22 OTTOBRE 2025
MERCOLEDÌ DELLA XXIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
Rm 6,12-18; Salmo Responsoriale Dal Salmo 123 (124); Lc 12,39-48
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
donaci di orientare sempre a te la nostra volontà
e di servirti con cuore sincero.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
La venuta gloriosa di Cristo, speranza di Israele - Catechismo della Chiesa Cattolica 673: Dopo l’Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, anche se non spetta a noi “conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta” (At 1,7). Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento anche se essa e la prova finale che la precederà sono “impedite”.
674 La venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia al riconoscimento di lui da parte di “tutto Israele” (Rm 11,26; Mt 23,39) a causa dell’“indurimento di una parte” (Rm 11,25) nell’incredulità verso Gesù. San Pietro dice agli Ebrei di Gerusalemme dopo la Pentecoste: “Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev’esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti” (At 3,19-21). E san Paolo gli fa eco: “Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione se non una risurrezione dai morti?” (Rm 11,15). “La partecipazione totale” degli Ebrei (Rm 11,12) alla salvezza messianica a seguito della partecipazione totale dei pagani permetterà al Popolo di Dio di arrivare “alla piena maturità di Cristo” (Ef 4,13) nella quale “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).
Prima Lettura - Bibbia per la Formazione Cristiana: Paolo porta come esempio un fenomeno sociale diffuso e accettato nel mondo in cui vive: la schiavitù. C’è chi è schiavo del peccato, ma c’è anche chi è schiavo della «giustizia» di Dio. Nel primo caso il padrone è il peccato, che esercita sull uomo la propria tirannide rendendolo schiavo. Nel secondo caso, paradossalmente, Dio non esercita nessun dominio sull’uomo. I «servi di Dio» si sottomettono a lui e gli obbediscono «di cuore», cioè liberamente. Questa è la situazione in cui si trovano i cristiani di Roma. L’asservimento al peccato porta alla ingiustizia. La libera obbedienza a Dio porta alla «giustizia», cioè alla santità. Ricompare qui un tema a cui viene data molta importanza negli scritti di Paolo: siamo «già» santi, ma non ancora. Il cristiano è già santo perché appartiene al Cristo, suo unico signore. È santo, qui ora: il Cristo lo ha santificato con la sua grazia. Ma la nostra unione con Cristo deve ancora raggiungere la pienezza. In che modo? Attraverso la nostra obbedienza a Dio. Obbedire nella propria libertà di persone alla «giustizia» significa rispondere in maniera adeguata a Dio, che ci ha scelti e consacrati «in Gesù Cristo». Un cristiano sarà pienamente santo quando svilupperà nel corso della sua vita tutte le possibilità che gli sono state date col battesimo.
Vangelo
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.
La vigilanza permette all’uomo di stare sempre unito con il suo Signore, donando, in questo modo, al suo cuore, trasfigurato dalla presenza viva dello Spirito Santo, la certezza infallibile del conseguimento dei beni promessi da Dio. In questo atteggiamento di attesa, costruito sull’amore, sulla fede e sulla speranza, c’è tutta la vita dell’uomo credente
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12,39-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore.
Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? - Carlo Ghidelli (Luca): 42-46: Il termine di oikonomos è proprio di Lc (cfr l6,1.3.8) tra gli evangelisti; Paolo lo userà per indicare gli apostoli (1Cor 4,1s) e in Tt 1,7 e 1Pt 4,10 viene attribuito agli episcopoi, e a chi ha ricevuto un particolare carisma di servizio verso i fratelli. La parabola insinua che due devono essere le qualità dell’amministratore: la fedeltà, per custodire i beni del padrone, e la prudenza, per una saggia amministrazione nei confronti dei servi. La perseveranza è legata ad alcune condizioni: che egli non si dimentichi del padrone e dell’incarico ricevuto; che non si adagi in atteggiamenti di pigrizia o di facile godimento; che non si illuda circa il ritorno del padrone il momento del rendiconto. Ecco perciò indicati anche pericoli, le tentazioni: si tratta del dubbio circa il ritorno del padrone per il solo fatto che egli ritarda; si tratta del poter approfittare della propria posizione di privilegio (ma anche di maggior responsabilità) fino a sfruttare gli altri, fino a strumentalizzare i servi, fino a cadere in atteggiamenti insipienti. Seguono, poi, sia la beatitudine (v. 44) dell’amministratore fedele, sia la maledizione per l’amministratore infedele (v. 46b). Notiamo infine che Luca aggiunge a questa parabola due versetti, che gli sono propri e sottolineano ancora di più la responsabilità annessa al ministero. Quel servo che conosce la volontà del padrone: Luca ama sottolineare il rapporto tra conoscenza e castigo (19,11-28) e applica evidentemente questo giudizio ai responsabili nella comunità (cfr Gc 3,1).
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Quel servo che, conoscendo la volontà del suo padrone ... ; Luca soltanto richiama questa nuova situazione (verss. 47-48), nella quale viene indicata la misura del castigo. «Quel servo» non è designato lo stesso servo di prima che ha avuto particolari mansioni dal padrone, ma ogni individuo soggetto alla volontà di un altro. «Conoscendo la volontà del padrone»; come si è accennato, viene prospettata una nuova situazione che considera nel suddito la conoscenza dei voleri del padrone. «Conoscere» ha qui un senso esteso, poiché non implica soltanto una semplice conoscenza della volontà del padrone ma anche la misura o la portata di essa; si potrebbe rendere l’idea dell’autore dicendo: «quel servo, che ben conoscendo la volontà ...».
Né avrà agito seconda la volontà di lui ... ; è ben precisato l’aspetto di questo nuovo insegnamento di Gesù: chi non agisce secondo la conoscenza che ha dei propri doveri è meritevole di castigo.
L’affermazione stabilisce questo nuovo principio: la misura della responsabilità e del castigo dipende dalla misura con cui si conosce la volontà di Dio. Avrà molte (percosse), letteralmente sarà colpito con molte percosse; espressione metaforica per indicare il castigo di Dio.
Anche voi tenetevi pronti... - La vigilanza - Costante Brovetto: Nell’Antico Testamento la Sapienza esorta: “Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte. Infatti chi trova me trova la vita!” (Prv 8,34 cfr. Sap 6,15). Alla veglia sapienziale si unisce quella orante: “O Dio, tu sei il mio Dio, veglio per te dall’aurora!” (Sal 63,2). E si giunge alla tensione mistica: “Io dormo, ma il mio cuore vigila!” (Ct 5,2). Cresce man mano, nella storia biblica, l’attesa della venuta messianica, come risoluzione della storia. Abacuc (2,3), vigile sentinella, annuncia: “Se indugia, attendila, certo verrà e non tarderà!”.
Nel Nuovo Testamento l’insegnamento di Gesù e degli apostoli supera l’attesa della catastrofe apocalittica, diffusa nella psicologia religiosa del tempo. L’etica e la spiritualità evangelica della vigilanza riguardano tutto l’uomo, e coniugano insieme la tensione caratteristica verso il futuro di Dio, con la speranza della vita eterna, con l’attenzione e la cura per il momento presente, importante particolarmente in tempi di crisi o di smarrimento. “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà” (Mt 24,42). Verrà come un ladro (cfr. Mt 24,43; Ap 3,3), come un padrone che torna senza preavviso, anche se sembra tardare (cfr. Mt 25,1-13). La vigilanza consiste nel vivere sobriamente, staccati dai piaceri terrestri: “Vegliate e pregate in ogni momento, per aver la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,34).
Guai a chi dorme! “È ormai ora di svegliarvi dal sonno!” (Rm 13,11). “Non dormiamo come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri” (1 Ts 5, 5 s.). Gesù, nell’agonia del Getsemani, chiede ai suoi “Vigilate e pregate, per non entrare in tentazione!” (Mc 14,38).
E. Jacquemin e X. Léon- Dufour - Discernere la volontà di Dio: Il discernimento e la pratica della volontà divina si condizionano a vicenda: bisogna compiere la volontà di Dio per apprezzare la dottrina di Gesù (Gv 7, 17), ma d’altra parte bisogna riconoscere in Gesù e nei suoi comandamenti i comandamenti stessi di Dio (14, 23 s). Ciò rientra nel mistero dell’incontro delle due volontà, quella dell’uomo peccatore e quella di Dio: per andare a Gesù, bisogna essere «attratti» dal Padre (6, 44), attrazione che, secondo la parola greca, è ad un tempo costrizione e dilettazione (giustificando l’espressione di S. Agostino: «Dio che mi è più intimo di me stesso»). Per discernere la volontà di Dio non basta conoscere la lettera della legge (Rom 2, 18), ma occorre aderire ad una persona, e ciò può avvenire solo per mezzo dello Spirito Santo che Gesù dona (Gv 14, 26). Allora il giudizio rinnovato permette di «discernere qual è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli piace, ciò che è perfetto» (Rom 12, 2). Questo discernimento non riguarda soltanto la vita quotidiana; perviene alla «piena conoscenza della sua volontà, sapienza ed intelligenza spirituale» (Col 1, 9): questa è la condizione di una vita che piaccia al Signore (1, 10; cfr. Ef 5, 17). Anche la preghiera non può più essere che una preghiera «secondo la sua volontà» (1 Gv 5, 14), e la formula classica «se Dio lo vuole» assume una risonanza totalmente diversa (Atti 18, 21; 1 Cor 4, 19; Giac 4, 15), perché suppone un riferimento costante al «mistero della volontà di Dio» (Ef 1, 3-14).
Praticare la volontà di Dio. - A che pro conoscere ciò che il padrone vuole, se non lo si mette in pratica (Lc 12, 47; Mt 7, 21; 21, 31)? Questa «pratica» costituisce propriamente la vita cristiana (Ebr 13, 21), in opposizione alla vita secondo le passioni umane (1 Piet 4, 2; Ef 6, 6). Più precisamente, la volontà di Dio a nostro riguardo è santità 1 Tess 4, 3), ringraziamento (5, 18); pazienza (1 Piet 3, 17) e buona condotta (2, 15). Questa pratica è passibile, perché «è Dio che suscita in noi e il volere e l’operare per l’esecuzione del suo beneplacito» (Fil 2, 13). Allora c’è comunione delle volontà, accordo della grazia e della libertà.
Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo - Tauler: Predica per la festa di un Confessore: Vegliate dunque, infatti il nemico mette senza sosta tutta la sua astuzia e la sua abilità per sedurci e perderci eternamente, e osserva attentamente quando può trovare un’ora o un istante in cui non abbiamo fervore di devozione. Abbiamo dimenticata aperta qualche finestra dei nostri sensi esteriori e non stiamo in guardia: immediatamente egli s’insinua in noi e ci ruba tutto il nostro bene. Osservate perciò le vostre finestre e vigilate perché non scavi sotto la vostra casa come un ladro. Vegliate dunque incessantemente con tutte le vostre facoltà e con spirito raccolto. Perché non appena entra nell’uomo la superbia, la compiacenza di sé, la presunzione o la volontà propria, è là il Demonio gli recide la borsa, la ricca borsa di tutte le sue opere buone.
Il Santo del Giorno - 22 Ottobre 2025 - San Giovanni Paolo II - Con gesti e parole insegnò al mondo la vera misericordia e la speranza - All’umanità, che talora sembra smarrita e dominata dal potere del male, dell’egoismo e della paura, il Signore risorto offre in dono il suo amore che perdona, riconcilia e riapre l’animo alla speranza. È amore che converte i cuori e dona la pace: era il 3 aprile 2005, Domenica della Divina Misericordia, quando queste parole di san Giovanni Paolo II vennero lette al Regina Coeli. La sera prima Karol Wojtyla si era spento ma la sua forza aveva subito invaso il mondo, suscitando ovunque una profonda commozione. La Chiesa intera sentiva il dovere di coltivare la sua eredità, così ben sintetizzata in quelle parole postume. Il suo ministero petrino, iniziato il 22 ottobre 1978, si era aperto con l’invito a non avere paura e a spalancare le porte a Cristo. Un invito che oggi conserva tutta la sua profezia. D’altra parte Karol Wojtyla, con i suoi gesti intensi e le sue parole profonde, ha mostrato a tutti cosa vuol dire essere ovunque coraggiosi testimoni del Vangelo. Così come ovunque, in effetti, arrivò il suo vulcanico pontificato, che lo vide impegnato a strigliare i potenti, a mettere in guardia dalle ideologie, a piegarsi sulle ferite dell’umanità. Wojtyla era nato a Wadowice il 18 maggio 1920 ed era stato operaio, poeta, attore. Prete nel 1946, vescovo nel 1958 e arcivescovo di Cracovia nel 1964, cardinale nel 1967, infine eletto Papa il 16 ottobre 1978. Un Papa che non temeva di mostrare la propria umanità rimanendo sempre una guida salda e autorevole. Anche nella malattia. È morto il 2 aprile 2005 ed è stato canonizzato il 27 aprile 2014. (Matteo Liut)
La partecipazione ai doni del cielo, o Signore,
ci ottenga gli aiuti necessari alla vita presente
nella speranza dei beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.