14 Agosto 2018
MARTEDÌ XIX SETTIMANA T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore, e imparate da me, che sono mite e umile di cuore ” (Mt 11,29ab - Acclamazione al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Matteo 18,1-5.10.12-14: I bambini sono i discepoli, sono gli uomini “ridiventati bambini” per la semplicità. Ed è questa ultima virtù a spalancare le porte del Cielo. Guai quindi a chi scandalizza uno solo di questi piccoli. La parabola della pecora smarrita ci suggerisce l’immenso, gratuito amore di Cristo, ma ci rivela anche, come ci ammonisce Papa Francesco, un peculiare modus vivendi del cristiano, che è quello di preoccuparsi della sorte dei propri fratelli, correligionari o nemici, senza Dio o eretici: «Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana» (Udienza Generale, 27 marzo 2013). Farsi tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno (1Cor 9,22), questo dovrebbe essere il motore trainante della vita cristiana.
La pecora smarrita e ritrovata: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 604-605: Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da parte nostra: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). «Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). Questo amore è senza esclusioni; Gesù l’ha richiamato a conclusione della parabola della pecorella smarrita: «Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli» (Mt 18,14). Egli afferma di «dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28); quest’ultimo termine non è restrittivo: oppone l’insieme dell’umanità all’unica persona del Redentore che si consegna per salvarla. La Chiesa, seguendo gli Apostoli, insegna che Cristo è morto per tutti senza eccezioni: «Non vi è, non vi è stato, non vi sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto».
I loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 328-329: L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione. Chi sono? Sant’Agostino dice a loro riguardo: «“Angelus” officii nomen est, [...] non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus - La parola angelo designa l’ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura si risponde che è spirito; se si chiede l’ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo». In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che “vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10), essi sono “potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola” (Sal 103,20).
Le figure di angeli - Giantonio Borgonovo: Nella Rivelazione biblica l’angelo risulta caratterizzato in tre modi diversi: a) l’angelo epifanico (o teofanico): è la manifestazione di Dio e la sua presenza efficace nella storia dell’uomo. Dio, tuttavia, rimane sempre trascendente e libero rispetto alla sua manifestazione: l’angelo manifesta Dio come dono e realtà che l’uomo non può controllare o possedere, anche se resta vicina e amante dell’uomo;
b) l’angelo rappresentante: in quanto messaggero creato, l’angelo è un adoratore di Dio, un intercessore a favore dell’uomo e rappresenta un aspetto dell’azione di Dio nel mondo: aiuto, sostegno, protezione, accompagnamento, custodia ecc. (si ricordino i tre nomi Michele, Gabriele e Raffaele);
c) l’angelo interprete: è l’angelo che nell’apocalittica annunzia e spiega l’azione di Dio e nel Nuovo Testamento aiuta ad interpretare il senso della vicenda di Gesù alla luce del progetto divino. In quanto comunicato dagli angeli, il messaggio non ha origine dall’uomo, ma “dall’alto”; anche da questo risulta che la Rivelazione di Dio è gratuita e che l’uomo è libero di accoglierla nella fede. Nel momento in cui Dio dona il Figlio Gesù come unico “interprete del Padre” (Gv 1,18), l’angelo rimane interprete di questo dono e invito alla libera risposta della fede. L’angelo nella Rivelazione ebraico-cristiana non è dunque una figura che esprime la nostalgia per l’assenza di Dio, ma è segno della sua presenza esuberante.
Su questi dati biblici si fonda la sobria affermazione di fede che professa Dio corno Creatore “di tutte le cose visibili e invisibili” così commentata dal Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 350s.): “Gli angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio e servono i suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature. [...] Gli angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini”.
San Massimiliano Kolbe, Martire: Il martirio massima testimonianza di amore, dono insigne, assimila al Maestro: Lumen Gentium 42: Avendo Gesù, Figlio di Dio, manifestato la sua carità dando per noi la vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la vita per lui e per i fratelli (cfr. 1Gv 3,16; Gv 15,13). Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d’amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Se il martirio viene concesso a pochi, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa.
Martirio / Martiri - Alfonso Colzani: Nella storia cristiana, soprattutto dei primi secoli, i due termini designano la testimonianza e i testimoni della fede. Il termine martirio deriva dal greco martyrion: testimonianza resa sotto giuramento con valore di prova. Con questo significato di documento probatorio (dell’Alleanza o della Torà) il termine ricorre frequentemente nella versione greca dell’Antico Testamento e in alcuni luoghi del Nuovo Testamento, caratterizzato dal riferimento a Cristo. L’evangelista Luca introduce un nuovo significato: negli Atti degli apostoli martirio significa rendere testimonianza, inteso come predicare Cristo, compito caratteristico degli apostoli che “con grande forza rendevano testimonianza” (At 4,33). Martiri a partire da Luca 24,48, sono designati i testimoni del Risorto, i quali sono incaricati di essere testimoni fra le genti. Questo compito è chiaramente marcato dalla sofferenza e dal rischio della morte (Stefano, il primo martire cristiano, è chiamato in Atti degli apostoli 22,20 “il testimone fedele”), ma non è caratterizzato dalla concezione più tardiva di martirio come testimonianza del sangue, quanto dall’inalterata e completa proclamazione del messaggio di Cristo. Per l’evangelista Giovanni martyrion è per definizione testimonianza di Cristo, anticipata da Giovanni Battista, testimonianza che lo stesso Cristo rende a se stesso e che i discepoli proclamano e confermano. Giovanni usa il vocabolario dell’esperienza (della fede) e della testimonianza, che ha il senso di conferma della verità di Dio: i discepoli che hanno visto rendono testimonianza e annunciano la vita eterna resasi visibile (1Gv 1,2). Tale processo si realizza con l’aiuto dello Spirito Paraclito, che è colui che rende testimonianza a Gesù (Gv 15,26), ma non sostituisce la testimonianza dei discepoli: “e anche voi mi renderete testimonianza” ( v. 27 ).
Benedetto XVI (Udienza Generale, 11 agosto 2010): [...] da dove nasce la forza per affrontare il martirio? Dalla profonda e intima unione con Cristo, perché il martirio e la vocazione al martirio non sono il risultato di uno sforzo umano, ma sono la risposta ad un’iniziativa e ad una chiamata di Dio, sono un dono della Sua grazia, che rende capaci di offrire la propria vita per amore a Cristo e alla Chiesa, e così al mondo. Se leggiamo le vite dei martiri rimaniamo stupiti per la serenità e il coraggio nell’affrontare la sofferenza e la morte: la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza, nella povertà di chi si affida a Lui e ripone solo in Lui la propria speranza [cfr. 2Cor 12,9]. Ma è importante sottolineare che la grazia di Dio non sopprime o soffoca la libertà di chi affronta il martirio, ma al contrario la arricchisce e la esalta: il martire è una persona sommamente libera, libera nei confronti del potere, del mondo; una persona libera, che in un unico atto definitivo dona a Dio tutta la sua vita, e in un supremo atto di fede, di speranza e di carità, si abbandona nelle mani del suo Creatore e Redentore; sacrifica la propria vita per essere associato in modo totale al Sacrificio di Cristo sulla Croce. In una parola, il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio. Cari fratelli e sorelle, come dicevo mercoledì scorso, probabilmente noi non siamo chiamati al martirio, ma nessuno di noi è escluso dalla chiamata divina alla santità, a vivere in misura alta l’esistenza cristiana e questo implica prendere la croce di ogni giorno su di sé. Tutti, soprattutto nel nostro tempo in cui sembrano prevalere egoismo e individualismo, dobbiamo assumerci come primo e fondamentale impegno quello di crescere ogni giorno in un amore più grande a Dio e ai fratelli per trasformare la nostra vita e trasformare così anche il nostro mondo. Per intercessione dei Santi e dei Martiri chiediamo al Signore di infiammare il nostro cuore per essere capaci di amare come Lui ha amato ciascuno di noi.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “I cristiani, comportandosi sapientemente con coloro che non hanno la fede, s’adoperino a diffondere la luce della vita con ogni fiducia e con fortezza apostolica, fino all’effusione del sangue, «nello Spirito Santo, con la carità non simulata, con la parola di verità» [2Cor 6,6-7]” (DH 14).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai dato alla Chiesa e al mondo san Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire, ardente di amore per la Vergine Immacolata, interamente dedito alla missione apostolica e al servizio eroico del prossimo, per sua intercessione concedi a noi, a gloria del tuo nome, di impegnarci senza riserva al bene dell’umanità per imitare, in vita e in morte, il Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te...