7 Agosto 2018

Martedì XVIII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Vangelo). 

Dal Vangelo secondo Matteo 14,22-36: Il racconto di Matteo mette in risalto l’importanza della fede. È «una lezione per la sua comunità, è invito ad aprirsi con fiducia al suo Signore. L’episodio è simile, da questo punto di vista, a quello della tempesta sedata [Mt 8,25-26]. Per la Chiesa non vi è altro ancoraggio, per la sua navigazione nella storia, che quello costituito dalla sua fede e accoglienza del Signore e della sua parola» (Giulio Cirignano).

La pericope fa seguito alla prima moltiplicazione dei pani (Mt 14,13-21), e appartiene alla sezione che l’evangelista Matteo dedica alla Chiesa (13,53-18,35). Questa collocazione ci offre la chiave di lettura del brano evangelico. Gesù è solo sul monte a pregare, ma le indicazioni geografiche hanno forse una funzione teologica: la preghiera di Gesù oltre a manifestare il suo essere sempre in comunione col Padre è preludio di qualche avvenimento importante. Subito dopo l’attenzione si sposta sulla barca di Pietro nella quale la tradizione cristiana unanimemente vi vede l’immagine della Chiesa.
Una barca distante molte miglia da terra ed agitata dalle onde, a causa del vento contrario: In questa scena, in un contesto di tempesta e di paura, emerge la figura di Pietro il quale chiede di andare incontro al Maestro camminando sulle acque. Il dialogo che intercorre tra Simone e Gesù indica ai discepoli il cammino necessario per conseguire la fede. Dal dubbio, se sei tu, con la catastrofica conseguenza di fare naufragio, occorre passare alla fede sic et simpliciter, confidando unicamente nella potenza della parola di Dio. Solo questa fede permette di andare verso Gesù provocando l’immediato intervento del Signore.
Il titolo di Signore (Kyrios), che troviamo sulle labbra di Pietro, è il più idoneo ad esprimere la fede della Chiesa in Gesù e nella sua origine divina.
Tornata la calma nella barca di Pietro, la Chiesa di Cristo, si svolge una specie di liturgia: i discepoli si prostrano dinanzi al Signore confessando la loro fede: Tu sei veramente il Figlio di Dio!
Gesù risorto è sempre presente nella sua Chiesa e se i marosi sembrano far affondare la barca di Pietro occorre continuare, nonostante tutto, ad avere fiducia nella potenza della sua parola, la quale tacitando la tempesta, fa ritornare la calma e rende possibile la prosecuzione della navigazione.
Così l’episodio illumina la vita cristiana fatta a volte anche di affondamenti.
Nella Chiesa la presenza del Risorto si fa accessibile al credente nel mistero del sacramento dell’Eucaristia, e  solo la fede di Pietro può far cogliere ai nostri cuori questa presenza viva.

Salì sul monte... a pregare: Bibbia di Gerusalemme (vedi nota Mt 14,23): Gli evangelisti, soprattutto Lc, notano spesso che Gesù prega, nella solitudine e nella notte (Mt 14,23p; Mc 1,35; Lc 5,16), all’ora dei pasti (Mt 14,19p; 15,36p; 26,26-27p) e in occasione di avvenimenti importanti: per il battesimo (Lc 3,21), prima di scegliere i dodici (Lc 6,12), prima di insegnare il Pater (Lc 11,1; cfr. Mt 6,5+), prima della confessione di Cesarea (Lc 9,18), nella trasfigurazione (Lc 9,28-29), nel Getsemani (Mt 26,36-44), sulla croce (Mt 27,46p; Lc 23,46). Egli prega per i suoi carnefici (Lc 23,34), per Pietro (Lc 22,32), per i suoi discepoli e per coloro che li seguiranno (Gv 17,9-24). Prega anche per se stesso (Mt 26,39p; cf. Gv 17,1-5; Eb 5,7). Queste preghiere manifestano un rapporto permanente con il Padre (Mt 11,25-27p) che non lo lascia mai solo (Gv 8,29) e lo esaudisce sempre (Gv 11,22.42; cf. Mt 26,53). Con questo esempio come con l’insegnamento, Gesù ha inculcato ai discepoli la necessità e la maniera di pregare (Mt 6,5+). Attualmente nella gloria, egli continua a intercedere per i suoi (Rm 8,34; Eb 7,25; 1Gv 2,1), come ha promesso (Gv 14,16).

Papa Francesco (Angelus, 10 Agosto 2014): Il Vangelo di oggi ci presenta l’episodio di Gesù che cammina sulle acque del lago (cfr Mt 14,22-33). Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Egli invita i discepoli a salire sulla barca e a precederlo all’altra riva, mentre Lui congeda la folla, e poi si ritira tutto solo a pregare sul monte fino a tarda notte. E intanto sul lago si leva una forte tempesta, e proprio in mezzo alla tempesta Gesù raggiunge la barca dei discepoli, camminando sulle acque del lago. Quando lo vedono, i discepoli si spaventano, pensano a un fantasma, ma Lui li tranquillizza: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (v. 27). Pietro, col suo tipico slancio, gli chiede quasi una prova: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque»; e Gesù gli dice «Vieni!» (vv. 28-29). Pietro scende dalla barca e si mette a camminare sulle acque; ma il vento forte lo investe e lui comincia ad affondare. Allora grida: «Signore, salvami!» (v. 30), e Gesù gli tende la mano e lo solleva.
Questo racconto è una bella icona della fede dell’apostolo Pietro. Nella voce di Gesù che gli dice: «Vieni!», lui riconosce l’eco del primo incontro sulla riva di quello stesso lago, e subito, ancora una volta, lascia la barca e va verso il Maestro. E cammina sulle acque! La risposta fiduciosa e pronta alla chiamata del Signore fa compiere sempre cose straordinarie. Ma Gesù stesso ci ha detto che noi siamo capaci di fare miracoli con la nostra fede, la fede in Lui, la fede nella sua parola, la fede nella sua voce. Invece Pietro comincia ad affondare nel momento in cui distoglie lo sguardo da Gesù e si lascia travolgere dalle avversità che lo circondano. Ma il Signore è sempre lì, e quando Pietro lo invoca, Gesù lo salva dal pericolo. Nel personaggio di Pietro, con i suoi slanci e le sue debolezze, viene descritta la nostra fede: sempre fragile e povera, inquieta e tuttavia vittoriosa, la fede del cristiano cammina incontro al Signore risorto, in mezzo alle tempeste e ai pericoli del mondo.

Sul finire della notte - La scena in quell’ora notturna sul lago di Genezaret è un simbolo della Chiesa nell’oscurità dei tempi. Considerata nella totalità, si riferisce a ogni singolo uomo come membro di questa Chiesa. Anche l’individuo deve compiere sovente viaggi tempestosi contro opposizioni esteriori ed interiori, solo e abbandonato, stanco e depresso, osando arditamente, come Pietro, e provando subito dopo il contraccolpo dell’angoscia e dello spavento. Anche il singolo uomo, però, sa che Cristo prega sul monte del cielo e lo vede, sa che Cristo va verso di lui, sia pure sotto la figura spettrale d’una malattia, di un’avversità interiore o esteriore, di un’umiliazione, d’un insuccesso. Sorretto dalla mano del Signore, anch’egli si sente sicuro e sa che il suo viaggio terreno terminerà nella pace e nella beatitudine delle spiagge su cui il Signore trasforma le tenebre in luce, i pericoli nella calma, le angosce in gioia e l’attesa in possesso. La scena si conclude con la narrazione del risanamento d’una quantità di malati, sicché tutto è destinato a destare una fede incrollabile nei discepoli.

Signore - Catechismo della Chiesa Cattolica 446: Nella traduzione greca dei libri dell’Antico Testamento, il nome ineffabile sotto il quale Dio si è rivelato a Mosè, YHWH, è reso con “Kyrios” [“Signore”]. Da allora Signore diventa il nome più abituale per indicare la stessa divinità del Dio di Israele. Il Nuovo Testamento utilizza in questo senso forte il titolo di “Signore” per il Padre, ma, ed è questa la novità, anche per Gesù riconosciuto così egli stesso come Dio.
447 Gesù stesso attribuisce a sé, in maniera velata, tale titolo allorché discute con i farisei sul senso del Salmo 110, ma anche in modo esplicito rivolgendosi ai suoi Apostoli. Durante la sua vita pubblica i suoi gesti di potenza sulla natura, sulle malattie, sui demoni, sulla morte e sul peccato, manifestavano la sua sovranità divina.
448 Molto spesso, nei Vangeli, alcune persone si rivolgono a Gesù chiamandolo “Signore”. Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di coloro che si avvicinano a Gesù e da lui attendono aiuto e guarigione. Pronunciato sotto la mozione dello Spirito Santo, esprime il riconoscimento del Mistero divino di Gesù. Nell’incontro con Gesù risorto, diventa espressione di adorazione: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Assume allora una connotazione d’amore e d’affetto che resterà peculiare della tradizione cristiana: “È il Signore!”(Gv 21,7).
449 Attribuendo a Gesù il titolo divino di Signore, le prime confessioni di fede della Chiesa affermano, fin dall’inizio, che la potenza, l’onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono anche a Gesù, perché egli è di “natura divina” (Fil 2,6) e che il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù risuscitandolo dai morti ed esaltandolo nella sua gloria.
450 Fin dall’inizio della storia cristiana, l’affermazione della signoria di Gesù sul mondo e sulla storia comporta anche il riconoscimento che l’uomo non deve sottomettere la propria libertà personale, in modo assoluto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio Padre e al Signore Gesù Cristo: Cesare non è “il Signore”. “La Chiesa crede... di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana”.
451 La preghiera cristiana è contrassegnata dal titolo “Signore”, sia che si tratti dell’invito alla preghiera: “Il Signore sia con voi”, sia della conclusione della preghiera: “Per il nostro Signore Gesù Cristo”, o anche del grido pieno di fiducia e di speranza: “Maran atha” (“Il Signore viene!”), oppure “Marana tha” (“Vieni, Signore!”) (1Cor 16,22), “Amen, vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20).

Signore, se sei tu… - Claude Tassin (Vangelo di Matteo): Le parole di Pietro: «Se sei tu», esprimono in anticipo il dubbio dei discepoli davanti al risorto (cfr. Mt 28,17). Ma Pietro obbedisce all’ordine di Gesù. Poi la sensazione del pericolo prevale sulla fede, che è però sufficiente perché la paura divenga preghiera: «Signore, salvami!». Gesù salva Pietro e la sua presenza nella barca della Chiesa riporta la calma (v. 32). L’episodio dell’apostolo si ispira forse a una tradizione orale che Gv 21,7 presenta in modo diverso. In ogni caso, l’evangelista mette per la prima volta Pietro in primo piano, e questo per sottolineare la fragilità di colui al quale il Signore sta per affidare la propria Chiesa, ma anche per garantire che Gesù viene e verrà in soccorso a questa fragilità.

Gesù è il Signore - Bruno Maggione: Una ricostruzione della figura di Gesù Cristo, così come si può leggerla nelle testimonianze di fede delle comunità cristiane delle origini, deve attirare l’attenzione su un’espressione brevissima, e molto antica, che bene esprime la fede e l’attesa dei primi cristiani. La formula è “Signore Gesù”. due semplici parole che dicono molte cose. Il nome Gesù rinvia alla storia di Gesù di Nazaret - una storia vera, non un mito, accaduta in un tempo preciso e in un luogo preciso - che Pietro nel suo discorso in casa del pagano Cornelio centra in poche battute (At 10,38-41): “... Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e sanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con Lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute nella regione dei giudei e di Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo ma a testimoni prescelti, a noi che abbia mangiato e bevuto con Lui dopo la sua risurrezione”.
“Signore”, non dice soltanto che Gesù di Nazaret è risorto, ma che continua ora a vivere nella sua comunità e nel mondo. Salvatore di tutti gli uomini e Signore della storia, come suggerisce un antichissimo inno liturgico che si legge nella lettera di Paolo ai Filippesi (2,6-11): “Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre”.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Per la Chiesa non vi è altro ancoraggio, per la sua navigazione nella storia, che quello costituito dalla sua fede e accoglienza del Signore e della sua parola» (Giulio Cirignano).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le immense risorse del creato, fa’ che non manchi mai il pane sulla mensa di ciascuno dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità che hai posto nel nostro cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...