17 OTTOBRE 2025
Sant’Ignazio di Antiochia
Rm 4,1-8; Salmo Responsoriale Dal Salmo 31 (32); Lc 12,1-7
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che nella testimonianza dei santi martiri
edifichi il corpo mistico della tua Chiesa,
fa’ che la gloriosa passione,
che meritò a sant’Ignazio una corona immortale,
doni a noi protezione perenne.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia - Abramo, modello di obbedienza della fede in Dio - Catechismo della Chiesa Cattolica: L’obbedienza della fede 144: Obbedire («ob-audire») nella fede è sottomettersi liberamente alla parola ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la verità stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci dalla Sacra Scrittura è Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta.
Abramo - «Padre di tutti i credenti» - 145: La lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati, insiste particolarmente sulla fede di Abramo: «Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava» (Eb 11,8). Per fede soggiornò come straniero e pellegrino nella Terra promessa. Per fede Sara ricevette la possibilità di concepire il figlio della Promessa. Per fede, infine, Abramo offrì in sacrificio il suo unico figlio.
146: Abramo realizza così la definizione della fede data dalla lettera agli Ebrei: «La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono» (Eb 11,1). «Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia» (Rm 4,3). «Forte in [questa] fede» (Rm 4,20), Abramo è diventato «padre di tutti quelli che credono» (Rm 4,11.18).
147: Di questa fede, l’Antico Testamento è ricco di testimonianze. La lettera agli Ebrei fa l’elogio della fede esemplare degli antichi che «ricevettero» per essa « una buona testimonianza» (Eb 11,2.39). Tuttavia «Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi»: la grazia di credere nel suo Figlio Gesù, «autore e perfezionatore della fede» (Eb 11,40; 12,2).
Prima Lettura: Bibbia per la formazione cristiana: Paolo cita il testo di Gn 15,6 secondo la versione greca dei Settanta.
Si potrebbe intendere che Dio ha dato alla fede di Abramo il valore di un’opera meritoria, ma Paolo stesso si preoccupa di escludere questa falsa interpretazione. Nel versetto seguente egli chiarisce infatti il suo pensiero contrapponendo ciò che è dovuto a ciò che è puro dono (l’attribuzione della giustizia al credente).
In questa prospettiva non ci sono dubbi sul significato della frase di Paolo. Abramo ebbe fede: a quest’uomo che credeva, Dio conferì come una grazia (un dono gratuito) la giustizia. Tale attribuzione esclude qualsiasi merito da parte dell’uomo.
Dio agisce per grazia. Non si tratta tuttavia di un’iniziativa arbitraria. L’atteggiamento dell’uomo che accetta con fiducia e senza riserve il giudizio e la grazia di Dio che gli vengono offerti in Gesù è l’unico atteggiamento adeguato al dono della giustizia, cioè della salvezza di Dio.
Le espressioni: .. accreditare come giustizia .. e .. giustificare .. hanno lo stesso significato, ma con sfumature diverse. Nella prima si pone l’accento sull’azione di Dio in quanto Padre, nella seconda sull’azione di Dio in quanto giudice. Le due espressioni si completano e si correggono a vicenda. Ciò che Dio ha fatto nei nostri confronti per mezzo di Gesù Cristo è nello stesso tempo .. giudizio .. e .. grazia.
Vangelo
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo: I discepoli sono in difficoltà, la Parola sembra che abbia perduto la sua efficacia, la Chiesa stessa è perseguitata; sembra che tutto stia per risolversi in un sonoro fallimento... eppure Gesù infonde coraggio e dà ai suoi una speranza: Lui sarà sempre con la sua Chiesa e nessuno potrà distruggere quanto Dio stesso ha edificato. Per questa presenza divina i cristiani potranno e dovranno proclamare tutto senza alcun timore, se è necessario affrontando anche il martirio. Questa presenza divina, inoltre, svela ai credenti il vero volto di Dio: il «Dio vicino, previdente e provvidente, che mai fa mancare la sua assistenza; il Dio amico, che infonde coraggio e sostiene nelle avversità: il Dio ch’è sempre accanto all’uomo per difenderlo» (Mons. Marcello Semeraro).
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12,1-7
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».
Parola del Signore.
Carlo Ghidelli (Luca): versetto 4 amici miei: non si può non ricordare Gv 13,13ss. Qui l’espressione va liberata da ogni sentimentalismo: in realtà essere amici di Gesù implica non solo essere suoi confidenti, ma condividere la sua missione, le sue sofferenze, il suo destino di morte e risurrezione. - Non temete: nelle mani dei persecutori può cadere solo il corpo; la vostra anima è nelle mani di Dio e queste sono mani paterne, provvidenti, salvatrici.
versetto 5 temete colui che ... : come in Mt 23,33 e in Mr 9,43ss, così anche qui Lc ci presenta la condanna nell’inferno (nella Geenna, luogo di rovine e immondezzaio di Gerusalemme, fatto simbolo di maledizione eterna nella letteratura apocalittica e in quella neotestamentaria), come giudizio di Dio sul peccato (cfr anche 3,16s).
versetto 6 Cinque passeri ... Anche i capelli del vostro capo: in contrasto con l’immagine, forse troppo severa, di Dio offertaci dal v. precedente, ecco una stupenda presentazione di Dio provvidente: egli non può dimenticarsi delle sue creature (cfr Gr 2,2; Is 49,15), anche se valgono due soldi (qui Lc forza l’immagine riducendo il valore indicato da Mt 10,29; così egli fa anche in 5,36; 11,12), perché, in realtà, chi porta in sé l’immagine di Dio creatore e la somiglianza con Cristo salvatore, dinnanzi a Dio ha un valore inestimabile. S. Agostino direbbe che a Dio dispiacciono i nostri vizi e ciò che facciamo da noi stessi, ma non gli dispiace ciò che egli ha fatto in noi (Sermone 23).
Roberto Osculati (L’evangelo di Luca): La religione dei presunti devoti è come un prodotto che corrompe la purezza della parola di Dio, distoglie dalla sua vera osservanza, crea una maschera di pietà. È imminente però il tempo in cui tutti i pensieri nascosti saranno portati alla luce, il vero volto di ognuno apparirà senza ambiguità ed inganni e bisognerà guardarsi con cura da una religione ipocrita. La conoscenza di se stessi, ottenuta attraverso un ascolto sincero della parola, il mutamento dei propri criteri di giudizio, l’ azione sincera e coerente dovranno essere le caratteristiche del vero discepolo, liberato da ogni sotterfugio devoto. Beda considerava queste critiche attuali anche per le autorità cristiane del suo tempo e soggiungeva: “Guai a noi miserabili, ai quali sono passati i vizi dei farisei. Rivaleggiando con arroganza a motivo di una carica, non abbiamo avuto timore di gravare ulteriormente di colpe il breve ed incerto percorso della nostra vita, durante il quale avremmo dovuto piangere umilmente i peccati” (Beda, Esposizione sull’evangelo di Luca l,XI).
Il rifiuto del conformismo religioso e l’attesa operosa del regno n lla sincerità del cuore e nella coerenza delle opere possono produrre conflitti con l’ordinamento usuale del mondo e Luca ha probabilmente davanti a sé comunità soggette alla persecuzione. Ma Gesù ammonisce che non si deve temere neppure la morte e ci si deve sempre affidare alla provvidenza del Padre, che si manifesta in tutti i minimi aspetti della creazione. In apparenza sarebbe più conveniente considerare il preteso messia come una manifestazione diabolica, dichiararsi insoddisfatti delle opere prodigiose, affidarsi ad una religione di riti ed esibizioni devote. Ma il discepolo, se vuole davvero farsi compagno del maestro sofferente, deve imparare a seguirlo sulla sua difficile strada, fondarsi su una propria scelta limpida e coraggiosa, rinunciare a compromessi con un mondo intessuto di inganni e prepotenze. Di fronte alle critiche, alle ostilità e alle persecuzioni occorrerà dichiararsi per il figlio dell’uomo apocalittico, giudice dell’umanità e salvatore di quelli che si affidano a lui. L’ordinamento attuale del mondo, anche dal punto di vista religioso è fatiscente, così come lo è nelle sue strutture morali, economiche e politiche. li formalismo di molti devoti ebrei e le scenografie grandiose delle genti sono destinati ad essere vittime del loro vuoto interiore e dell’ egoismo che tentano di nascondere. La vista acuta e davvero luminosa del discepolo deve guardare a quel futuro che è già apparso nella vicenda terrena del figlio dell’uomo, ormai pronto a raccogliere i suoi. Ii momento della persecuzione sarà anche quello in cui lo Spirito apocalittico manifesterà la sua forza e donerà gesti e parole capaci di testimoniare il nuovo ordine della religione e della morale.
Il martire cristiano - Charles Augrain (Dizionario di Teologia Biblica): Il glorioso martirio di Cristo ha fondato la Chiesa: «Quando sarò innalzato da terra, aveva detto Gesù, attirerò a me tutti gli uomini» (Gv 12, 32).
La Chiesa, corpo di Cristo, è chiamata a sua volta a dare a Dio la testimonianza del sangue per la salvezza degli uomini. La comunità ebraica aveva già avuto i suoi martiri, specialmente all’epoca dei Maccabei (2 Mac 6 - 7). Ma nella Chiesa cristiana il martirio assume un senso nuovo, che Gesù stesso rivela: è la piena imitazione di Cristo, la partecipazione perfetta ana sua testimonianza ed alla sua opera di salvezza: «Il servo non è maggiore del padrone; se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi!» (Gv 51,20). Ai suoi tre intimi Gesù annunzia che lo seguiranno nella passione (Mc 10,39 par.; Gv 21,18ss); ed a tutti rivela che soltanto il seme che muore in terra porta molto frutto (Gv 12,24). Cosi il martirio di Stefano - che evoca con tanta forza la passione - determinò la prima espansione della Chiesa (Atti 8,4 s; 11,19) e la conversione di Paolo (22,20). L’Apocalisse, infine, è veramente il Libro dei Martiri, di coloro che sulle orme del Testimone fedele e veridico (Apoc 3,14) hanno dato alla Chiesa e al mondo la testimonianza del loro sangue.
L’intero libro ne celebra la prova e la gloria, di cui la passione e la glorificazione dei due testimoni del Signore sono il simbolo (Apoc 6,9s; 7,14-17; 11,11s; 20,4ss).
Sono frumento di Dio: sarò macinato dai denti delle fiere - Dalla «Lettera ai Romani» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire: Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. È vicino il momento della mia nascita …
Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza. Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli è la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.
Benedetto XVI (Udienza Generale): Nessun Padre della Chiesa ha espresso con l’intensità di Ignazio l’anelito all’unione con Cristo e alla vita in Lui. Perciò abbiamo letto il brano evangelico sulla vigna, che secondo il Vangelo di Giovanni è Gesù. In realtà, confluiscono in Ignazio due «correnti» spirituali: quella di Paolo, tutta tesa all’unione con Cristo, e quella di Giovanni, concentrata sulla vita in Lui. A loro volta, queste due correnti sfociano nell’imitazione di Cristo, più volte proclamato da Ignazio come «il mio» o «il nostro Dio». Così Ignazio supplica i cristiani di Roma di non impedire il suo martirio, perché è impaziente di «congiungersi con Gesù Cristo». E spiega: «È bello per me morire andando verso (eis) Gesù Cristo, piuttosto che regnare sino ai confini della terra. Cerco Lui, che è morto per me, voglio Lui, che è risorto per noi ... Lasciate che io sia imitatore della Passione del mio Dio!» (Romani 5-6). Si può cogliere in queste espressioni brucianti d’amore lo spiccato «realismo» cristologico tipico della Chiesa di Antiochia, più che mai attento all’incarnazione del Figlio di Dio e alla sua vera e concreta umanità: Gesù Cristo, scrive Ignazio agli Smirnesi, «è realmente dalla stirpe di Davide», «realmente è nato da una vergine», «realmente fu inchiodato per noi» (1,1).
L’irresistibile tensione di Ignazio verso l’unione con Cristo fonda una vera e propria «mistica dell’unità». Egli stesso si definisce «un uomo al quale è affidato il compito dell’unità» (Filadelfiesi 8,1). Per Ignazio l’unità è anzitutto una prerogativa di Dio che, esistendo in tre Persone, è Uno in assoluta unità. Egli ripete spesso che Dio è unità, e che solo in Dio essa si trova allo stato puro e originario. L’unità da realizzare su questa terra da parte dei cristiani non è altro che un’imitazione, il più possibile conforme all’archétipo divino. In questo modo Ignazio giunge a elaborare una visione della Chiesa, che richiama da vicino alcune espressioni della Lettera ai Corinti di Clemente Romano. «È bene per voi», scrive per esempio ai cristiani di Efeso, «procedere insieme d’accordo col pensiero del Vescovo, cosa che già fate. Infatti il vostro collegio dei presbiteri, giustamente famoso, degno di Dio, è così armonicamente unito al Vescovo come le corde alla cetra. Per questo nella vostra concordia e nel vostro amore sinfonico Gesù Cristo è cantato. E così voi, ad uno ad uno, diventate coro, affinché nella sinfonia della concordia, dopo aver preso il tono di Dio nell’unità, cantiate a una sola voce» (4,1-2). E dopo aver raccomandato agli Smirnesi di non «intraprendere nulla di ciò che riguarda la Chiesa senza il Vescovo» (8,1), confida a Policarpo: «Io offro la mia vita per quelli che sono sottomessi al Vescovo, ai presbiteri e ai diaconi. Possa io con loro avere parte con Dio. Lavorate insieme gli uni per gli altri, lottate insieme, correte insieme, soffrite insieme, dormite e vegliate insieme come amministratori di Dio, suoi assessori e servi. Cercate di piacere a Colui per il quale militate e dal quale ricevete la mercede. Nessuno di voi sia trovato disertore. Il vostro Battesimo rimanga come uno scudo, la fede come un elmo, la carità come una lancia, la pazienza come un’armatura» (6,1-2).
Guardati dall’ipocrisia dei farisei - L’ipocrisia porta via la chiave di conoscenza - Cirillo di Alessandria (Commento a Luca, omelia 86): Si dice che essi, arrabbiandosi di fronte a questo rimprovero, iniziarono a incalzarlo con veemenza. Questo significa attaccarlo con astuzia, opporsi a lui e mostrare il loro odio nei suoi confronti. Tentarono anche, si dice, di farlo tacere su molte cose. Qual è ora il significato del loro metterlo a tacere? È che essi lo obbligavano a rispondere subito e senza dargli tempo per riflettere alle loro malvagie domande, aspettando che si confondesse dicesse quale sa di contestabile. Non sapevano che egli era Dio. Lo disprezzarono, erano orgogliosi e irriverenti. Cristo disse ai suoi amici, il che significa ai suoi discepoli, di guardarsi dal lievito dei farisei e degli scribi, intendendo con il lievito la loro falsa presunzione.
L’ipocrisia è odiata da Dio e dall’umanità. Essa non porta una ricompensa, ed è totalmente inutile per la salvezza dell’anima. Essa è anzi la causa della sua dannazione. Sebbene talvolta, per breve tempo, possa evitare di essere scoperta, dopo molto è sicuro che viene scoperta e che porta disgrazia su di loro. È come una donna non attraente quando è spogliata di quell’ abbellimento esterno che è prodotto artificialmente.
Il Santo del giorno - 17 Ottobre 2025 - Sant’Ignazio di Antiochia, Vescovo e Martire: Fu il terzo vescovo di Antiochia, in Siria, terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d’Egitto e di cui san Pietro era stato il primo vescovo. Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, convertendosi in età non più giovanissima. Mentre era vescovo ad Antiochia, l’Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto, in catene, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell’Imperatore e i cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati dalle belve. Durante il viaggio da Antiochia a Roma, Ignazio scrisse sette lettere, in cui raccomandava di fuggire il peccato, di guardarsi dagli errori degli Gnostici, di mantenere l’unità della Chiesa. Di un’altra cosa poi si raccomandava, soprattutto ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non salvarlo dal martirio. Nell’anno 107 fu dunque sbranato dalle belve verso le quali dimostrò grande tenerezza. «Accarezzatele “scriveva” affinché siano la mia tomba e non facciano restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno». (Avvenire)
Ci sostenga e ci rinnovi, o Signore,
il pane celeste che abbiamo ricevuto
nel giorno della nascita al cielo di sant’Ignazio,
e ci renda veri cristiani, nel nome e nelle opere.
Per Cristo nostro Signore.