22 Agosto 2018
Mercoledì XX Settimana T. O.
Beata Vergine Maria Regina - Memoria
Oggi Gesù ci dice: “La parola di Dio è viva, efficace; discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.” (Canto al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16: La ricompensa che i discepoli di Gesù devono attendersi non poggia sui parametri della meritocrazia, ma unicamente sulla sovrabbondante bontà e misericordia di Dio. Assumendo «fino a sera operai disoccupati e dando a tutti un salario intero, il padrone della vigna dà prova di una bontà che va oltre la giustizia, senza, d’altra parte, lederla. Tale è Dio, che introduce nel suo regno anche uomini chiamati tardi come i peccatori e i pagani» (Bibbia di Gerusalemme). I Giudei, i chiamati della prima ora, non se ne devono scandalizzare.
Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per a sua vigna - Laborem exercens n. 26: Gesù Cristo nelle sue parabole sul Regno di Dio si richiama costantemente al lavoro umano: al lavoro del pastore, dell’agricoltore, del medico, del seminatore, del padrone di casa, del servo, dell’amministratore, del pescatore, del mercante, dell’operaio. Parla pure dei diversi lavori delle donne. Presenta l’apostolato a somiglianza del lavoro manuale dei mietitori o dei pescatori. Inoltre, si riferisce anche al lavoro degli studiosi.
Questo insegnamento di Cristo sul lavoro, basato sull’esempio della propria vita durante gli anni di Nazareth, trova un’eco particolarmente viva nell’insegnamento di Paolo Apostolo. Paolo si vantava di lavorare nel suo mestiere (probabilmente fabbricava tende), e grazie a ciò poteva pure come apostolo guadagnarsi da solo il pane. «Abbiamo lavorato con fatica e sforzo, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi». Di qui derivano le sue istruzioni sul tema del lavoro, che hanno carattere di esortazione e di comando: «A questi ... ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace», così scrive ai Tessalonicesi. Infatti, rilevando che «alcuni» vivono disordinatamente, senza far nulla, l’Apostolo nello stesso contesto non esita a dire: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi». In un altro passo invece incoraggia: «Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che quale ricompensa riceverete dal Signore l’eredità».
Gli insegnamenti dell’Apostolo delle Genti hanno, come si vede, un’importanza-chiave per la morale e la spiritualità del lavoro umano. Essi sono un importante complemento a questo grande, anche se discreto, Vangelo del lavoro, che troviamo nella vita di Cristo e nelle sue parabole, in ciò che Gesù «fece e insegnò».
Israele, vigna infedele a Dio - M.-F. Lacan: Sposo e vignaiolo, il Dio di Israele ha la sua vigna, che è il suo popolo. Per Osea, Israele è una vigna feconda che rende grazie della sua fecondità ad altri che a Dio, quel Dio che, mediante l’alleanza, è il suo sposo (Os 10,1; 3,1). Per Isaia, Dio ama la sua vigna, ha fatto tutto per essa, ma invece del frutto di giustizia che attendeva, essa gli ha dato l’acerba vendemmia del sangue versato; egli l’abbandonerà ai devastatori (Is 5,1-7). Per Geremia, Israele è una vigna scelta, inselvatichita e divenuta sterile (Ger 2,21; 8,13), che sarà divelta e calpestata (Ger 5,10; 12,10). Ezechiele infine paragona ad una vigna feconda, poi inaridita e bruciata, ora Israele infedele al suo Dio (Ez 19,10-14; 15,6ss), ora il re infedele ad un’alleanza giurata (17,5-19). Verrà un giorno in cui la vigna fiorirà sotto la custodia vigilante di Dio (Is 27,2s). A tale scopo Israele invoca l’amore fedele di Dio: possa egli salvare questa vigna che ha trapiantato dall’Egitto nella sua terra e che ha dovuto abbandonare allo sterminio ed al fuoco! Ormai essa gli sarà fedele (Sal 80,9-17). Ma non sarà Israele a mantenere questa promessa. Riprendendo la parabola di Isaia, così Gesù riassume la storia del popolo eletto: Dio non ha cessato di aspettare i frutti della sua vigna; ma invece di ascoltare i profeti da lui mandati, i vignaioli li hanno maltrattati (Mc 12,15). Colmo dell’amore: egli manda ora il suo Figlio diletto (12,6); in risposta i capi del popolo porteranno al colmo la loro infedeltà, uccidendo il Figlio di cui la vigna è l’eredità. Perciò i colpevoli saranno castigati, ma la morte del Figlio aprirà una nuova tappa del disegno di Dio: affidata a vignaioli fedeli, la vigna darà finalmente il suo frutto (12,7ss; Mt 21,41ss). Quali saranno questi vignaioli fedeli? Le proteste platoniche non servono a nulla: occorre un lavoro effettivo, il solo che renda (Mt 21,28-32). Per fare la sua vendemmia, Dio accoglierà tutti gli operai: lavorando fin dal mattino, od assoldati all’ultima ora, tutti riceveranno la stessa ricompensa. Infatti la chiamata al lavoro e l’offerta del salario sono doni gratuiti e non diritti che l’uomo possa rivendicare: tutto è grazia (Mt 20,1-15).
Andate anche voi nella mia vigna - Christifideles laici n 2: L’appello del Signore Gesù «Andate anche voi nella mia vigna» non cessa di risuonare da quel lontano giorno nel corso della storia: è rivolto a ogni uomo che viene in questo mondo.
Ai nostri tempi, nella rinnovata effusione dello Spirito pentecostale avvenuta con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha maturato una più viva coscienza della sua natura missionaria e ha riascoltato la voce del suo Signore che la manda nel mondo come «sacramento universale di salvezza».
Andate anche voi. La chiamata non riguarda soltanto i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti: anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una missione per la Chiesa e per il mondo. Lo ricorda S. Gregorio Magno che, predicando al popolo, così commenta la parabola degli operai della vigna: «Guardate al vostro modo di vivere, fratelli carissimi, e verificate se siete già operai del Signore. Ciascuno valuti quello che fa e consideri se lavora nella vigna del Signore».
Christifideles laici n. 3: Situazioni nuove, sia ecclesiali sia sociali, economiche, politiche e culturali, reclamano oggi, con una forza del tutto particolare, l’azione dei fedeli laici. Se il disimpegno è sempre stato inaccettabile, il tempo presente lo rende ancora più colpevole. Non è lecito a nessuno rimanere in ozio.
Riprendiamo la lettura della parabola evangelica: «Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella mia vigna”» (Mt 20,6-7).
Non c’è posto per l’ozio, tanto è il lavoro che attende tutti nella vigna del Signore. Il «padrone di casa» ripete con più forza il suo invito: «Andate anche voi nella mia vigna».
Christifideles laici n. 45: Secondo la parabola evangelica, il «padrone di casa» chiama gli operai alla sua vigna nelle diverse ore della giornata: alcuni all’alba, altri verso le nove del mattino, altri ancora verso mezzogiorno e le tre, gli ultimi verso le cinque (cf. Mt 20,1ss.). Nel commento a questa pagina del Vangelo, San Gregorio Magno interpreta le ore diverse della chiamata rapportandole alle età della vita: «È possibile applicare la diversità delle ore - egli scrive - alle diverse età dell’uomo. Il mattino può certo rappresentare, in questa nostra interpretazione, la fanciullezza. L’ora terza, poi, si può intendere come l’adolescenza: il sole si muove verso l’alto del cielo, cioè cresce l’ardore dell’età. La sesta ora è la giovinezza: il sole sta come nel mezzo del cielo, ossia in quest’età si rafforza la pienezza del vigore. L’anzianità rappresenta l’ora nona, perché come il sole declina dal suo alto asse così quest’età comincia a perdere l’ardore della giovinezza. L’undicesima ora è l’età di quelli molto avanzati negli anni (...). Gli operai sono, dunque, chiamati alla vigna in diverse ore, come per dire che alla vita santa uno è condotto durante la fanciullezza, un altro nella giovinezza, un altro nell’anzianità e un altro nell’età più avanzata».
Possiamo riprendere ed estendere il commento di San Gregorio Magno in rapporto alla straordinaria varietà di presenze nella Chiesa, tutte e ciascuna chiamate a lavorare per l’avvento del Regno di Dio secondo la diversità di vocazioni e situazioni, carismi e ministeri. È una varietà legata non solo all’età, ma anche alla differenza di sesso e alla diversità delle doti, come pure alle vocazioni e alle condizioni di vita; è una varietà che rende più viva e concreta la ricchezza della Chiesa.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Claude Tassin (Vangelo di Matteo): Nella seconda parte (vv. 8-15), all’ora dei conti, il conflitto esplode: gli ultimi venuti intascano quanto i primi: questi protestano, per bocca di uno di loro, più audace. Il padrone replica che, versando loro la paga pattuita, non li danneggia affatto, ma che, unico padrone del proprio denaro, egli vuole dare agli ultimi tanto quanto agli altri. Questo dialogo, chiave della parabola, si conclude con una sottile questione lasciata in sospeso: in fondo, il problema non è quello della tua gelosia, il fatto che tu pensi di valere più di loro e che non accetti la mia bontà gratuita nei loro confronti?
Così, la parabola riguarda persone la cui reazione è paragonabile a quella del figlio maggiore nella storia del figliol prodigo (cfr. Lc 15,25-32). Dio ha deciso di manifestare la sua dolcezza verso i peccatori; ecco perché Gesù, suo inviato, si interessa così da vicino a queste persone e la cosa sconcerta alcuni giusti che credono di avere maggiori diritti alle attenzioni divine rispetto a chi vale quasi nulla, poco preoccupati di servire il cielo..., come se, salvando i peccatori, Dio togliesse qualcosa ai suoi fedeli!
Contrariamente alla lezione che ne trae l’evangelista (v. 16), la parabola non abbassa affatto «i primi» ad rango di «ultimi», ma sottolinea un’uguaglianza che fa risaltare la grazia straordinaria concessa ai peccatori.
Una simile antinomia tra il racconto e la sua applicazione dimostra che Matteo, l’unico a riferire questa parabola, non l’ha concepita per la circostanza. Interessato dalle parole «primi» e «ultimi», egli la riprende da una tradizione antica per adattarla ai temi trattati in questa sezione del suo vangelo: la moglie ripudiata per capriccio, il celibe «per il regno», visto con una curiosità maliziosa, il bambino allontanato come importuno e il povero che non ha il conforto spirituale del giovane ricco, ecco quelli che appaiono come gli «ultimi»; ma, al termine della vendemmia, ecco quelli che il giudizio finale rivelerà come «i primi» agli occhi di Dio.
Amico, io non ti faccio torto: La risposta del padrone è repentina. L’accusa di essere ingiusto viene rigettata sulla base di due ragioni: prima, il padrone della vigna ha rispettato i patti, ha dato quanto era stato concordato; seconda, se ha dato di più agli ultimi perché è buono e allo stesso tempo libero di disporre della sua volontà e dei suoi averi. In filigrana si può cogliere l’agire di Dio verso gli uomini: Egli è libero di accordare la sua grazia sia ai giusti che ai peccatori.
Il proverbio che conclude la parabola, Gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi, noto anche nella letteratura giudaica, è riferito più volte dagli evangelisti con applicazioni diverse secondo il contesto (Cf. Mc 10,30; Lc 13,30). Va ricordato che queste parole «erano già state dette nel capitolo precedente [19,30] quando Gesù aveva assicurato una ricompensa enorme “sproporzionata” [cento volte tanto e in eredità la vita eterna] ai discepoli: quasi a sottolineare il capovolgimento degli abituali criteri umani fondati sul merito. In questo contesto la parabola diventa non solo una chiara illustrazione di tale principio, ma altresì una certezza consegnata alla comunità dei discepoli. Dio riserva la sua elezione a questi uomini spogli di tutto, di averi e di pretese [gli ultimi!]» (Adriano Schenker - Rosario Scognamiglio).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La salvezza è un dono gratuito che nessuno può pretendere di accaparrarsi con le sue sole forze o con le sue buone opere. Tutto è grazia.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che ci hai dato come nostra madre e regina la Vergine Maria, dalla quale nacque il Cristo, tuo Figlio, per sua intercessione donaci la gloria promessa ai tuoi figli nel regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo...