18 OTTOBRE 2025

SAN LUCA, EVANGELISTA – FESTA

2Tm 4,10-17b; Salmo Responsoriale Dal Salmo 144 (145); Lc 10,1-9

Colletta
Signore Dio nostro, che hai scelto san Luca
per rivelare al mondo
con la predicazione e con gli scritti
il mistero della tua predilezione per i poveri,
fa’ che i cristiani formino un cuor solo e un’anima sola,
e tutti i popoli vedano la tua salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9,23) - Giovanni Paolo II (Messaggio, 15 Ottobre 2000): Per Luca esser cristiani significa seguire Gesù sulla via che Egli percorre (Lc 19,57; 10,38; 13,22; 14,25). È Gesù stesso che prende l’iniziativa e chiama a seguirlo, e lo fa in modo deciso, inconfondibile, mostrando così la sua identità del tutto fuori dal comune, il suo mistero di Figlio, che conosce il Padre e lo rivela (cfr. Lc 10,22). All’origine della decisione di seguire Gesù vi è l’opzione fondamentale in favore della sua Persona. Se non si è stati affascinati dal volto di Cristo è impossibile seguirlo con fedeltà e costanza, anche perché Gesù cammina per una via impervia, pone condizioni estremamente esigenti e si dirige verso un destino paradossale, quello della Croce. Luca sottolinea che Gesù non ama compromessi e richiede l’impegno di tutta la persona, un deciso distacco da ogni nostalgia del passato, dai condizionamenti familiari, dal possesso dei beni materiali (cfr. Lc 9,57-62; 14,26-33). L’uomo sarà sempre tentato di attenuare queste esigenze radicali e di adattarle alle proprie debolezze, oppure di desistere dal cammino intrapreso. Ma è proprio su questo che si decide l’autenticità e la qualità della vita della comunità cristiana. Una Chiesa che vive nel compromesso sarebbe come il sale che perde il sapore (cfr. Lc 14,34-35). Occorre abbandonarsi alla potenza dello Spirito, capace d’infondere luce e soprattutto amore per Cristo; occorre aprirsi al fascino interiore che Gesù esercita sui cuori che aspirano all’autenticità, rifuggendo dalle mezze misure. Questo è certo difficile per l’uomo, ma diventa possibile con la grazia di Dio (cfr. Lc 18,27). D’altra parte, se la sequela di Cristo implica che si porti ogni giorno la Croce, questa a sua volta è albero di vita che conduce alla risurrezione. Luca, che accentua le esigenze radicali della sequela di Cristo, è anche l’Evangelista che descrive la gioia di coloro che diventano discepoli di Cristo (cfr. Lc 10,20; 13,17; 19,6.37; At 5,41; 8,39; 13,48).

I Lettura: La pericope paolina si può dividere in tre parti. Nella prima Paolo si rivolge direttamente a Timoteo e, dopo essersi lamentato per l’abbandono da parte di tutti, lo esorta a raggiungerlo subito e gli impartisce alcune disposizioni di ordine pratico: gli chiede di portare con sé Marco, perché lo aiuti nel suo ministero apostolico; di portargli i libri, le pergamene e il mantello, che aveva dimenticato presso Carpo in Troade. Nella seconda parte Paolo sollecita Timoteo a guardarsi da un certo Alessandro, che lo aveva ostacolato nella sua predicazione e gli fu causa di non pochi guai. E infine, nella terza parte Paolo si lamenta con Timoteo che nella sua prima difesa in tribunale era rimasto senza sostegno alcuno, perché tutti lo avevano abbandonato. Egli, tuttavia, ha confidato nel Signore che lo ha liberato da ogni male. Una immagine di Paolo inedita, l’apostolo sa che la morte è a pochi passi, gusta il frutto amaro della solitudine e dell’abbandono, è la crisi del Getesemani, ma sa in chi confidare: in Gesù che gli è stato vicino e gli ha dato forza, perché portasse a compimento l’annuncio del Vangelo. 

Vangelo
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.

Il compito di annunciare Cristo rientra nella vocazione cristiana di ogni battezzato e deve estendersi a tutta la terra. I missionari sono mandati come agnelli in mezzo ai lupi: l’impatto col mondo sarà sempre gravido di malevolenza e di odio, non è ad armi pari perché i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce (Lc 16,8), ma il cristiano deve avere fede nella Parola che annuncia, anche se questa sembra non adeguata al compito. Spesso è la mancanza di fede che impedisce alla Parola di manifestare la forza di Dio che essa nasconde. 
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Nella Sacra Scrittura l’espressione «avere pace» significa: «vivere bene, senza danno, perfettamente». L’opposto di pace perciò non è guerra, ma perdizione, imperfezione. Forme di pace sono la non-guerra (1Sam 7,14; Lc 14,32; Ap 6,4), il sonno (Sal 4,9) e la morte (Gn 15,15). La pace manca nella discordia (Mt 10,34) e nella malattia (cfr. Mc 5,34). La pace viene da Dio (Nm 6,26), con cui è stato conchiuso il patto. Perciò la speranza di Dio è anche speranza di pace (Lv 26,6; Is 52,7). In Cristo è venuta la pace (Lc 2,14; Gv 14,27; 16,33; At 10,36ss), poiché Dio e l’umanità si uniscono l’uno con l’altro in maniera nuova (Ef 2,17; per mezzo del sangue della croce: Col l,20). Il messaggio di Cristo è messaggio di pace (Ef 2,17; 6,15), con l’impegno di fare tutto ciò che serve alla pace (Mt 5,9; Rm 12,18; 1Pt 3,11). La Chiesa è inviata a portare la pace nel mondo, cioè a rinnovarlo nel “sangue del Figlio di Dio”.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10,1-9

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Parola del Signore.

Bruno Maggioni (Il racconto di Luca): Accanto all’invio in missione dei dodici apostoli (episodio riportato anche da Marco e Matteo), Luca riporta anche un secondo episodio che invece gli è proprio: l’invio in missione dei settantadue discepoli. L’intenzione, probabilmente, è di mostrare che la missione non è unicamente affidata allo stretto gruppo degli apostoli, ma anche alla cerchia più vasta dei discepoli. Il compito di annunciare Cristo rientra nella vocazione cristiana semplicemente. E deve estendersi a tutta la terra: il numero settantadue richiama infatti la tradizione giudaica che riteneva che le nazioni della terra fossero, appunto, settantadue. 
L’ evangelista introduce l’episodio collegandolo strettamente ai detti sulla sequela che precedono («dopo ciò» ). E precisa che «li mandò a due a due innanzi a sé, in ogni città e luogo, dove egli stava per recarsi» (10,1). La missione suppone un invio, e di questo il missionario deve essere fortemente consapevole. Ha ricevuto un incarico e lo deve portare a compimento con fedeltà, nei termini stabiliti. In sostanza il suo compito consiste nel precedere Gesù («dinanzi a sé») per annunciare che il suo Regno è vicino (Èdove egli stava per andare»). Nel concetto di inviare c’è anche l’idea del viaggio, della partenza, della dispersione: «andate» (10,3). Non sono i popoli che devono incamminarsi verso i discepoli, ma i discepoli che devono correre verso i popoli. Questo modo di pensare la missione accentua fortemente l’idea di universalità e di servizio.
Il cristiano non deve accontentarsi di parlare del Regno soltanto se cercato e interrogato: deve prendere l’iniziativa e parlame per primo. Si preoccupa di suscitare il problema, non si accontenta di dare la risposta. 
Ma quali sono i comportamenti e i sentimenti che Gesù pretende dai suoi missionari? Anzitutto, la consapevolezza dell’ urgenza e della vastità del compito: «La messe è molta ma gli operai sono pochi». Da questa consapevolezza sgorga la necessità della preghiera: «Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe». L’urgenza e la vastità del compito sono sottolineate anche da un altro avvertimento: «Per via non salutate nessuno». Non c’è tempo per conversazioni lunghe e inutili, per cose secondarie. Il discepolo si concentra tutto sull’ essenziale e non ha tempo da perdere. 
Il secondo atteggiamento suggerito è la povertà: «Non portate né borsa né bisaccia né sandali». 
Con questo il discepolo missionario è invitato a non lasciarsi appesantire da troppi bagagli e da troppe esigenze, neppure dalle esigenze più elementari. Si tratta di una libertà indispensabile perché la purezza del vangelo sia salvata. Ed è un modo di vivere che rende credibile il vangelo tesso. Mostra infatti, dal vivo e davanti a tutti, la fiducia che il missionario ha nel Padre. 
Infine, terzo atteggiamento, la consapevolezza e l’accettazione di una situazione di sproporzione: «Vi mando come pecore in mezzo ai lupi». Lo scontro col mondo non è ad armi pari. Ma il cristiano deve avere fede nella Parola che annuncia, anche se questa sembra inadeguata al compito. 
Deve sottrarsi alla tentazione di servirsi della potenza mondana per rendere più efficace la Parola che annuncia. Una tale ricerca di mezzi appartenenti alla logica del mondo tradisce una profonda mancanza di fede. Ed è proprio questa mancanza di fede che impedisce, troppe volte, alla Parola di manifestare la forza di Dio che essa nasconde. 
Perché Dio - come dice S. Paolo (2 Cr 12,7-10)­ agisce nella debolezza, non nella forza degli uomini. 

Luca - Rudolf Pesch: Questo nome (abbreviazione di Lucanus [o Lukios)) è menzionato tre volte nel Nuovo Testamento: Col 4,14; Fm 24 e 2Tm 4,11. In questi tre passi ci si riferisce alla stessa persona, un etnicocristiano (Col 4,14); non è possibile un’identificazione di Luca con il Lucio di Cirene menzionato in At 13,1, poiché questo è uno di “origine comune” a Paolo, quindi un ebreo. Circa il rapporto di Luca con Paolo è decisivo il giudizio sull’autenticità delle tre lettere nelle quali Luca viene menzionato. La scelta migliore è prendere le mosse dalla Lettera a Filemone; qui Luca viene nominato accanto a Marco, Aristarco e Dema, come collaboratore dell’apostolo tenuto in una prigionia. Se Colssesi fosse stata scritta da un discepolo di Paolo, documenterebbe nella sua lista di saluti (4,10ss) anche Luca come discepolo e collaboratore di Paolo; questo anche nel caso fosse paolina. In Col 4,14, Luca è definito “il caro medico” e nuovamente presentato vicino all’apostolo prigioniero. Come Col 4,14, anche 2Tm 4,11 (come testimonianza postpaolina) potrebbe attestare una particolare vicinanza di Luca a Paolo: “Solo Luca è con me”. Poiché la prigionia - o le prigionie - dell’apostolo Paolo non possono venir localizzate con sicurezza, dai dati relativi alla permanenza di Luca vicino a lui è altrettanto impossibile ricavare delle notizie biografiche certe. Il Canone muratoriano chiama “il medico Luca” autore del terzo Vangelo e degli Atti; la successiva tradizione della chiesa si è attenuta a questa attribuzione, che però non viene generalmente condivisa dall’indagine moderna.

I discepoli sopravvivono in mezzo ai lupi con Cristo come pastore: «Perché dunque comanda ai santi apostoli, che sono innocenti pecore, di cercare la compagnia dei lupi e andare fra loro di loro volontà? Non è evidente il pericolo? Non sono posti come preda pronta per i loro attacchi? Come può una pecora prevalere su un lupo? Come può qualcuno così pacifico conquistare la ferocia delle bestie da preda? “Sì”, dice, “perché tutti loro hanno me come loro pastore: piccoli e grandi, popolo e principi, maestri e allievi. Sarò con voi, vi aiuterò e vi libererò da ogni male. Domerò le bestie selvagge. Cambierò i lupi in pecore e farò sì che i persecutori diventino il sostegno dei perseguitati. Renderò quelli che fanno torto ai miei ministri partecipi dei loro devoti intenti. lo faccio e disfo tutte le cose e niente può resistere alla mia volontà”». (Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 61).

Il Santo del giorno - 18 Ottobre 2025 - San Luca Evangelista - L’affascinante avventura della fede che indica la direzione nella storia: Credere è scoprire pian piano un progetto d’amore che ci porta al cuore di Dio e cambia la storia dell’umanità. Un viaggio affascinante e travolgente, che ha avuto inizio con un umile “sì”, come raccontano il terzo Vangelo e gli Atti degli Apostoli, entrambi testi attribuiti a san Luca. Figlio di pagani, Luca appartiene alla seconda generazione cristiana e, secondo la tradizione, era originario di Antiochia. Compagno e collaboratore di san Paolo, che lo chiama «il caro medico», al suo Vangelo premette due capitoli nei quali racconta la nascita e l’infanzia di Gesù. In essi risalta la figura di Maria, la «serva del Signore, benedetta fra tutte le donne». Al centro del suo testo, invece, si trovano i capitoli dedicati alla predicazione da Gesù tenuta nel viaggio ideale che lo porta dalla Galilea a Gerusalemme. Anche gli Atti degli Apostoli, poi, descrivono di fatto un viaggio simbolico: dello della diffusione del Vangelo da Gerusalemme all’Asia Minore, alla Grecia fino a Roma. Un’avventura di cui protagonisti sono Pietro e Paolo, anche se l’autentico protagonista è lo Spirito Santo, che a Pentecoste scende sugli Apostoli e li guida nell’annuncio del Vangelo agli Ebrei e ai pagani. Luca, osservatore e cronista attento, conosce le debolezze della comunità cristiana e rilegge in senso escatologico la promessa della venuta del Signore. Offre così un nuovo senso al cammino storico della comunità cristiana, destinata a crescere e a moltiplicarsi per la diffusione del Vangelo. Secondo la tradizione, morì martire a Patrasso in Grecia. (Avvenire)

Il dono ricevuto dal tuo santo altare
ci santifichi, Dio onnipotente,
e ci renda forti nell’adesione al Vangelo,
che san Luca ha trasmesso alla tua Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.