16 Ottobre 2025
Giovedì XXVIII Settimana T. O.
Rm 3,21-30a; Salmo Responsoriale Dal Salmo 129 (130); Lc 11,47-54
Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, o Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Tutti hanno peccato - Il primo peccato dell’uomo - Catechismo della Chiesa Cattolica 397 L’uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell’uomo. In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà.
398 Con questo peccato, l’uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l’uomo era destinato ad essere pienamente «divinizzato» da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare «come Dio» (Gn 3,5), ma «senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio».
399 La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si sono fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative.
400 L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta; l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all’asservimento. L’armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all’uomo. A causa dell’uomo, la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione. Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell’ipotesi della disobbedienza si realizzerà: l’uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell’umanità.
I Lettura: Per Paolo, la Legge, santa e buona (cfr. Rom 7,14), è stata data per la vita (cfr. Rom 7,10), ma, «di fatto, essa è servita a provocare il peccato nella vita degli uomini: ciò che doveva essere fonte di vita è divenuto, storicamente, strumento di morte» (B. Liverani). Per l’Apostolo, comunque, la legge continua ad avere una funzione vitale, anche se «in senso puramente negativo: per mezzo di essa l’uomo prende coscienza del proprio peccato per aprirsi ad accogliere nella fede giustificante l’unica fonte della giustizia, Gesù Cristo» (B. Liverani).
Vangelo
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa.
Ancora rimproveri per i farisei e i dottori della Legge. Una miopia religiosa che sprofonda nella vanità, e fa assomigliare le guide spirituali a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume (Mt 23,27). Ma ancora più grave è il fatto che i dottori della Legge hanno portato via la chiave della conoscenza, loro non sono entrati, e a quelli che volevano entrare glielo hanno impedito. Una insipienza imperdonabile.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,47-51
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Parola del Signore.
Con queste durissime parole si conclude il rimprovero che Gesù muove ai farisei e ai dottori della legge. Non va dimenticato che queste parole sono state pronunciate in casa di un fariseo che aveva ospitato Gesù per il pranzo, e questo rende ancora poco comprensibile la durezza del discorso di Gesù. Manca di diplomazia? Poteva con minore rigore correggere la dottrina dei farisei e dei dottori della legge? Altrove nei vangeli ritroviamo simili rimproveri, espressi anche con maggiore durezza. Se l’imputato sul banco degli accusati rimane sempre l’ipocrisia, qui viene aggiunta un’ulteriore trasgressione da parte dei custodi della legge: Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito. Due difetti, il primo voi non siete entrati, nel senso che “non hanno capito il vero senso della legge”, non sono entrati in profondità perché mancanti di umiltà, ma con spocchiosa sicumera sbandieravano la loro presunta conoscenza della legge, come dire falsi maestri o meglio maestri di una dottrina meramente umana, frutto di una elucubrazione fantasiosa, da qui il peccato: hanno fatto deviare il popolo d’Israele dal sentiero della verità. E qui la seconda trasgressione, voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito. Poiché loro non sono entrati di conseguenza hanno sbarrato le porte della conoscenza della legge di Dio al popolo eletto, hanno spento la luce che avrebbe rischiarato il cammino della conoscenza della verità. Ipocrisia, arroganza, superbia intellettuale e molto altro, questo l’hanno ben compreso, ecco perché Luca annota alla fine: Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca. Dalla bocca di Gesù non usciranno né errori né alcuna contraddizione, ma la rete, quando scoccherà l’ora di Dio, ben presto catturerà la vittima innocente per consegnarla alla tortura e alla morte.
Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno - Javer Pikaza (Vangelo secondo Luca): Lo scontro di Gesù con le autorità d’Israele ha il suo prologo nella storia dell’Antico Testamento e continua nel tempo della Chiesa, così che diviene una « costante » di ogni autentica esistenza dell’uomo sulla terra. Il prologo veterotestamentario è condensato nel destino dei profeti, vittime della violenza del loro popolo. Il tema costituisce uno dei « luoghi » classici della tradizione deuteronomista ed è stato ripreso assai presto dalla Chiesa. In modo schematico, la storia d’Israele si riassume in questi tratti: a) da una parte, si trova Dio che manda i suoi profeti per insegnare agli uomini la via della salvezza; b) dall’altra, abbiamo il popolo che li uccide (cf Lc 4,24-28; 20,9-15; At 7,52). La storia di Gesù si comprende meglio alla luce di questo prologo (1 1,53-54). Il suo destino di testimone perseguitato costituisce il culmine di tutta quella linea di persecuzione della verità che è cominciata fin dall’inizio della storia (caso di Abele, 11,51). Evidentemente come prologo a Gesù dobbiamo mettere tutti i giusti che soffrirono per la loro onestà, la loro testimonianza e le loro idee. Di qui sappiamo che il loro martirio non fu inutile, perché è riassunto nel martirio di Gesù, culminato nella gloria della Pasqua. La vecchia storia continua nel tempo della Chiesa. Gesù che, implicitamente, si identifica con la Sapienza di Dio (11,49; cf Mt 23-34), manda al mondo i suoi profeti e i suoi apostoli. In essi si riassume la missione cristiana, incentrata nell’opera delle due classi di uomini che testimoniano l’esperienza di Gesù (profeti) e che proclamano ufficialmente la sua parola (apostoli). Gli uni e gli altri furono perseguitati e uccisi. Questa è l’esperienza della Chiesa. In queste parole Gesù si riferiva direttamente al popolo d’Israele che ha rigettato il suo messaggio. In un modo più ampio, si indirizza all’umanità intera, che ha preferito chiudersi nelle sue verità parziali, difendendole con violenza. Questo vuol dire che il credente di Gesù e, in modo speciale, il suo messaggero vive minacciato dalla violenza di questo mondo che si chiude. Il vangelo comporta una violenza per coloro che lo praticano e suscita una reazione di autodifesa violenta da parte di coloro che si sentono minacciati dalla sua luce, dalla sua verità e dalla sua esigenza.
Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge - Settimio Cipriani (Le Lettere di Paolo vv. 27-30): Se questo è il piano di Dio, è chiaro che sono aboliti tutti i privilegi di razza o di religione. Iddio è il Dio di tutti, dei Giudei come dei gentili (vv. 29.30), e deve perciò aver dato a tutti la possibilità di salvarsi. Questa possibilità è rappresentata dalla fede: «Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della Legge» (v. 28). È la formula più compendiosa e più epressiva di tutto il ricco contenuto di questa lettera (cfr. Gal. 2, 16).
È risaputo che di qui è balenata alla mente di Lutero la dottrina-base di tutto il protestantesimo: è la «sola» fede («sola fides») che giustifica «senza le opere». La interpretazione di per sé è corretta, anche se nel testo paolino manca l’aggettivo «sola». È risaputo che nelle polemiche successive si è esasperato, da parte protestantica, l’aspetto della «sola» fede, mettendo da parte le «opere», che devono nascere dalla fede, medesima: a questo punto il pensiero di Paolo sarebbe stravolto. Infatti, a prescindere da tutte le altre lettere, proprio in questa ai Romani egli non si stanca di esortare i cristiani a praticare, insieme alla fede, le opere buone. Cfr. tutto il c. 6: «Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale, in modo da obbedire alle sue concupiscenze...» (6, 12). Altrove egli parlerà assai felicemente della «fede che opera mediante la carità» (Gal. 5, 6).
Le «opere», escluse da Paolo e incapaci di giustificare, sono soltanto quelle della «Legge» mosaica, come risulta da tutto il contesto (cfr. anche 4, 4-5 e 15 ecc.); anzi, la differenza fondamentale fra l’economia della Legge e quella della «fede» consiste proprio nel fatto che la Legge fa solo «conoscere» il bene e il male (3, 20), mentre la fede dà anche la forza di «operare» il bene.
Paul Beauchamp (Profeta in Dizionario di Teologia Biblica): «Le profezie un giorno spariranno», spiega Paolo (1Cor 13,8). Ma allora sarà la fine dei tempi. La venuta di Cristo in terra, lungi dall’eliminare il carisma della profezia, ne ha provocato, al contrario l’estensione che era stata predetta.
«Possa tutto il popolo essere profeta!», augurava Mosè (Num 11,29). E Gioele vedeva realizzarsi questo augurio «negli ultimi tempi» (Gioe 3,1-4). Nel giorno della Pentecoste, Pietro dichiara compiuta questa profezia: lo Spirito di Gesù si è effuso su ogni carne: visione e profezia sono cose comuni nel nuovo popolo di Dio. Il carisma delle profezie è effettivamente frequente nella Chiesa apostolica (cfr. Atti 11,27s; 13,1; 21,10s), Nelle Chiese da lui fondate, Paolo vuole che esso non sia deprezzato (1Tess 5,20). Lo colloca molto al di sopra del dono delle lingue (1Cor 14,1-5); ma non di meno ci tiene a che sia esercitato nell’ordine e per il bene della comunità (14,29-32).
Il profeta del NT, non diversamente da quello del VT, non ha come sola funzione quella di predire il futuro: egli «edifica, esorta, consola» (14,3), funzioni che riguardano da vicino la predicazione. L’autore profetico dell’Apocalisse incomincia con lo svelare alle sette Chiese ciò che esse sono (Apoc 2-3), come facevano gli antichi profeti. Soggetto egli stesso al controllo degli altri profeti (1Cor 14,32) ed agli ordini dell’autorità (14,37), il profeta non potrebbe pretendere di portare a sé la comunità (cfr. 12,4-11), né di governare la Chiesa. Fino al termine, il profetismo autentico sarà riconoscibile grazie alle regole del discernimento degli spiriti. Già nel VT il Deuteronomio non vedeva forse nella dottrina dei profeti il segno autentico della loro missione divina (Deut 13,2-6)? Così è ancora. Infatti il profetismo non si spegnerà con l’età apostolica.
Sarebbe difficile comprendere la missione di molti santi della Chiesa senza riferimento al carisma profetico, il quale rimane soggetto alle regole enunciate da S. Paolo.
La chiave di conoscenza che apre il Regno: “Questo è quanto si dice nell’Apocalisse di Giovanni: Colui che ha la chiave di Davide, che chiude e non apre, e che apre e non chiude [Ap 3,7]. Gli scribi e i farisei hanno tenuto questa chiave nella Legge. Il Signore li mette in guardia nel Vangelo: Guai a voi scribi, che tenete la chiave del regno dei cieli. O voi farisei, che tenete le chiavi del Regno e non credete in Cristo che è il cancello e la porta del Regno! La promessa è stata fatta a voi, ma è stata mantenuta in noi. Voi avete la carne, ma noi abbiamo lo spirito. Anzi, poiché rinnegate lo spirito, avete perso con lo spirito anche la carne” (Girolamo, Omelia sul salmo 88 [89]).
Il Santo del giorno - 16 Ottobre 2025 - Santa Margherita Maria Alacoque: Nata in Borgogna nel 1647, Margherita ebbe una giovinezza difficile, soprattutto perché dovette vincere la resistenza dei genitori per entrare, a ventiquattro anni, nell’Ordine della Visitazione, fondato da san Francesco di Sales. Margherita, diventata suor Maria, restò vent’anni tra le Visitandine, e fin dall’inizio si offrì «vittima al Cuore di Gesù». Fu incompresa dalle consorelle, malgiudicata dai superiori. Anche i direttori spirituali dapprima diffidarono di lei, giudicandola una fanatica visionaria. Il beato Claudio La Colombière divenne preziosa guida della mistica suora della Visitazione, ordinandole di narrare, nell’autobiografia, le sue esperienze ascetiche. Per ispirazione della santa, nacque la festa del Sacro Cuore, ed ebbe origine la pratica dei primi Nove Venerdì del mese. Morì il 17 ottobre 1690. (Avvenire)
Ti supplichiamo, o Padre d’infinita grandezza:
come ci nutri del Corpo e Sangue del tuo Figlio,
così rendici partecipi della natura divina.
Per Cristo nostro Signore.