9 Ottobre 2025
Giovedì XXVII Settimana Tempo Ordinario
Ml 3,13-20a; Salmo Responsoriale Dal Salmo Sal 1; Lc 11,5-13
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
oltre ogni desiderio e ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono! - Dominum et vivificantem 65: Il soffio della vita divina, lo Spirito Santo, nella sua maniera più semplice e comune, si esprime e si fa sentire nella preghiera. È bello e salutare pensare che, dovunque si prega nel mondo, ivi è lo Spirito Santo, soffio vitale della preghiera. È bello e salutare riconoscere che, se la preghiera è diffusa in tutto l’orbe, nel passato, nel presente e nel futuro, altrettanto estesa è la presenza e l’azione dello Spirito Santo, che «alita» la preghiera nel cuore dell’uomo in tutta la gamma smisurata delle situazioni più diverse e delle condizioni ora favorevoli, ora avverse alla vita spirituale e religiosa. Molte volte, sotto l’azione dello Spirito, la preghiera sale dal cuore dell’uomo nonostante i divieti e le persecuzioni, e persino le proclamazioni ufficiali circa il carattere areligioso, o addirittura ateo della vita pubblica. La preghiera rimane sempre la voce di tutti coloro che apparentemente non hanno voce - e in questa voce risuona sempre quel «forte grido», attribuito a Cristo dalla Lettera agli Ebrei. La preghiera è anche la rivelazione di quell’abisso, che è il cuore dell’uomo: una profondità, che è da Dio e che solo Dio può colmare, proprio con lo Spirito Santo. Leggiamo in Luca: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!». Lo Spirito Santo è il dono, che viene nel cuore dell’uomo insieme con la preghiera.
Prima Lettura - Epifanio Gallego: Con la presente lettura, esempio tipico del modo dialettale con cui i nostri profeti si rivolgevano ai loro ascoltatori, terminiamo il libro di Malachia.
Quel popolo si difese davanti all’accusa di Yahveh: «Che abbiamo contro di te?» gli risposero con presuntuosa millanteria umana. Yahveh, senza raggiri e senza immagini, senza sottintesi e senza artifici, risponde loro: «Avete affermato: È inutile servire Dio», poiché non ve ne viene nessun vantaggio materiale, come quello che ottengono gli empi e i malvagi. È l’eterno interrogativo sulla presenza del male nel mondo, sulla prosperità dei malvagi e la sofferenza dei giusti.
Siccome Dio conosce molto bene i pensieri e i detti degli uomini, che sono ormai vecchi e non lo possono cogliere di sorpresa, la sua risposta è molto semplice: coloro che lo temono saranno scritti nel libro della vita, e di essi egli ha una cura speciale. Sono cosa sua, eredità di sua proprietà. Su di essi cadrà, come rugiada mattutina, la compiacenza di padre, non quando l’attendono gli uomini, ma quando giungerà il «giorno che io preparo», il giorno di Yahveh, il giorno in cui la giustizia divina si rivelerà in mezzo a tante ingiustizie umane.
Sarà un giorno di paura e di terrore, giorno di purificazione, giorno di fuoco purificatore «rovente come un forno», nel quale «coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia». Dio stesso sarà questo fuoco divoratore; egli stesso li brucerà fino a che non resti di essi «né radice né germoglio».
Non confondiamo queste immagini così espressive dottrinalmente con quello che è chiamato fuoco dell’inferno. A quei tempi, non avevano la minima idea circa le verità dell’oltretomba, che saranno un ulteriore passo della rivelazione; e, anche dopo questo passo, converrà aver cura di non confondere il linguaggio tradizionale biblico con le nostre categorie filosofiche o medioevali.
Di fronte a questo fosco panorama dei malvagi, fatto di distruzione, perché sono solo «paglia» - altrimenti sarebbe stato solo purificatore - spunta un nuovo giorno di felice eternità per tutti quelli che onorano «il mio nome». Un giorno senza tramonto, perché sarà un giorno di giustizia, cioè il giorno della tanto sospirata era messianica, in cui la giustizia sarà il cibo di tutti gli uomini che vivranno in perfetta pace, armonia e felicità. Senza razze e senza classi, senza invidie e senza egoismi, senza eccessi e senza difetti, senza credi politici o religiosi. Vivranno la giustizia interiore, il cui primo frutto sarà la giustizia sociale, come esponente dello sviluppo della vera personalità. Saranno perfetti uomini, perché vivrano perfettamente la loro relazione con le cose, con gli uomini e con Dio.
Così cominciò a essere il «giorno» dell’era messianica, quando spuntò per noi il vero sole di giustizia, Cristo, nostro Signore. A noi tocca, sotto la sua luce, portarlo a buon fine.
Vangelo
Chiedete e vi sarà dato.
Gesù ha insegnato ai discepoli la preghiera del Padre nostro (Lc 11,1-4), ora suggerisce loro la necessità di «pregare sempre, senza stancarsi mai» e di attendere con perseveranza il suo ritorno perché Egli certamente ritornerà come giudice degli uomini. L’evangelista Luca ama soffermarsi sulla preghiera di Gesù: è l’orante perfetto in continua comunione di amore con il Padre. Gesù prega sopra tutto nei momenti più importanti della sua vita: è orante nelle acque del Giordano (Lc 3,21); è orante sul monte Tabor (Lc 9,28); prega prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Lc 9,16); prega nel Cenacolo quando istituisce l’Eucarestia (Lc 22,19-20); prega prima di consegnarsi alla sua beata Passione (Lc 22,39-46); confitto sulla croce prega per i suoi aguzzini (Lc 23,34); muore pregando: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).
La parabola dell’amico importuno è una catechesi sulla preghiera, che vuole mettere in evidenza la certezza di essere esauditi. Come è certo che quell’amico, per una ragione o per l’altra, finirà con l’alzarsi, così è certo che Dio ascolta chi lo prega. Ma perché, a volte, l’uomo non ottiene da Dio ciò che gli chiede? Dio ascolta sempre, ma sa quello che è bene dare, e quello che è bene non dare. Dio è come un padre che non concede sempre al figlio ciò che questi gli domanda, ma gli dà soltanto ciò che sa essergli utile. C’è però un dono che Dio non nega mai: lo Spirito Santo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,5-13
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Parola del Signore.
Parabola dell’amico importuno - Angelico Poppi (Sinossi e Commento Esegetico-Spirituale dei Quattro Vangeli): Con i due brani seguenti Luca illustra i requisiti della preghiera: la fiducia e la perseveranza. La similitudine dell’amico importuno, che gli è esclusiva, si riferisce ala confidenza con cui il credente si rivolge a Dio nelle sue necessità, conoscendo la sua bontà sconfinata. Il comportamento dell’amico importunato, corrisponde al modo con cui Dio agisce nei nostri confronti: essendo nostro grande amico egli non può non esaudire la nostra preghiera. Di qui scaturisce la lezione circa la fiducia da riporre nel suo aiuto.
Il v. 8 sembra costituire una rilettura parenetica posteriore. L’accento è spostato dal comportamento dell’amico importunato a mezzanotte, che cede alle pressioni dell’amico, all’insistenza del richiedente: dal tema della preghiera fiduciosa si passa a quello della preghiera insistente.
I vari dettagli della descrizione presuppongono l’ambiente palestinese. L’ospitalità era un dovere sacro. Le case normalmente si componevano di un unico vano, dove gli inquilini dormivano tutti insieme. Il pane veniva preparato in ogni famiglia. È facile immaginare il disagio provocato dalla richiesta importuna a mezzanotte.
Tuttavia il richiedente ha la certezza d’essere esaudito dall’amico; questi nel senso originario della parabola simboleggia l’Amico per eccellenza, Dio, che Gesù nel Padre nostro ha insegnato a invocare come Padre (Abbà).
Preghiera perseverante ( 11,9-13) Questo brano stupendo, che Luca ha in comune con Mt (7,7-11 ), si compone di due parti, elaborate in modo simmetrico; il messaggio dottrinale è contenuto nella conclusione. Nella prima, ai tre imperativi incalzanti, con cui i discepoli sono invitati a perseverare nella preghiera, segue la triplice assicurazione dell’esaudimento (vv. 9-10); la seconda parte contiene due paragoni tratti dalla vita familiare (vv. 11-12).
Il discepolo può rivolgersi al Padre celeste con la stessa insistenza e franchezza con cui un bambino chiede al babbo il nutrimento. Nella pericope non è espresso l’oggetto della domanda. L’accento cade sull’atteggiamento che deve assumere il discepolo, consapevole della propria indigenza e fragilità: deve rivolgersi a Dio con costanza per poter corrispondere alla sua grazia ed “ereditare la vita eterna” (10,25). L’immagine “pane-pietra” in Matteo è sostituita con “uovo scorpione” (v. 12). Inoltre, in Luca l’ordine appare invertito: prima ricorre la coppia “pesce-serpe” e poi “uovo-scorpione”. Uno scorpione contratto può venire scambiato per un uovo. Nella conclusione lucana (v. 13) il dono per eccellenza, che il Padre elargisce al credente che ricorre a lui con la preghiera perseverante, è costituito dallo “Spirito Santo”, mentre Matteo parla in modo generico di “cose buone” (7,11). Il tema dello Spirito Santo, com’è noto, rappresenta nell’opera lucana un motivo dominante, che sta a cuore all’evangelista.
La preghiera com’è insegnata da Gesù - Paul Beauchamp (Dizionario di Teologia Biblica): Mediante l’incarnazione, il Figlio di Dio è collocato al centro della richiesta incessante degli uomini. Egli la nutre di speranza rispondendovi; nello stesso tempo loda, incoraggia, od educa la fede (Lc 7,9; Mi 9,22.29; 15,28). Collocato su questo sfondo vissuto, il suo insegnamento si estende anzitutto sul modo di pregare, più abbondantemente che sulla necessità della preghiera: «quando pregate, dite...» (Lc 11,2).
1. I sinottici. - Il Pater è il centro di questo insegnamento (Lc 11,2ss; Mt 6,9-13). Dall’invocazione di Dio come Padre, che prolunga, superandola, l’intimità dei salmi (Sal 27,10; 103,13; cfr. Is 63,16; 64,7), deriva tutto l’atteggiamento dell’orante. Questa invocazione è un atto di fede e già un dono di sé, che immette nel circuito della carità. Ne deriva che, perfettamente in linea con la preghiera biblica, egli fa passare dinanzi a tutto la preoccupazione del disegno di Dio: del suo nome, del suo regno (cfr. Mi 9, 38), dell’attuazione della sua volontà. Ma domanda pure il pane (che egli offre nell’eucaristia), poi il perdono, dopo essersi riconciliato con i figli dello stesso Padre, ed infine la grazia di non essere travolto dalle prove del tempo futuro. Le altre prescrizioni inquadrano o completano il Pater noster, nominano sovente il Padre. L’impressione dominante è che la certezza di essere esauditi è fonte e condizione della preghiera (Mt 18,19; 21,22; Lc 8,50). Marco lo esprime nel modo più diretto: «se egli non esita in cuor suo, ma crede che accadrà ciò che dice, l’otterrà» (Mc 11,23; Cfr. 9,23 e soprattutto Giac 1,5-8). Ora, si è sicuri perché si prega il Padre (Lc 11,13; Mt 7,11). L’interiorità si fonda sulla presenza del Padre che vede nel segreto (Mt 6,6; cfr. 6,4.18). Non accavallare e ripetere le parole (Mt 6,7) quasi che Dio sia lontano da noi, come Baal deriso da Elia (1Re 18,26ss), mentre è il nostro Padre. Perdonare (Mc 11,25 par.; Mi 6,14). Pregare in unione fraterna (Mt 18,19). Ricordare le proprie colpe in una preghiera contrita (Lc 18,9-14). Bisogna pregare senza interruzione (Lc 18,1; cfr. 11,5-8): la nostra perseveranza deve essere provata, la vigilanza del cuore espressa. La necessità assoluta della preghiera è insegnata nel contesto degli ultimi tempi (Lc 18,1-7), resi vicini dalla passione; senza di essa si sarebbe sommersi da «tutto Ciò che deve accadere» (Lc 21,36; cfr. 22,39-46); così pure il Pater termina implorando Dio contro la tentazione insostenibile degli ultimi tempi.
2. Giovanni presenta sotto una luce molto unificata la pedagogia della preghiera, passaggio dalla richiesta alla vera preghiera, e dal desiderio dei doni di Dio a quello del dono che apporta Dio stesso, come leggevamo già nei salmi. Così la Samaritana è condotta dai suoi propri desideri fino a quello del dono di Dio (Gv 4,10), la folla al «nutrimento che rimane per la vita eterna» (Gv 6,27). Perciò la fede non è soltanto condizione della preghiera, ma suo effetto: il desiderio è nello stesso tempo esaudito e purificato (Gv 4,50.53; 11,25 ss.45).
Fede speranza e carità simboleggiate da pesce, uovo e pane - Agostino, Le Lettere 130, 8, 16: Delle tre note virtù raccomandate dall’Apostolo la fede è simboleggiata nel pesee, sia a causa dell’acqua del battesimo, sia perché rimane integra in mezzo ai flutti di questa vita: ad essa si oppone il serpente, il quale con velenoso inganno persuase i progenitori a non credere a Dio; la speranza è raffigurata nell’uovo, perché la vita del pulcino non c’è ancora ma ci sarà, non si vede ancora ma si spera, poiché una speranza che si vede non è più speranza; all’uovo si oppone lo scorpione, poiché colui che spera la vita eterna dimentica le cose che gli stanno dietro e si protende verso quelle che gli stanno davanti, mentre gli nuoce rivolgersi a guardare indietro; dallo scorpione però bisogna guardarsi nella sua parte posteriore, velenosa e armata di aculeo; nel pane è raffigurata la carità, che è la più grande di queste virtù, a quel modo che il pane è superiore per utilità a tutti gli altri alimenti: al pane si oppone la pietra, giacché i cuori duri respingono la carità. Anche se queste cose ammettono un’altra spiegazione più conveniente, nondimeno colui che sa concedere ai suoi figli buoni doni, ci spinge a chiedere, a cercare, a bussare.
Il Santo del Giorno - 9 Ottobre 2025 - San John Henry Newman. La luce gentile che guida i nostri cuori verso Dio: C’è un’intuizione profonda nel cuore di ognuno di noi, una corrispondenza d’amore che riconosce il soffio della vita divina e ci spinge a seguirla. Testimone di questa “luce gentile” che guida i credenti è san John Henry Newman, che visse il passaggio dalla Chiesa anglicana a quella cattolica come un momento felice di approdo al porto ricercato da sempre. Era nato a Londra il 21 febbraio 1801, figlio di un banchiere anglicano e di madre discendente dagli ugonotti francesi. Fin da giovane si sentì chiamato a servire Dio. Intellettuale e filosofo brillante, divenne un punto di riferimento per tanti suoi contemporanei. Entrò all’«Oriel College» e nel 1822, a 21 anni di età, fu promosso “fellow”. Due anni dopo fu ordinato prete anglicano e nominato “tutor”, cioè professore assistente. A 27 anni divenne “vicar”, cioè parroco, di Santa Maria di Oxford. Il suo pensiero, però, cominciò a rivolgersi alle radici della Chiesa, sentendosi in qualche modo sempre più vicino a quella cattolica.
Dopo un periodo travagliato nel 1845 divenne cattolico; completati gli studi a Roma nel 1847 fu ordinato prete. Entrato tra gli Oratoriani, dopo il ritorno in patria non ebbe vita facile, ma riuscì a far prevalere la luce della verità. Creato cardinale nel 1879 da papa Leone XIII, morì nel 1890 a Birmingham. Beato dal 2010, è stato canonizzato il 13 ottobre 2019 da papa Francesco.
Concedi a noi, Padre onnipotente,
che, inebriati e nutriti da questi sacramenti,
veniamo trasformati in Cristo
che abbiamo ricevuto come cibo e bevanda di vita.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.