20 Agosto 2018

Lunedì XX Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli ” (Mt 5,3 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 19,16-22: Se vuoi essere perfetto...: Gesù non vuole istituire una categoria di perfetti, che si pongano al di sopra dei cristiani ordinari. Tutti siamo chiamati alla perfezione: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48). Ma per stabilire il Regno, Gesù ha bisogno di collaboratori particolarmente disponibili; ad essi egli domanda di rinunziare radicalmente alle sollecitudini della famiglia (Mt 18,12) e delle ricchezze (Mt 8,19-20). In questa continua ricerca della perfezione attraverso la rinunzia fu chiamato san Bernardo di Chiaravalle. Per vivere in pienezza il cammino monastico, san Bernardo abbandonò tutto, famiglia, ricchezze, possedimenti..., in seguito, l’obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero spesso a lasciare la quiete monastica per dedicarsi alle più gravi questioni politico-religiose del suo tempo. Nell’obbedienza  e nella povertà v’è piena perfezione, e perfetta pace.

Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 2052-2053: Al giovane che gli rivolge questa domanda, Gesù risponde innanzitutto richiamando la necessità di riconoscere Dio come “il solo Buono”, come il Bene per eccellenza e come la sorgente di ogni bene. Poi Gesù gli dice: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed elenca al suo interlocutore i comandamenti che riguardano l’amore del prossimo: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre”. Infine Gesù riassume questi comandamenti in una formulazione positiva: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,16-19). A questa prima risposta, se ne aggiunge subito una seconda: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). Essa non annulla la prima. La sequela di Gesù implica l’osservanza dei comandamenti. La Legge non è abolita, ma l’uomo è invitato a ritrovarla nella Persona del suo Maestro, che ne è il compimento perfetto. Nei tre Vangeli sinottici, l’appello di Gesù, rivolto al giovane ricco, a seguirlo nell’obbedienza del discepolo e nell’osservanza dei comandamenti, è accostato all’esortazione alla povertà e alla castità. I consigli evangelici sono indissociabili dai comandamenti.

Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse... (Mc 10,20): Dilecti amici, 8: Dall’esame del testo evangelico risulta che questo sguardo fu per così dire, la risposta di Cristo alla testimonianza che il giovane aveva dato della sua vita fino a quel momento ossia di aver agito secondo i comandamenti di Dio: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Al tempo stesso, questo «sguardo d’amore» fu l’introduzione alla fase conclusiva della conversazione. Volendo seguire la redazione di Matteo, fu quel giovane stesso ad aprire questa fase, dato che non solo affermò la propria fedeltà nei confronti dei comandamenti del Decalogo, che caratterizzava tutta la sua precedente condotta, ma contemporaneamente pose una nuova domanda. Difatti chiese: «Che cosa mi manca ancora?» (Mt 19,20). Questa domanda è molto importante. Indica che nella coscienza morale dell’uomo, e proprio dell’uomo giovane, che forma il progetto di tutta la sua vita, è nascosta l’aspirazione a un «qualcosa di più». Questa aspirazione si fa sentire in diversi modi, e noi possiamo notarla anche tra gli uomini che sembrano esser lontani dalla nostra religione... Ma è nel Vangelo che l’aspirazione alla perfezione, a un «qualcosa di più» trova il suo esplicito punto di riferimento. Cristo nel Discorso della montagna conferma tutta la legge morale, al cui centro si trovano le tavole mosaiche dei dieci comandamenti; nello stesso tempo, però, egli conferisce a questi comandamenti un significato nuovo, evangelico. E tutto viene concentrato - come è già stato detto - intorno alla carità, non solo come comandamento, ma anche come dono: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato» (Rm 5,5).

Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti - Vangelo e comandamento - Evangelium vitae 52: «Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” «(Mt 19,16). Gesù rispose: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19,17). Il Maestro parla della vita eterna, ossia della partecipazione alla vita stessa di Dio. A questa vita si giunge attraverso l'osservanza dei comandamenti del Signore, compreso dunque il comandamento «non uccidere». Proprio questo è il primo precetto del Decalogo che Gesù ricorda al giovane che gli chiede quali comandamenti debba osservare: «Gesù rispose: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare…»” (Mt 19,18).
Il comandamento di Dio non è mai separato dal suo amore: è sempre un dono per la crescita e la gioia dell'uomo. Come tale, costituisce un aspetto essenziale e un elemento irrinunciabile del Vangelo, anzi esso stesso si configura come «vangelo», ossia buona e lieta notizia.
Anche il Vangelo della vita è un grande dono di Dio e insieme un compito impegnativo per l'uomo. Esso suscita stupore e gratitudine nella persona libera e chiede di essere accolto, custodito e valorizzato con vivo senso di responsabilità: donandogli la vita, Dio esige dall'uomo che la ami, la rispetti e la promuova. In tal modo il dono si fa comandamento, e il comandamento è esso stesso un dono.

Elementi comuni a tutte le forme di vita religiosa - Perfectae Caritatis  n.5: I membri di qualsiasi istituto ricordino anzi tutto di aver risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli evangelici, in modo che essi non solo morti al peccato (cfr. Rm 6,11), ma rinunziando anche al mondo, vivano per Dio solo. Tutta la loro vita, infatti, è stata posta al suo servizio, ciò costituisce una speciale consacrazione che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale l'esprime con maggior pienezza. Avendo poi la Chiesa ricevuto questa loro donazione di sé, sappiano di essere anche al servizio della Chiesa. Tale servizio di Dio deve in essi stimolare e favorire l'esercizio delle virtù, specialmente dell'umiltà e dell'obbedienza, della fortezza e della castità, con cui si partecipa all'annientamento del Cristo (cfr. Fil 2,7-8), e insieme alla sua vita nello Spirito (cfr. Rm 8,1-13). I religiosi dunque, fedeli alla loro professione, lasciando ogni cosa per amore di Cristo (cfr. Mc 10,28), lo seguano (cfr. Mt 19,21) come l'unica cosa necessaria (cfr. Lc 10,42), ascoltandone le parole (cfr. Lc 10,39), pieni di sollecitudine per le cose sue (cfr. 1Cor 7,32). Perciò è necessario che i membri di qualsiasi istituto, avendo di mira unicamente e sopra ogni cosa Dio, uniscano la contemplazione, con cui aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l'ardore apostolico, con cui si sforzano di collaborare all'opera della redenzione e dilatare il regno di Dio.

San Bernardo, in ascolto dei santi - Verbum Domini 48: L’interpretazione della sacra Scrittura rimarrebbe incompiuta se non si mettesse in ascolto anche di chi ha vissuto veramente la Parola di Dio, ossia i Santi. Infatti, «viva lectio est vita bonorum». L’interpretazione più profonda della Scrittura in effetti viene proprio da coloro che si sono lasciati plasmare dalla Parola di Dio, attraverso l’ascolto, la lettura e la meditazione assidua.
Non è certamente un caso che le grandi spiritualità che hanno segnato la storia della Chiesa siano sorte da un esplicito riferimento alla Scrittura. Penso ad esempio a sant’Antonio Abate, mosso dall’ascolto delle parole di Cristo: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!» (Mt 19,21). Non meno suggestivo è san Basilio Magno che nell’opera Moralia si domanda: «Che cosa è proprio della fede? Piena e indubbia certezza della verità delle parole ispirate da Dio ... che cosa è proprio del fedele? Il conformarsi con tale piena certezza al significato delle parole della Scrittura, e non osare togliere o aggiungere alcunché». San Benedetto, nella sua Regola, rimanda alla Scrittura quale «norma rettissima per la vita dell’uomo». San Francesco d’Assisi – scrive Tommaso da Celano – «udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tuniche … subito, esultante di Spirito Santo, esclamò: Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!». Santa Chiara d’Assisi ricalca appieno l’esperienza di san Francesco: «La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle povere… è questo: osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo». San Domenico di Guzman, poi, «dovunque si manifestava come un uomo evangelico, nelle parole come nelle opere» e tali voleva che fossero anche i suoi frati predicatori, «uomini evangelici». Santa Teresa di Gesù, carmelitana, che nei suoi scritti continuamente ricorre ad immagini bibliche per spiegare la sua esperienza mistica, ricorda che Gesù stesso le rivela che «tutto il male del mondo deriva dal non conoscere chiaramente le verità della sacra Scrittura». Santa Teresa di Gesù Bambino trova l’Amore come sua vocazione personale nello scrutare le Scritture, in particolare i capitoli 12 e 13 della Prima Lettera ai Corinti; è la stessa Santa a descrivere il fascino delle Scritture: «Appena getto lo sguardo sul Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre». Ogni santo costituisce come un raggio di luce che scaturisce dalla Parola di Dio: così pensiamo inoltre a san Ignazio di Loyola nella sua ricerca della verità e nel discernimento spirituale; san Giovanni Bosco nella sua passione per l’educazione dei giovani; san Giovanni Maria Vianney nella sua coscienza della grandezza del sacerdozio come dono e compito; san Pio da Pietrelcina nel suo essere strumento della misericordia divina; san Josemaría Escrivá nella sua predicazione sulla chiamata universale alla santità; la beata Teresa di Calcutta, missionaria della Carità di Dio per gli ultimi; fino ai martiri del nazismo e del comunismo, rappresentati, da una parte, da santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), monaca carmelitana, e, dall’altra, dal beato Luigi Stepinac, cardinale arcivescovo di Zagabria.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  “Dove è amore non c’è fatica, ma gioia” (San Bernardo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai suscitato nella tua Chiesa san Bernardo abate, come lampada che arde e risplende, fa’ che per sua intercessione camminiamo sempre con lo stesso fervore di spirito, come figli della luce. Per il nostro Signore Gesù Cristo...