23 Novembre 2025
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
2 Sam 5,1-3; Salmo Responsoriale Dal Salmo121 (122); Col 1,12-20; Lc 23,35-43
Colletta
O Padre,
che ci hai chiamati a regnare con te
nella giustizia e nell’amore,
liberaci dal potere delle tenebre
perché, seguendo le orme del tuo Figlio,
possiamo condividere la sua gloria nel paradiso.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
Giovanni Paolo II (Angelus 25 novembre 1990) - Solennità di Cristo Re dell’Universo - 1. La solennità di Cristo Re dell’Universo conclude oggi il ciclo annuale delle celebrazioni liturgiche, con cui la Chiesa commemora e rivive i misteri della vita del Signore: l’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo di Maria, la sua nascita, la sua morte e risurrezione, il dono dello Spirito Santo. La Chiesa ha ascoltato nella proclamazione delle Scritture, domenica dopo domenica, con costante attenzione e viva fede, le parole del Maestro. Ora, concludendo questo spirituale cammino, essa medita sul ritorno di Cristo, sul pieno compimento del Regno da lui predicato, e ama rinnovare la propria fede in Gesù, Re dell’Universo.
Egli è Re di bontà, donatore di grazia, che nutre il suo popolo e lo vuole raccolto attorno a sé, come un pastore che passa in rassegna il suo gregge, raduna le sue pecore da tutti i luoghi, dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine (cf. Ez 34, 12); le vuole illuminare e far riposare. Gesù Cristo è Re di misericordia, testimone e segno della bontà di Dio Padre.
2. La solennità odierna riassume così anche l’intera predicazione della Chiesa sul mistero di Cristo, di colui che per noi è via, verità e vita, principio e modello di un’umanità nuova, nata dalla sua passione e dal suo sangue: un’umanità che egli vuole permeata di amore fraterno, di sincerità e di spirito di pace. In Cristo Re, inoltre, la Chiesa riconosce che al di là di tutto ciò che muta stanno cose immutabili ed eterne, un regno preparato per coloro che credono e amano.
Con tutta la Chiesa anche noi oggi annunciamo: bisogna che Cristo regni (cf. 1 Cor 15, 25). Siamo, infatti, convinti che questo è l’annuncio da tutti atteso, anche se forse inconsapevolmente. L’annuncio si fa, perciò, preghiera: a Cristo chiediamo di costruire nelle tormentate vicende della nostra storia il suo regno d’amore.
3. Lo chiediamo nella luce delle parole dell’Angelus: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Lo chiediamo per l’intercessione della Vergine Maria, di colei che per prima credette alla parola divina, per prima l’accolse nella sua vita, entrando a far parte del suo regno; di colei che ora ci precede nel cammino verso la piena comunione col mistero di Cristo. Nella fede di Maria santissima noi cerchiamo il sostegno per la nostra fede (Redemptoris Mater, 10) e per il nostro pellegrinaggio verso l’adempimento del Regno di Dio.
Prima Lettura:
Il brano è il racconto della unzione regale di Davide e del riconoscimento da parte di tutte le tribù d’Israele: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne». Con il regno davidico Israele, unificandosi politicamente sotto un unico re, raggiungerà l’apice della potenza e della espansione. Con l’unzione regale, si realizza la parola del Signore (1Sam 16,1.13): per volontà divina Davide sarà pastore e capo. Pastore è uno dei più antichi titoli attribuiti ai re in tutto il mondo antico: dice responsabilità e cura indefessa del popolo; si dirà anche del Cristo (1Pt 2,25; 5,4) e del suo vicario in terra (Gv 21,15ss).
Seconda Lettura: San Paolo descrive l’opera della salvezza come passaggio dalle tenebre al Regno del Cristo, Regno di luce (v. 13). Questa opera salvifica è iniziativa del Padre. È lui infatti che ci ha resi eredi della promessa, mettendoci in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce (v. 12; Ef 1,11-13).
La seconda parte del brano (vv. 15-20) è un inno al primato assoluto di Cristo.
Vangelo
Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.
Nel brano evangelico odierno i versetti 39-43 sono propri di Luca e sono elaborati sulla linea della letteratura dei martiri. La morte del giusto, intesa come martirio (= testimonianza), conquista i peccatori (vv. 40-42). Nel testo, poi, possiamo ravvisare queste indicazioni: Gesù è il Signore, ha potere sulla vita e sulla morte; Giudice degli uomini dona il premio ai giusti e il castigo ai reprobi. Infine, l’universalità della salvezza. Tutti gli uomini sono chiamati al banchetto del Regno. È la fede in Gesù a salvare l’uomo: «oggi con me sarai nel paradiso». Luca, ancora una volta, testimonia, con delicata finezza, la misericordia di Dio che si rivela soprattutto nel perdono (Cf. Lc 15).
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 23,35-43
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Parola del Signore.
Il popolo stava a vedere - Il popolo sta a guardare la terrificante morte di Gesù, ma non si unisce ai dileggi dei capi e dei soldati.
La folla sembra essere soltanto smarrita: l’Uomo che pende dalla croce ha fatto solo del bene e numerose sono le testimonianze; molti hanno ritrovato la sanità fisica, altri quella spirituale, ecco perché quella morte crudele appare incomprensibile, assurda. Testimone di tanta bontà è anche uno dei due malfattori appesi alla croce: «Noi, giustamente ... riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
Sentimenti opposti anche alla morte di Gesù: «le folle che erano accorse a questo spettacolo, se ne tornavano percuotendosi il petto» (Lc 23,48); i capi invece si preoccuperanno di ben custodire il sepolcro per timore di essere subornati dai discepoli del Crocifisso (Cf. Mt 27,62-65).
... i capi invece deridevano Gesù ... anche i soldati lo deridevano ... Gli insulti che impietosamente piovono su Gesù riprendono i capi di accusa che lo hanno portato al patibolo: le guide del popolo, nell’insultare il Cristo, si riferiscono alla dichiarazione del processo giudaico (Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto); i soldati, invece, a quella del processo romano (Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso).
Il Cristo di Dio, l’eletto ... Luca usa le stesse parole che troviamo nella confessione di Pietro: «Il Cristo di Dio» (9,20). E l’eletto ricorda la voce della nube nella trasfigurazione: «... dalla nube uscì una voce, che diceva “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”» (9,35).
Anche i soldati lo deridevano ... Al morente i soldati porgono dell’aceto: per Luca è un gesto di scherno, diversamente da Matteo e Marco che forse vi ravvisano un gesto di pietà (Cf. Gv 19,28s). L’offerta dell’aceto, bevanda acidula di cui facevano uso i soldati romani, potrebbe alludere al Salmo 69,22: «Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto».
Sopra di lui c’era anche una scritta ... In questa cornice, la scritta che campeggia sulla croce è più una provocazione che un’attestazione della regalità del Cristo.
Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Due sono i malfattori che condividono la triste sorte di Gesù. Uno rabbiosamente fa coro con coloro che vomitano insulti; l’altro, reagendo con forza e dando prova di intuire il progetto salvifico del Cristo, si affida a Gesù chiedendogli «non una liberazione momentanea [come l’altro ladrone si sarebbe augurato], ma la salvezza eterna [riconosce in Gesù il Messia-salvatore]» (Carlo Ghidelli).
Nelle parole del morente si può raccogliere quindi una richiesta di salvezza: lui, condannato alla pena capitale, nel momento in cui sta per attraversare definitivamente la porta della morte si affida a Colui che ha dimostrato di essere giusto perché entrato nel suo regno si ricordi di lui.
Il buon ladrone «chiede un ricordo [forse una raccomandazione]. Senza che ne abbia lucida coscienza, il regno invocato è quello che cresce in terra, ma che si radica in cielo, quello che avviene nel tempo, ha caratteri di eternità. È il regno che Gesù sta meritando con il sacrificio della sua vita. È il regno che potrebbe avere il suo archetipo in quel giardino, un tempo luogo di incontro amoroso tra Dio e la sua creatura [Cf. Gen 2], e ora sigillato dal peccato. Gesù si appresta a riaprirlo. Non servono chiavi. Occorre un atto di amore infinito che può compiere solo il Figlio dell’uomo che è altresì il Figlio di Dio» (Mauro Orsatti).
Oggi con me sarai nel paradiso. Il malfattore ottiene in modo insperato il dono desiderato: entrerà in Paradiso con il Cristo. Questo termine compare nel Nuovo Testamento soltanto qui, in 2Cor 12,4 e Ap 2,7. La promessa è solenne e nella risposta va messo in evidenza l’oggi: «la salvezza, che il ladrone si aspettava per la fine dei tempi, con la risurrezione dei giusti, gli viene offerta al momento della morte ... La rappresentazione giudaica dell’oltretomba come di un luogo di delizie insieme con i patriarchi viene superata in senso cristiano con la certezza della partecipazione dopo la morte alla vita beata di Cristo, assiso alla destra di Dio, senza con questo escludere l’attesa del giudizio finale nella parusia del Figlio dell’uomo, comune nella concezione escatologica futura della chiesa primitiva» (Angelico Poppi).
Questa promessa di Gesù si farà verità per tutti i credenti: la morte non è tolta, ma viene trasformata in passaggio alla vera vita e alla vera felicità.
Le parole di Gesù inaugurano il nuovo esodo che porta finalmente l’umanità verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele (Es 3,8).
«Il peccato, che aveva chiuso il paradiso, viene sconfitto dalla redenzione, che lo riapre. Comincia il ritorno dell’umanità espulsa, errante senza posa. La dispersione è giunta ai suoi limiti estremi, Si compie il grande ritorno, la svolta decisiva. E il primo, che compie qui questa svolta, è un criminale condannato. Decisivi per la vita dell’uomo non sono i peccati che ha commessi, ma la fede, con la quale si volge a Cristo per riceverne la grazia» (Richard Gutzwiller).
Antonio Di Marco (Regno in Schede Bibliche) Gesù e il regno - È Gesù stesso il regno. Esso è presente nel suo agire e nella sua persona (Mt 12,28; Lc 17,20-21). Perciò non c’è differenza tra la scelta per il regno (Lc 18,29) e la scelta per Gesù (Mt 19,29; Mc 8,35). Matteo 16,28 può descrivere la potente epifania del regno come l’arrivo del Figlio dell’uomo nel suo regno, e Gesù può annunziare la felicità escatologica come un bene del suo regno (Lc 22,30). Questa identità è per ora ancora nascosta, e costituisce perciò il mistero del regno che viene manifestato solo a chi crede (Mc 4,11). Ma è realmente operante in Gesù che compie i miracoli, scaccia i demoni e annienta il regno di Satana (Lc 11,20; cf. 10,18; 4,17-19).
Gesù manifesta la coscienza della sua regalità parlando in modo altamente significativo del «mio» regno (Lc 22,28-30; cf. Mc 10,29 con Mt 19,29 e Lc 18,29; Mt 16,28 con 20,21; Mc 12,34 con 10,21). Cristo divide la storia della salvezza in due epoche: la prima - la legge e i profeti - arriva sino alla venuta di Giovanni Battista; con Cristo inizia la seconda, nella quale il regno è «annunziato» e insieme patisce violenza (Lc 16,16; cf. 7,28; Mt 11,12-13). Con Gesù comincia l’eschaton, con lui «il tempo è compiuto e si è avvicinato il regno di Dio» (Mc 1,15); con lui è presente il momento decisivo della storia (Rom 13,11). Ormai «l’anno di grazia di Iahvé» è promulgato (Lc 4,19; Is 61,2). È Gesù l’oggetto dell’attesa dei profeti. Il suo intervento personale supera quello dei profeti (Lc 16,16); la sua predicazione è superiore a quella di Giona o alla sapienza di Salomone (Mt 12,41-42); egli è al di sopra anche di Mosè (Mt 5,21-48). La missione di Gesù costituisce la fase preliminare di questo nuovo periodo, che è l’avvento del regno; la missione di Gesù non consiste soltanto nell’annunziare l’avvento del regno, ma anche nell’iniziarlo. La sua presenza è una prima epifania del regno di Dio; egli infatti vuole salvare non dominare; per questo si rivolge soprattutto ai più sprovveduti su cui pesano le conseguenze del peccato; per essi proclama le beatitudini (Mt 5,3-12), che traducono concretamente il messaggio centrale di Gesù: il regno di Dio è vicino.
Il regno che Gesù inaugura ha dunque chiaramente due fasi, una presente nel nascondimento, e una futura nell’esaltazione e nella gloria; la sua venuta attuale, nell’umiltà, prelude alla sua venuta finale nella gloria, di cui una manifestazione con potenza è la Risurrezione (Mt. 28; Lc 24; Rom 1,1-4).
Gesù ha chiari in mente i due aspetti del regno, e pone l’accento ora sull’uno ora sull’altro. Questo doppio carattere costituisce l’oggetto delle «parabole del regno»: esso viene all’uomo nella parola semplice di Gesù, incontra opposizioni, ma, ciò nonostante, può crescere (Mt 13,3-8.18-23 e par.).
Satana può impedire con i suoi intrighi la realizzazione del regno di Dio, ma l’intervento di Gesù giudice farà trionfare il suo regno (Mt 13,24-30.37-43.47-50).
L’inizio insignificante del regno non esclude uno sviluppo glorioso nella parusia (Mt 13,31-32). E tutto è opera di Dio (Dan 2,34.44-45), come lo sviluppo del seme nella spiga (Mc 4,26-29).
L’attività presente di Gesù corrisponde alla semina, o all’inserimento del lievito nella pasta; con Gesù, quindi, il processo di crescita è iniziato ed è in un senso vero la presente manifestazione del regno. Con Gesù è stata inaugurata l’era messianica, ma non è ancora completa.
In tal modo Gesù sembra anche chiarire l’escatologia messianica: l’eschaton non è un cataclisma improvviso, ma una nuova èra, distinta dalla decisiva e ultima manifestazione della potenza divina. Dio ha cominciato a governare il mondo. Il regno escatologico di Dio è stato inaugurato: la sua realizzazione definitiva appare e si può dire vicina, secondo un modo di esprimersi comune ai profeti dell’Antico Testamento. Esso però conosce varie tappe, in continuità fra di loro, e tutte tendenti al compimento definitivo.
I Giorni del Signore - Oggi ««In verità ti dico». La risposta di Gesù è una solenne parola in cui è racchiusa tutta la sua autorità; ben oltre la richiesta.
«Oggi». Il giorno della morte è quello della salvezza per chiunque si volga a Gesù con fiducia. Il tempo dell’attesa si è trasformato in tempo della realizzazione.
Luca insiste in modo molto particolare su questo «oggi» della salvezza.
«Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore»: questa è la buona novella annunciata ai pastori di Betlemme (Lc 2,11). Fin dall’inizio del suo ministero Gesù, nella sinagoga di «Nazaret, dove era stato allevato», dopo aver letto il brano del profeta Isaia che annunciava «un anno di grazia del Signore», proclama: «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,21: III domenica). Nella casa di Zaccheo, che ha appena dato la metà dei suoi beni ai poveri e promesso di riparare agli eventuali torti loro fatti, dichiara: «Oggi salvezza è entrata in questa casa» (Lc 19,9: XXXI domenica).
«In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». È uno splendido esempio del dovere di aspirare con tutte le forze alla conversione, il fatto che il perdono sia concesso tanto in fretta a un malfattore, e il dono superi in abbondanza la domanda; il Signore infatti dà sempre più di quanto gli chiediamo. Colui pregava che il Signore si ricordasse di lui, quando fosse giunto nel suo regno, ma il Signore gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». La vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo la c’è il regno (Ambrogio, Commento su san Luca, 10,121 (Sources Chrétien-2, Cerf, Paris 1958, pp. 195-196).
Nel paradiso - «Il paradiso» è la dimora celeste preparata da Gesù per i discepoli che con lui hanno resistito nelle prove (Lc 22,28-29), È il regno in cui entra Cristo Re dell’universo, passando attraverso la morte e nel quale introduce quelli che «con lui» varcano la stessa soglia, la stessa Pasqua.
«Oggi» dunque è l’ora della scelta decisiva. Riuniti per la liturgia, non siamo certo tra quelli che deridono Gesù in croce e ironizzano sulla sua morte. Al contrario, le loro blasfeme canzonature ci toccano nel profondo di noi stessi.
Abbiamo voglia di gridare ai soldati e all’altro malfattore: «Tacete, non sapete quello che dite: come è possibile che non abbiate nemmeno un po’ di timor di Dio?».
Siamo con la folla che resta a guardare in una contemplazione così intensa da non sentire forse nient’altro se non quel che dice Gesù: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso», mentre si imprime dentro di noi la preghiera: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Tutti vedranno il suo arrivo - La seconda venuta di Cristo non avverrà di nascosto - Ecumenio, Commento all’Apocalisse 1, 15,3: Lo vedrà ogni occhio e coloro che lo trafissero: nella sua seconda venuta nella gloria non verrà di nascosto, né furtivamente come nella prima, quando appariva al mondo con la carne - il profeta, mostrando ciò che di quella venuta era stato celato, diceva: Scenderà come pioggia sulI’ erba, come acqua che irrora la terra (Sal 71, 6) -, ma verrà in libertà e in modo manifesto cosicché ogni occhio lo veda, lo vedano coloro che hanno peccato molto e gli empi, tra i quali debbono essere annoverati coloro che lo ingiuriarono o lo trafissero.
Il Santo del Giorno - 23 Novembre 2025 - San Gregorio II di Agrigento, Vescovo: Nato ad Agrigento nel 559 e avviato alla carriera ecclesiastica, si entusiasmò per i continui pellegrinaggi che in quel tempo si organizzavano per la Terra Santa, e nel 578 partì per Cartagine. Da qui viaggiò fino a Gerusalemme. Dopo la visita ai luoghi santi, si ritirò per quattro anni in solitudine di studio e di preghiera, e nel 584, rientrò a Gerusalemme. Di là si recò in Antiochia e a Costantinopoli dove la sua fama giunse all’orecchio dell’Imperatore Maurizio. Fu invitato a prendere parte ad un concilio tenuto a Costantinopoli. Giunto a Roma fu consacrato vescovo e destinato alla chiesa agrigentina, dove tornò nel 591. A causa di un’accusa ingiusta fu incarcerato a Roma ma il papa, in un concilio di 150 vescovi per discutere la causa di Gregorio, ne riconobbe l’innocenza. Nel 595 costruì nella sua diocesi un tempio ai Santi Pietro e Paolo. Fondò parecchi collegi per l’istruzione delle donne, aiutato dalla madre. Studioso di teologia e delle scienze fisiche e mediche lasciò molti scritti. Sostenne la teoria del movimento della terra attorno al sole, conciliando la scienza con l’interpretazione della Bibbia. Negli ultimi anni della sua vita si ritirò in solitudine. Morì ad Agrigento nel 630. (Avvenire)
O Padre, che ci hai nutriti
con il pane della vita immortale,
fa’ che obbediamo con gioia
ai comandamenti di Cristo, Re dell’universo,
per vivere senza fine con lui nel regno dei cieli.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.