6 Settembre 2018

Giovedì XXII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Venite dietro a me vi farò pescatori di uomini.” (Mt 4,19 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 5,1-11: Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono: Luca nel raccontare la vocazione dei primi discepoli, dopo un periodo di insegnamenti e di miracoli, ha voluto sottolineare la loro immediata risposta alla chiamata. Nella vocazione dei primi discepoli, vediamo sopra tutto l’inaugurazione e il fondamento della missione di Pietro all’interno del gruppo dei suoi compagni. Una missione che forma il nucleo del popolo messianico, nucleo che continua anche oggi a raccogliere una grande quantità di uomini attraverso l’annuncio autorevole della Parola di Dio. Ma è la Parola di Gesù e la sua Presenza che garantisce l’efficacia di quella missione che ha preso avvio dalla sua libera iniziativa sulle rive del lago: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Mc 16,20).

Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda: Benedetto XVI (Udienza Generale, 17 maggio 2006): Il Maestro vede due barche ormeggiate alla sponda; i pescatori sono scesi e lavano le reti. Egli chiede allora di salire sulla barca, quella di Simone, e lo prega di scostarsi da terra. Sedutosi su quella cattedra improvvisata, si mette ad ammaestrare le folle dalla barca (cfr. Lc 5,1-3). E così la barca di Pietro diventa la cattedra di Gesù. Quando ha finito di parlare, dice a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone risponde: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,4-5). Gesù, che era un falegname, non era un esperto di pesca: eppure Simone il pescatore si fida di questo Rabbi, che non gli dà risposte ma lo chiama ad affidarsi. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5,8). Gesù risponde invitandolo alla fiducia e ad aprirsi ad un progetto che oltrepassa ogni sua prospettiva: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10). Pietro non poteva ancora immaginare che un giorno sarebbe arrivato a Roma e sarebbe stato qui “pescatore di uomini” per il Signore. Egli accetta questa chiamata sorprendente, di lasciarsi coinvolgere in questa grande avventura: è generoso, si riconosce limitato, ma crede in colui che lo chiama e insegue il sogno del suo cuore. Dice di sì - un sì coraggioso e generoso -, e diventa discepolo di Gesù.

Prendi il largo e gettate le vostri rete per la pesca: Giovanni Paolo II (Omelia 16 Maggio 1985): Gettate dunque anche voi le reti al comando di Gesù Cristo, ciascuno secondo il servizio affidatogli. Annunziate il Vangelo con la parola e con l’azione a tutte le creature. Fate che la sua luce splenda nella vostra vita personale e nelle vostre famiglie, affinché gli uomini “vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16). Attraverso la vostra testimonianza di amore fraterno, che si prende cura delle odierne necessità spirituali e materiali, fate di nuovo di ogni comunità una città collocata sopra un monte che non può restare nascosta (cfr. Mt 5,14), una casa che è aperta anche all’ultimo e al più povero. Gettate per Gesù Cristo le vostre reti! Portate la sua lieta novella in tutti i settori della realtà del creato: nelle comunità, nello Stato e nella società, nel mondo del lavoro, nell’educazione e nella scuola, nella produzione culturale e scientifica, nel mondo della stampa e dei mezzi di comunicazione, nello sport e nel tempo libero, nella struttura della vita pubblica. Non per dominare questi settori ma per rendere loro un prezioso servizio, per orientare tutto verso il vero bene dell’uomo. Il Vangelo porta veramente le cose alla loro verità ultima e le apre a Dio, cosicché l’uomo possa arrivare in esse al suo vero compimento. Restate nello stesso tempo fedeli alla gloriosa tradizione missionaria del vostro Paese. Oltre ai doni generosi per le missioni in tutto il mondo, per i quali vi ringrazio calorosamente anche a nome delle giovani Chiese, vi è anche oggi bisogno di persone come sacerdoti, religiosi e laici, disponibili per l’annunzio della fede in tutto il mondo

Presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano - Rinaldo Fabris: La pesca straordinariamente abbondante in pieno giorno, contro le usanze normali della pesca, è una rivelazione per Pietro e i compagni. I particolari descrittivi delle reti che quasi si rompono, delle barche che quasi affondano per la grande quantità di pesci, preparano bene l’incontro decisivo con Gesù. Simone, con l’aggiunta singolare del soprannome «Pietro», riconosce nel « Maestro », che ha dato quell’ordine strano, il «Signore», 5,8b. E nello stesso tempo egli coglie la sua distanza o indegnità: è un peccatore. È diffìcile vedere in questo aggettivo un’anticipazione del rinnegamento di Pietro come è conosciuto dalla tradizione (cfr. 22,31-32). Questa è la reazione dei personaggi biblici di fronte al manifestarsi di Dio (cfr. Is 6,5; Es 33,20). Ma è Gesù che, con una nuova parola, supera la distanza aprendo a Pietro un nuovo futuro: d’ora innanzi tu sarai impegnato nella cattura di uomini, 5,10b. Luca ha modificato l’espressione di Mc l,17b «pescatore di uomini», e con il termine greco che egli ha ripreso dalla traduzione greca dell’Antico Testamento, che significa «prendere vivi o per la vita», vuol suggerire che Pietro avrà il compito di «catturare» gli uomini per la vita. La parola di Gesù, che un momento prima ha operato la pesca fortunata, ora cambia la vita di Pietro. Ma, come nella pesca Pietro era associato ai compagni, così anche ora egli segue Gesù, lasciando alle spalle il passato, assieme con loro.
In questo episodio Luca vede l’inaugurazione e il fondamento della missione di Pietro all’interno del gruppo dei suoi compagni. Una missione che forma il nucleo del nuovo popolo, nucleo che continua a raccogliere Luca 5,12-16 una grande quantità di uomini attraverso l’annuncio autorevole della «parola di Dio». Ma è la «parola» di Gesù che garantisce l’efficacia di quella missione che ha preso avvio dalla sua libera iniziativa sulle rive del lago.

Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 208: Di fronte alla presenza affascinante e misteriosa di Dio, l’uomo scopre la propria piccolezza. Davanti al roveto ardente, Mosè si toglie i sandali e si vela il viso al cospetto della Santità divina. Davanti alla Gloria del Dio tre volte santo, Isaia esclama: “Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5). Davanti ai segni divini che Gesù compie, Pietro esclama: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (Lc 5,8). Ma poiché Dio è santo, può perdonare all’uomo che davanti a lui si riconosce peccatore: “Non darò sfogo all’ardore della mia ira... perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te” (Os 11,9). Anche l’apostolo Giovanni dirà: “Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,19-20).

Lasciarono tutto e lo seguirono: Paolo VI (Udienza Generale, 5 gennaio 1977): Possiamo accennare ad una classifica della dottrina di Cristo sulla povertà, senza pretendere d’aggiungere qualche cosa a ciò che tutti sanno. Ecco, punto primo, quello che si riferisce al criterio teologico del Vangelo sulla povertà. Perché la povertà? per dare a Dio, al regno di Dio, il primo posto nella scala dei valori che fanno oggetto delle aspirazioni umane. Dice Gesù: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia» (Matth. 6, 33); e lo dice al confronto con tutti gli altri beni temporali, anche necessari e legittimi, che di solito impegnano i desideri umani. La povertà di Cristo rende possibile questo distacco affettivo dalle cose terrene per porre in vetta alle aspirazioni umane il rapporto con Dio. Secondo punto, il criterio ascetico: la povertà, come liberazione dai vincoli degli interessi temporali per dedicare le nostre facoltà alla sequela del Vangelo ed ai doveri della vita cristiana. San Francesco insegni. E terzo punto, il criterio benefico: «Date e vi sarà dato» (Luc. 6,38; 11,41). Anche questo è ben noto: la povertà, cioè la privazione di qualche nostro avere, deve farsi pane per i fratelli. È la fonte sociale, che scaturisce dalla povertà, e che sa valorizzare il lavoro, il risparmio, la ricchezza, e la relativa generosa rinuncia per mantenere la carità, per sostenere l’amore fra gli uomini, l’assistenza fraterna. Questa lezione evangelica della povertà è oggi d’attualità! Che ciascuno l’ascolti appunto con cuore capace di amare, ripensando ad una parola di S. Paolo, ch’egli dice uscita dalle labbra di Cristo: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (Act. 20,25).
  
Don Mario Cascone: La testimonianza di coloro che vivono nella sobrietà e nella povertà evangelica reca un beneficio all’intera società e plasma una nuova cultura, capace di sovvertire la mentalità dominante. Lo stile di vita di pochi può diventare a poco a poco quello di molti, specialmente quando la testimonianza è autentica e fascinosa. È amaro constatare che il cristianesimo non sia riuscito a impedire che la società occidentale cadesse sotto il dominio del denaro e di un’economia fondata sulla massimizzazione del profitto. La Chiesa deve cercare di vivere nella povertà per poter parlare ai poveri del nostro tempo e per essere la Chiesa dei poveri. Facendo questo essa segue l’esempio del suo Signore Gesù, che è disceso nella povertà della nostra condizione umana, ha fatto propria la nostra povertà, allo scopo di liberarci da essa e di darci la ricchezza senza fine. Per imitare il suo Signore il cristiano non utilizza la rivoluzione violenta, ma quella della testimonianza. Il rivoluzionario guarda lontano, sacrifica persone e cose per realizzare il suo sistema, non si arresta di fronte alle lacrime e al sangue, purché si affermi lo scopo della sua lotta. Il cristiano invece non guarda soltanto lontano, ma anche vicino, interessandosi di ogni povero che incontra lungo la strada. Egli comincia dalla carità concreta e immediata, pur ponendosi il problema di rimuovere le cause della povertà. Il servizio che i cristiani possono rendere ai poveri del nostro mondo è, in particolare, quello di aiutarli ad uscire dalla loro povertà attraverso l’istruzione e l’educazione, ossia aiutandoli a conquistare con le proprie mani la vittoria sulla loro miseria. Non è possibile però per i cristiani offrire questa testimonianza e questo aiuto ai più poveri senza una solida spiritualità. Non si può reggere a lungo un cammino controcorrente, se non c’è qualcosa, anzi Qualcuno, che ci spinge ad agire, a lottare, a sperare e ad osare. Noi sappiamo bene però che sul mare agitato della storia soffia sempre lo Spirito del Signore, che spinge le nostre povere barche… a condizione che esse siano messe in mare! Bisogna rischiare, avventurandosi in un’impresa affascinante, che viviamo nell’abbandono all’azione dello Spirito. È Lui che nel bellissimo inno del “Veni Creator” cantiamo con le parole: “Vieni, Padre dei poveri!”

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La povertà, cioè la privazione di qualche nostro avere, deve farsi pane per i fratelli.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…