14 Settembre 2018

Esaltazione della Santa Croce - Festa


Oggi Gesù ci dice: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me.” (Gv 12,32 - Antifona alla comunione).

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,13-17: Le parole dette da Gesù nell’incontro notturno con Nicodemo aprono il nostro cuore alla gioia e alla speranza, e la nostra mente a sempiterne verità. Parole misteriose, ma gravide di Luce (Gv 8,12; 9,5): E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo: il Figlio dell’uomo (cfr. Dn 7,13; Mt 8,20; 12,32; 24,30) deve essere innalzato, messo sulla croce e nello stesso tempo introdotto di nuovo nella gloria del Padre (Gv 1,51; 8,28; 12,32-34; 13,31-32). Per essere salvati, bisognerà guardare il Cristo innalzato sulla croce, cioè credere che egli è il Figlio unico. Allora si sarà purificati dall’acqua del suo costato trafitto (Gv 19,34; Zc 13,1). Perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna: Dio, padrone assoluto della vita, ha trasmesso il dominio al Figlio. Il Figlio stesso è la Vita (Gv 11,25; 14,6). Ha la vita in sé e la dà a quelli che credono in lui . Questa vita è simbolizzata dall’acqua (Gv 4,1) ed è nutrita dalla parola (Gv 6,35). La vita è promessa ai credenti (cfr. 2Cor 4,18), ma è già data loro, si compirà nella resurrezione. La via per raggiungere la fonte della Vita è la Croce.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna - Angelico Poppi (Sinossi e Commento Esegetico-Spirituale dei Quattro Vangeli): vv.14-15 Gesù rivela che il piano salvifico del Padre prevedeva la sua morte in croce (del = deve). Il serpente di bronzo innalzato da Mosè sul palo nel deserto di Punon (Nm 21,8-9) prefigurava la crocifissione del Figlio dell’uomo. Chi guardava il serpente era guarito dal morso letale delle vipere; così chi guarda con l’occhio della fede il Crocifisso (= crede in lui), avrà la vita eterna. Il dono dello Spirito, effuso dal suo fianco trafitto, divenne sorgente di vita (Gv 19,34).
v. 16 Viene approfondito il senso della rivelazione precedente, sottolineando l’iniziativa del Padre, che donò il proprio Figlio, quale manifestazione suprema del suo amore misericordioso.
Il passato remoto “amò” (ègàpèsen, aoristo) rimanda all’evento storico dell’incarnazione del Verbo, che implicava la morte di Gesù, quale epifania culminante dell’agape di Dio per la salvezza del inondo. Unica condizione richiesta per avere la vita è l’accoglienza del dono di Dio con l’adesione di fede al Figlio unigenito.
vv. 17-18 Dio non ha inviato il proprio Figlio per condannare l’umanità peccatrice, ma per salvarla mediante la sua opera. Tuttavia, la venuta storica del Verbo determina una discriminazione: chi crede nella rivelazione del Figlio unigenito di Dio è salvo, chi non crede è già condannato. La salvezza è concepita come una realtà già in atto. Chi presta fede al messaggio di Gesù non deve temere nessuna condanna, perché è già partecipe della vita divina. L’iniziativa di Dio non ha come obiettivo la condanna dei peccatori, ma la loro salvezza. La diversa sorte degli uomini dipende dalla loro libera opzione, con la quale si aprono all’ amore di Dio, rivelatosi in Cristo, oppure lo rifiutano. Giovanni, al contrario dei sinottici, insiste sull’esperienza attuale della comunione di vita con Dio, resa possibile dalla rivelazione e oblazione del Figlio; tuttavia a che si tratta d’una partecipazione parziale, che sarà totale e definitiva soltanto nella vita futura (cf. 5,28-29: 12,46-48).

Benedetto prete (I Quattro Vangeli): 14-15 Come Mosè innalzò il serpente nel deserto; [...] si richiama l’episodio del serpente di bronzo elevato come un vessillo da Mosè, durante la peregrinazione del popolo eletto nel deserto, per la guarigione di quegli israeliti che erano stati morsi dai serpenti (cf. Numeri, 21,4-9; Sapienza, 16,6-7). Così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo; «innalzare» (ὑψόω) è il verbo scelto dal quarto evangelista per indicare la crocifissione di Gesù (cf. Giov., 8,26; 12,32.34); il verbo tuttavia insinua anche l’idea della glorificazione del Figlio dell’uomo, cioè dell’elevazione di Cristo alla gloria presso il Padre (cf. Atti, 2,33; 5,31). Il libro della Sapienza afferma che il serpente elevato da Mosè nel deserto rappresenta «un segno di salvezza» (σύμβολον σωτηρίας; Sapienza, 16,6-7); Gesù applica a sé questo segno salvifico. Non si può precisare fino nei più minuti particolari il parallelo che corre tra il serpente del deserto (tipo) e Gesù innalzato sulla croce (anti-tipo). Per avere una corrispondenza tra il serpente del deserto e Gesù innalzato sulla croce basta pensare che i due fatti sono considerati come segni apportatori di salvezza. Come si vede chiaramente dal testo, l’annunzio della passione è fatto in termini ancora velati; più avanti Gesù parlerà con un linguaggio più esplicito ed anche più crudo intorno al destino che lo attende; tale linguaggio richiama le predizioni della passione, riferite dai sinottici. Affinché ognuno che crede, per mezzo di lui abbia la vita eterna; altri traducono: «affinché ognuno che crede in lui abbia la vita eterna»; preferiamo la versione indicata, perché più rispondente al contesto in cui si trova. La croce appare come il mezzo della rigenerazione e della salvezza dell’uomo. È necessario credere al sacrificio della croce come anche all’efficacia della nascita per mezzo dell’acqua e dello Spirito. Le due verità si trovano giustapposte nel presente discorso; la loro vicinanza dimostra che l’efficacia del battesimo (nascita dall’alto) proviene dal sacrificio della croce.

La Croce, segno del Cristiano - J. Audusseau e X. Léon-Dufour: 1 La croce di Cristo. - Rivelando che i due testimoni erano stati martirizzati «là dove Cristo fu crocifisso» (Apoc 11,8), l’Apocalisse identifica la sorte dei discepoli e quella del maestro. Lo esigeva già Gesù: «Chi vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24 par.). Il discepolo non deve soltanto morire a se stesso: la croce che porta è il segno che egli muore al mondo, che ha spezzato tutti i suoi legami naturali (Mt 10,33-39 par.), che accetta la condizione di perseguitato, a cui forse si toglierà la vita (Mt 23,34). Ma nello stesso tempo essa è pure il segno della sua gloria anticipata (cfr. Gv 12,26).
2. La vita crocifissa. - La croce di Cristo, che, secondo Paolo, separava le due economie della legge e della fede, diventa nel cuore del cristiano la frontiera tra i due mondi della carne e dello spirito. Essa è la sua sola giustificazione e la sua sola sapienza. Se si è convertito, è stato perché ai suoi occhi furono dipinti i tratti di Gesù in croce (Gal 3,1). Se è giustificato, non è per le opere della legge, ma per la sua fede nel crocifisso; infatti egli stesso è stato crocifisso con Cristo nel battesimo, cosicché è morto alla legge per vivere a Dio (Gal 2,19) e non ha più nulla a che vedere con il mondo (6,14). Egli pone quindi la sua fiducia nella sola forza di Cristo, altrimenti si mostrerebbe «nemico della croce» (Fil 3,18).
3. La croce, titolo di gloria del cristiano. Nella vita quotidiana del cristiano, «l’uomo vecchio è crocifisso» (Rom 6 6), cosicché è pienamente liberato dal peccato. Il suo giudizio è trasformato dalla sapienza della croce (1Cor 2). Mediante questa sapienza egli, sull’esempio di Gesù, diventerà umile ed «obbediente fino alla morte, ed alla morte di croce» (Fil 2,1-8). Più generalmente, egli deve contemplare il «modello» del Cristo, che «sul legno ha portato le nostre colpe nel suo corpo, affinché, morti alle nostre colpe, viviamo per la giustizia» (1 Piet 2,21-24). Infine, se è vero che deve sempre temere l’apostasia, che lo porterebbe a «crocifiggere nuovamente per proprio conto il Figlio di Dio» (Ebr 6,6), egli può tuttavia esclamare fieramente con Paolo: «Per me, non sia mai ch’io mi glori d’altro all’infuori della croce del nostro Signore Gesù Cristo, grazie al quale il mondo è per me crocifisso, ed io lo sono per il mondo» (Gal 6,14).

È l’amore del Padre che manda il Figlio: Giovanni Paolo II (Omelia, 14 settembre 1984): La festa dell’Esaltazione della croce richiama alle nostre menti e, in un certo senso, rende attuale, l’elevazione di Cristo sulla croce. La festa è l’elevazione del Cristo redentore: chiunque crede nel Cristo crocifisso avrà la vita eterna. L’elevazione di Cristo sulla croce costituisce l’inizio dell’elevazione dell’umanità attraverso la croce. E il compimento ultimo dell’elevazione è la vita eterna. Questo evento del Vecchio Testamento è richiamato nel tema centrale del Vangelo di san Giovanni. Perché la croce e il Cristo crocifisso sono la porta alla vita eterna? Perché in lui - nel Cristo crocifisso - è manifestato nella sua pienezza l’amore di Dio per il mondo, per l’uomo. Nella stessa conversazione con Nicodemo Cristo dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (Gv 3,16-17). La salvezza del Figlio di Dio attraverso l’elevazione sulla croce ha la sua sorgente eterna nell’amore. È l’amore del Padre che manda il Figlio; egli offre suo Figlio per la salvezza del mondo. Nello stesso tempo è l’amore del Figlio il quale non “giudica” il mondo, ma sacrifica se stesso per l’amore verso il Padre e per la salvezza del mondo. Dando se stesso al Padre per mezzo del sacrificio della croce egli offre al contempo se stesso al mondo: ad ogni singola persona e all’umanità intera. La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato. Questo significa l’elevazione dell’amore al punto supremo nella storia del mondo: nella croce l’amore è sublimato e la croce è allo stesso tempo sublimata attraverso l’amore. E dall’altezza della croce l’amore discende a noi. Sì: “La croce è il più profondo chinarsi della divinità sull’uomo. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia, 8).

O Crux...: Benedetto XVI (Angelus, 17 settembre 2006): Ora, prima della preghiera mariana, desidero soffermarmi su due recenti e importanti ricorrenze liturgiche: la Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, celebrata il 14 settembre, e la memoria della Madonna Addolorata, celebrata il giorno dopo. Queste due celebrazioni liturgiche si possono riassumere visivamente nella tradizionale immagine della Crocifissione, che rappresenta la Vergine Maria ai piedi della Croce, secondo la descrizione dell’evangelista Giovanni, unico degli Apostoli a restare accanto a Gesù morente. Ma che senso ha esaltare la Croce? Non è forse scandaloso venerare un patibolo infamante? Dice l’apostolo Paolo: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23). I cristiani, però, non esaltano una qualsiasi croce, ma quella Croce che Gesù ha santificato con il suo sacrificio, frutto e testimonianza di immenso amore. Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell’Amore che vince l’odio e la violenza e genera la vita immortale. “O Crux, ave spes unica! O croce, unica speranza!”. Così canta la liturgia. Narra l’evangelista: ai piedi della Croce stava Maria (cfr. Gv 19,25-27). Il suo dolore forma un tutt’uno con quello del Figlio. È un dolore pieno di fede e di amore. La Vergine sul Calvario partecipa alla potenza salvifica del dolore di Cristo, congiungendo il suo “fiat”, il suo “sì”, a quello del Figlio. Cari fratelli e sorelle, spiritualmente uniti alla Madonna Addolorata, rinnoviamo anche noi il nostro “sì” al Dio che ha scelto la via della Croce per salvarci. Si tratta di un grande mistero che è ancora in atto, fino alla fine del mondo, e che chiede anche la nostra collaborazione. Ci aiuti Maria a prendere ogni giorno la nostra croce e a seguire fedelmente Gesù sulla via dell’obbedienza, del sacrificio e dell’amore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Cari fratelli e sorelle, spiritualmente uniti alla Madonna Addolorata, rinnoviamo anche noi il nostro “sì” al Dio che ha scelto la via della Croce per salvarci.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che hai voluto salvare gli uomini con la Croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione. Per il nostro Signore Gesù Cristo