9 Agosto 2018

 Santa Teresa Benedetta della Croce, Vergine e Martire, Patrona d’Europa


Oggi Gesù ci dice: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Vangelo). 

Dal Vangelo secondo Matteo 25,1-13: La parabola “delle dieci vergini” è un’allegoria delle nozze di Cristo-Sposo con la Chiesa, sua diletta Sposa, ma è anche un pressante invito alla vigilanza. Stolti e saggi, tutti sono invitati a partecipare alle nozze, tutti vanno incontro al Signore, ma occorre l’olio della vigilanza per non essere colti dal sonno colpevole della infedeltà.

La parabola nel mettere in evidenza l’incertezza del tempo della venuta gloriosa del Cristo, vuole instillare nei cuori degli uomini la necessità della vigilanza, senza fidarsi di calcoli in base ai segni dei tempi: «Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo e né il Figlio, ma solo il Padre» (Mt 24,36). Questa venuta improvvisa deve indurre gli uomini ad assumere un serio atteggiamento di vigilanza e un comportamento saggio al quale nessuno può sottrarsi se non vuole essere escluso dal regno di Dio. Poi, alla vigilanza e al comportamento saggio va aggiunto il timore: «Comportatevi con timore nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia» (1Pt 1,17-19). Se Cristo Gesù, «nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero» (Credo), per salvarci si è annichilito nel mistero dell’Incarnazione, se è morto su una croce come un volgare malfattore, «è segno che la nostra anima è assai preziosa e dobbiamo perciò affaticarci “con timore e tremore per la nostra salvezza”, per non distruggere in noi l’opera della grazia di Dio. Tutto infatti viene dalla “grazia”: la redenzione di Cristo è opera di grazia e anche l’accettazione della redenzione da parte nostra è opera di grazia, poiché è Dio stesso colui “che opera in noi il volere e l’agire” secondo i suoi disegni di benevolenza e di amore» (Settimio Cipriani). Le vergini, le stolte e le sagge, non sopportando il tedio dell’attesa vengono colte dal sonno al quale cedono ben volentieri. Questo particolare suggerisce che il progetto di Dio, «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10), andrà a buon fine, lo voglia o non lo voglia l’uomo e sarà svelato all’intelligenza degli uomini quando Dio vorrà, anche senza il loro apporto. Gesù aveva suggerito la stessa cosa nella parabola del seme che spunta da solo anche mentre il contadino dorme (Mc 4,26): c’è, quindi, nella crescita e nella diffusione del Regno di Dio una componente che non dipende dall’uomo. Il regno di Dio porta in sé un principio di sviluppo, una forza segreta che lo condurrà al pieno compimento.

Poiché lo sposo tardava... - Presso gli Ebrei le nozze venivano celebrate di notte. Il buio della notte era rischiarato da torce e da lampade ad olio portate dagli invitati. La sposa, nella casa del padre, in compagnia di giovani non maritate, attendeva la venuta dello sposo. Nel racconto di Gesù lo sposo arrivò in ritardo, per cui l’olio delle lampade incominciò a scarseggiare. Solo coloro che avevano portato olio in abbondanza furono in grado di rifornire le lampade e di accogliere lo sposo. Le dieci vergini sono presentate con un aggettivo, cinque sono dette stolte, insensate, moraì; e cinque sagge, accorte, frónimoi.
L’aggettivo moròs, nella terminologia biblica, non indica soltanto lo sciocco, ma anche l’empio che è così insensato da opporsi alla legge di Dio e giunge fino a negare l’esistenza di Dio. Ecco perché nella sacra Scrittura, il «concetto di stolto acquista il significato di empio, bestemmiatore [passi tipici sono: Sal 14,1 e 53,2; però anche Sal 74,18.22; Gb 2,10; Is 32,5s; cfr. Sir 50,26]. Lo stolto si ribella a Dio, distrugge in pari tempo la comunità umana: fa mancare il necessario agli affamati [Is 32,6], accumula ricchezze ingiuste [Ger 17,11] e calunnia il suo prossimo [Sal 39,9]. Anche nella letteratura sapienziale posteriore, dove il concetto è meno duro, rimane il senso della colpevolezza» (J. Goetzmann). Se accettiamo anche questa sfumatura, allora le cinque vergini stolte della parabola non sono soltanto delle sempliciotte, o ragazzotte sprovvedute, ma veri e propri oppositori della legge divina; sono coloro che non entrano nel Regno di Dio a motivo della loro empietà e così l’accusa contro i farisei si fa più pesante: essi sono religiosi nelle parole, ma empi perché di fatto ribelli alla volontà divina, «dicono e non fanno» (Mt 23,3), e tanto stolti da respingere la proposta di salvezza che Dio fa loro nella persona del suo Figlio unigenito.

Le donne del Vangelo - Mulieris dignitatem n. 13: Scorrendo le pagine del Vangelo, passa davanti ai nostri occhi un gran numero di donne, di diversa età e di diverso stato.  Incontriamo donne colpite da malattia o da sofferenze fisiche, come la donna che aveva «uno spirito che la teneva inferma, era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo» (cf. Lc 13,11), o come la suocera di Simone che era «a letto con la febbre» (Mc 1, 30), o come la donna «affetta da emorragia» (cf. Mc 5,25-34), che non poteva toccare nessuno, perché si riteneva che il suo tocco rendesse l’uomo «impuro». [...]. A volte figure di donne compaiono nelle parabole, con le quali Gesù di Nazareth illustrava ai suoi ascoltatori la verità sul Regno di Dio. Così è nelle parabole della dramma perduta (cf. Lc 15,8-10), del lievito (cf. Mt 13,33), delle vergini sagge e delle vergini stolte (cf. Mt 25,1-13). Particolarmente eloquente è il racconto dell’obolo della vedova. Mentre «i ricchi (...) gettavano le loro offerte nel tesoro (...), una vedova povera vi gettò due spiccioli». Allora Gesù disse: «Questa vedova, povera, ha messo più di tutti (...), nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere» (Lc 21,1-4). In questo modo Gesù la presenta come modello per tutti e la difende, poiché, nel sistema socio-giuridico di allora, le vedove erano esseri totalmente indifesi (cf. anche Lc 18,1-7).
In tutto l’insegnamento di Gesù, come anche nel suo comportamento, nulla si incontra che rifletta la discriminazione, propria del suo tempo, della donna. Al contrario, le sue parole e le sue opere esprimono sempre il rispetto e l’onore dovuto alla donna. La donna ricurva viene chiamata «figlia di Abramo» (Lc 13,16): mentre in tutta la Bibbia il titolo di «figlio di Abramo» è riferito solo agli uomini. Percorrendo la via dolorosa verso il Golgota, Gesù dirà alle donne: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me» (Lc 23,28). Questo modo di parlare delle donne e alle donne, nonché il modo di trattarle, costituisce una chiara «novità» rispetto al costume allora dominante. Ciò diventa ancora più esplicito nei riguardi di quelle donne che l’opinione corrente indicava con disprezzo come peccatrici, pubbliche peccatrici e adultere.

Santa Teresa Benedetta della Croce: Giovanni Paolo II (Omelia, 11 ottobre 1998): Santa Teresa Benedetta della Croce ci insegna «che l’amore per Cristo passa attraverso il dolore. Chi ama davvero non si arresta di fronte alla prospettiva della sofferenza: accetta la comunione nel dolore con la persona amata. Consapevole di ciò che comportava la sua origine ebraica, Edith Stein ebbe al riguardo parole eloquenti: “Sotto la croce ho compreso la sorte del popolo di Dio... Infatti, oggi conosco molto meglio ciò che significa essere la sposa del Signore nel segno della Croce. Ma poiché è un mistero, con la sola ragione non potrà mai essere compreso”. Il mistero della Croce pian piano avvolse tutta la sua vita, fino a spingerla verso l’offerta suprema. Come sposa sulla Croce, Suor Teresa Benedetta non scrisse soltanto pagine profonde sulla “scienza della croce”, ma fece fino in fondo il cammino alla scuola della Croce. Molti nostri contemporanei vorrebbero far tacere la Croce. Ma niente è più eloquente della Croce messa a tacere! Il vero messaggio del dolore è una lezione d’amore. L’amore rende fecondo il dolore e il dolore approfondisce l’amore. Attraverso l’esperienza della Croce, Edith Stein poté aprirsi un varco verso un nuovo incontro col Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Fede e Croce le si rivelarono inseparabili. Maturata alla scuola della Croce, ella scoprì le radici alle quali era collegato l’albero della propria vita. Capì che era molto importante per lei “essere figlia del popolo eletto e di appartenere a Cristo non solo spiritualmente, ma anche per un legame di sangue”.

Santa Teresa Benedetta della Croce martire: Benedetto XVI (Angelus, 9 agosto 2009): Tutti i santi, ma in particolare i martiri, sono testimoni di Dio, che è Amore: Deus caritas est. I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte. Purtroppo però questo triste fenomeno non è circoscritto ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti. I santi [...] ci fanno riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano; un’antitesi che attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, è giunta ad un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato. Da una parte, ci sono filosofie e ideologie, ma sempre più anche modi di pensare e di agire, che esaltano la libertà quale unico principio dell’uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo trasformano l’uomo in un dio, ma è un dio sbagliato, che fa dell’arbitrarietà il proprio sistema di comportamento. Dall’altra, abbiamo appunto i santi, che, praticando il Vangelo della carità, rendono ragione della loro speranza; essi mostrano il vero volto di Dio, che è Amore, e, al tempo stesso, il volto autentico dell’uomo, creato a immagine e somiglianza divina.

Si è spenta la luce - L’anima precipita nel buio. Gli occhi si appesantiscono per il sonno, «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori» (Mt 26,45). Si è spenta la luce della ragione. La notte è scesa. La Verità è barattata con la menzogna. Il giusto è venduto per pochi denari.
Il peccato venduto come libertà. Vi è un sonno colpevole. Il sonno che intorpidisce lo zelo apostolico, che sa mascherare le grandi verità sull’uomo: la morte, il giudizio di Dio, la pena eterna, l’Inferno o il Paradiso. La morte è esorcizzata nei bianchi e lindi ospedali. Il giudizio di Dio è allontanato dal quotidiano anche con gesti scaramantici, ricorrendo ad una stupida sapienza umana che si affida ai cartomanti, ai maghi, ai pendolini o al gioco dei bicchieri. Dai più onesti con l’affidarsi al santo di turno, ritenuto potente sia negli affari del cuore o in quelli economici. L’Inferno, grazie alla psicologia o alla psichiatria, è favola per bambini. È il lupo nero tirato fuori al momento opportuno per tenere buoni i più scalmanati, i più riottosi; quelli che non si vogliono sottomettere al giudizio comune, al pensare volgare per il quale la donna è preda, l’uomo conquista; i beni terreni avidità, la vita stupida avventura da giocare tutta nello sballo o nella corsa sfrenata del potere o del prestigio. Il Paradiso è il luogo opportuno dove rinviare una giustizia che ormai da troppo tempo viene rimandata. Il Paradiso è il succhiotto che si dà ai poveri per tenerli calmi e sempre più affogati nella loro fame: fame di pane, di onestà, di libertà, di diritti calpestati dai potenti, dai prepotenti, dai violenti, magari da coloro che tengono in mano un megafono per gridare slogan di pace in quei tanti cortei che come serpenti avvolgono i nostri paesi.
«Stolto, questa notte ti sarà richiesta la tua vita» (Lc 12,20). Questa è l’unica parola che va custodita, come preziosa reliquia, nel nostro povero cuore per essere pronti, con la lampada accesa della fede, delle virtù, delle buone opere, per accogliere lo Sposo e «se ritarda, attendilo, perché certo verrà e non tarderà» (Ab 2,3). Non spegniamo la lampada della ragione, non soffochiamola sotto la coltre della terrenità della vita perché viviamo nell’era «del troppo lavoro e della scarsa educazione: l’età in cui la gente è così laboriosa da diventare del tutto stupida» (Oscar Wilde).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Stolto, questa notte ti sarà richiesta la tua vita» (Lc 12,20).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio dei nostri padri, donaci la scienza della Croce, di cui hai mirabilmente arricchito Santa Teresa Benedetta della Croce, nell’ora del martirio, e fa che per sua intercessione cerchiamo sempre te, Somma Verità, fedeli fino alla morte all’eterna alleanza d’amore, sigillata nel sangue del Tuo Figlio per la salvezza del mondo. Per il nostro Signore Gesù Cristo.