15 Novembre 2025
Sabato XXXII Settimana T. O.
Sap 18,14-16; 19,6-9; Sal 104 (105); Lc 18,1-8
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te,
perché, nella serenità del corpo e dello spirito,
possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Pregate incessantemente (1Ts 5,17): CCC 2753-2757: La preghiera suppone uno sforzo e una lotta contro noi stessi e contro le insidie del tentatore. Il combattimento della preghiera è inseparabile dal «combattimento spirituale», necessario per agire abitualmente secondo lo Spirito di Cristo: si prega come si vive, perché si vive come si prega. Nel combattimento della preghiera dobbiamo affrontare concezioni erronee, varie mentalità diffuse, l’esperienza dei nostri insuccessi. A queste tentazioni, che inducono a dubitare dell’utilità e perfino della possibilità della preghiera, occorre rispondere con l’umiltà, la fiducia e la perseveranza. Le principali difficoltà nell’esercizio della preghiera sono la distrazione e l’aridità. Il rimedio si trova nella fede, nella conversione e nella custodia del cuore. Due tentazioni frequenti minacciano la preghiera: la mancanza di fede e l’accidia, che è una forma di depressione, dovuta al rilassamento dell’ascesi, e che porta allo scoraggiamento. La fiducia filiale viene messa alla prova quando abbiamo la sensazione di non essere sempre esauditi. Il Vangelo ci invita a interrogarci sulla conformità della nostra preghiera al desiderio dello Spirito. «Pregate incessantemente» (1Ts 5,17). È sempre possibile pregare. Anzi, è una necessità vitale. Preghiera e vita cristiana sono inseparabili.
I Lettura: L’autore sacro ricorda la prigionia del popolo d’Israele, e la sua liberazione evocando i prodigi operati da Dio per la affrancazione del popolo eletto. Nel testo è rievocato la decima piaga, la morte dei primogeniti d’Egitto nella notte dell’uscita degli Ebrei dal paese di Egitto. Per la Bibbia di Gerusalemme in questa drammatica evocazione l’autore “si ispira al v 16b di 1Cr 21,15-27 e forse anche ad Omero ( Iliade IV, 443)”. L’intervento è attribuito alla parola di Dio, qui rappresentata come guerriero implacabile che scende nella notte, con la spada affilata in mano per compiere il decreto irrevocabile di Dio.
Vangelo
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
L’insegnamento è facile da comprendere: se persino l’uomo più iniquo cede di fronte ad una supplica incessante, Dio, che è buono, non ascolterà e salverà prontamente chi lo invoca? Ma non si confonda la giustizia umana con quella di Dio. L’agire di Dio è molto diverso da quello umano.
Dal Vangelo secondo
Luca 18,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Parola del Signore.
Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? - Il brano lucano va posto nel suo contesto e cioè tra il diciassettesimo e il ventunesimo capitolo che sono dominati da una domanda insistentemente posta a Gesù: «Quando verrà il Regno di Dio?». La risposta di Gesù non lascia spazio a dubbie interpretazioni: il Regno, che è «già in mezzo a voi» (Lc 17,21), verrà di sorpresa. Nello stadio di sviluppo e di conquista, tra il principio e il compimento, c’è un tempo intermedio: in questo intermezzo i credenti devono cooperare al suo avvento e perseverare nella preghiera. La parabola odierna si inserisce in questo tempo intermedio che spiega così la domanda finale, apparentemente senza alcun nesso immediato con la parabola: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Il fine della parabola poi è abbastanza chiaro: Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli la necessità di «pregare sempre, senza stancarsi» e di attendere con perseveranza il suo ritorno perché Egli certamente ritornerà come giudice degli uomini.
Luca ama soffermarsi sulla preghiera di Gesù: è l’orante perfetto in continua comunione di amore con il Padre. Gesù prega sopra tutto nei momenti più importanti della sua vita: è orante nelle acque del Giordano (Lc 3,21); è orante sul monte Tabor (Lc 9,28); prega prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Lc 9,16); prega nel Cenacolo quando istituisce l’Eucarestia (Lc 22,19-20); prega prima di consegnarsi alla sua beata Passione (Lc 22,39-46); confitto sulla croce prega per i suoi aguzzini (Lc 23,34); muore pregando: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).
La vedova fa parte degli anawim, i poveri di Dio. Spesso abbandonati alla loro sorte vengono maltrattati, vessati, derubati. Un’accusa mossa ai Farisei è proprio quella di «divorare le case delle vedove» (Lc 20,47) con pretestuosi e interessati consigli. Nonostante che la legge ammonisse i giudici ad emettere giuste sentenze (cf. Dt 16,18), nella prassi contavano molto le regalie e le influenze degli amici potenti. La sentenza iniqua che condannò Nabot alla lapidazione fu confezionata solo per soddisfare i capricci del re Acab e della regina Gezabele (cf. 1Re 21,1-16). Anna, Caifa e compagni si serviranno di falsi testimoni per emettere la sentenza di morte che porterà sulla croce il Figlio di Dio (cf. Mt 26,60-61).
Che il giudice sia iniquo quindi non sorprende chi ascolta la parabola, la sorpresa sta nel fatto che alla fine il giudice, pur consapevole della sua empietà e del suo disprezzo verso il prossimo, si arrenda alle suppliche della vedova. Una manovra meschina pensata unicamente per liberarsi delle noiose insistenze della donna.
Che le istanze fossero veramente insistenti a suggerirlo è il verbo che Luca usa: hypopiazo, alla lettera «sbattere sotto gli occhi».
Nel commentare la parabola, Gesù mette in evidenza il punto focale del racconto: se quel giudice disonesto e crudele accondiscese ad aiutare una povera vedova unicamente per togliersela di torno, come potrebbe Dio, buono, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), non aiutare i suoi eletti che si rivolgono a lui «giorno e notte» con grande fede?
Un’altra grande differenza tra i due attori principali della parabola sta nel loro intervenire: il giudice per la sua iniquità ha obbligato la vedova ad attendere penosamente la sentenza, Dio che è buono (cf. Lc 18,19) invece interverrà prontamente. Rifacendoci sempre alla lingua greca, l’espressione corrispondente all’avverbio prontamente può significare sia la prontezza di Dio, ma anche improvvisamente, di sorpresa; in tal caso il monito che Gesù rivolge al suo uditorio - «Dio farà loro giustizia prontamente» - assume una valenza preziosissima: è un’incitazione all’attesa e alla vigilanza escatologica: «Sì, vieni presto, Gesù!» (cf. Ap 22,20). Se vale quest’ultima lettura, allora si comprende nel suo significato più genuino la domanda di Gesù «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Negli ultimi tempi la fede avrà vita difficile, ma sarà salvato chi vigila nella preghiera con spirito pentito e umile.
Come? Quando pregare? - La risposta è data dal Vangelo di Luca (18,1): sempre, senza stancarsi.
Una risposta che l’evangelista ha imparato da Paolo (Ef 6,18; Col 1,3; 1Ts 5,17; 2Ts 1,11 ecc.) e che ora illustra con una parabola del Signore.
Si deve pregare sempre, perché si può pregare sempre: «È possibile, anche al mercato o durante una passeggiata solitaria, fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate» (San Giovanni Crisostomo). E Origene: «Prega incessantemente colui che unisce la preghiera alle opere e le opere alla preghiera. Soltanto così noi possiamo ritenere realizzabile il principio di pregare incessantemente».
La preghiera sarà incessante quando il cristiano prenderà coscienza della volontà di Dio, e ripeterà incessantemente la sua piena accettazione delle decisioni divine. Una accettazione salutare che avrà una ripercussione sulla sua condotta e soltanto se tutta la sua vita sarà diretta coscientemente dalla volontà di Dio, la sua preghiera potrà essere considerata preghiera.
L’insistenza della vedova, poi, vuole suggerire che a guidare e a illuminare la preghiera deve essere la fede. La fiducia in Dio e nella sua azione pronta è alla radice della preghiera autentica. Avere fiducia in Dio significa avere la certezza che Lui ci ascolta molto di più di quanto possano fare gli uomini ed è sempre pronto a donarci quanto gli chiediamo nella preghiera. A questo proposito ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La fiducia filiale è messa alla prova - e si manifesta - nella tribolazione. La difficoltà principale riguarda la preghiera di domanda, nell’intercessione per sé o per gli altri. Alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita» (2734).
Il Nuovo Testamento è ricco di preghiere di domanda. Ma si deve partire da una povertà: noi non «sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26), e quindi occorre farsi guidare dallo Spirito Santo. In Giacomo 4,2-3 si riprovano le domande, fatte male, grondanti di egoismo, tese solo al soddisfacimento dei propri piaceri. La preghiera è ben fatta quando l’uomo assoggetta la sua volontà a quella di Dio, praticamente quando «le sue richieste sono fatte in sintonia con il disegno divino ... Cristo ... esorta i suoi discepoli a ripetere la loro preghiera per scoprire in se stessi il desiderio di ciò che domandano, divenendo in tal modo più ricettivi all’azione di Dio che li esaudirà» (D. E.).
Ma a volte, pur avendo rispettato questa regola, Dio tace; un silenzio che scandalizza l’uomo e sconvolge il cuore dell’uomo giusto. A questo proposito ci suggerisce il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il Padre nostro sa di quali cose abbiamo bisogno, prima che gliele chiediamo, ma aspetta la nostra domanda perché la dignità dei suoi figli sta nella loro libertà. Pertanto è necessario pregare con il suo Spirito di libertà, per poter veramente conoscere il suo desiderio... Il nostro Dio è “geloso” di noi, e questo è il segno della verità del suo amore. Entriamo nel desiderio del suo Spirito e saremo esauditi» (2736-2737).
E all’uomo triste perché non ha ricevuto quanto aveva chiesto nella preghiera, Evagrio Pontico suggerisce: «Non rammaricarti se non ricevi subito da Dio ciò che gli chiedi; egli vuole beneficiarti molto di più, per la tua perseveranza nel rimanere con lui nella preghiera».
Ma c’è un’ultima nota: il cristiano sa che la sua preghiera non può aver valore se non precede il perdono al prossimo: «Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati (Sir 28,2; cf. Mc 11,25). Più sconvolgente e perentorio l’insegnamento di Gesù: «Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).
La riconciliazione è la buona acqua che impastata con la bianca farina della comunione fraterna fa il pane soave della preghiera, pane profumato da offrire a Dio e a lui tanto gradito (Ap 5,8).
Massimo il Confessore: La vedova raffigura l’anima che si è allontanata dallo Spirito a causa della volontaria inclinazione per le cose di quaggiù. Essa dice al giudice: Condanna il mio avversario! L’avversario dell’anima è l’impulso del pensiero materialistico per mezzo del quale i demoni impuri cercano di contaminare la bellezza e di oscurare lo splendore della divina immagine che è in noi ... L’insistenza della vedova rappresenta le esortazioni che, emesse dall’anima ormai purificata dalle passioni, piegano la rigidità dell’intelletto, che cede al bene”
Il Santo del Giorno - 15 Novembre 2025 - Sant’Alberto Magno. È l’anima il luogo privilegiato dove Dio incontra l’umanità: Se vuoi conoscere un essere umano devi guardare nella sua anima, perché lì si trova il centro della sua identità ed è lì che l’umanità incontra Dio. Un incontro che poi si esprime all’esterno, testimoniando così al mondo il nostro destino universale. A questa affascinante visione sull’anima dell’essere umano dedicò tutto il suo impegno di studioso sant’Alberto Magno. Conciliando in sé la visione mistica radicata in Dionigi l’Aeropagita e le teorie filosofico-naturali di Aristotele egli indicò appunto la strada per mettersi sulle tracce dell’anima, una ricerca che gli fruttò il titolo di “dottore universale”. Il campo della sua ricerca teologica e filosofica, infatti, era vastissimo e la sua eredità in questo campo fu raccolta dal più famoso dei suoi allievi, san Tommaso d’Aquino. Ma Alberto portò nel suo ordine, i Domenicani, anche quella tensione mistica che sarà poi sviluppata da Meister Eckhart. Alberto era nato in Baviera attorno al 1206, studente a Padova, nel 1223 era entrato tra i Domenicani, insegnando poi in diverse città. Dopo un’esperienza a Parigi tornò con il suo allievo Tommaso a Colonia per dirigere il nuovo studium. Tra il 1260 e il 1262 fu anche vescovo di Ratisbona; nel 1274 partecipò al Concilio di Lione. Morì nel 1280. Proclamato beato da papa Gregorio XV nel 1622, fu canonizzato da Pio XI nel 1931, quando venne anche dichiarato dottore della Chiesa. Il 16 dicembre 1941 per volere di Pio XII è stato scelto come patrono dei cultori e degli studiosi delle scienze naturali. (Matteo Liut)
Nutriti dei tuoi santi doni ti rendiamo grazie, o Signore,
e imploriamo la tua misericordia:
per il tuo Spirito, comunicato a noi in questi sacramenti,
ci sia data la grazia di rimanere fedeli nel tuo servizio.
Per Cristo nostro Signore.