8 Agosto 2018
Mercoledì XVIII Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri” (Vangelo).
Dal Vangelo secondo Matteo 14,22-36: La buona notizia ha valicato i confini di Israele, e raggiunge la “zona di Tiro e Sidone”. Ma a leggere bene il brano evangelico si dovrebbe dire che le indicazioni suggerite da Matteo più che geografiche sono teologiche. Un “espediente” per suggerire l’apertura ai pagani (At 15). L’umiltà della donna cananea, e la sua umile preghiera, infatti è paradigmatico della fede che salva: non conta più l’appartenenza ad un popolo, ciò che conta è la fede, accogliere il Verbo di Dio, mettersi alla sua sequela. La Chiesa quando inizierà a muovere i primi passi dopo l’ascensione di Gesù con fatica si libererà dai ceppi della legge mosaica, occorrerà un concilio per dirimere la questione: “Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi [...]. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!” (At 15,24.28-29). Quindi il brano evangelico è bene rivolto a tutti quei cristiani che credono di innalzare muri, ghetti, credersi padroni della fede, o di vantare illustri antenati: «… non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo» (Mt 3,9). Tutto è grazia e la salvezza, dono di Dio, è per tutti gli uomini, nessuno escluso.
Tiro, antica città commerciale fenicia presso la costa orientale del Mediterraneo, ebbe relazioni amichevoli con Israele, ma fu osteggiata dai profeti quando tentò di attrarre il popolo d’Israele nella sua politica. Sidòne, antica città della Fenicia, fu sempre in lotta con Tiro. Nel Nuovo Testamento con l’espressione «Tiro e Sidone» si indicano insieme le città e il territorio (Mt 11,21; 15,21). All’epoca di Gesù Tiro e Sidòne non erano comprese nei territori che erano sottoposti alla giurisdizione di Erode Antipa. In questi luoghi Gesù si ritira per sfuggire alle persecuzioni del tetrarca e dei Giudei. Città pagane non opposero ostacoli alla predicazione cristiana, la fede della donna cananea lo dimostra ampiamente.
Ed ecco una donna cananea - Gertrud Herrgott: Cananei. Secondo Gen 9,25ss i discendenti di Canaan, maledetto da Noè. 1. L’Antico Testamento designa come cananei, il più delle volte, l’intera popolazione preisraelitica di Canaan, etnologicamente di natura diversa, molto spesso antica. Gli israeliti recepirono dai cananei per esempio la lingua e la scrittura, e l’arte della costruzione delle mura.
Forte fu l’influenza dei cananei in campo religioso: Israele mutuò nel suo culto di JHWH le alture, le mazzebot, i pali e alberi sacri (Ashera), molte usanze cultuali e feste. Quando però partecipò anche al culto cananeo della fertilità di Baal, entrarono in scena i profeti, che propugnavano la venerazione del solo JHWH. Al loro seguito, anche la riforma del culto promossa dal re Giosia cercò di estìrpare da Israele il culto di Baal e la venerazione dei luoghi e dei segni originariamente pagani. D’altra parte, però, la fede dei cananei nel grande dio El e nel dio del tempo e della fertilità Baal arricchì l’immagine di JHWH di tratti essenziali: Osea per esempio, vede JHWH come dispensatore dei doni della terra coltivata e delinea il rapporto di JHWH con Israele come patto matrimoniale (O 2). - 2. Poiché anche nel periodo israelitico, il commercio rimase appannaggio dei cananei, cananeo nell’Antico Testamento è talvolta la denominazione usata per i mercanti.
Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Questa frase non è in contraddizione con l’universalità della dottrina di Gesù (cfr Mt 28,19-20; Mc 16,15-16). Il Signore è venuto a portare il suo vangelo a tutto il mondo, ma in modo diretto egli avrebbe predicato solo ai Giudei; saranno gli apostoli, per comando del Signore, ad assumersi più tardi il compito di evangelizzare i pagani. San Paolo stesso, nei suoi frequenti viaggi, predicava in primo luogo ai Giudei (At 13,46).
Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini - Angelico Poppi (Commento e Sinossi): Il vezzeggiativo “cagnolini” riferito ai cani domestici mitiga la durezza dell’immagine, che ricorre altrove nella Bibbia per designare i pagani. Sarà comunque la fede che consentirà ai gentili l’accesso nel regno alla mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe (cf. 8,11). La cananea, come la descrive Matteo, appare già appartenente alla comunità messianica. Il suo linguaggio corrisponde a quello usato nella liturgia cristiana, contrassegnato dai titoli “Signore”, “Figlio di Davide” (v. 22), e dalle espressioni “Abbi pietà di me! Aiutami!”. Si evince così l’unità tra i giudeocristiani e i pagani convertiti, dapprima causa di perplessità e dissenso (cf. Gal2; At 11,1-18; 15).
Donna, grande è la tua fede - Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Nelle risposte e nel comportamento con la cananea Gesù si attiene al principio della più pura ortodossia giudaica: la salvezza è per i giudei o almeno (poiché in realtà la concezione dei grandi profeti è più universalistica) prima di tutto per loro. Lo stesso domma si trova in Gv. 4,22 e in Paolo (Rom. 1,16; 2, 9). Sempre per ottemperare a questa tesi l’evangelista porta la donna [cananea] al di fuori del suo territorio (15,22), nonostante avesse poco prima affermato che Gesù si trovava già «nella regione di Tiro e Sidone» (15, 21). Non si tratta di una contraddizione ma di una esigenza teologica: la grazia che alla fine Gesù concede non esce dai confini sacri della terra promessa, teatro delle azioni salvifiche. La variante geografica serve a salvaguardare l’ortodossia del Cristo. Nonostante questa tesi, Matteo guarda benevolmente alla donna straniera e racconta con compiacimento il miracolo strappato da lei.
Il maestro (e più ancora l’evangelista) ha voluto mettere a dura prova la fede e l’amore di questa infelice; ma nel suo dolore essa non bada a umiliazioni e a sacrifici pur di veder salva la figlia. Dapprima, Gesù l’ignora completamente, non degnandola neppure di una risposta; poi tenta di allontanarla con una ripulsa intollerabile: «Non è bene gettare il pane dei figli ai cani»; ma la donna, nella sua desolazione, non bada al lato offensivo delle parole e cerca di volgerle egualmente a suo vantaggio. Con questo atto eroico piega l’apparente durezza del salvatore e ottiene il miracolo. Egli non aveva ancora trovato tanta fede e tanta umiltà neppure in Israele e tra gli stessi apostoli.
Anche gli antichi profeti, Elia ed Eliseo, avevano operato prodigi tra i pagani della Siria (1Re 17,7-24; 2Re 8,7); l’attuale miracolo era su quella linea ma annunciava un capovolgimento ancora più grave. Come nella disputa precedente Gesù aveva tentato di abolire il ritualismo e quindi il segregazionismo giudaico, ora elimina le barriere ancor più profonde esistenti tra i goim (i cani) e i discendenti di Abramo; tutti sono figli di un medesimo Padre (5,43-48) e per questo hanno diritto a un medesimo trattamento. Il salvatore d’Israele è anche il messia dei gentili. L’evangelista sottolinea la portata teologica del miracolo ma insieme anche la parte e la cooperazione degli apostoli. I discepoli, che Marco neanche ricorda, si sono costituiti avvocati e intermediari della donna pagana. Mentre sembra che Gesù non voglia ascoltarla essi oltrepassano il comportamento di un comune israelita e preannunciano con l’intervento la portata universalistica dell’attività ecclesiale. Compiono un ministero che supera già le strette frontiere israelitiche, precedendo il comando finale di Gesù: «Andate e battezzate tutte le genti» (Mt. 28, 19).
La fede della donna pagana - Richard Gutzviller (Meditazioni su Matteo): Questa donna sopporta la brusca ripulsa, tollera d’essere ignorata, subisce il trattamento quasi brutale e resiste con fermezza.
La vera fede supera tutte le difficoltà e accetta tutto.
Le parabole del vicino di casa importuno e della vedova davanti al giudice sono soltanto la raffigurazione simbolica di ciò che questa donna pagana fa in realtà. La sua fede ha qualcosa d’impetuoso, d’insistente. E Cristo la loda, la cita ad esempio ed ascolta la supplica della donna.
Mentre Cristo s’allontana dagli uni, viene chiamato dagli altri. Quelli non lo considerano, questi, in apparenza, non vengono considerati da lui. Eppure egli vede la loro fede e ascolta il loro appello. Il suo allontanamento dalla Galilea è la felicità per la donna di Tiro. La caduta d’Israele diventa la resurrezione del mondo pagano. I grandi pensieri che san Paolo sviluppa sulla divina saggezza nella lettera ai Romani, si manifestano visibilmente in questo caso concreto. La rovina dell’uno è la resurrezione dell’altro, perché Dio si serve del male per ricavarne il bene. L’allontanamento di Cristo rappresenta il massimo pericolo per Israele, perché le pecore smarrite perdono il loro vero pastore; al tempo stesso, però, diventa la salvezza dei pagani: le briciole delle parole di Dio, che il Signore aveva porto a Israele, come pane di vita, cadono al suolo, dove i cani le afferrano avidi. Israele è sazio, il paganesimo ha fame. Dio lascia andare i satolli a mani vuote e colma di ricchezze i famelici. Pietro, che dubita nella notte tempestosa di fronte al pericolo d’affondare, dimostra poca fede e ne viene biasimato. La donna, che non dubita in una condizione disperata, possiede una grande fede e ne viene lodata. Siamo dunque anche noi cristiani uomini di grande fede! Nulla scuota la fiducia in lui!
La fede: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 18 marzo 1998): In che cosa consiste la fede? La Costituzione Dei Verbum spiega che con essa “l’uomo si abbandona a Dio tutt’intero liberamente, prestandogli ‘il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà’ e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da Lui” (n. 5). La fede non è, dunque, solo adesione dell’intelligenza alla verità rivelata, ma anche ossequio della volontà e dono di sé a Dio che si rivela. È un atteggiamento che impegna l’intera esistenza. Il Concilio ricorda ancora che per la fede sono necessari “la grazia di Dio, che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità” (ibid.). Si vede così come la fede, da una parte, fa accogliere la verità contenuta nella Rivelazione e proposta dal magistero di coloro che, come Pastori del Popolo di Dio, hanno ricevuto un “carisma certo di verità” (Dei Verbum, 8). D’altra parte, la fede spinge anche ad una vera e profonda coerenza, che deve esprimersi in tutti gli aspetti di una vita modellata su quella di Cristo.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «La fede non è, dunque, solo adesione dell’intelligenza alla verità rivelata, ma anche ossequio della volontà e dono di sé a Dio che si rivela. È un atteggiamento che impegna l’intera esistenza» (Giovanni Paolo II)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità,interceda come nostro patrono davanti a te. Per il nostro Signore Gesù Cristo.