18 Agosto 2018
Sabato XIX Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.”(Vangelo).
Dal Vangelo secondo Matteo 19,13-15: Gesù, nonostante l’ostruzionismo degli Apostoli, accoglie dei bambini che gli vengono presentati «perché imponesse loro le mani e pregasse». Gesù acconsente e impone loro le mani, un gesto di benedizione, ma anche un sincero gesto di tenerezza che rivela i sentimenti di Gesù verso i più piccoli, gli indifesi, verso coloro che nella società giudaica non contavano affatto.
Ma in questo gesto c’è una rivoluzione a trecentosessanta gradi. Se per l’ambiente giudaico solo l’adulto poteva raggiungere il regno di Dio perché capace di porre atti coscienti, nel magistero di Gesù invece lo si può solo ricevere, come dono gratuito, facendosi appunto bambini.
Gesù benedice i bambini - Angelico Poppi (Sinossi e Commento): Gesù nel discorso ecclesiale aveva proposto ai discepoli lo “spirito d’infanzia” (18,2-5) nel loro rapporto con Dio, indicando i bambini come modelli per la fiducia cieca che ripongono nell’aiuto dei genitori per i bisogni vitali. Ora l’accento cade sull’accoglienza dei bambini, emarginati tra i giudei, perché immaturi e incapaci di comprendere l’insegnamento della Legge. Gesù, invece, li accoglie con benevolenza, appunto perché trascurati, e perciò prediletti dal Padre celeste.
Si tratta di un comportamento buono e tanto umano, che gli era abituale. Egli assume anche nel confronto d i bambini un atteggiamento di attenzione premuro a e di accoglienza, collocandosi come di consueto dalla parte dei “piccoli”. Il regno dei cieli, in quanto dono gratuito di Dio, è accordato in modo preferenziale ai “poveri”, ai semplici ai piccoli. Con questo racconto la comunità cristiana è incoraggiata e stimolata a prendersi cura dei bambini, imitando l’esempio di Gesù.
Mt dipende da Mc, ma ne trasforma l’impronta narrativa, eliminando alcuni tratti descrittivi, allo scopo di accentuarne la valenza didattica; tralascia l’ accenno all’indignazione di Gesù verso i discepoli, l’abbraccio dei bambini. Omette il v. 15 di Mc, perché ne ha anticipato il contenuto nel discorso ecclesiale (18,3). Il punto focale del racconto è costituito dalla sentenza nel v. 14. L’imposizione delle mani sui bambini (v. 15) conferisce alla benedizione di Gesù quasi un significato liturgico.
* Dio e i bambini - Léon Roy: Già nel Vecchio Testamento il bambino, a motivo stesso della sua debolezza e della sua imperfezione native, appare come un privilegiato di Dio. Il Signore stesso è il protettore dell’orfano ed il vindice dei suoi diritti (Es 22,21ss; Sal 68,6); egli ha manifestato la sua tenerezza paterna e la sua preoccupazione pedagogica nei confronti di Israele «quando era bambino», al tempo dell’uscita dall’Egitto e del soggiorno nel deserto (Os 11,14). I bambini non sono esclusi dal culto di Jahve, partecipano anche alle suppliche penitenziali (Gioe 2,16; Giudit 4,10s), e Dio si prepara una lode dalla bocca dei bambini e dei piccolissimi (Sal 8,2s = Mt 21,16). Lo stesso avverrà nella Gerusalemme celeste, dove gli eletti faranno l’esperienza dell’amore «materno» di Dio (Is 66,10-13). Già un salmista, per esprimere il suo abbandono fiducioso nel Signore, non aveva trovato di meglio che l’immagine del piccino che si addormenta sul seno della madre (Sal 131,2).
Più ancora, Dio non esita a scegliere taluni bambini come primi beneficiari e messaggeri della sua rivelazione e della sua salvezza: il piccolo Samuele accoglie la parola di Jahve e la trasmette fedelmente (1Sam 1-3); David è scelto a preferenza dei suoi fratelli maggiori (1Sam 16,1-13); il giovane Daniele si dimostra più sapiente degli anziani di Israele salvando Susanna (Dan 13,44-50). Infine, un vertice della profezia messianica è la nascita di Emmanuel, segno di liberazione (Is 7,14ss); ed Isaia saluta il bambino regale che, assieme al regno di David, ristabilirà il diritto e la giustizia (9,1-6).
** Gesù e i bambini - Non era perciò conveniente che, per inaugurare la nuova alleanza, il Figlio di Dio si facesse bambino? Luca ha notato con cura le tappe dell’infanzia così percorse: neonato del presepio (Lc 2,12), piccino presentato al tempio (2,27), bambino sottomesso ai genitori, e tuttavia misteriosamente indipendente da essi nella sua dipendenza dal Padre suo (2,43-51). Fatto adulto, Gesù nei confronti dei bambini adotta lo stesso comportamento di Dio. Come aveva dichiarato beati i poveri, così benedice i bambini (Mc 10,16), rivelando in tal modo che essi sono, gli uni e gli altri, atti ad entrare nel regno; i bambini simboleggiano i discepoli autentici, «il regno dei cieli appartiene a quelli che sono come loro» (Mt 19,14 par.). Di fatto si tratta di «accogliere il regno come bambini» (Mc 10, 15), di riceverlo con tutta semplicità come un dono del Padre, invece di esigerlo come qualcosa di dovuto; bisogna «diventare come bambini» (Mt 18,3) ed acconsentire a «rinascere» (Gv 3,5) per accedere a questo regno. Il segreto della vera grandezza è «di farsi piccoli» come i bambini (Mt 18,4): questa è la vera umiltà, senza la quale non si può diventare figli del Padre celeste. I veri discepoli sono precisamente i «piccolissimi», a cui il Padre ha voluto rivelare, come un tempo a Daniele, i suoi segreti nascosti ai sapienti (Mt 11,25s). D’altronde, nel linguaggio del vangelo, «piccolo» e «discepolo» sembrano talvolta termini equivalenti (cfr. Mt 10,42 e Mc 9,41). Beati coloro che accolgono uno di questi piccoli (Mt 18,5; cfr. 25,40), ma guai a chi li scandalizza o li disprezza (18,6.10).
Gesù e i bambini - Un rito di benedizione - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Questo episodio evangelico è sempre stato molto valorizzato, perché l’immagine di Gesù che benedice i bambini imponendo loro le mani ci mostra la sua affabilità e ci rivela un aspetto molto umano del suo carattere. Nel suo cammino verso Gerusalemme, dove lo aspetta la morte, il messia non disdegna di fermarsi incontrare i bambini. La scena è narrata dai tre evangelisti sinottici. È forse l’unico brano della letteratura cristiana primitiva che presta attenzione al bambino L’evangelista Marco riferisce che un giorno portarono a Gesù dei bambini «perché li accarezzasse» (Mc 10,13); Matteo è più esatto nel dire «perché imponesse loro le mani e pregasse». Era il rito di benedizione che i rabbini dell’epoca compivano sui bambini presentati loro dalle madri. Siccome i discepoli si mostravano contrariati, Gesù li riprende dicendo: «Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli». Il bambino è simbolo di piccolezza e debolezza, di dipendenza e mancanza di difesa, forse in quel tempo anche di disprezzo. Ricevendo i bambini, Gesù mostra che nessuno è rifiutato dall’amore di Dio e dal regno, neanche gli insignificanti, quelli che non contano e non hanno peso sociale. La salvezza dall’alto è accessibile a tutti gli uomini, qualunque sia la loro età e categoria. E proprio ai semplici e agli umili come sono i bambini Dio dà il suo regno, rivelandone i segreti e la sapienza. In un’altra scena, Matteo descrive Gesù che mette un bambino in mezzo ai discepoli, per rispondere alla loro domanda su chi è il più importante nella comunità del regno, e afferma che è chi si fa piccolo come un bambino (18,2ss). Ai tempi di Gesù i bambini avevano un ruolo funzionale di esempio, paradigma e simbolo; adesso li vediamo maggiormente come persone. Sono proprio loro i destinatari di questo regno, perché Dio li ama nella persona di Cristo
I fanciulli - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Matteo): Gli uomini buoni amano i fanciulli. Non ci deve perciò stupire che Gesù posi le mani su loro, con gioia, pregando e benedicendoli. In lui però non è il comune sentimento umano; il suo amore per i piccoli ha radici più profonde. In primo luogo è l’animo dei fanciulli, ch’egli porta sempre agli altri come esempio. Anch’essi hanno i loro difetti, e ogni educatore lo sa. I difetti sono spesso talmente radicati, che la pedagogia riesce tutt’al più a smorzarli e ad arginarli. Inoltre, i fanciulli hanno i difetti propri dell’età. Sono però ancora suscettibili di formazione, non sono induriti e fossilizzati. Sanno d’aver molte deficienze. Sono fiduciosi, possiedono una certa dose di sincerità. Sono trasparenti, accettano la guida. Tale dev’essere l’uomo di fronte a Dio. Deve possedere anche lui la disposizione al fiducioso abbandono, la capacità di rallegrarsi e di ringraziare. I fanciulli sono pieni di speranza nel futuro. Non sono delusi, abbattuti e stanchi. Così anche l’uomo deve scorgere nell’avvenire, con la fede nell’al di là, una vita di gioia eterna, e non permettere che nessuna esperienza terrena gli tolga la speranza nella vita ultraterrena in Dio e per mezzo di Dio. Tale è il regno dei cieli.
I diritti del bambino - Familiaris Consortio n. 26: Nella famiglia, comunità di persone, deve essere riservata una specialissima attenzione al bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignità personale, come pure un grande rispetto ed un generoso servizio per i suoi diritti. Ciò vale di ogni bambino, ma acquista una singolare urgenza quanto più il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato, sofferente o handicappato.
Sollecitando e vivendo una premura tenera e forte per ogni bambino che viene in questo mondo, la Chiesa adempie una sua fondamentale missione: è chiamata, infatti, a rivelare e a riproporre nella storia l’esempio e il comandamento di Cristo Signore, che ha voluto porre il bambino al centro del Regno di Dio:
«Lasciate che i bambini vengano a me... perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio» (Lc 18,16; cfr. Mt 19,14; Mc 10,14).
Ripeto nuovamente quanto ho detto nell’assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 ottobre 1979: «Desidero... esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono i bambini, primavera della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle presenti patrie terrene. Nessun paese del mondo, nessun sistema politico può pensare al proprio avvenire se non attraverso l’immagine di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei valori, dei doveri e delle aspirazioni della nazione alla quale appartengono e di tutta la famiglia umana. La sollecitudine per il bambino ancora prima della sua nascita, dal primo momento della concezione e, in seguito, negli anni dell’infanzia e della giovinezza, è la primaria e fondamentale verifica della relazione dell’uomo all’uomo. E perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a ogni nazione e a tutta l’umanità, a tutti i bambini del mondo se non quel migliore futuro in cui il rispetto dei diritti dell’uomo diventi piena realtà nelle dimensioni del duemila che si avvicina?» (2 Ottobre 1979).
L’accoglienza, l’amore, la stima, il servizio molteplice ed unitario - materiale, affettivo, educativo, spirituale - per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno costituire sempre una nota distintiva irrinunciabile dei cristiani, in particolare delle famiglie cristiane: così i bambini, mentre potranno crescere «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52), porteranno il loro prezioso contributo all’edificazione della comunità familiare e alla stessa santificazione dei genitori (cfr. Gaudium et spes, 48).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Proteggere i bambini oggi vuol dire costruire la società di domani” (Monsignor Damian Denis Dallu).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo...