7 Settembre 2018

Venerdì XXII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Io sono la luce del mondo chi segue me avrà la luce della vita.” (Gv 8,12 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 5,33-39: Lo sposo è Gesù, i cui discepoli, cioè «i paggi d’onore», non possono digiunare perché con lui sono già incominciati i tempi messianici. Il vestito vecchio, i vecchi otri sono il giudaismo in ciò che esso ha di caduco nell’economia della salvezza; il panno non sgualcito e il vino nuovo sono lo spirito nuovo del regno di Dio. La pietà esagerata dei discepoli di Giovanni e dei farisei, con la pretesa di ringiovanire l’antico sistema, non fa che comprometterlo di più. Rifiutando sovraccarichi e rattoppi Gesù vuol fare qualcosa di completamente nuovo, sublimando lo spirito stesso della legge (cfr. Mt 5,17s). Il vino nuovo che Gesù offre non è gradito da quelli che hanno bevuto il vino vecchio della legge. Quest’ultima affermazione, forse, riflette l’esperienza di Luca che ben ha conosciuto le difficoltà della missione presso i giudei (cfr. At 13,5).

I discepoli di Giovanni digiunano spesso...: Il digiuno è una pratica penitenziale onnipresente in tutte le religioni. Un rito celebrato sopra tutto per attenuare l’arroganza e l’orgoglio, ma che si imponeva in alcune circostanze particolari: per esempio, per scongiurare un castigo divino o per sfuggire a eventi nefandi. Per molti Farisei era una delle tante pratiche escogitate dalla loro affettata religiosità per accampare diritti dinanzi al Signore e carpirne in questo modo la benevolenza (Lc 18,9-14).
Gesù condanna l’esibizionismo, l’ostentazione farisaica (Mt 6,16-18) non il digiuno che, come tutte le altre pratiche penitenziali, deve essere celato da un atteggiamento gaio, sereno, spontaneo: «Tu, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto» (Mt 6,17). No, quindi, a facce lugubri, tristi.
No, sopra tutto, a comportamenti ostentati unicamente per accaparrarsi le lodi e gli applausi degli uomini (Mt 6,1; 23,5). La religiosità cristiana è fatta di una spiritualità lieta, festante, briosa: «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5) . Il Vangelo è la buona notizia che va annunciata con una faccia ilare, sorridente.
Il peccato delle guide spirituali del popolo d’Israele è quello di non essere state capaci di cogliere in Gesù lo sposo dell’umanità. Con Gesù «l’attesa di Dio è colmata: “sono giunte le nozze dell’Agnello, la sua sposa è pronta!” [Ap 19,7]. Gesù è lo sposo che porta a compimento l’alleanza tra Dio e il suo popolo annunciata dal profeta Osea. I tempi sono dunque compiuti. Non è più il tempo per il legalismo, non è più il tempo per leggere il presente con gli occhi del passato, ma con quelli del futuro inaugurato da Gesù. Non è più il momento di digiunare, come all’epoca in cui si preparava ancora l’incontro con Dio, ma è il momento della festa. Egli è ormai qui!» (Anselmo Morandi).
Presente lo Sposo gli invitati non possono digiunare, solo nei giorni successivi alla sua morte potranno farlo: «Il primo periodo è un continuato convito, non ci può essere posto per le astensioni e le privazioni; il secondo è un tempo di lutto, quindi anche di macerazioni. Il digiuno appare quindi un rito di condoglianze che la comunità cristiana celebra per sentirsi vicina al Cristo morto e sepolto» (Ortensio Da Spinetoli).

Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: Le parole di Gesù contengono una profezia: nella espressione verranno giorni in cui sarà tolto lo sposo, il verbo togliere o strappare (apairomai), nel Nuovo Testamento, usato solo al passivo, preannuncia la fine violenta di Gesù. Solo allora in quei giorni, il tempo della Chiesa, ci sarà posto anche per il digiuno.

Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio: Gesù, con la «parabola del vestito e dell’otre», rintuzza il cieco attaccamento dei Farisei alle loro tradizioni: ancora una volta non hanno capito la novità della Buona Novella che dichiara apertamente tramontate le vecchie pratiche religiose ormai incapaci di contenere il nuovo spirito che deve animare il discepolo. È l’immagine del vino nuovo, più di quella del panno non follato, a rendere più evidente il contrasto tra il vecchio e il nuovo.
Con l’immagine del vestito vecchio e del vino nuovo, Gesù dichiara sorpassate e inutili tutte le numerosissime, ossessionanti e minute prescrizioni giudaiche: erano diventate ormai vecchi e logori contenitori incapaci di contenere le nuove forze fermentatrici, proprie della predicazione cristiana.
Non vi può essere accordo o compromesso tra le leggi e le leggine mosaiche e il Vangelo, rivelazione ultima e definitiva dell’amore liberante di Dio: il vecchio è vecchio e va messo da parte; il vestito vecchio è frusto, liso ed è quindi inservibile. Gesù è venuto a tagliare i rami secchi non ad abolire la Legge in se stessa (Mt 5,17-19). Sono gli orpelli a dare fastidio, ad appesantire i cuori, ad intralciare il cammino; sono le tradizioni umane che deturpano il messaggio evangelico spogliandolo della sua bellezza e della sua novità.
Fuori immagine, non basta più essere buoni giudei, occorre diventare cristiani: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20)

Vecchio e Nuovo - Dopo la partenza dello Sposo, la pratica del digiuno deve essere rinnovata.
Sia l’immagine del panno grezzo, dove grezzo sta per nuovo, che quella del vino vogliono mettere in evidenza quanto sia inutile tentare di conciliare il vecchio  con il nuovo. L’insegnamento di Gesù non è un rattoppo del giudaismo, né il Vangelo si può adattare alla legge mosaica. Nel nuovo ordine della grazia instaurato da Cristo, tre sono le caratteristiche principali del digiuno cristiano.
Primo, il digiuno deve essere praticato con grande libertà spirituale. Gesù non ha «istituito un digiuno determinato, ha mangiato e bevuto liberamente. Anche san Paolo ha voluto inculcare un forte senso di libertà, mettendo in guardia però dal fare di questa un pretesto per vivere secondo la carne [Gal 5,13]. Personalmente egli ha digiunato, pur in mezzo alle numerose prove della sua vita; più volte egli ricorda ai cristiani quei suoi volontari digiuni [2Cor 6,4-5], spiega loro la funzione delle privazioni volontarie [1Cor 9,25-27], e propone il proprio esempio affinché essi, forti in Cristo, sappiano adattarsi ad ogni situazione, di abbondanza e di privazione [Fil 4,11-13]. L’essenziale è “discernere quello che Dio vuole” [Rom 12,2]. Nella diversità delle condizioni e delle vocazioni, si può servire Dio sia digiunando che mangiando; l’importante è farlo “per il Signore”, rendendogli grazie [Rom 14,3-6]» (R. Tufariello). Secondo, il digiuno non può essere ispirato al disprezzo del corpo perché è tempio dello Spirito Santo (1Cor 6,15). Tutto ciò che è stato creato da Dio è buono, e «nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie, perché esso viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera» (1Tm 4,3-5). Terzo, il digiuno è prezioso agli occhi di Dio quando è informato dalla carità e apre il cuore all’amore.

L’uomo orientato verso i beni materiali...: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 21 marzo 1979): Perché il digiuno? A questa domanda bisogna dare una risposta più ampia e profonda, perché diventi chiaro il rapporto tra il digiuno e la “metànoia”, cioè quella trasformazione spirituale, che avvicina l’uomo a Dio. Cercheremo quindi di concentrarci non soltanto sulla pratica dell’astensione dal cibo o dalle bevande - ciò infatti significa “il digiuno” nel senso comune - ma sul significato più profondo di questa pratica che, del resto, può e deve alle volte essere “sostituita” da qualche altra. Il cibo e le bevande sono indispensabili all’uomo per vivere, egli se ne serve e deve servirsene, tuttavia non gli è lecito abusarne sotto qualsiasi forma. La tradizionale astensione dal cibo e dalle bevande ha come fine di introdurre nell’esistenza dell’uomo non soltanto l’equilibrio necessario, ma anche il distacco da quello che si potrebbe definire “atteggiamento consumistico”. Tale atteggiamento è divenuto nei nostri tempi una delle caratteristiche della civiltà e in particolare della civiltà occidentale. L’atteggiamento consumistico! L’uomo orientato verso i beni materiali, molteplici beni materiali, molto spesso ne abusa. Non si tratta qui unicamente del cibo e delle bevande. Quando l’uomo è orientato esclusivamente verso il possesso e l’uso di beni materiali, cioè delle cose, allora anche tutta la civiltà viene misurata secondo la quantità e la qualità delle cose che è in grado di fornire all’uomo, e non si misura con il metro adeguato all’uomo. Questa civilizzazione infatti fornisce i beni materiali non soltanto perché servano all’uomo a svolgere le attività creative e utili, ma sempre di più... per soddisfare i sensi, l’eccitazione che ne deriva, il piacere momentaneo, una sempre maggiore molteplicità di sensazioni. Alle volte si sente dire che l’incremento eccessivo dei mezzi audio-visivi nei paesi ricchi non sempre giova allo sviluppo dell’intelligenza, particolarmente nei bambini; al contrario, talvolta contribuisce a frenarne lo sviluppo. Il bambino vive solo di sensazioni, cerca delle sensazioni sempre nuove... E diventa così, senza rendersene conto, schiavo di questa passione odierna. Saziandosi di sensazioni, rimane spesso intellettualmente passivo; l’intelletto non si apre alla ricerca della verità; la volontà resta vincolata dall’abitudine, alla quale non sa opporsi. Da ciò risulta che l’uomo contemporaneo deve digiunare, cioè astenersi non soltanto dal cibo o dalle bevande, ma da molti altri mezzi di consumo, di stimolazione, di soddisfazione dei sensi. Digiunare significa astenersi, rinunciare a qualcosa.

 Il digiuno e l’astinenza nella vita attuale della Chiesa: Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza (Nota dell’Episcopato italiano / 7): L’originalità del digiuno cristiano. Di fronte al rapido mutare delle condizioni sociali e culturali caratteristico del nostro tempo, e in particolare di fronte al moltiplicarsi dei contatti interreligiosi e al diffondersi di nuovi fenomeni di costume, diventa sempre più necessario riscoprire e riaffermare con chiarezza l’originalità del digiuno e dell’astinenza cristiani. Oggi, infatti, il digiuno viene praticato per i più svariati motivi e talvolta assume espressioni per così dire laiche, come quando diventa segno di protesta, di contestazione, di partecipazione alle aspirazioni e alle lotte degli uomini ingiustamente trattati. Circa poi l’astinenza da determinati cibi, oggi si stanno diffondendo tradizioni ascetico-religiose che si presentano non poco diverse da quella cristiana. Pur guardando con rispetto a queste usanze e prescrizioni - specialmente a quelle degli ebrei e dei musulmani -, la Chiesa segue il suo Maestro e Signore, per il quale tutti i cibi sono in sé buoni e non sono sottoposti ad alcuna proibizione religiosa, e accoglie l’insegnamento dell’apostolo Paolo che scrive: «Chi mangia, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio» (Rm 14,6). In tal senso, qualsiasi pratica di rinuncia trova il suo pieno valore, secondo il pensiero e l’esperienza della Chiesa, solo se compiuta in comunione viva con Cristo, e quindi se è animata dalla preghiera ed è orientata alla crescita della libertà cristiana, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna. Custodire l’originalità della penitenza cristiana, proporla e viverla in tutta la ricchezza spirituale del suo contenuto nelle condizioni attuali di vita è un compito che la Chiesa deve assolvere con grande vigilanza e coraggio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** L’uomo contemporaneo deve digiunare, cioè astenersi non soltanto dal cibo o dalle bevande, ma da molti altri mezzi di consumo, di stimolazione, di soddisfazione dei sensi. (Giovanni Paolo II)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…