8 Novembre 2025
Sabato XXXI Settimana T. O.
Rm 16,3-9.16.22-27; Salmo Responsoriale Dal Salmo 144 (145); Lc 16,9-15
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
tu solo puoi dare ai tuoi fedeli
il dono di servirti in modo lodevole e degno;
fa’ che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
La ricchezza - Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: n. 323 Nell’Antico Testamento si riscontra un duplice atteggiamento nei confronti dei beni economici e della ricchezza. Da un lato apprezzamento verso la disponibilità dei beni materiali considerati necessari per la vita: talora l’abbondanza - ma non la ricchezza o il lusso - è vista come una benedizione di Dio. Nella letteratura sapienziale, la povertà è descritta come una conseguenza negativa dell’ozio e della mancanza di laboriosità (cfr. Pr 10,4), ma anche come un fatto naturale (cfr. Pr 22,2). Da un altro lato, i beni economici e la ricchezza non sono condannati per se stessi, ma per il loro cattivo uso. La tradizione profetica stigmatizza gli imbrogli, l’usura, gli sfruttamenti, le vistose ingiustizie, specie nei confronti dei più poveri (cfr. Is 58,3-11; Ger 7,4-7; Os 4,1-2; Am 2,6-7; Mi 2,1-2). Tale tradizione, pur considerando un male la povertà degli oppressi, dei deboli, degli indigenti, vede in essa anche un simbolo della situazione dell’uomo davanti a Dio; da Lui proviene ogni bene come un dono da amministrare e da condividere.
n. 325 Gesù assume l’intera tradizione dell’Antico Testamento anche sui beni economici, sulla ricchezza e sulla povertà, conferendole una definitiva chiarezza e pienezza (cfr. Mt 6,24 e 13,22; Lc 6,20-24 e 12,15-21; Rm 14,6-8 e 1 Tm 4,4). Egli, donando il Suo Spirito e cambiando i cuori, viene ad instaurare il « Regno di Dio », così da rendere possibile una nuova convivenza nella giustizia, nella fraternità, nella solidarietà e nella condivisione. Il Regno inaugurato da Cristo perfeziona la bontà originaria del creato e dell’attività umana, compromessa dal peccato. Liberato dal male e reintrodotto nella comunione con Dio, ogni uomo può continuare l’opera di Gesù, con l’aiuto del Suo Spirito: rendere giustizia ai poveri, affrancare gli oppressi, consolare gli afflitti, ricercare attivamente un nuovo ordine sociale, in cui si offrano adeguate soluzioni alla povertà materiale e vengano arginate più efficacemente le forze che ostacolano i tentativi dei più deboli di riscattarsi da una condizione di miseria e di schiavitù. Quando ciò accade, il Regno di Dio si fa già presente su questa terra, pur non appartenendole. In esso troveranno finalmente compimento le promesse dei Profeti.
I Lettura: Il progetto di salvare l’uomo, pensato da Dio fin dall’eternità e rimasto nascosto per secoli, viene, nella pienezza dei tempi, rivelato in Cristo Gesù. Un vangelo di salvezza per tutti gli uomini: per il popolo d’Israele innanzi tutto, ma anche per i pagani. L’apostolo Paolo, costituito ministro di questo annuncio, invita tutti i credenti, per tanta misericordia, a ringraziare e a lodare Dio.
Vangelo
Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Parole chiare, come acqua di sorgente: o il tuo cuore è incollato alla carne, al mondo, al diavolo, o è incollato al Cuore di Cristo. Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio (Gal 5,19-21). Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui (1Gv 2,15). Chi ha per padre il diavolo vuole compiere i desideri del padre suo (Gv 8,44). Al contrario, quelli che sono di Cristo Gesù sono morti al mondo (Col 2,20), hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri (Gal 5,24), hanno vinto il Maligno (1Gv 2,13): “Sappiamo che chiunque è stato generato da Dio non pecca: chi è stato generato da Dio preserva se stesso e il Maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno. Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna” (1Gv 5,18-20). Parole chiare, come acqua di sorgente: Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 13,9).
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,9-15
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».
Parola del Signore.
Nella Chiesa, Corpo di Cristo, chi non opera per la sua crescita secondo la propria capacità e attività deve dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso. Da qui l’invito a procurarsi la salvezza mettendo in campo anche la ricchezza disonesta. Disonesta perché spesso è frutto di loschi affari: l’avidità del denaro, «radice di tutti i mali» (1Tm 6,10), «ha corrotto molti e ha fatto deviare il cuore dei re» (Sir 8,2).
... essi vi accolgano nelle dimore eterne. Gesù offre agli uomini due mezzi per salvarsi, ma il loro uso è estremamente complesso. Il primo è: Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti, non si è affidabili se non si è onesti, sempre, anche nelle cose minute. E questo significa perenne trasparenza. Il secondo mezzo è: Non potete servire Dio e la ricchezza: «Non abbiamo che un solo Signore, e dobbiamo servirlo con tutto il cuore, con i talenti che Egli stesso ci ha dato, impiegando tutti i mezzi leciti, la vita intera. Verso di Lui dobbiamo orientare, senza eccezioni, tutti gli atti della vita: il lavoro, gli affari, il riposo» (Francisco Fernandez-Carvajal).
Il cristiano non ha un tempo per Dio e un altro per gli affari del mondo. E qui è come camminare sulle sabbie mobili.
Ricchezza, traduce il greco mammóna che è una parola dall’origine aramaica dall’etimologia incerta. Alcuni studiosi hanno suggerito di collegarla alla radice ebraica ‘mn (da cui proviene il termine amen) che indica fiducia, affidamento; secondo altri è meglio collegata al termine ebraico matmon, che significa tesoro; altri ancora ritengono possa derivare dall’ebraico mun (provvedere il nutrimento). Il significato dei diversi campi semantici converge comunque nel concetto di sicurezza materiale. Se così inteso, il denaro si oppone a Dio: solo lui può dare stabilità all’uomo.
… ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole. Sembra chiudersi qui l’insegnamento della parabola, ma in verità Gesù vuol tracciare ai discepoli un programma di vita, e per comprenderlo dobbiamo rifarci alla parabola dell’“amministratore disonesto e scaltro” (Lc 16,1-8).
Praticamente, Gesù vuole suggerire un programma di vita che non può e non deve coincidere con quello dell’amministratore disonesto e scaltro.
Rileggendo la parabola comprendiamo che l’obiettivo che si pone il fattore infedele è il massimo godimento personale e la sicurezza della propria vita a discapito degli altri. È per questo che l’amministratore imbroglia il suo padrone. Disonesto e astuto, l’unico suo fine è quello di godersi le cose di questo mondo e, per farlo, non gli importa se gli altri vengono defraudati dei loro diritti. E Gesù qui è lapidario: i figli di questo mondo sono molto ingegnosi per raggiungere questo obiettivo e se è necessario anche calpestando e sfruttando gli altri! (Lc 16,8).
E questo inequivocabilmente è disonesto e immorale, anche per una “morale laica”!
L’obiettivo che invece si deve porre il discepolo di Cristo deve andare per un’altra direzione, esattamente all’opposto di quello del fattore infedele.
Morto al peccato e risorto con Cristo, il discepolo, cerca le cose di lassù (Cf. Col 3,1) e suo obiettivo primario sono le gioie che si possono avere alla presenza di Dio (Cf. Sal 16,11), compiacendolo in ogni cosa e servendolo con amore di figlio. Per lui «il vivere è Cristo» e «il morire un guadagno» (Cf. Fil 1,21). Egli anela ad essere un giorno per sempre con Cristo (Cf. Fil 1,23), nella «casa del Padre» (Gv 14,1-3). Egli desidera «una patria» migliore, quella celeste (Cf. Eb 11,13-16). In questa ottica, per il credente, le cose di questo mondo, per quanto importanti, sono del tutto secondarie, anzi, le pone al servizio di Dio e della sua causa!
Illusioni e pericoli della ricchezza - É. Beaucamp e J. Guillet: Se Dio arricchisce i suoi amici, non ne consegue che ogni ricchezza sia frutto della sua benedizione. L’antica sapienza popolare non ignora che esistono fortune ingiuste; ma, si ripete, i beni male acquistati non giovano (Prov 21, 6; 23, 4 s; cfr. Os 12, 9) e l’empio ammassa per far infine ereditare il giusto (Prov 28, 8). Di fatto è male acquistata la ricchezza che finisce per escludere la massa degli uomini dai beni della terra, riservandoli a pochi privilegiati: «Guai a coloro che aggiungono casa a casa ed uniscono campo a campo, al punto da occupare tutto lo spazio, restando i soli abitanti del paese» (Is 5, 8); «le loro case sono piene di rapine, perciò sono diventati importanti e ricchi, grossi e grassi» (Ger 5, 27 s). Empi, ancora, i ricchi che credono di poter fare a meno di Dio: confidano nei loro beni e se ne fanno una fortezza (Prov 10, 15), dimenticando Dio, la sola fortezza valida (Sal 52, 9). Un paese «pieno d’argento e d’oro ... di cavalli e di carri innumerevoli» diventa presto «un paese ripieno di idoli» (Is 2, 7 s). «Chi confida nella ricchezza, vi si inabisserà» (Prov 11, 28; cfr. Ger 9, 22).
Invece di rafforzare l’alleanza, i doni-divini possono offrire l’occasione di rinnegarla: «Sazi, i loro cuori si gonfiarono, e perciò mi hanno dimenticato» (Os 13, 6; cfr. Deut 8, 12 ss). Israele dimentica costantemente donde gli vengono i beni di cui è ricolmo (Os 2) e corre a prostituirsi con gli ornamenti di cui è debitore all’amore del suo Dio (Ez 16). È difficile rimanere fedeli nella prosperità, perché il grasso chiude il cuore (Deut 31, 20; 32, 15; Giob 15, 27; Sal 73, 4-9). È sapienza diffidare dell’argento e dell’oro, quand’anche si fosse re (Deut 17, 17), e ripetere la preghiera in cui Agur riassume dinanzi a Dio la sua esperienza: «Non darmi né povertà né ricchezza; lasciami gustare la mia porzione di pane; per tema che, sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è Jahvè?», oppure che, nella miseria, non rubi e non profani il nome del mio Dio» (Prov 30, 8 s).
Il NT fa sue tutte le riserve del VT nei confronti della ricchezza. Le invettive di Giacomo contro i ricchi pasciuti e la loro ricchezza imputridita eguagliano quelle dei profeti più violenti (Giac 5, 1-5). «Ai ricchi di questo mondo» si raccomanda «di non montare in superbia, di non porre la loro fiducia in ricchezze precarie, ma in Dio che ci provvede con larghezza di tutto» (1 Tim 6, 17). «L’orgoglio della ricchezza» è il mondo, e non si può amare Dio ed il mondo (1 Gv 2, 15 s).
L’amministratore infedele - Ambrogio, In Luc., 7, 246-248: “Se non siete stati fedeli nei beni che vi sono estranei, chi vi darà ciò che è vostro?” (Lc 16,12). Le ricchezze ci sono estranee, perché esse sono fuori della nostra natura: non nascono con noi, né trapassano con noi. Cristo, invece, è nostro, perché è la vita. “Così egli venne nella sua casa, e i suoi non lo ricevettero” (Gv 1,11). Ebbene, nessuno vi darà ciò che è vostro, perché voi non avete creduto a ciò che è vostro, non l’avete ricevuto.
Cerchiamo dunque di non essere schiavi dei beni che ci sono estranei, dato che non dobbiamo conoscere altro Signore che Cristo; “infatti uno è Dio Padre, da cui tutto deriva e in cui noi siamo, e uno è il Signore Gesù, per cui mezzo tutte le cose sono” (1Cor 8,6).
Ma allora? Il Padre non è Signore e il Figlio non è Dio? Certo, il Padre è anche il Signore, perché “per mezzo della Parola del Signore i cieli sono stati creati” (Sal 32,6). E il Figlio è anche Dio, “che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli” (Rm 9,5).
In qual modo allora, nessuno «può servire a due padroni»? È perché non c’è che un solo Signore, dato che non c’è che un solo Dio.
Il Santo del Giorno - 8 Novembre 2025 - Santi Quattro Coronati. Anche con l’opera delle nostre mani scegliamo se fare il bene o il male: Ciò che si può creare con le proprie mani può diventare un inno alla vita oppure strumento di morte, sta a noi la responsabilità di scegliere come usare le nostre abilità, i nostri doni, i nostri carismi. Perché non tutto ciò che si può fare è giusto che sia fatto. L’invito a discernere il bene e il male anche nel nostro lavoro e nelle attività quotidiane oggi ci arriva dalle figure dei santi Quattro Coronati. Una vicenda che ci porta ai primi secoli della Chiesa e ci parla di quattro scalpellini, che furono uccisi per essersi opposti a chi voleva usare la loro arte contro la loro stessa coscienza di credenti. Il Martirologio riporta i loro nomi: erano Claudio, Nicostrato, Simproniano e Castorio, che, secondo la tradizione, esercitavano la professione di scalpellini. La loro vicenda si colloca tra il III e il IV secolo a Srijem in Pannonia, nell’odierna Croazia, anche se risulta difficile definire i contorni storici e biografici di questi antichi testimoni. La bellezza delle loro opere, ispirata dalla loro fede, era oggetto di ammirazione, tanto che il frutto del loro impegno veniva considerato come risultato di un qualche aiuto magico. In realtà a sostenerli erano solo i gesti e le parole della tradizione cristiana. La loro fama era tale che anche l’imperatore Diocleziano venne a conoscenza della loro bravura e decise quindi di ingaggiarli per realizzare una statua del dio Esculapio. Essi, però, davanti alla richiesta di dare forma a una divinità pagana si opposero, suscitando l’ira di Diocleziano. Furono così catturati, flagellati e poi annegati in un fiume, all’interno di casse di piombo. (Matteo Liut)
Rafforza in noi, o Signore, la tua opera di salvezza,
perché i sacramenti che ci nutrono in questa vita
ci preparino a ricevere i beni che promettono.
Per Cristo nostro Signore.