5 Settembre 2018

Mercoledì XXII Settimana T. O.



Oggi Gesù ci dice: “Beati gli operatori di pace: saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia: di essi è il regno dei cieli.” (Mt 5,9-10 - Antifona alla comunione).

Dal Vangelo secondo Luca 4,38-44: Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni (Mc 1,19): Gesù entra per la prima volta nella casa di Simone che diventerà la sua casa a Cafarnao. Entrato, trova una situazione di sofferenza: la suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Luca sottolinea la gravità di quella febbre e un aspetto che gli sta a cuore, la preghiera. Gesù li esaudisce. Si avvicina al letto e si china sulla malata per guarirla con la forza della sua parola: Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. La febbre subito abbandona la donna che ormai libera dal male che la teneva a letto può alzarsi da sé e dà prova della sua guarigione mettendosi a servire. Liberata dalla febbre la suocera di Simone ritrova la gioia di un servizio gratuito e generoso, per quelli di casa e per il suo nuovo ospite e benefattore. Quel pronto mettersi a servire, cosa proibita dai rabbini i quali vietavano alle donne di servire a mensa, è già un’indicazione dei nuovi compiti che attendono la donna nella Chiesa.

Uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone: Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): Non è a caso che Gesù opera il suo primo miracolo di guarigione proprio nella casa e nella famiglia di Pietro. Pietro deve essere consolidato in maniera particolare nella fede, perché egli ha un compito e una missione tutta particolare. Gesù guarisce la suocera di Pietro, affetta da una forte febbre. Risalta qui la potenza del taumaturgo. Il Vangelo usa la rara espressione che Gesù « comandò » alla febbre di andar via. Egli l’ha trattata come una potenza nemica, ribelle, che però riconosce in Lui il più forte e retrocede dinanzi alla sua intimazione. Gesù è il Redentore degli infermi.
L’uomo nello stato in cui era uscito dalla mano di Dio non conosceva la malattia. Con il peccato questa si è introdotta per la prima volta nel mondo. Gesù ora incomincia a ristabilire lo stato originale: al momento è soltanto un inizio, ma troverà il suo compimento con la creazione del nuovo cielo e della nuova terra (alla fine del mondo); Egli vede perciò la malattia come un nemico, la combatte come potenza avversa e più tardi darà anche ai suoi il potere di guarire gli infermi. Tutto l’uomo è opera di Dio, nel corpo e nell’anima; perciò anche tutto l’uomo, in corpo ed anima, deve essere guarito da Cristo e partecipare poi con Cristo, in corpo ed anima, nello splendore e nella gloria, ad una vita esente da dolori.

La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1503: La compassione di Cristo verso i malati e le sue numerose guarigioni di infermi di ogni genere sono un chiaro segno del fatto che “Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,16) e che il Regno di Dio è vicino. Gesù non ha soltanto il potere di guarire, ma anche di perdonare i peccati: è venuto a  guarire l’uomo tutto intero, anima e corpo; è il medico di cui i malati hanno bisogno. La sua compassione verso tutti coloro che soffrono si spinge così lontano che egli si identifica con loro: “Ero malato e mi avete visitato” (Mt 25,36). Il suo amore di predilezione per gli infermi non ha cessato, lungo i secoli, di rendere i cristiani particolarmente premurosi verso tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Essa sta all’origine degli instancabili sforzi per alleviare le loro pene.

Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto: Giuseppe Pollano (Alla mensa della Parola): Questo Vangelo aggiunge ancora un’altra realtà preziosa: in una frase brevissima ci propone l’insegnamento più grande di Gesù: «Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava». Non sono forse questi momenti segreti e misteriosi del Figlio quelli che ci colpiscono e ci attirano di più, ma allora ci sbagliamo.
Il dono più grande non è né la guarigione né la rivelazione della verità stessa, perché questi sono soltanto la via che conduce al Padre e al porsi volontariamente davanti a Lui: ed è il momento dell’orazione profonda. Quelle notti misteriose di Gesù, nella solitudine e nel raccoglimento, avvolte dal silenzio, quando il Figlio - vivente in mezzo a noi, uomo come noi - sente il bisogno di trovare la propria verità continuando questo «faccia a faccia» col Padre: la profonda reciprocità che lo fa Figlio del Padre.
Lì è la Vita.
«Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre»: così chiama Gesù l’apostolo Giovanni, lo stesso che gli aveva domandato al principio, insieme ad Andrea: «Rabbì, dove abiti?». L’ Apostolo ha capito dove Gesù abita: nel cuore del Padre. Questo è il dono più profondo: «Guariscimi, Signore, illuminami, ma soprattutto portami sempre di più nel mistero dove Tu, amando, tacendo, stavi col Padre; insegnami a dire Padre».

… tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via - Javer Pikaza (Commento della Bibbia Liturgica): L’opera di Gesù suscita una reazione egoista nella gente che vorrebbe approfittare di lui e monopolizzare l’aspetto più vasto della sua attività, utilizzandolo come un semplice guaritore. Per questo vengono a cercarlo (4,42). La nostra relazione con Gesù e il cristianesimo si può muovere su questo piano: li accettiamo semplicemente nella misura in cui ci aiutano a risolvere i nostri problemi (ci offrono tranquillità psicologica, garantiscono un ordine nella famiglia e nello stato, sanzionano norme di condotta che stimiamo utili). Questo modo di utilizzare il vangelo è vecchio: forse si possono applicare a esso le parole di condanna che Gesù pronunzia contro Cafarnao (Le 10,15), la città che mirava a monopolizzare le sue opere miracolose. La risposta di Gesù è chiara: deve annunziare il regno in altre città (4,43). La sua esigenza si traduce in un dono che trova aperti tutti quelli che sperano. Certamente il vangelo è un dono che arricchisce l’esistenza, ma è un dono che non si può chiudere, un regalo che ci apre costantemente verso gli altri.

Quando Cristo dice «no» - Alessandro Pronzato (Parola di Dio!): Talvolta, però, Cristo dice «no».
Stabilisce il contatto con la gente nella sinagoga, in casa di amici, alla porta della città. E quando «tutti lo cercano», lui fugge, sembra prendere le distanze, cerca la solitudine di un luogo deserto.
Gesù, nella sua preghiera solitaria, sembra stare «altrove».
Altrove rispetto alle attese di una folla fin troppo facile all’entusiasmo ma refrattaria all’impegno. E altrove - ossia lì, imminente - rispetto a chi ancora non lo conosce, ai molti Giobbe che lo ritengono lontano, improbabile, assente.
«Andiamocene altrove nei villaggi vicini ...».
Deludente per i desideri degli uni e sorprendente rispetto alle prospettive degli altri. Non si fa trovare agli appuntamenti e arriva inatteso.
In ritardo sui programmi dei festeggiamenti da una parte, in anticipo sulle previsioni dall’altra.
Non sa sfruttare le occasioni favorevoli che tiene a portata di mano, e si imbarca in avventure dall’esito incerto.
Dice di essere venuto per questo (Mc 1,38).
Quando si assenta, è soltanto per essere presente in altro modo a in altro luogo.
«Per questo sono venuto ...». Adesso che ha pregato, le linee della sua missione si sono precisate con chiarezza maggiore. La preghiera è a servizio del significato della propria vocazione.

È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Io devo annunziare la buona novella del regno di Dio; Gesù afferma apertamente quale sia la missione che lo attende manifestando con queste parole la chiara coscienza del compito che deve svolgere («devo annunziare la buona novella»). Il «regno di Dio»; designazione usata da Luca per far meglio capire ai lettori del mondo greco-romano, ai quali è diretto il suo vangelo, la formula semitica «regno dei cieli» che ricorre in Matteo... Marco nel testo parallelo accentua il fatto della predicazione di Gesù, poiché riferisce il detto del Maestro: «Andiamo altrove nei villaggi vicini, perché anche là dovrò predicare»; Luca al contrario ama precisare il contenuto del messaggio che annunzia il Salvatore, poiché afferma che esso consiste nel proclamare il «vangelo» (buona novella) del regno di Dio (cf. 9,11; 18,29; 21,31 ed anche 8,1; 9,2,60). Per questo sono stato mandato: formulazione che riproduce con termini più chiari quella un po’ enigmatica usata da Marco nel testo parallelo, in cui si legge: «per questo infatti io sono uscito».

E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea: La vita di Gesù è una vita girovaga senza riposo e senza un tetto sotto il quale ripararsi (Cf. Mt 8,20), uno stile di vita che i discepoli devono saper imitare. Sul suo esempio, Egli vuole che i suoi discepoli siano decisi ad abbracciare questo stile di vita intessuto di povertà e di precarietà, pronti nell’abbandonare affetti, case e parentele varie per mettersi al suo seguito (Cf. Mt 8,21-22). Un distacco totale che contrassegna la sequela cristiana.
Ritirandosi in un luogo deserto per pregare, Gesù indica ai suoi discepoli la fonte dove trovare la forza per attuare un simile programma di vita.
I Vangeli amano parlare della preghiera di Gesù. In modo particolare l’evangelista Luca.
Sopra tutto la ricordano in occasione dei momenti più importanti del ministero pubblico del Signore: il battesimo (Cf. Lc 3,21), la chiamata degli Apostoli (Cf. Lc 6,12), la prima moltiplicazione dei pani (Cf. Mc 6,46), la Trasfigurazione (Cf. Lc 9,29), nel Getsemani (Cf. Mt 26,39), sulla croce quando prega per i suoi carnefici (Cf. Lc 23,34).
Altresì, possiamo ricordare quante volte la preghiera ottenne il dono della guarigione da Gesù: il cieco nato (Cf. Mc 10,46-56), la guarigione del lebbroso (Cf. Mt 8,23), la Cananea (Cf. Mt 15,21-28). Il discepolo apprende in questo modo il segreto della preghiera come unico fondamento su cui poggiare la sua fede, la sua speranza. Senza la preghiera il cristiano non può essere fedele alla sua vocazione e alla sua elezione (2Pt 2,10).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Dalla febbre del vizio ero tormentato // dell’impurità abominevole, // e in letti per mollezza ignobili //son caduto, incapace di rialzarmi.
Come la suocera del beato Pietro, // piacciati rialzarmi, Destra del Potente, // affinché come lei anch’io ti serva, // tu che ridai la vita alla mia anima» (Nerses Snorhali, Jesus, 440-441).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…