29 Novembre 2018
Giovedì XXXIV Settimana «per annum»
Oggi Gesù ci dice: “Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.” (Lc 21,28 - Acclamazione al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Luca 21,20-28: Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti... chi va a Gerusalemme può accertarsi de visu come sono state vere queste parole di Gesù, e che il mondo passa e noi passiamo con esso è una verità che è sempre sotto i nostri occhi, e anche le rughe, la carne cadente, le ossa fiacche, le malattie che si moltiplicano sono eloquenti testimoni di questo passare degli anni. Alessandro Magno, Nerone, Cavour, Giuseppe Garibaldi, Stalin, Mao, i re, gli imperatori, tutto passa. Precipitiamo nell’eternità dalla quale non si torna più indietro. L’unica cosa da fare è: salvare la propria anima. Nessuno resta al mondo per sempre. Se riflettessimo su questo fatto, alzeremmo continuamente lo sguardo verso il cielo, che è la nostra patria: lì, affrancati da ogni pena, vivremo per sempre, liberi, figli nella casa del Padre.
Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): La fine di Gerusalemme - Quando la città sarà già circondata dall’esercito nemico, gli uomini si renderanno conto che è imminente la fine di essa e la sua distruzione. Ci saranno ancora alcuni che potranno fuggire ai monti e quelli che sono già fuori delle mura non vi devono far ritorno. Poiché la fine sarà spaventosa.
«Vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli». Il popolo, che si crede ora così sicuro ed è così superbo della sua città e del tempio maestoso, vedrà cadere in rovina la città e il tempio stesso e assisterà alla fine dell’esistenza della propria nazione. Allora sarà troppo tardi ravvedersi. La fine sarà terrificante.
Questo segno terreno deve essere un segnale di allarme per gli uomini. Ciò che accade in piccolo a Gerusalemme, accadrà un giorno, in grande, al mondo intero.
La fine del mondo - Subitanea irromperà la fine. Quando verrà la catastrofe degli astri, un’angoscia spaventosa atterrirà gli uomini. Quando irromperanno terremoti e mareggiate, si abbatterà su di loro la disperazione. Allora il Figlio dell’uomo verrà nella gloria sulle nubi del cielo. È la fine del mondo e con essa la fine di tutti i nemici di Cristo, la fine di coloro che si credono al sicuro su questa terra e sono orgogliosi delle loro opere e conquiste. Naturalmente i simboli usati da Gesù per descrivere la fine non sono pronostici cosmici o storici ma elementi narrativi per stimolare l’attenzione e la vigilanza.
Così anche la fine del mondo è una fine terrificante. Ma solo per gli avversari. Per i cristiani viventi, che hanno aspettato il Signore e col desiderio e la preghiera ne hanno ottenuto la fine, è l’ora della liberazione. «Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina . Ciò che per gli altri significa terrore, è pace per i cristiani. Ciò che per gli altri è la fine, significa per essi l’inizio. Poiché questa fine è il rovesciamento e il rivolgimento di tutte le cose. Quel Cristo che ora è consegnato, in Gerusalemme, in potere dei nemici, e con la loro sentenza giudiziale sarà condannato a morte, è colui che verrà nella potenza e, come giudice, pronunzierà la condanna degli avversari. Perciò l’uomo non si deve lasciar invischiare dal mondo e dalle sue opere, né deve cadere sotto il fascino del mondo. Deve invece pensare alla fine e conformarvi la vita. Allora la fine non sarà per lui una fine di terrore, ma, con il lieto annunzio del ritorno di Cristo, l’inizio della gioia.
Saranno giorni di vendetta: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Saranno giorni di vendetta; proposizione derivata dal Vecchio Testamento (cf. Deuteronomio, 32,35; Osea 9,7; Isaia, 34,8; Geremia, 46,10 etc.). Questo giorno di vendetta rappresenta l’avveramento di tutte le sventure comminate dai profeti contro la capitale ebraica (si compirà tutto quello che è stato scritto). Il versetto, che si legge soltanto nel passo lucano, pone in evidenza il motivo religioso che ha determinato la tragica sorte di Gerusalemme: tutto ciò che la città dovrà patire nel duro e lungo assedio è un castigo per la mancata risposta agli appelli che i profeti le avevano rivolto nel passato.
23a Guai alle donne che sono incinte...!; nel terzo vangelo queste parole di lamento non si trovano nel loro esatto contesto storico, come invece lo sono in Matteo e Marco; in Luca infatti il detto riguarda le donne, prossime alla maternità o di recente madri, che si trovano assediate a Gerusalemme; in Matteo e Marco invece esso richiama l’impedimento delle donne che si trovano in queste condizioni nel fuggire in un momento di estremo pericolo.
23b Nella seconda parte del versetto il testo si discosta notevolmente da quello di Marco. È omessa l’esortazione riferita da Marco («Pregate perché ciò non avvenga d’inverno», Mc., 13,18; cf. Mt., 24,20), perché non armonizza con l’idea dell’assedio; come anche viene tralasciata la riflessione sulla riduzione del periodo delle prove («e se il Signore non avesse abbreviato quei giorni, nessuno sarebbe salvo», Mc., 13,20; Mt., 24,22), perché in antecedenza Luca aveva esortato alla sopportazione per tutto il tempo della prova (cf. versetto 19). Lo scrittore qui rielabora le espressioni di Marco puntualizzando due idee: la grande calamità che si abbatterà sulla regione e l’ira, castigo divino, che si scatenerà contro il popolo ebraico.
La vostra liberazione è vicina - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «Quando cominceranno ad accadere queste cose, drizzate (vi) e alzate le vostre teste ...». I cristiani non dovranno spaventarsi per gli sconvolgimenti cosmici finali, ma, dopo tante sofferenze, persecuzioni e oppressioni che li hanno schiacciati, potranno finalmente drizzarsi e alzare con sicurezza le loro teste, essendo quello «il segnale della realizzazione della loro speranza» (Dupont, p. 130). Benché nel v. 27 sia implicito il giudizio di condanna per i nemici, Luca, tuttavia, mette in risalto il senso salvifico della venuta del Figlio dell’uomo, conferendo alla pericope una valenza parenetica di fiduciosa speranza. L’evangelista tralascia ogni riferimento all’attività giudiziaria del Figlio dell’uomo nella sua parusia (cf. Mc 13,27), per concentrare l’attenzione soltanto sulla liberazione (apolytrosis = redenzione, v. 28) dei credenti. Per costoro la fine del mondo non costituisce un motivo di angoscia e di spavento, bensì di gioia per la loro redenzione e per la fine delle tribolazioni e delle persecuzioni, come avvenne per gli ebrei la notte di Pasqua nella liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
Necessità del giudizio universale: Catechismo Tridentino 90: È necessario spiegare perché, oltre al giudizio privato dei singoli, si farà anche quello universale. Primo, avviene spesso che sopravvivano ai defunti dei figlioli, imitatori dei genitori, o dei discepoli, fedeli nell’amarne e propugnarne gli esempi, le parole e le azioni; il che necessariamente fa aumentare il premio o la pena dei defunti medesimi. Ora, poiché tale vantaggio o danno di valore sociale, non cesserà prima della fine del mondo, è giusto che di tutta questa partita di parole e di opere fatte bene o male, si faccia una completa disamina, impossibile a farsi senza il giudizio universale. Secondo, poiché la fama dei buoni è spesso lesa, mentre gli empi vengono esaltati come innocenti, la giustizia di Dio vuole che i primi ricuperino innanzi all’assemblea di tutti gli uomini la stima, ingiustamente loro tolta. Terzo, poiché gli uomini, buoni o cattivi, hanno compiuto nella vita le loro azioni con il loro corpo, ne segue che le azioni buone o cattive spettino anche ai corpi, che ne furono lo strumento. E giusto dunque dare ai corpi, insieme con le rispettive anime, il dovuto premio di eterna gloria o il castigo: ciò che non si può fare senza la risurrezione degli uomini e il giudizio universale. Quarto, bisognava mostrare finalmente che nei casi prosperi o avversi, i quali capitano talora promiscuamente agli uomini buoni e cattivi, nulla avviene fuori della infinita sapienza e giustizia di Dio. Quindi è necessario non solo stabilire premi per i buoni e castighi per i cattivi nella vita futura, ma anche applicarli in un giudizio pubblico e generale, affinché riescano più notori ed evidenti e così si lodi da tutti Dio per la sua giustizia e provvidenza, in compenso dell’ingiusto lamento che persone anche sante talora fanno come uomini, vedendo gli empi pieni di ricchezza e colmi di onori.
La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova: CCC 1042-1044: Alla fine dei tempi, il regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa «avrà il suo compimento [...] nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l’uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo». Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l’umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l’espressione: «i nuovi cieli e una terra nuova» (2Pt 3,13). Sarà la realizzazione definitiva del disegno di Dio di «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10). In questo nuovo universo, la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli «tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,4).
Per sempre nella casa del Padre: Catechismo dei Fanciulli 11: Un popolo immenso abita la terra: sono bambine e bambini, giovani e vecchi, di ogni nazione, di ogni razza e di ogni religione... C’è miseria e peccato; e c’è la morte. C’è sacrificio e amore; e c’è la vita. Gesù è con noi, nella vita e nella morte. Egli ha detto: «Io vado a prepararvi un posto: ritornerò da voi e vi prenderò con me, e lì dove sono io sarete anche voi e la vostra gioia sarà piena». Tutti saremo giudicati sulla nostra vita. L’amore di Dio ci purificherà da ogni colpa. Alcuni rifiutano l’invito di Gesù. Non lo amano, non lo servono nei piccoli e nei poveri, bestemmiano il suo nome con cattiveria. Se non cambiano vita, rimarranno esclusi per sempre dalla casa del Padre. Sarà l’Inferno: sarà una pena senza fine. Maria, la mamma di Gesù, san Francesco, santa Caterina, san Giovanni Bosco e tanti altri che nessuno può contare, hanno ascoltato Gesù, hanno amato Dio e i fratelli. Ora sono con Gesù in Paradiso, nella casa del Padre. Là è gioia senza fine. Coloro che ne hanno ancora bisogno, verranno prima purificati dalla misericordia di Dio (Purgatorio). La nostra preghiera può aiutarli. Dio Padre, prima che nascessimo, ci ha chiamati per nome. Ora ci attende nella sua casa. Gesù ci accoglierà così: «Venite benedetti dal Padre mio, nella casa preparata per voi fin dalla creazione del mondo». Non ci sarà più fatica. Non ci sarà più dolore, morte, separazione. Lo Spirito Santo ci unirà nell’amore per sempre. È il Paradiso. Il Paradiso è gioia senza fine: vivremo per sempre con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Il Paradiso è gioia senza fine: vivremo per sempre con Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...