18 Novembre 2025
 
Martedì XXXIII Settimana T. O.
 
2Mac 6,18-31; Salmo Responsoriale Dal Salmo 3; Lc 19,1-10
 
Colletta
Il tuo aiuto, Signore Dio nostro,
ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Una vita più bella - Catechismo degli Adulti [n. 143]: Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l’armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose; riscopre un bene originario, che in fondo da sempre attendeva. Zaccheo, capo degli esattori delle tasse a Gèrico, non aveva fatto altro che accumulare ricchezze, sfruttando la gente e procurandosi esecrazione da parte di tutti. Quando Gesù gli si mostra amico e va a cena da lui, comincia a vedere la vita con occhi nuovi: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Zaccheo deve rinunciare, almeno in parte, alle sue ricchezze; ma non si tratta di una perdita. Solo adesso, per la prima volta, è veramente contento, perché si sente rinascere come figlio di Dio e come fratello tra i fratelli.
La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce e le fatiche più ardue. Il bracciante agricolo che è andato a lavorare a giornata e zappando ha scoperto un tesoro, corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e quindi impadronirsi del tesoro; il mercante, che ha trovato una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per poterla comprare. Il discepolo, che ha preso su di sé il «giogo» di Gesù, lo porta agevolmente, come un «carico leggero» (Mt 11,29-30).
Le rinunce, che Gesù chiede, sono in realtà una liberazione per crescere, per essere di più. Il sacrificio è via alla vera libertà, nella comunione con Dio e con gli altri. Chi riconosce Dio come Padre e fa la sua volontà, sperimenta subito il suo regno e riceve energie per una più alta moralità, per una storia diversa, personale e comunitaria, che ha come meta la vita eterna.
 
I Lettura - Antonio González-Lamadrid - Esempio di Eleazaro: La descrizione del martirio di Eleazaro è una storia esemplare sullo stile delle storie di Sadrac, Mesach e Abdenego (Dn 3) e di Daniele nella fossa dei leoni (Dn 6). Sono tutte storie contemporanee, nate durante la crisi maccabaica, e destinate a esortare e confortare i fedeli yahvisti in mezzo alle prove.
Il 1Mc (2,5; 6,43) parla di Eleazaro, chiamato Auaran, figlio di Mattatia; ma l'Eleazaro che è protagonista della nostra lettura ci è sconosciuto: una prova in più del suo carattere esemplare e moralizzante. Un'altra forma di questo nome che significa « Dio ha aiutato » è Lazzaro.
Il porco era un animale impuro (Lv 11,17). In conseguenza dell'esilio, questa proibizione assunse tale importanza, che, in Is 65,3-4, appare in parallelismo con la condanna dei sacrifici offerti agli idoli: « Un popolo che mi provocava sempre con sfacciataggine. Essi sacrificavano nei giardini, offrivano incenso sui mattoni, abitavano nei sepolcri, passavano la notte in nascondigli, mangiavano carne suina e cibi immondi nei loro piatti ».
Volendo salvare Eleazaro, gli incaricati del banchetto sacrificale contrario alla legge gli offrono la possibilità di simulare ubbidienza al re, mangiando un altro genere di carne, che egli stesso poteva preparare per la tranquillità della sua coscienza. Ma il vecchio dottore della legge (v. 18), carico di anni, di virtù e di coraggio, non accettò questa simulazione, che non sarebbe stata altro che una menzogna, una viltà e un cattivo esempio per gli altri, e specialmente per i giovani. La storia del cristianesimo mette in bocca a Policarpo una risposta molto simile e forse ispirata a quella del venerabile giudeo: « Sono ottantasei anni che servo Cristo, e non mi ha mai deluso. Come potrei bestemmiare il mio re che mi ha salvato? ».
Anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell'Onnipotente. Queste parole di Eleazaro sono una professione di fede nella vita futura e nell'esistenza d'una sorte diversa per i buoni e per i cattivi. E fu appunto la crisi maccabaica che portò luce sui problemi dell'oltretomba, che tanto avevano tormentato le generazioni precedenti, come Giobbe e il Qoèlet. Sulla fede nella risurrezione e nella vita futura, v. 2Mc 7,9; 12,38-46; Dn 12,1-3.
Eleazaro si mostra pronto a morire per le leggi venerabili e sante. Il 2Mc 7 descriverà con tratti vivi e realistici il caso dei sette fratelli che seguirono le orme dell'anziano Eleazaro, il martirio del quale fu un esempio per tutti, ma specialmente per i giovani (v. anche 8,21; 13,14).
A quelli che erano incaricati di condurlo al supplizio, le parole e la condotta di Eleazaro parvero pazzia, come dice il libro della Sapienza: « Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina; ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena d'immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come un olocausto » (Sap 3,2-5).
 
Vangelo
 
Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
 
Zaccheo è folgorato dalla grazia, ed è pronto a convertirsi, a cambiare vita, e la prima cosa da fare è quello di restituire ai poveri il maltolto: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Quattro volte tanto …: la legge di Mosè prevedeva la restituzione del quadruplo soltanto nel caso di furti di animali (Es 21,37), la legge romana esigeva per tutti i furti manifesta, Zaccheo forse si attiene a questa ultima imposizione.
Oggi per questa casa è venuta la salvezza: nonostante che Zaccheo fosse un ladro anche per lui è aperta la via che conduce alla salvezza (cf. Mc 10,23-27). Nessuna “condizione è incompatibile con la «salvezza» [cf. 3,12-14]” (Bibbia di Gerusalemme), neppure la più corrotta.
 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,1-10
 
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
 
Parola del Signore.
 
Nel racconto del pubblicano convertito possiamo cogliere tutte le sfumature del cammino che l’uomo deve intraprendere per giungere ad una sincera conversione. Innanzi tutto, la ricerca, il desiderio di vedere: Zaccheo cerca di vedere, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Zaccheo non disarma, Allora corse avanti e, per riuscire a vedere Gesù, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Gesù approfitta di questa disponibilità di Zaccheo per inserirsi nella sua vita e cambiarla. Poi, occorre guardare, incrociare lo sguardo di Colui che ti ama (Mc 10,21), gli occhi penetrano in profondità e leggono nel cuore: Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». La fretta: scese in fretta, l’occasione è vicina e bisogna afferrarla subito, non c’è tempo da perdere. A questo bisogna aggiungere la risoluzione di rinunciare a tutto, un distacco che si fa riparazione: Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto. Infine la gioia. Incontrare Gesù e accogliere la sua proposta è come trovare la perla di grande valore (Mt 13,46) per la quale vale la pena di vendere tutto, gioiosamente, convinti non di perdere ma di aver trovato. Gesù ci sta insegnando che il Regno ha le porte spalancate, e sono aperte anche per i peccatori più incalliti perché ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio (Lc18,27).
 
La conversione - Alfonso Colzani: Termine che nel linguaggio biblico esprime l’idea di un radicale cambiamento di direzione. È la traduzione dell’ebraico teshuvà, dalla radice shuv; che indica l’andare nella direzione opposta. Nel greco del Nuovo Testamento l’idea di conversione è resa da due termini: metanoia, che designa il cambiamento di mentalità dell’uomo desideroso di allontanarsi dal male (tradotto anche con “pentirsi” con sfumatura più intellettuale), ed epistrophé (ritorno, conversione), che corrisponde al teshuvà ebraico.
L’Antico Testamento. La conversione è una tematica centrale del messaggio biblico: la storia del popolo ebraico è continuamente segnata da infedeltà individuali e collettive all’alleanza con Dio, che segneranno In rovina della casa di Israele. Il secondo libro dei Re (17,7-18) lega chiaramente la tragedia della deportazione in Assiria (721 a.C.) alla mancata conversione del popolo, secondo una chiave di lettura della storia tipica dello spirito del Deuteronomio. I profeti, chiamando in causa la responsabilità individuale, fanno appello alla coscienza di ognuno e a quella di tutto il popolo. Dice il profeta Ezcchiele: “Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più la causa della nostra rovina. [...] Perché volete morire o Israeliti? Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete” (18.30-31). La conversione è fonte di salvezza a motivo della misericordia di Dio, che gioisce solo per essa c non per la morte del malvagio; salvezza che non è destinata al solo popolo di Israele, ma riguarda tutta l’umanità, che è anch’essa chiamata alla conversione, come intuisce il vecchio Tobia, morente: “Tutte le genti che si trovano su tutta la terra si convertiranno e temeranno Dio nella verità” (Tb 14,6) .
Nel Nuovo Testamento. Nel Nuovo Testamento la conversionc è tematica centrale dell’insegnamento di Gesù; il Vangelo di Marco la inserisce nel nucleo della predicazione di Gesù e come condizione preliminare per abbracciare l’Evangelo: “Il tempo è compiuto c il Regno di Dio è vicino, convertitevi c credete al Vangelo” (Mc 1,15). L’evangelista Luca (15,4-31) ne sottolinea particolarmente l’importanza nelle tre parabole della misericordia divina (la pecorella smarrita, la dracma perdura, il figliol prodigo). Il pentimento che permette di ottenere il perdono dei peccati non è solo un atto intellettuale, ma riguarda tutto l’uomo e deve condurre ad un radicale cambiamento di vita. S. Paolo negli Atti degli apostoli (26,20) richiama i due elementi fondamentali della conversione, il ritorno a Dio e il mutamento dei modi di vita: “Predicavo di convertirsi (metanocin) e di rivolgersi (letteralmente ritornare, epistrèfein) a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione”. Paolo sottolinea qui che in mancanza di un reale cambiamento di vita la conversione è illusoria e vana.
Giovanni presenta la conversione come nuova nascita, passaggio dalle tenebre alla luce. La parabola del buon Pastore, “venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10) manifesta l’universalità della chiamata divina alla conversione, come afferma anche s. Paolo: “Dio nostro salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2,3-4).
 
Conversione - Erich Zenger: Conversione è l’incondizionato lasciarsi-colpire dall’irruzione della signoria di Dio nella parola e nell’azione di Gesù. Dio realizza la conversione ricercando l’uomo come la pecora smarrita e la dramma perduta (Lc 15,3-10), lasciandosi trovare come un tesoro nel campo o come una perla preziosa (Mt 13,44s). Una tale conversione  avviene nella gioia nella quale colui che si converte vende ogni cosa e rinuncia alla propria vita per ricevere un nuovo essere (Lc 17,33). Soltanto colui che davanti a Dio diventa come un bambino, come un servo inutile, come un pubblicano pentito può entrare nel regno dei cieli. Conversione significa allora: abbandonare le categorie valide fino ad allora e conformarsi completamente a Gesù per condividere, alla sua sequela, gli altri tesori del tempo messianico con i discepoli di Gesù. Così è Gesù stesso l’elemento critico della conversione; un sì non detto, o detto soltanto a metà, a lui portano al giudizio (Mt 11,20-24; Lc 9,62). Questa legge non ha eccezioni (Lc 13,3). La chiesa primitiva interpreta la predicazione di Gesù sulla conversione applicandola alla propria situazione. Accanto alla  conversione radicale del nuovo inizio, il Vangelo di Matteo conosce anche una conversione come modalità di comportamento infraecclesiale. Nel codice ecclesiale di Mt 18, la conversione è un postulato di fondo della fraternità cristiana. Nell’opera lucana (Lc e At) le predicazioni missionarie tratteggiano il percorso salvifico della conversione  con tappe dettagliate: conversione  e penitenza, battesimo, remissione dei peccati, recezione dello Spirito, vita nella chiesa, possesso della salvezza (At 2,38-40). Qui si delinea un restringimento del concetto di conversione  (che entrò nella successiva teologia della penitenza): conversione  e remissione dei peccati vengono separati come due tappe che si susseguono (At 8,22). In Paolo e Giovanni ritorna ancora la terminologia tradizionale della conversione. Il tema conversione viene integrato nella teologia della creazione nuova (Paolo) oppure della fede (Giovanni). Il brano di Eb 6,4-8, spesso male inteso, non è dogmatico, ma una formulazione del pastore che a una comunità che sta diventando tiepida col rifiuto di una nuova conversione, inculca la serietà della prima conversione. Le lettere dell’Apocalisse, invece, sottolineano la necessità della conversione costante, che deve realizzarsi come ritorno dell’intera comunità al primo amore (cf. Osea), nel distacco dalle trasgressioni concrete.
 
Zaccheo vero figlio di Abramo: “Infine chiama figli di Abramo quelli che osserva impegnati nell’aiutare e nello sfamare i poveri. Infatti quando Zaccheo disse: Ecco, io do metà dei miei averi ai poveri; se ho ingannato qualcuno in qualcosa, gli rendo il quadruplo, Gesù rispose: Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche costui è figlio di Abramo. Infatti, se Abramo credette in Dio e questo gli fu accreditato come atto di giustizia, ugualmente chi compie le elemosine secondo il precetto di Dio, crede in Dio; chi possiede l’autenticità della fede conserva il timore di Dio: chi conserva il timore di Dio pensa a Dio, mentre compie atti di carità nei confronti dei poveri” (Cipriano, Le opere di carità e l’elemosina 8)
 
Il Santo del Giorno - 18 Novembre 2025 - Santa Filippina Rosa Duchesne. Nel cuore della storia, oltre i confini, compagni di un’umanità alla ricerca: Compagni di viaggio di un’umanità in perenne ricerca della felicità e della speranza al di là di ogni barriere e confine: è così che i cristiani, custodi di un messaggio d’infinito amore, vivono nella storia là dove la storia li conduce. Santa Filippina Rosa Duchesne ci ricorda proprio questo modo universale e coraggioso di vivere la fede, anche quando leggi e costrizioni lo rendono più difficile, con lo sguardo sempre aperto verso le frontiere più lontane. Una missione, che questa santa francese vissuta tra il XVIII e il XIX secolo, unì le due sponde all’Atlantico. Era nata a Grenoble nel 1769, a 18 anni era tra le Visintandine, ma la Rivoluzione francese, che portò alla soppressione di monasteri e conventi, interruppe il suo cammino religioso. Lei allora decise di mettersi a servizio degli ultimi e dei bisognosi finché nel 1801 poté riprendere la vita da religiosa nella Società del Sacro Cuore fondata da Maddalena Sofia Barat nel 1800. Nel 1818 partì per l’America, arrivando con quattro consorelle in Louisiana, dove il vescovo cercava aiuto per l’assistenza agli immigrati francesi. Nel 1820 aprì la prima scuola gratuita, cui ne seguirono altre: nel 1828 erano già sei, tra Louisiana e Missouri. Segnata nel fisico dalla fatica, che la rese praticamente invalida, Filippina dovette lasciare la responsabilità di superiora ma decise di dedicarsi all’evangelizzazione tra i nativi Potawatomi nel Kansas. Rientrata in Missouri, morì a St. Charles nel 1852. È santa dal 1988.  (Matteo Liut)
 
Nutriti da questo sacramento,
ti preghiamo umilmente, o Padre:
la celebrazione che il tuo Figlio
ha comandato di fare in sua memoria,
ci faccia crescere nell’amore.