suo insegnamento si estende anzitutto sul modo di pregare, più abbondantemente che sulla necessità della preghiera: «quando pregate, dite...» (Lc 11,2).
1. I sinottici. - Il Pater è il centro di questo insegnamento (Lc 11,2ss; Mt 6,9-13). Dall’invocazione di Dio come Padre, che prolunga, superandola, l’intimità dei salmi (Sal 27,10; 103,13; cfr. Is 63,16; 64,7), deriva tutto l’atteggiamento dell’orante. Questa invocazione è un atto di fede e già un dono di sé, che immette nel circuito della carità. Ne deriva che, perfettamente in linea con la preghiera biblica, egli fa passare dinanzi a tutto la preoccupazione del disegno di Dio: del suo nome, del suo regno (cfr. Mi 9, 38), dell’attuazione della sua volontà. Ma domanda pure il pane (che egli offre nell’eucaristia), poi il perdono, dopo essersi riconciliato con i figli dello stesso Padre, ed infine la grazia di non essere travolto dalle prove del tempo futuro. Le altre prescrizioni inquadrano o completano il Pater noster, nominano sovente il Padre. L’impressione dominante è che la certezza di essere esauditi è fonte e condizione della preghiera (Mt 18,19; 21,22; Lc 8,50). Marco lo esprime nel modo più diretto: «se egli non esita in cuor suo, ma crede che accadrà ciò che dice, l’otterrà» (Mc 11,23; Cfr. 9,23 e soprattutto Giac 1,5-8). Ora, si è sicuri perché si prega il Padre (Lc 11,13; Mt 7,11). L’interiorità si fonda sulla presenza del Padre che vede nel segreto (Mt 6,6; cfr. 6,4.18). Non accavallare e ripetere le parole (Mt 6,7) quasi che Dio sia lontano da noi, come Baal deriso da Elia (1Re 18,26ss), mentre è il nostro Padre. Perdonare (Mc 11,25 par.; Mi 6,14). Pregare in unione fraterna (Mt 18,19). Ricordare le proprie colpe in una preghiera contrita (Lc 18,9-14). Bisogna pregare senza interruzione (Lc 18,1; cfr. 11,5-8): la nostra perseveranza deve essere provata, la vigilanza del cuore espressa. La necessità assoluta della preghiera è insegnata nel contesto degli ultimi tempi (Lc 18,1-7), resi vicini dalla passione; senza di essa si sarebbe sommersi da «tutto Ciò che deve accadere» (Lc 21,36; cfr. 22,39-46); così pure il Pater termina implorando Dio contro la tentazione insostenibile degli ultimi tempi.
2. Giovanni presenta sotto una luce molto unificata la pedagogia della preghiera, passaggio dalla richiesta alla vera preghiera, e dal desiderio dei doni di Dio a quello del dono che apporta Dio stesso, come leggevamo già nei salmi. Così la Samaritana è condotta dai suoi propri desideri fino a quello del dono di Dio (Gv 4,10), la folla al «nutrimento che rimane per la vita eterna» (Gv 6,27). Perciò la fede non è soltanto condizione della preghiera, ma suo effetto: il desiderio è nello stesso tempo esaudito e purificato (Gv 4,50.53; 11,25 ss.45).
Dominum et vivificantem 65: Il soffio della vita divina, lo Spirito Santo, nella sua maniera più semplice e comune, si esprime e si fa sentire nella preghiera. È bello e salutare pensare che, dovunque si prega nel mondo, ivi è lo Spirito Santo, soffio vitale della preghiera. È bello e salutare riconoscere che, se la preghiera è diffusa in tutto l’orbe, nel passato, nel presente e nel futuro, altrettanto estesa è la presenza e l’azione dello Spirito Santo, che «alita» la preghiera nel cuore dell’uomo in tutta la gamma smisurata delle situazioni più diverse e delle condizioni ora favorevoli, ora avverse alla vita spirituale e religiosa. Molte volte, sotto l’azione dello Spirito, la preghiera sale dal cuore dell’uomo nonostante i divieti e le persecuzioni, e persino le proclamazioni ufficiali circa il carattere areligioso, o addirittura ateo della vita pubblica. La preghiera rimane sempre la voce di tutti coloro che apparentemente non hanno voce - e in questa voce risuona sempre quel «forte grido», attribuito a Cristo dalla Lettera agli Ebrei. La preghiera è anche la rivelazione di quell’abisso, che è il cuore dell’uomo: una profondità, che è da Dio e che solo Dio può colmare, proprio con lo Spirito Santo. Leggiamo in Luca: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!». Lo Spirito Santo è il dono, che viene nel cuore dell’uomo insieme con la preghiera.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». (Vangelo)
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
La comunione a questo sacramento
sazi la nostra fame e sete di te, o Padre,
e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
sazi la nostra fame e sete di te, o Padre,
e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.