29 Agosto 2018
Martirio di san Giovanni Battista - Memoria
Gesù ci dice: “Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.” (Mt 5,10 - Acclamazione al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Marco 16,17-29: La morte cruenta di Giovanni Battista, uomo giusto e santo, fedele al suo mandato e messo a morte per la sua libertà di parola, fa presentire l’arresto e la condanna ingiusta di Gesù. Giovanni Battista muore per la malvagità di una donna e la debolezza di un sovrano, ma la sua morte non è uno dei tanti fatti di cronaca che da sempre fanno parte della storia umana, è invece una Parola che Dio rivolge a tutti gli uomini: morire per la Verità è farsi discepolo del Cristo, ed è offrire la propria vita per la salvezza degli uomini: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando” (Gv 15,12-14).
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): L’accenno alla decapitazione del Battista offre a Marco l’opportunità per narrare come avvenne la morte del Precursore. L’evangelista ricorda i motivi di carattere privato che hanno trascinato il tetrarca al suo gesto sanguinario. Marco, che aveva accennato fugacemente all’arresto del Battista all’inizio della vita pubblica di Gesù (cf. Mc., 1,14), ora precisa maggiormente i fatti, facendo entrare in scena una donna ambiziosa, accecata dalla passione e follemente bramosa di vendetta, la quale aveva atteso il momento opportuno per indurre il tetrarca ad accondiscendere all’insaziabile odio nutrito da lungo tempo contro colui che pubblicamente aveva denunziato lo scandalo della corte.
Per il racconto di Marco, 6,17-29 si veda il commento al passo parallelo di Matteo,14, 3-12. La narrazione di Marco è assai più particolareggiata di quella di Matteo, poiché scopre le astuzie femminili alle quali ricorse Erodiade per attuare il suo piano di vendetta.
Dai verss. 19-20 risulta il differente atteggiamento di Erode Antipa e della sua tirannica amante davanti all’austera figura del Precursore; questa era decisa a sbarazzarsi del prigioniero, quello invece era incerto, poiché si sentiva soggiogato dalla superiorità morale del Battista. Marco soltanto ci trasmette queste notizie di carattere privato.
Restava molto perplesso (ἠπόρει); molti codici hanno ἐποίει: faceva, (da questi manoscritti deriva la lettura della Volgata: et audito eo multa faciebat). Per il verbo ἀπορεῖν si è pensato che esso abbia un senso particolare, attestato dalla grecità classica, cioè: porre delle questioni; in questo caso il passo evangelico andrebbe così tradotto: «(Erode) lo ascoltava, gli poneva molte questioni e lo ascoltava volentieri»; questo senso del verbo ἀπορεῖν quantunque attestato in Platone ed Aristotele, non sembra convenire al versetto di Marco, perché esso è usato in passi in cui si tratta di discussioni dialettiche.
Vers. 21: Fece un banchetto ai suoi grandi...; Antipa aveva convocato tre categorie di persone: i grandi, cioè i membri dell’amministrazione civile, gli ufficiali superiori dell’esercito ed infine i notabili della tetrarchia (Galilea e Perea).
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche, XVIII, 5, 2) afferma che Erode fece sopprimere Giovanni perché temeva che la popolarità suscitata dal Precursore fosse causa di sedizione. Da questa notizia delle Antichità Giudaiche alcuni critici concludono che il racconto degli evangelisti, che parlano di un convito e di un ballo a corte, sia una storiella inventata da essi. Per un’esposizione chiara ed esauriente del problema rinviamo il lettore all’opera di M. J. Lagrange: L’évangile de Jésus Christ, Parigi 1948, pp. 200-207. Riportiamo le parole con le quali l’autore citato conclude la sua indagine storica: «Lungi dal contraddirsi i due documenti (Vangelo di Marco e Antichità Giudaiche) si completano nel modo più soddisfacente. Una vaga ragione di stato poté essere la spiegazione più semplice dell’assassinio per uno storico (Giuseppe Flavio) insufficientemente informato. La vera causa ha il suo punto d’appoggio nel carattere che Giuseppe stesso ha tracciato del tetrarca, amministratore prudente ed amico di tutti, quando non era traviato dalla moglie o vinto dal vino. Possiamo quindi con tutta sicurezza mettere la morte del Battista tra i fatti le cui circostanze palesi o nascoste ci sono meglio conosciute».
Vivere il Vangelo “sine glossa”: Giovanni Paolo II (Angelus, 29 Agosto 2004): Nell’Enciclica Veritatis splendor, ricordando il sacrificio di Giovanni Battista (cfr. n. 91), notavo che il martirio è “un segno preclaro della santità della Chiesa” (n. 93). Esso infatti “rappresenta il vertice della testimonianza alla verità morale” (ibid.). Se relativamente pochi sono chiamati al sacrificio supremo, vi è però “una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono esser pronti a dare ogni giorno anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici” (ibid.). Ci vuole davvero un impegno talvolta eroico per non cedere, anche nella vita quotidiana, alle difficoltà che spingono al compromesso e per vivere il Vangelo “sine glossa”. L’eroico esempio di Giovanni Battista fa pensare ai martiri della fede che lungo i secoli hanno seguito coraggiosamente le sue orme. In modo speciale, mi tornano alla mente i numerosi cristiani, che nel secolo scorso sono stati vittime dell’odio religioso in diverse nazioni d’Europa. Anche oggi, in alcune parti del mondo, i credenti continuano ad essere sottoposti a dure prove per la loro adesione a Cristo e alla sua Chiesa.
San Giovanni Battista martire della verità: Benedetto XVI (Udienza Generale, 29 Agosto 2012): Nei Vangeli risalta molto bene il suo ruolo [di Giovanni Battista] in riferimento a Gesù. In particolare, san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della sua drammatica morte nel Vangelo di oggi. Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio, nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore (cfr Lc 3,4). Però il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione, ma, riconoscendo Gesù come «l’Agnello di Dio» venuto a togliere il peccato del mondo (Gv 1,29), ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione. San Beda, monaco del IX secolo, nelle sue Omelie dice così: San Giovanni Per [Cristo] diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, gli fu ingiunto solo di tacere la verità. (cfr Om. 23: CCL 122, 354). E non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità. Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio [...].
Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio. San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita.
Sac Dolindo Ruotolo (I Quattro Vangeli): Erode s’era invaghito di Erodiade, ma questa s’era invaghita del regno di lui e dei maggiori vantaggi che sperava alla sua corte; astuta e maligna, fingeva un amore che era invece senso e calcolo, e la sua degna figlia la seguiva in questa via.
L’unico ostacolo ai suoi progetti totalitari di asservire a sé il corrotto monarca era Giovanni, ed ella credette giunto il momento di disfarsene. Si può supporre che, ascoltando la promessa giurata del tetrarca, avesse fatto capire alla figlia di consultarla prima di rispondere; si può anche supporre che la figlia avesse intuito il desiderio materno; certo il consultarsi rivelò tra loro o un’intesa o un’identità desolante di venale interesse.
La donna indispettita o adirata perde ogni senso di pudore nell’ambiente nel quale si trova; diventa come isolata in se stessa, non sa pensare neppure che ci può essere chi l’ascolta la biasima, va dritto al suo scopo prescindendo da qualunque conseguenza; non ragiona, è terribile, pur sembrando fredda e magari ponderata.
Erodiade era come belva in agguato; la sua ira era vigilante per dare il balzo felino e colpire il suo nemico; non badò alla festa, al banchetto, ai convitati, all’orrore di ciò che faceva domandare: pensò solo che non doveva farsi sfuggire l’occasione propizia, e disse alla figlia di domandare la testa di Giovanni. La figlia si mostrò degna della madre, e non si contentò di domandare la morte del Battista, ma, per timore che Erode cambiasse idea, volle che subito, all’istante, le fosse portata la testa del profeta in un piatto, sapendo con ciò di far cosa graditissima alla madre, od obbedendo ad una sua esplicita ingiunzione.
Erode si turbò e si rattristò perché non avrebbe voluto far morire Giovanni ma pensò che non poteva venir meno alla parola data, e gli sembrò di sminuire il prestigio suo innanzi ai convitati; perciò allora stesso mandò un carnefice a decapitar il santo nel carcere, e gli ordinò di portarne il capo alla fanciulla, la quale lo diede alla madre. È terribile il considerare l’eccesso cui può giungere l’umana perfidia, ed è raccapricciante il pensare al momento nel quale il carnefice portò nel banchetto la testa insanguinata del Battista. Quegli occhi vitrei parlavano ancora, e quel sangue sparso rimproverava al tetrarca e ad Erodiade il loro delitto.
I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro - Rinaldo Fabris (Vangelo di Marco): Il terzo atto, la sepoltura di Giovanni a opera dei discepoli, conclude il dramma presentato con ricchezza di particolari e finezza psicologica. La vivacità del racconto, assieme alla somiglianza con i precedenti letterari biblici, fa intuire che la prima preoccupazione di Marco non è di offrire un resoconto dei fatti, ma di far emergere alcuni temi. Il Battista, uomo «giusto e santo», cfr. At 3,14, messo a morte per la sua libertà di parola e la fedeltà al suo mandato, fa presentire l’arresto e la condanna ingiusta di Gesù. La vicenda di Giovanni si conclude con la sepoltura; la sua risurrezione non è altro che una diceria popolare. Mentre la vicenda di Gesù non termina con la sua morte e sepoltura, 15,46, ma continua nell’annuncio gioioso della sua risurrezione, 16,1-8.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Se relativamente pochi sono chiamati al sacrificio supremo, vi è però “una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono esser pronti a dare ogni giorno anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici” (Giovanni Paolo II).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che a Cristo tuo Figlio hai dato come precursore, nella nascita e nella morte, san Giovanni Battista, concedi anche a noi di impegnarci generosamente nella testimonianza del tuo Vangelo, come egli immolò la sua vita per la verità e la giustizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...