13 Agosto 2018

 LUNEDÌ XIX SETTIMANA T. O.

Oggi Gesù ci dice: “Gerusalemme, loda il Signore, egli ti sazia con fiore di frumento” (Sal 147,12.14 - Antifona alla Comunione).

Dal Vangelo secondo Matteo 17,22-27: Matteo presenta la missione di Gesù alla luce del progetto di salvezza di Dio. Un progetto che necessariamente deve passare attraverso la croce e la morte del Figlio di Dio. Un discorso che risulta ostico agli stessi Apostoli. È da sottolineare il verbo consegnare. Esso indica il progetto che Dio ha pensato per gli uomini: «per la loro salvezza Dio “consegna” Gesù nelle loro mani. Gesù, infatti, non è stato tradito ... solo da Giuda o dagli Anziani, ma è stato “consegnato” a morte da Dio stesso. Gesù non è stato ucciso [nel senso teologico] dai contemporanei [anche se storicamente essi hanno preso parte al consumarsi di questa morte], ma dalle “mani” di ogni uomo [= dai suoi peccati] alle quali Dio ha consegnato Gesù» (Don Primo Gironi).
La tassa chiesta a Pietro è il tributo che a partire dal tempo postesilico tutti i giudei maschi adulti, sia in Palestina che nella diaspora, erano tenuti a versare al tempio per lo svolgimento del culto. Nel tempo neotestamentario ammontava a mezzo siclo = un didramma (Mt 17,24ss), e corrispondeva alla paga giornaliera di un operaio. La moneta d’argento, cui Gesù accenna, era lo statere, una moneta greca equivalente a due didramme. Il cuore del racconto evangelico non è il miracolo in sé, ma il motivo per cui è compiuto: per evitare di scandalizzarli. La tassa consisteva in un contributo annuale e personale per i bisogni del tempio (Es 30,13-15). Gesù, in quanto Dio (Rm 9,5) e autore della Legge, poteva esentarsi da questo obbligo, ma per non dare scandalo invita Pietro a pagare la tassa del Tempio. Un insegnamento ancora oggi assai valido, essere inseriti in un contesto socio-politico significa accettare tutte le regole per una sana e civile convivenza. Solo dinanzi a leggi ingiuste e immorali è doveroso il dissenso

Nuova profezia della passione … la tassa per il tempio - Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Un nuovo sommario (cfr. 16,21) sui discorsi riguardanti la passione-risurrezione. Più succinto del precedente e meno dettagliato: non si fa menzione di Gerusalemme né delle autorità che condanneranno il messia. Anche qui (cfr. 16,21) l’accenno della risurrezione al terzo giorno. Questa volta gli apostoli cominciano a prendere sul serio l’annuncio e rimangono profondamente rattristati. La questione del tributo per il santuario è riportata solo dal primo evangelista. L’intento di Matteo è dimostrare attraverso un esempio proveniente direttamente da Gesù, l’indipendenza della comunità cristiana dalle leggi del culto e dal tempio. Il fatto che Pietro venga interpellato al posto di Gesù è singolare, come è anche singolare che Gesù tratti solo con l’apostolo la questione e lo incarichi di pagare per entrambi. Pietro e Gesù, fanno ormai, al meno quando l’evangelista scrive, causa comune; per l’evangelista l’equiparazione era già avvenuta. L’imposta per il tempio è una legge da cui Gesù riconosce esente se stesso e i suoi sudditi (i figli del regno). Ma una volta salvato il principio della sua personale libertà, per evitare sgradevoli reazioni in anime innocenti o malintenzionate, paga egualmente. E per completare la lezione compie insieme un miracolo. Identico spirito di «accomodamento» mostrerà l’apostolo Paolo in analoghe circostanze (cfr. 1Cor. 8,13; At. 21,26 ecc.).

Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà. Ed essi furono molto rattristati - Claude Tassin (Vangelo di Matteo): Questo secondo annuncio è più conciso del primo. Come in Marco, viene opposto «il Figlio dell’uomo» agli «uomini» che lo uccideranno, quegli «uomini», giudei o pagani, nei quali Matteo vede tutti coloro che rifiutano la fede cristiana. La scena ha come quadro la Galilea, dove si riuniscono un’ ultima volta i discepoli prima della partenza per la Giudea (cfr. 19,1). Questi ultimi ricevono le parole di Gesù con afflizione: un lungo cammino resta loro da percorrere per accettare le vedute di Dio. Come il primo annuncio della passione, questo è seguito da un dialogo con Pietro, in un clima assai fraterno tra lui e Gesù.

La tristezza - Anselm Urban: Sia l’Antico Testamento che il Nuovo Testamento annunciano la salvezza di Dio, vogliono essere cioè “lieto messaggio” in mezzo a tutta la tristezza di questo mondo. La gioia nel Signore è la forza dei suoi fedeli (Ne 8,10); c’è però una allegrezza sguaiata, superficiale che minimizza la necessità di costante conversione alla quale i profeti fanno appello. La penitenza anche nelle sue forme esteriori: vestiti di lutto, lamentazioni ecc. - è l’accettazione consapevole della tristezza conseguente il peccato: è amaro aver abbandonato il Signore (Ger 2,9). Ma c’è anche una tristezza del mondo che porta alla morte (2Cor 7,9s) perché si chiude all’offerta di Dio che rende felici (Mc 10,22). Gesù Cristo è venuto per consolare gli afflitti (Mt 5,4) e per sanare coloro che hanno il cuore spezzato (Lc 4,18 molti manoscritti). Ma come poteva avvenire questo se non attraverso il patimento, da parte sua, di tutta la nostra tristezza per la lontananza di Dio (Gv 11,33s; Mc 14,34)? Questo eone rimane anche per i credenti colmo di tristezza e di sofferenza. Soltanto per il futuro c’è la promessa che Dio tergerà ogni lacrima (Ap 21,4).

Ma, per evitare di scandalizzarli - Benedetto Prete (Vangelo secondo Matteo): Per non suscitare dello stupore tra i semplici, Gesù paga l’imposta per il tempio; inoltre l’atto in sé era buono, poiché suggerito da un sentimento religioso, Cristo quindi lo compie.
Il Maestro poteva servirsi di mezzi naturali per avere il denaro necessario per il pagamento, egli tuttavia è ricorso ad un miracolo; l’elemento soprannaturale consiste nell’aver predetto con circostanze dettagliate il modo con il quale il Maestro e Pietro avrebbero pagato la tassa. I pesci si gettano avidamente su ciò che avvistano, uno di essi aveva ingoiato uno statere. Pietro lo prende con l’amo e vi trova la moneta desiderata [...] Lo statere valeva quattro dramme (cioè due didramme) e serviva esattamente per il pagamento della tassa di Gesù e di Pietro (consegnalo ad essi per me e per te). L’episodio ha un valore speciale per il Vangelo “ecclesiastico” di Matteo; questo evangelista, che sottolinea la preminenza di Pietro sopra gli altri apostoli, ricorda come Gesù abbia associato questo discepolo a sé, facendolo partecipe dello stesso miracolo e dandogli un segno manifesto di una particolare attenzione. Il miracolo svela indirettamente le condizioni nelle quali amava vivere Cristo; egli non possedeva nemmeno la piccola somma per soddisfare il tributo al tempio.

Lo scandalo Scandalo (gr. skandalon = trappola, inciampo) - Günter Stemberger: Significa tutto ciò che è motivo d’incredulità e di peccato. Cristo stesso, il figlio del falegname, è pietra d’inciampo, alla maniera di JHWH (Is 8,14s). Egli non adempie le aspettative del popolo (Lc 2,34), esige una ubbidienza troppo grande (1Pt 2,9), diventando così l’inciampo di molti che non vogliono credere. Israele lo rigetta come un’inutile pietra da costruzione (Mc 2,10). Perfino i suoi discepoli lo abbandonano (Gv 6,66). Lo scandalo di Cristo raggiunge il punto culminante nello scandalo della croce (Gal 5,11). Beato colui che non si scandalizza di lui (Mt 11,6).
Non soltanto Cristo può essere scandalo dell’uomo, ma anche lui stesso con le sue brame, la sua mano, il suo piede, il suo occhio. Tutto ciò può essergli di scandalo, diventare motivo di peccato (Mc 9,43ss). Egli deve allora rinunciare a tutto per non scandalizzarsi. Chiunque però dà scandalo ai piccoli, cioè a quanti credono, meglio sarebbe non fosse nato (Mc 9,42). Questi infatti porta alla perdizione uno per il quale Cristo è morto (Rm 14,15). Gli scandali sono il male del mondo (Mt 18,7). Ciononostante devono avvenire e fanno parte del piano salvifico di Dio. Gesù ha predetto questi scandali in particolare per la fine del mondo (Gv 16,1ss). Ma guai a colui per mezzo del quale essi avvengono. 

Lo scandalo è una colpa grave: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 2284-2285: Lo scandalo è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza. Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore questa maledizione: «Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli, [...] sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18,6). Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore.

I figli sono esenti - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Gesù è il Figlio del Padre ed è più grande del tempio stesso; non era perciò obbligato a un tributo destinato al culto di Dio: libertà che estende ai suoi discepoli, suoi fratelli, che sono figli dello stesso Padre. Tuttavia, « perché non si scandalizzino », rinuncia al suo diritto e si sottomette alla tassa per il tempio. Ma il modo, umoristico, di pagarla dà origine al miracolo più curioso di tutto il vangelo, quando dice a Pietro: «Va’ al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento - uno statere, secondo il testo greco, equivalente a quattro dramme -. Prendila e consegnala a loro per me e per te». L’episodio sembra rispecchiare l’atteggiamento dei giudeo-cristiani della Chiesa primitiva verso l’imposta religiosa. Essendo giudei, conservavano una grande devozione per il tempio di Gerusalemme. Ma man mano che il cristianesimo nascente si allontanava dal giudaismo ufficiale, aumentava il numero dei partigiani dell’emancipazione cultuale. Idea che non era, pertanto, esclusiva delle comunità elleniste di san Paolo. Se i giudeo-cristiani della comunità di Matteo - l’unico evangelista che riporta questo incidente - continuarono per qualche tempo a pagare la tassa del tempio era, come Gesù, «per non scandalizzare», non perché si sentissero obbligati. Il problema si estese alle relazioni con il potere politico sociale dello Stato, con la tassa civile che pagavano solo gli stranieri. I cristiani si consideravano cittadini liberi e figli di Dio, fratelli di Gesù, che li aveva riscattati. Tuttavia, per non creare problemi, facevano buon uso della loro libertà «rendendo a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Mc 12,17).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Essere inseriti in un contesto socio-politico significa accettare tutte le regole per una sana e civile convivenza. Solo dinanzi a leggi ingiuste e immorali è doveroso il dissenso.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa:  Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…