16 Agosto 2018
Giovedì XIX Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Non ti dico di perdonare fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.” (Vangelo).
Dal Vangelo secondo Matteo 18,21-19,1: Il XVIII capitolo del Vangelo di Matteo viene denominato discorso ecclesiastico, perché raccoglie le direttive date da Gesù ai suoi discepoli atte a regolare la vita della comunità. Oggi si proclamano i versetti riguardanti il perdono. Il perdono incondizionato e costante «è l’elemento fondamentale per l’appartenenza al Regno dei cieli, in quanto è la condizione indispensabile per ottenere il perdono del Padre celeste, e, quindi, la salvezza» (P. Benito Camporeale).
Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse… - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): La domanda di Pietro e, soprattutto, la risposta di Gesù esemplificano lo spirito di comprensione e di misericordia che deve presiedere all’agire dei cristiani.
La cifra di settanta volte sette equivale, nel linguaggio ebraico, all’avverbio “sempre” (cfr Gn 4,24): «Il Signore non prescrisse di perdonare un certo numero di volte, ma fece capire che bisogna perdonare di continuo e sempre» (SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelia sul Vangelo di san Matteo, 61). In questo passo si può osservare anche il contrasto tra l’atteggiamento gretto degli uomini, ben poco abituati a perdonare, e la misericordia infinita di Dio.
La nostra condizione di debitori nei confronti di Dio è assai ben riflessa nella parabola. Un talento equivaleva a seimila denari, e un denaro costituiva la paga giornaliera di un lavoratore. Un debito di diecimila talenti è enorme: tale cifra dà un’idea approssimata del valore immenso che ha il perdono che riceviamo da Dio. A motivo di ciò, l’insegnamento finale della parabola è quello di perdonare sempre, e di cuore, i nostri fratelli. «Sforzati, se è necessario, di perdonare sempre coloro che ti offendono, fin dal primo istante, perché, per quanto grande sia il danno o l’offesa che ti fanno, molto di più ti ha perdonato Iddio» (JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Cammino, n. 452).
La parabola del servo - Angelico Poppi (Sinossi e Commento): La parabola, strettamente connessa con il brano precedente, ha come fulcro il tema della misericordia, che per il credente deve prevalere sulla rivendicazione dei propri diritti. Per coglierne la pregnanza dottrinale, va letta nel contesto del discorso ecclesiale e nella sua valenza cristologica.
Infatti la misericordia del Padre celeste (cf. 5,48; Lc 6,36) si è manifestata in modo paradossale nell’invio del Figlio nel mondo. L’amore sconfinato di Dio, rivelato da Gesù, deve riflettersi nei rapporti interpersonali fra i suoi seguaci.
La parabola si compone di tre scene: le prime due, perfettamente simmetriche, mettono in evidenza il contrasto tra il diverso comportamento dei due creditori (vv. 24-27.28-30). La terza scena (vv. 31-34) si riferisce al castigo del servo spietato.
Nella tradizione ecclesiale la parabola è stata adattata alle esigenze della comunità cristiana con tratti marcatamente allegorizzanti, cioè nell’identificazione del re con Dio, del condono del debito con la remissione dei peccati, del terribile castigo (v. 34) con la condanna escatologica. Matteo l’ha inserita nel presente contesto per sottolineare la necessità del perdono.
Richard Gutzwiller: La parabola del servo, a cui vien condonato tutto il debito, ma che non lo rimette a propria volta a un compagno, ha un significato trasparente. Da una parte vi sono il padrone e il servo, un debito di sessanta milioni e una remissione totale. Dall’altra il servo e un suo compagno, un debito di soli cento franchi e un’insistenza e una costrizione spietata. Cioè: da un lato ci sono Dio e l’uomo, un debito che non può venir estinto e, ciò nonostante, un condono completo. Dall’altro lato l’uomo e un suo simile, il piccolo debito di un’offesa e la dura irremissibilità. Non si tratta soltanto d’un simbolo, ma d’una realtà. Dio è il padrone. A lui si deve tutto, non solo il doveroso tributo della riconoscenza e del servizio, perché l’uomo, col peccato, è diventato debitore di Dio. Le offese non vengono misurate dalla persona dell’offensore, ma dell’offeso. Perciò un’offesa arrecata alla maestà è assai più grave di quella arrecata a una persona qualunque. Dio è d’una grandezza infinita, perciò nel peccato è contenuto un elemento infinito di malvagità. Questo debito non può venir mai pagato dall’uomo, mai regolato. L’unica cosa che gli rimane è di supplicare: «Rimettici i nostri debiti». L’effetto di tale preghiera corrisponde alla grandezza e all’infinità di Dio: è la remissione e il perdono completo. Il credente sarà sempre conscio, in stupita gratitudine, della remissione.
Il perdono delle offese - J. GIBLET e M.F. LACAN: Già nel Vecchio testamento la legge pone un limite alla vendetta con la regola del taglione (Es 21,25), ma vieta anche l’odio per il fratello, la vendetta ed il rancore verso il prossimo (Lev 19,17 s). Il sapiente Ben Sira ha meditato queste prescrizioni; ha scoperto il legame che unisce il perdono accordato dall’uomo al suo simile col perdono che egli chiede a Dio: «Perdona al tuo prossimo i suoi torti; allora, per la tua preghiera, ti saranno rimessi i tuoi peccati. Se uno nutre ira contro un altro, come può chiedere a Dio la guarigione? Egli è senza compassione per un uomo, suo simile, e pregherebbe per le sue proprie colpe?» (Eccli 27,30-28,7). Il libro della Sapienza completa questa lezione ricordando al giusto che, nei suoi giudizi, deve prendere come modello la misericordia di Dio (Sap 12,19. 22). Gesù riprenderà e trasformerà questa duplice lezione. Come il Siracide, egli insegna che Dio non può perdonare a chi non perdona, e che, per domandare il perdono di Dio, occorre perdonare al proprio fratello. La parabola del debitore spietato inculca con forza questa verità (Mt 18,23-35), sulla quale Cristo insiste (Mt 6,14s) e che ci impedisce di dimenticare, facendocela ripetere ogni giorno: nel Pater, dobbiamo poter dire che perdoniamo; questa affermazione è collegata alla nostra domanda ora con un perché, che ne fa la condizione del perdono divino (Lc 11,4), ora con un come, che ne fissa la misura (Mt 6,12). Gesù va più lontano: come il libro della Sapienza, egli presenta Dio quale modello di misericordia (Lc 6,35s) a coloro di cui è il Padre e che lo devono imitare per essere suoi veri figli (Mt 5, 43ss.48). Il perdono non è soltanto una condizione preliminare della nuova vita; ne è uno degli elementi essenziali: Gesù quindi comanda a Pietro di perdonare instancabilmente, in opposizione al peccatore che tende a vendicarsi senza misura (Mt 18,21s; cfr. Gen 4,24). Seguendo l’esempio del Signore (Lc 23, 34), Stefano è morto perdonando (Atti 7,60). Per vincere come essi il male con il bene (Rom 12,21; cfr. 1Piet 3,9), il cristiano deve sempre perdonare, e perdonare per amore, come Cristo (Col 3,13), come il Padre suo (Ef 4,32).
Il perdono nella Bibbia - Eleonore Beck: La Bibbia usa diversi termini per perdono, i quali spesso sono tradotti in maniera diversa: annullare, allontanare, rimettere, coprire, velare, togliere, riconciliare, cancellare, pagare, estinguere, a) Il problema del perdono si fa grave soltanto sullo sfondo della colpa nella quale l’uomo incorre in rapporto agli altri, e con ciò stesso nei confronti di Dio. La colpa fa indissolubilmente parte dell’esistenza dell’uomo, nessuno può liberarsene da solo. La colpa distorce il rapporto dialogico fra gli uomini e il rapporto con Dio; il perdono lo ristabilisce, b) L’Antico Testamento riserva il perdono a Dio (Es 34,9; Ger 5,1 ecc.); la sua misericordia è maggiore di ogni colpa, egli rinuncia al castigo, il suo perdono copre la colpa (Sal 32,1; 103,8-18). Egli perdona a chi si converte, e gli dona una vita nuova. I sacrifici possono ottenere la riconciliazione e conseguire il perdono per il peccatore, c) Nel Nuovo Testamento il perdono non è più riservato solo a Dio. Gesù ha il potere sulla terra di rimettere i peccati (Mt 2,5.10s ecc.). Egli frequenta pubblicani e peccatori (Mt 9,9-13 ecc.). Sulla croce egli implora perdono per colon che lo perseguitano (Lc 23,34), dalla croce il suo perdono dei peccati vale per giudei (At 13,38) e per i pagani (At 10,34 ecc.). Nella vita e nella morte di Gesù avviene la riconciliazione definitiva e insopprimibile (Mc 10,45) d) Il potere di rimettere i peccati è conferito agli apostoli (Gv 20,23) presupposto del perdono è la conversione e la confessione del peccato (Lc 24,47; At 2,38 ecc.). Il perdono è reso possibile dal fatto che Gesù, soffrendo e morendo, ha ottenuto da Dio la riconciliazione. Senza spargimento di sangue non si dà riconciliazione (Eb 9,22). Noi otteniamo il perdono in Cristo (Ef 1,7), per mezzo del suo nome (At 10,43), mediante il battesimo (At 2,38). e) Il perdono viene offerto a tutti gli uomini mediante l’annuncio delle azioni salvifiche di Dio. Coloro che personalmente hanno ottenuto il perdono hanno il compito di trasmettere il messaggio (Gv 21,15-17; 1Tm 1,1216) a tutti gli uomini (Lc 24,47). A loro s’impone anche di perdonarsi vicendevolmente, così come essi ricevono perdono (Mt 18,21; Ef 4,32; Col 3,12ss; ecc.). L’uomo che si rifiuta di perdonare non può ottenere il perdono da Dio (Mi 6,12.14-15; 18,23ss).
Il perdono ai fratelli - Gianni Amòrosio: Nelle Sacre Scritture sono sempre strettamente collegati il perdono divino, accordato gratuitamente e misericordiosamente, e il perdono al prossimo. Due citazioni, una dell’Antico Testamento e l’altra del Nuovo Testamento, lo attestano chiaramente. Il libro del Siracide (28,2-4) afferma: “Perdona l’offesa al tuo prossimo; e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore?”. La lettera agli Efesini (4,32) così si esprime: “Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo”. Dio stesso è il modello di misericordia (Lc 6,35ss.) per coloro che lo riconoscono come Padre e che lo devono imitare per essere suoi veri figli (Mt 5,43ss.). Tra i libri del Nuovo Testamento il Vangelo di Matteo privilegia il motivo del perdono fraterno, condizione previa e indispensabile per poter entrare in comunione con Dio nel culto: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Il perdono deve poi essere illimitato: alla domanda di Pietro: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Pino a sette volte?”, Gesù risponde: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,21-22).
Nella parabola del debitore spietato, Matteo evidenzia che l’uomo graziato da Dio e l’uomo che perdona il fratello sono inscindibili: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?” (Mt 18,32-33). Il perdono fraterno è uno degli elementi essenziali della vita nuova e predetermina il giudizio finale: “Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi” (Mt 6,14-15). D’altronde, nel Padre nostro, i figli che si rivolgono al Padre dicono: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12). La misura del perdono è Dio stesso, la cui misericordia e bontà deve essere personalizzata e fatta propria dall’uomo che vuole essere veramente figlio di Dio: “Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimi): perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Il perdono incondizionato e costante «è l’elemento fondamentale per l’appartenenza al Regno dei cieli, in quanto è la condizione indispensabile per ottenere il perdono del Padre celeste, e, quindi, la salvezza» (P. Benito Camporeale).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo...