24 Novembre 2025
Santi Andrea Dung-Lac, Presbitero, e Compagni Martri
Dn 1,1-6.8-20; Cantico Dn 3,52-56; Lc 21,1-4
Colletta
O Dio, origine e fonte di ogni paternità,
che nel martirio hai reso fedeli alla croce del tuo Figlio
fino all’effusione del sangue
sant’Andrea [Dung-Lac] e i suoi compagni,
per la loro intercessione concedi a noi
di diffondere il tuo amore tra i fratelli
per chiamarci ed essere tuoi figli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Giovanni Paolo II (Omelia 19 Giugno 1988): I martiri vietnamiti “seminando fra le lacrime”, in realtà iniziarono un dialogo profondo e liberatore con la popolazione e la cultura della loro nazione, proclamando prima di tutto la verità e l’universalità della fede in Dio, proponendo inoltre una gerarchia di valori e di doveri particolarmente adeguata alla cultura religiosa di tutto il mondo orientale. Sotto la guida del primo catechismo vietnamita, diedero testimonianza del fatto che è necessario adorare un solo Dio, come Dio unico che ha creato cielo e terra. Di fronte alle disposizioni coattive delle autorità riguardo alla pratica della fede, essi affermarono la propria libertà di credo, sostenendo con umile coraggio che la religione cristiana era l’unica cosa che non potevano abbandonare, poiché non potevano disobbedire al supremo sovrano: il Signore. Inoltre proclamarono con forza la loro volontà di essere leali nei confronti delle autorità del Paese, senza contravvenire a tutto ciò che fosse giusto e onesto; insegnarono a rispettare ed a venerare gli antenati, secondo gli usi della propria terra, alla luce del mistero della resurrezione. La Chiesa vietnamita, con i suoi martiri e mediante la propria testimonianza, ha potuto proclamare il proprio impegno e la propria volontà di non rifiutare la tradizione culturale e le istituzioni legali del Paese; al contrario ha dichiarato e dimostrato che vuole incarnarsi in questa, contribuendo con fedeltà alla vera crescita della patria.
In seguito, i conflitti e le tensioni politiche che sorsero nelle relazioni dei cristiani con le autorità, gli interessi di altre confessioni religiose, le ragioni economiche e sociali, l’incomprensione riguardo la trascendenza e l’universalità della fede, formarono quel crogiolo terreno in cui venne offerta la purezza e la forza di questa straordinaria testimonianza.
Ma dalla lunga teoria dei martiri, delle loro sofferenze, delle loro lacrime viene la “mietitura del Signore”. Sono loro, i nostri maestri, che mi danno la grande opportunità di presentare alla Chiesa intera la vitalità e la grandezza della Chiesa vietnamita, il suo vigore, la sua pazienza, la sua capacità di affrontare le difficoltà d’ogni sorta e di proclamare Cristo. Rendiamo grazie al Signore per ciò che lo Spirito genera con abbondanza in mezzo a noi!
I Lettura: L’autore del libro del profeta Daniele, contemporaneo ai Maccabei, vuole infondere coraggio agli Israeliti perseguitati e vessati da leggi che sono predisposte a infrangere la loro fedeltà alla Legge di Dio. Così Daniele, Ananìa, Misaèle e Azarìa si accontentano di una pasto povero pur di rimanere fedeli alla Legge.
La penitenza, la vita umile e parca, la povertà del cibo non fiaccano il corpo, e nemmeno lo spirito, ma li rinvigoriscono, donando alla mente senno e intelligenza.
Così per i quattro giovani israeliti, Daniele, Ananìa, Misaèle e Azarìa, la fedeltà alla Legge e il sacrificio vengono ricompensate con il dono della sapienza: Il re parlò con i tre fanciulli, “ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Ananìa, Misaèle e Azarìa, i quali rimasero al servizio del re; su qualunque argomento in fatto di sapienza e intelligenza il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i maghi e indovini che c’erano in tutto il suo regno”.
Vangelo
Il racconto della vedova indigente contiene un insegnamento prezioso per la nostra vita. Foriera di questo insegnamento è una povera vedova. La donna si avvicina alla cassetta delle elemosine e vi getta due monetine, tutta la sua vita, il suo pane, la sua sussistenza: nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere. Gesù misura il valore della sua offerta in base al sacrificio o all’offerta di sé che essa comportava. In questo contesto, Gesù preannunzia il sacrificio della sua vita: come la vedova Egli, con il dono della sua vita, darà tutto per la salvezza del mondo. Additando la vedova come modello da seguire, Gesù indica ai discepoli la via regale dell’amore che non conosce calcoli: in questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (1Gv 3,16).
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,1-4
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Parola del Signore.
Alois Stöger (Vangelo secondo Luca): Alzando gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide pure una povera vedova che vi gettava due spiccioli. Nel cortile anteriore del tempio, destinato alle donne, di fronte all’atrio del tesoro, che era accessibile a tutti i visitatori del tempio, erano situate 13 cassette per le elemosine in forma di tromba. Vi si deponevano i doni richiesti dalla legge e anche altre eventuali offerte spontanee. È quello il luogo dove Gesù sta in questo momento seduto. Egli siede, in qualità di maestro. Solleva gli occhi e osserva come la gente getti i suoi doni nelle cassette per le offerte. Queste ultime sono affidate a un sacerdote di servizio, il quale si fa dire l’entità della somma e il suo scopo, esamina il denaro e, secondo la motivazione che gli viene data, indica in quale delle cassette quella data offerta vada versata. Gesù osserva ciò che avviene. Vede dei ricchi che portano i loro doni e una povera vedova, la quale può offrire soltanto due minuscole monetine.
Ed egli disse: «In verità vi dico che questa povera vedova ha messo più di tutti, perché tutti gli altri hanno offerto in dono a Dio del loro superfluo, mentre costei, nella sua indigenza ha gettato tutto quel che aveva per vivere ». La vedova che fa la sua offerta era povera, e perciò anche disprezzata, come quella donna della quale si narra che avesse un solo pugno di farina per il pasto sacrificale, per cui venne coperta d’insulti dal sacerdote di servizio. Nel giudizio di Gesù la povera vedova aveva dato più dei ricchi. Il suo dono è piccolo, ma al tempo stesso grandissimo. Ha dato tutto ciò che possedeva. Essa affida a Dio la propria vita senza angustie e preoccupazioni (12,22-31). Essa appartiene al numero di coloro che sono dichiarati beati (6,10) e che vivono della parola di Gesù: «Cercate il regno di Dio, e ciò (il necessario per la vita) vi sarà dato in più» (12,31). In lei è rappresentato il popolo di Dio, del quale viene detto: «Non temere, piccolo gregge, perché è piaciuto al Padre vostro di dare a voi il regno» (12,32). Il popolo di Dio non vanta diritti ed è povero, ma offre il poco che ha. Esso non pone la sua fiducia nei possedimenti e nella potenza, ma nel Padre. Cosi viveva la Chiesa primitiva a Gerusalemme: «Tutti i credenti erano uniti e avevano ogni cosa in comune, vendendo le proprietà e le sostanze per dividerle fra tutti secondo che occorreva a ciascuno, e ogni giorno, perseverando concordemente nel tempio e spezzando nelle loro case il pane, prendevano insieme il cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» (Atti, 2,44-47).
La Chiesa vive di tre verità fondamentali. Gesù gliele diede come un viatico che l’accompagnasse lungo il cammino che la porta attraverso i tempi: c’è una risurrezione dei morti; Gesù è Cristo e Signore; la Chiesa è la comunità dei piccoli dei poveri e della loro fiducia in lui.
Vide anche una povera vedova - Pierre Sandevoir - Sola (Bar 4, 12-16), la vedova rappresenta un caso tipico di sventura (Is 47, 9). La sua condizione rende manifesto un duplice lutto: a meno di contrarre un nuovo matrimonio, essa ha perduto la speranza della fecondità; è rimasta senza difesa.
1. L’assistenza alle vedove. - Come l’orfano e lo straniero, la vedova è oggetto di una particolare protezione da parte della legge (Es 22, 20-23; Deut 14, 28-29; 24, 17-22) e di Dio (Deut 10, 17 s) che ascolta il suo lamento (Eccli 35, 14 s) e si fa il suo difensore e vendicatore (Sal 96, 6-10). Guai a coloro che abusano della sua debolezza (Is 10, 2; Mt 12, 40 par.). Gesù, come Elia, restituisce a una vedova il suo unico figlio (Lc 7, 11-15; 1 Re 17, 17-24) e affida Maria al discepolo prediletto (Gv 19, 26 s). Nel servizio quotidiano della Chiesa primitiva, ci si preoccupa di sovvenire alle necessità delle vedove (Atti 6, 1). Se non hanno più parenti (1 Tim5, 16; cfr. Atti 9, 36-39), la comunità deve assumersene la responsabilità, come esige la pietà autentica (Giac 1, 27; cfr. Deut 26, 12 s; Giob 31, 16).
2. Valore riconosciuto alla vedovanza. - Già verso la fine del VT, si assiste alla nascita di una particolare stima per la vedovanza definitiva di Giuditta (Giudit 8, 4-8; 16, 22) e di Anna la profetessa (Lc 2, 36 s), consacrata a Dio nella preghiera e nella penitenza. In Giuditta balza agli occhi il contrasto tra la naturale debolezza e la forza attinta in Dio. Allo stesso modo Paolo, pur tollerando un secondo matrimonio, per evitare i pericoli di una cattiva condotta (1 Cor 7, 9. 39), e arrivando fino ad auspicarlo per le giovani vedove (1 Tim 5, 13-15), considera però migliore la vedovanza (1 Cor 7, 8) e vi vede una provvidenziale indicazione della necessità di rinunciare al matrimonio (7, 17. 24). Infatti, la vedovanza, al pari della verginità, è un ideale spirituale che apre all’azione di Dio e libera per il suo servizio (7, 34).
3. L’istituzione delle vedove. - Nella Chiesa, tutte le vedove devono essere irreprensibili (1 Tim 5, 7. 14). Certune, veramente sole, libere da ogni impegno familiare e aliene da ogni dissipazione, si dedicheranno alla preghiera (5, 5 s). Esiste anche un impegno ufficiale alla vedovanza permanente (5, 12). Vi sono ammesse solo vedove che siano state sposate una volta sola e abbiano raggiunto i sessant’anni (5, 9); è probabile che esercitassero funzioni caritative, perché dovevano fornire per il passato garanzie di dedizione (5, 10). L’ideale proposto alle vedove all’ultima tappa della loro esistenza si riassume quindi nella preghiera, nella castità e nella carità.
Le vedove possono contribuire alla santità e operosità della Chiesa: Lumen gentium 41: I coniugi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono sostenersi a vicenda nella fedeltà dell’amore con l’aiuto della grazia per tutta la vita, e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole, che hanno amorosamente accettata da Dio. Così infatti offrono a tutti l’esempio di un amore instancabile e generoso, edificando la carità fraterna e diventano testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e partecipazione di quell’amore, col quale Cristo amò la sua sposa e si è dato per lei. Un simile esempio è offerto in altro modo dalle persone vedove e celibatarie, le quali pure possono contribuire non poco alla santità e alla operosità della Chiesa. Quelli poi che sono dediti a lavori spesso faticosi, devono con le opere umane perfezionare se stessi, aiutare i concittadini e far progredire tutta la società e la creazione verso uno stato migliore; devono infine, con carità operosa, imitare Cristo, le cui mani si esercitarono in lavori manuali e il quale sempre opera col Padre alla salvezza di tutti, in ciò animati da una gioiosa speranza, aiutandosi gli uni gli altri a portare i propri fardelli, ascendendo mediante il lavoro quotidiano a una santità sempre più alta, santità che sarà anche apostolica.
Il ricco dà solo una piccola cosa - Cirillo di Alessandria (Commento a Luca, omelia 138): Questo potrebbe forse irritare qualcuno tra i ricchi. Noi perciò indirizzeremo loro alcune osservazioni. Tu ti diletti, o uomo ricco, nell’abbondanza dei tuoi averi. [...] Tu offri non tanto in proporzione ai tuoi averi quanto semplicemente ciò di cui non proverai mai la mancanza una volta che l’avrai dato via, una piccola cosa rispetto ad una grande abbondanza.
La donna ha offerto due monete di pochissimo valore, ma non possedeva niente più di quello che ha offerto. Non ha più niente. Con le mani vuote, mani però generose del poco che aveva, si è allontanata dalla camera del tesoro. Forse che ella per questo motivo non porta a ragione la corona? Il decreto di superiorità non le è forse giunto sulla base di un santo giudizio? Forse che ella non ha sorpassato la vostra generosità, in considerazione almeno della sua sollecitudine?
Il Santo del Giorno - 24 Novembre 2025 - Santi Andrea Dung-Lac Presbitero e Compagni, martiri - Il coraggio dei martiri provoca le nostre coscienze: Il sangue versato dai martiri non ha appartenenza, perché ogni credente che ha dato la vita nel nome della fede è un dono per la Chiesa universale, portatore di un messaggio di coraggio e di speranza che provoca le nostre coscienze. Lo fanno anche le tante vittime della persecuzione in Vietnam, dove tra il 1625 e il 1886 furono 53 gli editti contro i testimoni del Vangelo. In 261 anni più di 130 mila cristiani furono uccisi perché testimoni della profezia del Vangelo. Oggi la Chiesa ricorda 117 martiri vietnamiti: 50 preti, 59 laici e 8 vescovi; tra loro anche 11 spagnoli e 10 francesi. Capofila di questo elenco è sant’Andrea Dung Lac, vietnamita, nato nel 1795 e diventato prete nel 1823, dopo essere stato catechista. Durante il suo ministero fu imprigionato più volte e nel 1839 fu portato ad Hanoi, dove gli venne chiesto di abiurare: il rifiuto gli costò la vita. (Matteo Liut)
Nutriti dell’unico pane
nella memoria dei santi martiri [vietnamiti],
ti supplichiamo, o Signore:
fa’ che rimaniamo unanimi nel tuo amore
per conseguire il premio eterno riservato a chi soffre per la fede.
Per Cristo nostro Signore.