11 Ottobre 2019
Venerdì XXVII Settimana T. O.
Gl 1,13-15; 2,1-2; Salmo Responsoriale 9; Lc 11,15-26
Colletta: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Scacciare i demòni era un segno palese che nell’esorcista agiva con potenza Dio, ma ammettere questo significava per i soliti detrattori arrendersi a Gesù, o perlomeno ammettere che le pretese di Gesù, e i suoi insegnamenti, alla fine non erano così bislacchi come qualcuno voleva affermare. Ma riconoscere questo significava anche una arresa e una sconfitta su tutti i campi, e allora per non correre questo rischio i farisei ricorrono a quell’arma terribile che si chiama denigrazione, cioè, spargere a pieni mani sospetti, dubbi, e così montano una calunnia in perfetta regola: Gesù non scaccia i demòni con il dito di Dio, ma per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni. I farisei sapevano che dai più erano ritenuti maestri nelle cose di Dio, e così facendosi forti di questa considerazione pensavano che forse la folla poteva abboccare ai loro strampalati ragionamenti. Ai farisei, altri, che non si accontentano dei sospetti, venendo allo scoperto chiedono un segno. E qui non si sbaglia, se il segno c’è, ma senza trucchi, allora pace fatta, ma se il segno non c’è allora le cose prendono un altro verso. Gesù, quanta pazienza, smonta le ridicole accuse dei primi, e snobba i secondi. Ai primi dà una lezione sulla coerenza, virtù che anche il diavolo possiede, ai secondi suggerisce che il segno c’è ed in mezzo a loro: è giunto a voi il regno di Dio, quindi spalancate gli occhi, colui che vi parla è il Forte che ha frantumato l’impero tenebroso di satana. Ma tant’è vero, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e cieco di chi non vuol vedere...
Dal Vangelo secondo Luca 11,15-26: In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».
Il vangelo di oggi ci presenta Gesù in lotta contro i suoi avversari, che qui sono anonimi e vengono identificati con alcuni e altri. Forse farisei. L’accusa che alcuni muovono contro Gesù è blasfema: si suppone che Gesù è in combutta con satana. Altri gli domandano un segno. Si ripetono le tentazioni sopportate da Gesù nel deserto. A questa richiesta Gesù risponderà più tardi, volendo rispondere alla calunnia messa in campo dai suoi avversari. La risposta di Gesù, un vero proprio discorso apologetico, ed è illustrata da due immagini, la prima è quella del regno disunito, la seconda quella dell’uomo più forte. Concludendo il suo discorso apologetico Gesù mette bene in evidenza la sua superiorità su satana, Gesù è il più forte che ha vinto il forte. Una nota che mette in risalto la potenza di satana: satana è potente in quanto angelo, ma non è invincibile, tuttavia il diavolo non è da prendere sottogamba. Se si accetta tutto questo allora bisogna accettare le conclusioni a cui arriva Gesù che fondamentalmente sono due: la prima, se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio; la seconda, Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.
Gli ultimi versetti (24-26) tendono a sottolineare il pericolo di ricadere nella rete di satana. Satana e i suoi correligionari sono creature spirituali molto astute (Gen 3,1) e odiando Dio e gli uomini certamente non possono approvare il desiderio e il proposito di coloro che vogliono restare fedeli ai loro impegni battesimali. Da qui una lotta a tutto campo, ma il credente può smussare le rami affilate del nemico restando unito a Gesù e al suo Vangelo, ascoltando fedelmente la sua Parola, e mettendola in pratica. Gesù ha frantumato il regno di satana, ma satana è un perdente che non accetta la sconfitta, da qui si impone per il credente una ferma vigilanza.
Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito - Silvano Fausti (Una comunità legge il Vangelo di Luca): v.24: «Ritornerò nella mia casa». Satana, anche se è caduto dalla sua posizione di dominio, cerca di riprenderlo quel poco che può. La lotta continua nella nostra vita, come già in quella di Gesù. Verso la fine, ci sarà il terribile colpo di coda del drago morente. Per questo chi persevererà fino alla fine, sarà salvo (21,19).
Gesù ci dice di stare attenti per non tornare dal Padre della luce al padre della menzogna. Il nemico, non rassegnato alla sconfitta che poi sa essere definitiva (…), è furibondo. Anche se in gabbia, è un leone ruggente che cerca chi divorare. Bisogna resistergli nella «fede» (1Pt 5,8s), per non ricadere nella schiavitù di prima (cf. Gal 3,1; 5,1.13). Lo si vince semplicemente non avendone paura e tenendo salda la fiducia nel Padre.
v, 25: «spazzata e adorna». L’uomo, già dimora dello spirito immondo, è ora ripulito e abbellito. Ripulito dal lavacro del battesimo, abbellito dalla bellezza del Figlio mediante il pane e lo Spirito.
v.26: «sette spiriti», colui che fin dal principio ebbe invidia di Adamo (cf. Sap 2,24), a maggior ragione ha invidia di colui che è ancora più bello, come il nuovo Adamo. Per questo cerca di entrarci con maggior desiderio e maggior forza di menzogna. L’invidia, principio di morte (Sap 2,24), è il contrario della lode: ci fa contristare invece che gioire del bene altrui. Se uno invidia, fa del paradiso l’inferno; se uno loda, fa dell’inferno il paradiso.
«peggiore della prima». Non accettare la salvezza di Gesù e imputarla al nemico è il peccato contro lo Spirito, per il quale non c’è perdono, se non ci si converte. Il ritorno alle tenebre dopo l’illuminazione è un peccato ancora più grande: è la caduta dalla fede (cf. Eb 6,4-6; 10,26ss). Tra i Dodici, Giuda è preso come esempio di questa situazione peggiore di prima (22,3; At 1,16-20). All’interno della prima comunità vedi l’esempio di Anania e Saffira (At 5,1-11). Che quest’ultima condizione non sia il rifiuto definitivo della luce!
Il peccato contro lo Spirito Santo - Dominum et vivificantem 46: Come intendere questa bestemmia? Risponde san Tommaso d’Aquino che si tratta di un peccato: «irremissibile secondo la sua natura, in quanto esclude quegli elementi, grazie ai quali avviene la remissione dei peccati». Secondo una tale esegesi la «bestemmia» non consiste propriamente nell’offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, operante in virtù del sacrificio della Croce. Se l’uomo rifiuta quel «convincere quanto al peccato», che proviene dallo Spirito Santo ed ha carattere salvifico, egli insieme rifiuta la «venuta» del consolatore - quella «venuta» che si è attuata nel mistero pasquale, in unità con la potenza redentrice del sangue di Cristo: il sangue che «purifica la coscienza dalle opere morte».
Sappiamo che frutto di una tale purificazione è la remissione dei peccati. Pertanto, chi rifiuta lo Spirito e il sangue rimane nelle «opere morte», nel peccato. E la bestemmia contro lo Spirito Santo consiste proprio nel rifiuto radicale di accettare questa remissione, di cui egli è l’intimo dispensatore e che presuppone la reale conversione, da lui operata nella coscienza. Se Gesù dice che la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere rimessa né in questa vita né in quella futura, è perché questa «non-remissione» è legata, come a sua causa, alla «non penitenza», cioè al radicale rifiuto di convertirsi. Il che significa il rifiuto di raggiungere le fonti della redenzione, le quali, tuttavia, rimangono «sempre» aperte nell’economia della salvezza, in cui si compie la missione dello Spirito Santo. Questi ha l’infinita potenza di attingere a queste fonti: «Prenderà del mio», ha detto Gesù. In questo modo egli completa nelle anime umane l’opera della redenzione, compiuta da Cristo, dispensandone i frutti.
Ora la bestemmia contro lo Spirito Santo è il peccato commesso dall’uomo, che rivendica un suo presunto «diritto» di perseverare nel male - in qualsiasi peccato - e rifiuta così la redenzione. L’uomo resta chiuso nel peccato, rendendo da parte sua impossibile la sua conversione e, dunque, anche la remissione dei peccati, che ritiene non essenziale o non importante per la sua vita. È, questa, una condizione di rovina spirituale, perché la bestemmia contro lo Spirito Santo non permette all’uomo di uscire dalla sua autoprigionia e di aprirsi alle fonti divine della purificazione delle coscienze e della remissione dei peccati.
I segni nella vita di Gesù - P. Ternant: 1. Fedele alla promessa divina di un rinnovamento delle antiche meraviglie (Mt 11,4s = Is 35,5s; 26,19), Gesù moltiplica i miracoli che, pur accreditandone la parola, rientrano nello stesso tempo nei segni avvenimenti salvifici e nella mimica profetica (cfr. Mc 8,23ss): sono soprattutto questi miracoli, uniti alla sua autorità personale e a tutta la sua attività, a costituire «i segni dei tempi» (Mt 16,3), cioè gli indizi dell’inizio dell’era messianica. Ma all’opposto di Israele nel deserto (Es 17,2.7; Num 14,22), egli si rifiuta di tentare Dio, esigendo da lui dei segni a proprio vantaggio (Mt 4,7 = Deut 6,16), e di soddisfare quelli che, avidi di prodigi spettacolari, gli domandano un segno per tentarlo (Mt 16,1ss). Così i Sinottici, eco della sua riservatezza, evitano a proposito dei miracoli di usare la parola «segni», a cui ricorrono i suoi avversari (Mt 12,38 par.; Lc 23,8). Certo Dio, fornisce dei segni dell’avvento della salvezza ai poveri, come Maria (Lc 1,36ss), o i pastori (2,12). Però non può offrire ai Giudei i segni che essi si aspettano: ciò significherebbe pervertire la sua missione. Questi ciechi dovrebbero cominciare a prestare attenzione al «segno di Giona» secondo Lc 11,29-32, cioè alla predicazione di penitenza di Gesù. Sarebbero allora in grado di decifrare i «segni dei tempi», senza pretenderne altri per convenienza, e sarebbero preparati a ricevere la testimonianza del più decisivo di essi, il «segno di Giona» secondo Mt 12,40, cioè la risurrezione di Cristo.
2. Ogni riserbo concernente l’uso della parola semèion scompare nella narrazione giovannea (salvo Gv 4,48), sia negli Atti che nelle lettere. Per Giovanni, la visione dei segni avrebbe dovuto indurre i contemporanei di Gesù a credere in lui (Gv 12,37-38): questi segni rendevano manifesta la sua gloria (2,11) a uomini provati (6,6), come Jahve aveva manifestato la propria (Num 14,22), imponendo al popolo la prova del deserto (Deut 8,2). Essi li preparavano così a vedere (Gv 19,37 = Zac 12,10), grazie alla fede, il segno del Trafitto elevato sulla Croce fonte di vita (12,33), che realizza la figura del serpente guaritore eretta da Mosè su uno «stendardo» (Num 21,8: ebr. nes; gr. semèion; Gv 3,14), per la salvezza del popolo dell’esodo. Ai cristiani convertiti da questo sguardo di fede (cfr. Gv 20, 29) e raffigurati dai Greci che chiesero di vedere Gesù (12,21.32s), il sangue e l’acqua che sgorgano dal Trafitto (19,34) appaiono allora i simboli della vita dello Spirito e della realtà del sacrificio che ce ne apre l’accesso grazie ai sacramenti del battesimo, della penitenza, dell’eucaristia. E di questi gesti salvifici del Risorto, vero tempio da cui scaturisce l’acqua viva (2,19; 7,37ss; 19,34; cfr. Zac 14,8; Ez 47,1s), i segni anteriori di Gesù (5,14; 6; 9; 13,1-10) appariranno a loro volta le prefigurazioni.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «È giunto a voi il regno di Dio». (Vangelo)
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
La comunione a questo sacramento
sazi la nostra fame e sete di te, o Padre,
e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
sazi la nostra fame e sete di te, o Padre,
e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.