24 Agosto 2018
Venerdì XX Settimana T. O.
San Bartolomeo, Apostolo
Gesù ci dice: “Io preparo per voi un regno come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa.” (Lc 22,29-30 - Antifona alla Comunione).
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,45-51: L’evangelista Giovanni nel raccontare la vocazione di Bartolomeo-Natanaele mette in evidenza la sua generosità nel donarsi a Cristo, ed elogia la sua fede esplicitata con queste stupende parole: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Rabbì e re d’Israele sono titoli di risonanza rabbinica, Figlio di Dio è il più significativo e pregnante, e che troverà piena luce e comprensione nella riflessione cristiana postpasquale. È proprio questa solenne professione di fede che ci stimola a rinnovare la nostra fede in Gesù, Maestro, Figlio di Dio e Re dell’Universo, e nella Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.
Natanaele - Richard Gutziller (Meditazioni su Giovanni): «Natanaele», poi, sarà chiamato in altro modo ancora. Il suo amico Filippo gli parla di Gesù e la sua prima reazione è di ripulsa: «Da Nazaret può mai uscire qualche cosa di buono?». Evidentemente Natanaele si aspetta che il Messia giunga da Gerusalemme, pieno di maestà e di gloria. Come può essere il Cristo questo figlio di Giuseppe che viene dall’insignificante città di Nazaret? Ma neppure lui può sottrarsi alla chiamata.
Quindi va - insieme con l’amico - ad accertarsi della cosa. La prima risposta a questa vocazione è dunque un esame guardingo, un’attenta ponderazione, una riserva. Ma Gesù gli fa subito conoscere la sua facoltà di scrutare i cuori degli uomini, pronunciando per prima cosa un giudizio su di lui: «Ecco un genuino israelita in cui non c’è frode» e, specialmente, con quest’altra frase: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quand’eri sotto il fico». Cosi Gesù gli dimostra di possedere una scienza che supera le semplici possibilità umane, perché conosce anche gli avvenimenti pili occulti e pili intimi.
Probabilmente sotto il fico Natanaele aveva meditato sul movimento messianico a si era rivolto a Dio per chiedergli di illuminarlo interiormente. Non lo sappiamo con certezza, ma sta di fatto che le parole di Cristo l’hanno colpito nel vivo ed egli ha risposto senza pili esitare: «Tu sei il Figlio di Dio, Tu sei il Re d’Israele! ».
Accanto alla vocazione personale di Bartolomeo-Natanaele, c’è la vocazione di molti popoli. Bartolomeo è stato scelto come apostolo, ed è stato scelto perché porti la salvezza a tutte le nazioni, sino agli estremi confini della terra: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Ma il dono, la chiamata, va custodito gelosamente nel sigillo di una perfetta fedeltà: «Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore» (Ef 4,1-3). Parole che fanno eco a quelle dell’apostolo Pietro: «Fratelli, cercate di render sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi. Se farete questo non cadrete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo» (2Pt 1,10-11). Un cammino vocazionale da percorrere nella fede e non nella visione; nella fedeltà e in umiltà. Un percorso con una meta da vertigini: la conquista del Regno e della beatitudine eterna, completezza di una vocazione iniziata nella povertà del tempo e maturata nella ricchezza dell’eternità.
Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?: Benedetto XVI (Udienza Generale, 4 ottobre 2006): A Natanaele, Filippo aveva comunicato di aver trovato “colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti: Gesù, figlio di Giuseppe, da Nazaret” (Gv 1,45). Come sappiamo, Natanaele gli oppose un pregiudizio piuttosto pesante: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46a). Questa sorta di contestazione è, a suo modo, importante per noi. Essa, infatti, ci fa vedere che, secondo le attese giudaiche, il Messia non poteva provenire da un villaggio tanto oscuro come era appunto Nazaret (vedi anche Gv 7,42). Al tempo stesso, però, pone in evidenza la libertà di Dio, che sorprende le nostre attese facendosi trovare proprio là dove non ce lo aspetteremmo. D’altra parte, sappiamo che Gesù in realtà non era esclusivamente “da Nazaret”, ma che era nato a Betlemme (cfr. Mt 2,1; Lc 2,4) e che ultimamente veniva dal cielo, dal Padre che è nei cieli. Un’altra riflessione ci suggerisce la vicenda di Natanaele: nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. Filippo, nella sua replica, fa a Natanaele un invito significativo: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46b). La nostra conoscenza di Gesù ha bisogno soprattutto di un’esperienza viva: la testimonianza altrui è certamente importante, poiché di norma tutta la nostra vita cristiana comincia con l’annuncio che giunge fino a noi ad opera di uno o più testimoni. Ma poi dobbiamo essere noi stessi a venir coinvolti personalmente in una relazione intima e profonda con Gesù; in modo analogo i Samaritani, dopo aver sentito la testimonianza della loro concittadina che Gesù aveva incontrato presso il pozzo di Giacobbe, vollero parlare direttamente con Lui e, dopo questo colloquio, dissero alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Gv 4,42).
Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Ecco veramente un israelita; l’avverbio ἀληθῶς (veramente) ha il valore di un aggettivo; il termine è caratteristico del quarto vangelo e significa: dichiaro che è degno del nome di Israelita, cioè che risponde intrinsecamente al nome con il quale lo designo. La solenne dichiarazione del Salvatore ha il seguente valore: ecco un uomo che va chiamato Israele; Gesù non considera tanto l’individuo isolato, quanto invece l’individuo che rappresenta l’autentico Israele, cioè il popolo dell’elezione divina. Un testo di Isaia svela il ricco contenuto dottrinale delle compiaciute parole di Cristo; ai tempi messianici il popolo sarà fedele a Jahweh e si glorierà di appartenere a lui, allora veramente sarà chiamato Israele (cf. Isaia, 44,5). La dichiarazione di Gesù, oltre ad affermare che Natanaele è degno del nome di Israele perché è un fedele jahwista, richiama il senso etimologico del nome Israele, senso accolto nell’antichità; secondo questa etimologia corrente il nome Israele implica l’idea di vedere Dio. In tal modo Natanaele è il vero Israele non soltanto perché è fedele a Jahweh, ma anche perché vede Dio (cioè: lo conosce). Nel quale non vi è falsità; l’espressione non fa che esplicitare quanto è stato detto nella prima parte del versetto. Il sostantivo δόλος significa «astuzia», «artificio»; ma esso nel greco dei Settanta traduce i due termini miremah e remjiah (frode, inganno, menzogna). La parola greca è condizionata al significato biblico dei termini che essa traduce; ora nel linguaggio profetico l’infedeltà religiosa, cioè l’abbandono di Jahweh per seguire falsi dèi, è chiamata «falsità», «menzogna». La dichiarazione di Cristo a Natanaele non si mantiene sul livello di una forma di cortesia, come se il Maestro volesse compiacersi con l’israelita per la sua rettitudine ed onestà, ma esprime una valutazione religiosa; Natanaele è elogiato per la sua provata fedeltà a Jahweh, fedeltà che lo ha tenuto lontano da ogni compromesso o sincretismo religioso.
Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele! - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): L’incontro Gesù-Natanaele è ben descritto. Gesù gli fa capire che lo conosce in profondità; anzi, che l’ha conosciuto e visto, e perciò scelto, prima ancora che Filippo lo chiamasse. Gesù già sapeva che Natanaele era un vero israelita, cioè che apparteneva a quel resto di Israele, povero e umile, che viveva, alimentandosi alle Scritture, l’ansiosa attesa del Messia. Di fronte a questa esperienza Natanaele pronuncia il suo atto di fede, premettendo di riconoscersi discepolo. Egli chiama Gesù «Rabbi», cioè «Maestro», e poi aggiunge: «Tu sei il Figlio di Dio; tu sei il re d’Israele». Il suo atto di fede è unicamente fondato sulle Scritture ed è strettamente legato alle profezie messianiche davidiche. L’espressione «Figlio di Dio» non ha qui la solennità di 1,34. Qui è spiegata dall’espressione: «Tu sei il re d’Israele». Il Messia, atteso come discendente di Davide, era, secondo la promessa, chiamato «Figlio di Dio» (2 Sam 7,14; Sal 89,4-5.27-28). Natanaele si mantiene come Filippo, in un orizzonte puramente nazionalistico. È Gesù che lo porta a conoscere il di più: «Vedrai cose maggiori di queste»; e poi passa all’uso del plurale, chiaro indizio che qui Natanaele è visto come tipo di un gruppo: «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo» (1,51).
In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo: Bruno Maggioni (Il Vangelo di Giovanni): Questa affermazione di Gesù, che è il punto culminante dell’intero brano, si presenta con una particolare solennità, come appare dalla duplice ripetizione « in verità, in verità » (nel testo greco amen, amen). È la formula che Gesù usa allorché intende rivelare qualcosa di particolarmente profondo. Ed è una formula carica già in se stessa di significato cristologico: «nell’amen, che Gesù pone prima di: dico a voi, è contenuta in nuce tutta la cristologia: colui che enuncia la propria parola come vera è nello stesso tempo colui che dichiara la propria fede in essa e la invera nella propria vita, e la fa divenire, in quanto realizzata, imperativo nei confronti degli altri». Questa affermazione di Gesù è una promessa: «vedrete». Una promessa la cui realizzazione ci è già stata anticipata dal prologo (1,14) e di cui vedremo subito un compimento a Cana, dove i discepoli videro la sua gloria (2,11). Ma quale il contenuto di questa solenne affermazione di Gesù? Lo si comprende sullo sfondo di Gen 28,12, cioè nel racconto della visione di Giacobbe. Giustamente J. Fritsch fa notare che il punto preciso del confronto fra il sogno di Giacobbe e il testo di Giovanni sta nel fatto di trovarci di fronte alla «casa di Dio e alla porta del cielo» (Gen 28,17). Per Giovanni il sogno di Giacobbe - letto alla luce di Dt 32,9 e Is 9,7 per i quali Giacobbe rappresenta Israele - prefigura ciò che i discepoli, cioè il nuovo popolo di Dio, avrebbero visto: l’abitazione terrestre di Dio. L’idea è molto giovannea: basta ricordare 1,14 (il Logos si fece carne e pose la sua dimora in mezzo a noi...).
Gli angeli di Dio - Catechismo della Chiesa Cattolica 331: Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono “i suoi angeli”: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli...” (Mt 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di lui: “Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?” (Eb 1,14).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Io preparo per voi un regno come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa.” (Lc 22,29-30)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Confermaci nella fede, o Padre, perché aderiamo a Cristo, tuo Figlio, con l’entusiasmo sincero di san Bartolomeo apostolo, e per sua intercessione fa’ che la tua Chiesa si riveli al mondo come sacramento di salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...