13 Settembre 2018

Giovedì XXIII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 6,27-38: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso: il criterio della giustizia di Gesù è l’agire del Padre, il cui amore per l’uomo è gratuito e universale, benevolo anche verso gli ingrati e i malvagi. L’aggettivo benevolo dice l’amore attento, mite, arrendevole, accogliente, che non fa pesare ciò che dona. La misericordia è l’amore ostinato, che rimane saldo e immutato anche se non corrisposto, addirittura anche se tradito. È quando si condividono gli stessi comportamenti del Padre che si dimostra, prima a se stessi che agli altri, di essere veramente figli di Dio. Il figlio deve assomigliare al Padre in tutto, sopra tutto nell’amore e nel perdono: l’essere figlio di Dio è reso concreto e visibile dalla qualità dei comportamenti verso gli altri.

Senza voler ricorrere a frasi stereotipate possiamo affermare che da sempre l’uomo è schiavo di se stesso, del suo egoismo, e da sempre cerca di liberarsi da questa schiavitù. Nel brano evangelico, Gesù indica esplicitamente due strade per arrivare a questa liberazione. Innanzi tutto, guardare al Padre, - Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre -; guardare a Lui, fissare gli occhi sul suo cuore: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Poi, offrire il proprio corpo marcio alla incisione del divino chirurgo perché il pietoso medico possa incidere la carne in putrefazione e fare scaturire il pus che avvelena il cuore e la mente dell’uomo. Perché nulla resti nel campo della teoria, Gesù chiede praticamente che l’uomo, vincendo se stesso, ami i suoi nemici; domanda di fare del bene e prestare senza sperare nulla in contraccambio; di essere misericordioso, di non giudicare, di non condannare, di perdonare, di dare abbondantemente: proposte tutte terribilmente concrete, opere che attraversano il quotidiano dell’uomo: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (Rom 10,8). Cristo non chiede cose spirituali o straordinarie, come la penitenza o la mortificazione, ma atteggiamenti concreti: la capacità nobile di relazionarsi con il prossimo; una vittoria totale sull’io e, infine, aprire il cuore, la mente, l’anima alla potente, vivificante azione dello Spirito Santo. In tal modo, Luca, con questa impareggiabile pagina, educa i missionari di tutti i tempi: coloro che portano la Parola non stiano a fantasticare, ma annuncino la vera, Buona Notizia che vuole sanare globalmente l’uomo: il Vangelo che promette il Paradiso e la beatitudine della pace già in questa terra, pace con se stessi, pace con il mondo circostante, pace con Dio (Lc 1,79; 2,14). Il servo della Parola, colui che è mandato ad annunciare la Parola di Dio sino agli estremi confini della terra, se vuole assolvere fedelmente il suo mandato deve essere un uomo riconciliato con se stesso, con i fratelli e con Dio. E la riconciliazione ha unicamente il fragrante sapore dell’amore.

Amate i vostri nemici: Paolo VI (Omelia, 1 Gennaio 1975): L’amore dà alla pace la sua vera radice, toglie l’ipocrisia, la precarietà, l’egoismo. L’amore è l’arte della pace; esso genera una pedagogia nuova, ch’è tutta da rifare, se pensiamo come dai giochi dei nostri fanciulli fino a certi trattati di etnologia e di filosofia della storia la lite, la lotta, la misura di forza, l’utilità della violenza sembrano costituire una necessità, una bandiera d’onore, una fonte di interessi.
Soprattutto l’amore, sì, l’amore cristiano, riuscirà a svellere dal fondo dei cuori l’avvelenata e tenace radice della vendetta, dei «regolamenti di conti», «dell’occhio per occhio, del dente per dente», donde poi sangue, rappresaglie e rovine discendono collegate a catena, come un perpetuo obbligo d’ignobile onore? riuscirà l’amore a disinfettare certi sedimenti psicologici collettivi, certi bassifondi sociali, dove la mafia ha una sua segreta legge spietata, riuscirà a far decadere la camorra popolare, o la faida privata o comunitaria, o la lotta tribale, quasi ossessionanti falsi doveri generanti un loro cieco impegno fatale? riuscirà a placare certi orgogli nazionalisti o razziali, che si tramandano inesorabili dall’una all’altra generazione, preparando rivincite, che sono per entrambe le parti contendenti odi infausti, stragi inevitabili? Sì, l’amore riuscirà, perché ce lo ha insegnato Gesù Cristo, che ne ha inserito l’impegno nella preghiera per eccellenza, il «Padre nostro», obbligando le nostre labbra ostinate a ripetere le parole prodigiose del perdono: «rimetti, o Padre, a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
L’amore della riconciliazione non è debolezza, non è viltà; esso esige sentimenti forti, nobili, generosi, eroici talvolta; esige un superamento di sé, non dell’avversario; può sembrare talora un disonore perfino (pensate all’«altra guancia» da esporre allo schiaffo di chi ti ha percosso la prima; pensate al pallio da dare a chi ti fa causa per la tunica); ma non sarà mai oltraggio alla doverosa giustizia, o rinuncia al diritto del povero; sarà in realtà la paziente e la sapiente arte della pace, del volersi bene, del convivere da fratelli, sull’esempio di Cristo e con la fortezza del nostro cuore modellato sul suo. Difficile, difficile; ma questo è il Vangelo della riconciliazione, che, a ben guardare, è in fondo più facile e più felice che non portare in sé e accendere negli altri un cuore pieno di rancore e di odio. L’uomo è un essere buono in origine; deve essere e ritornare buono. Ricordiamo allora: Cristo è la nostra pace.

Gesù trionfa del’inimicizia - Paul Beauchamp: 1. Il comandamento e l’esempio. - «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano» (Mt 5,44 par.). Questo comandamento brilla tra le esigenze più nuove (cfr. 5,43) di Gesù. Egli stesso ha avuto dei nemici che non «lo hanno voluto come re», come dice una parabola (Lc 19, 27). Lo hanno messo a morte; ed egli, sulla croce, ha perdonato loro (Lc 23,34). Cosi deve fare il discepolo, ad imitazione del suo maestro (cfr. 1Piet 2,23), ad imitazione del Padre celeste (Mt 5,45ss), di cui potrà in tal modo ottenere il perdono (cfr. Mt 6,12). Il cristiano che perdona non si fa illusioni sul mondo in cui vive, come Gesù non si faceva illusioni né sui Farisei, né su Erode. Ma pratica alla lettera il consiglio della Scrittura: ammucchiare carboni ardenti sul capo del suo nemico (Rom 12,20 = Prov 25,21s).
Questa non è vendetta: questo fuoco si cambierà in amore se il nemico vi consente; l’uomo che ama il nemico mira a trasformarla in amico ed adopera con sapienza i mezzi adatti. In questa iniziativa Dio stesso l’ha preceduto: quando eravamo suoi nemici, egli ci ha riconciliati con se stesso mediante la morte del Figlio suo (Rom 5,10).
2. La vittoria sull’inimicizia. - Gesù non viene quindi a negare l’inimicizia, ma a manifestarla nella sua dimensione completa al momento di vincerla. Essa non è un fatto come gli altri; è un mistero, il segno del regno di Satana, il nemico per eccellenza: dal giardino di Eden una inimicizia lo oppone ai figli di Eva (Gen 3,15). Nemico degli uomini e nemico di Dio, egli semina quaggiù la zizzania (Mt 13,39); perciò noi siamo esposti ai suoi attacchi. Ma Gesù ha dato ai suoi il potere su ogni potenza che viene dal nemico (Lc 10,19). Essi l’hanno dalla lotta in cui Gesù trionfò con la sua stessa sconfitta, essendosi offerto ai colpi di Satana attraverso quelli dei suoi nemici, ed avendo vinto la morte con la sua morte.
In tal modo abbatté «il muro di inimicizia» che divideva l’umanità (Ef 2,14-16). In attesa del giorno in cui Cristo, per mettere «tutti i nemici sotto i suoi piedi», distruggerà per sempre la morte che è «l’ultimo nemico» (1Cor 15,25s), il cristiano combatte con Gesù contro l’antico nemico del genere umano (Ef 6,11-17). Attorno a lui alcuni si comportano da nemici della croce di Cristo (Fil 3,18), ma egli sa che la croce lo porta al trionfo. Questa croce è il luogo fuori del quale non c’è riconciliazione né con Dio né tra gli uomini.

Il Dio misericordioso della Bibbia - Costante Brevetto: Nella Bibbia misericordia traduce il termine ebraico rahamim, che esprime tenerezza viscerale materna, affetto profondo del cuore. La fede di Israele nel Dio di misericordia si manifesta fin dagli inizi della sua storia, quando dal roveto ardente Dio dice a Mose: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido... Sono sceso per liberarlo” (Es 3,7s.). Dio stesso si autodefinisce: “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6s.). Per il Dio dell’Alleanza la misericordia è anzitutto assoluta fedeltà a se stesso. Quando il popolo pecca, il Dio ricco di misericordia usa pazienza e, se castiga in vista della conversione, ne “soffre” egli stesso: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11,8s.). Il pathos divino non è semplice antropomorfismo, ma rivela le libere e sovrane determinazioni con cui Dio, mosso unicamente dall’amore, si inserisce nella nostra storia. Lo cantano entusiasti i fedeli: così nel salmo 136: “Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia!”. Incessante è anche la supplica: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia!” (Sal 51,3). Dio ascolta coloro che sono in pericolo e senza difesa e li salva; è il difensore dell’orfano e della vedova; i poveri sono i suoi privilegiati. La misericordia-fedeltà divina va oltre il popolo ebraico: il libro di Giona testimonia la sollecitudine divina verso la città pagana di Ninive, poiché “la misericordia dell’uomo riguarda il prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente” (Sir 18,12).

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso: Catechismo della Chiesa Cattolicaa 2842: Questo “come” non è unico nell’insegnamento di Gesù: «Siate perfetti “come” è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48); «Siate misericordiosi “come” è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36); «Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; “come” io vi ho amati, così amatevi anche voi» (Gv 13,34). È impossibile osservare il comandamento del Signore, se si tratta di imitare il modello divino dall’esterno. Si tratta invece di una partecipazione vitale, che scaturisce “dalla profondità del cuore”, alla Santità, alla Misericordia, all’Amore del nostro Dio. Soltanto lo Spirito, che è la nostra Vita, può fare “nostri” i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Allora diventa possibile l’unità del perdono, perdonarci «a vicenda “come” Dio ha perdonato» a noi «in Cristo» (Ef 4,32).

Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati - Richard Gitzwiller: È insito nella natura dell’uomo il desiderio di voler istruire gli altri. Ci sono poi i prepotenti che vogliono convertire alle proprie idee chiunque la pensa diversamente. Nella loro critica censurano e condannano tutti e tutto, tranne se stessi. I critici, di fronte alla critica che loro si muove, sono per lo più molto sensibili. Nel regno di Dio deve essere diversamente. Non si deve giudicare, condannare, ma essere pazienti e perdonare. Con questo però non è proibito ogni giudizio come tale. C’è una differenza essenziale tra giudizio personale e giudizio proferito a motivo dell’ufficio che si compie. Che i genitori giudichino i loro figliuoli, gli educatori i giovani loro affidati, i superiori i loro sudditi, i giudici i delinquenti, è necessario e voluto da Dio. Quel che importa è la disposizione d’animo con cui lo si fa. Secondo questa disposizione non si deve trattare se stessi meglio degli altri, anzi si deve esigere da sé in misura uguale e possibilmente più che dagli altri. Gli altri non vanno misurati con una misura diversa da quella con cui si misura se stessi. La sofisticheria malevola, la spietata mania di criticare, di giudicare dall’alto in basso, di censurare come fossimo superiori agli altri, contraddicono allo spirito di Cristo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1970: La Legge evangelica implica la scelta decisiva tra «le due vie» e mettere in pratica le parole del Signore; essa si riassume nella regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).Tutta la Legge evangelica è racchiusa nel comandamento nuovo di Gesù, di amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...