19 Luglio 2025
 
Sabato XV Settimana T. O.
 
Es 12,37-42; Salmo Responsoriale Dal Salmo 135 (136); Mt 12,14-21
 
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Non spezzerà una canna già incrinata: non spegnerà una fiamma smorta: Reconciliatio et paenitentia 34: Ritengo di dover fare a questo punto un accenno, sia pur brevissimo, a un caso pastorale che il Sinodo ha voluto trattare – per quanto gli era possibile farlo –, contemplandolo anche in una delle “Propositiones”. Mi riferisco a certe situazioni, oggi non infrequenti, in cui vengono a trovarsi cristiani desiderosi di continuare la pratica religiosa sacramentale, ma che ne sono impediti dalla condizione personale in contrasto con gli impegni liberamente assunti davanti a Dio e alla Chiesa. Sono situazioni che appaiono particolarmente delicate e quasi inestricabili. Non pochi interventi nel corso del Sinodo, esprimendo il pensiero generale dei padri, hanno messo in luce la coesistenza e il mutuo influsso di due principi, egualmente importanti, in merito a questi casi. Il primo è il principio della compassione e della misericordia, secondo il quale la Chiesa, continuatrice nella storia della presenza e dell’opera di Cristo, non volendo la morte del peccatore ma che si converta e viva (cfr. Ez 18,23), attenta a non spezzare la canna incrinata e a non spegnere il lucignolo che fumiga ancora (cfr. Is 42,3 Mt 12,20), cerca sempre di offrire, per quanto le è possibile, la via del ritorno a Dio e della riconciliazione con lui. L’altro è il principio della verità e della coerenza, per cui la Chiesa non accetta di chiamare bene il male e male il bene. Basandosi su questi due principi complementari, la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste.
 
I Lettura: Gli Israeliti abbandonano l’Egitto, abbandonano ceppi, lavoro forzato, angherie. Partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini adulti, senza contare i bambini: in seicentomila, una cifra molto esagerata, ma che può rappresentare il censimento di tutto il popolo di Israele all’epoca del documento jahvista.
Bisogna fare in fretta e gli Israeliti non hanno nemmeno il tempo di fare lievitare il pane, le focacce azzime, pani non lievitati, “non sono gli azzimi del rituale posteriore, ma un elemento del rituale antico della pasqua, festa di nomadi che mangiano abitualmente pane non lievitato (cf. ancora Gs 5,11). La tradizione jahvista vi ha visto un segno della fretta con la quale si era usciti dall’Egitto” (Bibbia di Gerusalemme).
Il ricordo della liberazione segnerà per sempre la storia del popolo d’Israele, sarà memoriale dell’amore misericordioso di Dio.
 
Vangelo
Impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 12,14-21
 
In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.
Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le nazioni».

Parola del Signore.
 
Speranza delle nazioni - Felipe F. Ramos: La scena ha origine da una guarigione compiuta da Gesù in giorno di sabato. Il legalismo giudaico, per salvaguardare la santità del sabato, era giunto a estremi ridicoli. Non si poteva guarire un uomo di sabato, ma si potevano invece soccorrere gli animali che ne avessero bisogno. Certo, dal loro punto di vista, era logico questo atteggiamento, poiché si era giunti persino ad affermare che l’uomo era stato creato per il sabato, per santificare quel giorno santo. Gesù non la pensava così. La cosa più importante è sempre l’uomo e tutto, compreso il sabato, dev’essere al suo servizio (Mr 2,27).
Poco mancò che questo atteggiamento scandaloso di Gesù, in quell’occasione, gli costasse la vita. Lo avrebbero ucciso per osservare la legge! Gesù si ritira per scongiurare il pericolo, ma continua ad agire per portare a compimento l’opera di liberazione dell’uomo. A quelli che sono stati i beneficiari del suo potere e della sua misericordia chiede solo di non denunziarlo. Egli impone il silenzio a quelli che hanno ricevuto i suoi benefici.
Perché? Nel vangelo di Marco, questa raccomandazione di silenzio è attribuita esplicitamente al celebre «segreto messianico». Matteo ci offre un punto di vista diverso: Gesù vuole passare inosservato per due ragioni: a) vuole evitare, per ora, le controversie con i farisei, nelle quali dovrebbe necessariamente esporre le ragioni del suo modo d’agire che erano inseparabili dalle sue pretese messianiche. Questo provocava indignazione e persecuzione. Una ragione di prudenza consigliava, per il momento, di evitare quegli scontri diretti.
b) La seconda ragione è teologica: Gesù è il servo di Dio per eccellenza, e come tale intende agire segretamente. Questo comporta che sia citato qui il testo di Isaia (41,4): Non farà udire la sua voce sulle piazze (v. 19); appoggerà i deboli e cercherà i prodighi (v. 20). Come il servo di Yahveh, Gesù concederà la sua giustizia a tutti, compresi i pagani (vv. 18-21). In Gesù si realizzano le speranze giudaiche che erano legate al servo di Yahveh. Gesù è il servo di Dio che visse nascosto, nel mistero, e la cui vita fu determinata dalla sua morte-risurrezione, per la sua piena solidarietà con l’uomo che veniva a salvare.
 
… perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Nella citazione Matteo adatta il testo ebraico ed i LXX (la versione greca dei Settanta) ad un suo intento personale. Il mio diletto (il testo ebraico ed i LXX hanno: il mio eletto) richiama la stessa espressione del battesimo di Gesù (cf. Mt., 3, 16-17). Annunzierà... la giustizia (oppure: giudizio, diritto); l’espressione ebraica indica il diritto che regola i rapporti tra Dio e l’uomo, che è manifestato dalla rivelazione e che costituisce il fondamento della religione; il termine giustizia (cf. anche versetto 20) equivale a: fede, rivelazione, religione. Il Benoît traduce: «egli annunzierà la vera fede ai Gentili». Non farà contese (testo ebraico e LXX: non griderà forte) cioè: non provocherà dispute, adattamento di Matteo per indicare che Gesù evita inutili dispute con i Farisei, come l’evangelista ha accennato al vers. 15. Nel suo nome le genti porranno la loro speranza; le genti (oppure: le nazioni) sta per il termine ebraico: isole (cioè: paesi lontani). Matteo usa una voce equivalente che si adatta meglio al suo vangelo, il quale terminerà con il comando di Cristo d’istruire tutte le genti (oppure: nazioni). Il passo del libro d’Isaia presenta una descrizione del Messia; il profeta e l’evangelista affermano che «il servo di Jahweh» annunzierà ai popoli (cioè non soltanto al popolo eletto) la verità rivelata ad Israele. Il Messia non agirà in modo clamoroso e violento, ma con umiltà ed amore, userà misericordia verso gli erranti e gli smarriti, poiché egli raddrizzerà la canna piegata e ravviverà lo stoppino che sta per spegnersi. Il Messia attuerà questa sua opera e farà trionfare la verità. Da ora in poi le genti troveranno nella sua persona (nel suo nóme) la speranza della salvezza.
 
... egli li guarì tutti - Daniel J. Harrington (Il Vangelo di Matteo): Il sommario delle guarigioni operate da Gesù presso il Mare di Galilea presentato da Marco (3,7-12) è stato notevolmente condensato da Matteo (Mt 12,15-16) e trasformato in un’occasione per presentare una citazione di adempimento (Mt 12,17-21 = Is 42,1-4). In un contesto incentrato sul rifiuto di Gesù (Mt 12,1-4.22-50) Mt 12,15-21 ha la funzione di ricordare quale sia la vera identità di Gesù come Servo/Figlio di Dio, così come Mt 11,25-30 aveva messo Gesù in relazione alla sapienza di Dio.
La citazione riguardo al mite e benigno Servo di Dio (Is 42,1-4) spiega perché Gesù si sia semplicemente allontanato dalla sinagoga dei farisei (vedi Mt 12,9) e perché abbia voluto di proposito evitare di rendere pubblica la sua vera identità: questo è il modo di operare del mite e benigno Servo di Dio. Da questo punto di vista la parte più importante della citazione l’abbiamo in Mt 12,19 («non contesterà né griderà»). Tuttavia, vi sono anche altri elementi nel libero adattamento fatto da Matteo del testo biblico (la sua versione non coincide esattamente con nessun altro testo antico) che contribuiscono a completare il quadro che l’evangelista fa di Gesù.
Gesù è il Servo e il Figlio di Dio, poiché il termine greco pais è ambiguo, avendo il senso sia di servo che di figlio; e tale ambiguità è stata probabilmente sfruttata di proposito da Matteo che in altri passi si preoccupa di presentare Gesù come Figlio di Dio. L’altra parte di Mt 12,18a («mio prediletto, nel quale ho posto il mio amore») ricorda la voce dal cielo in occasione del battesimo di Gesù (vedi Mt 3,17) e prelude alla voce dal cielo al momento della trasfigurazione (vedi Mt 17,5). La citazione serve anche a identificare Gesù con il portatore dello Spirito Santo («Porrò il mio spirito sopra di lui»), forse in contrasto con quelli che comandano «nella loro sinagoga» (12,9). Infine, la citazione contiene due elementi che evidenziano la rilevanza di Gesù per i non Giudei: «annunzierà ai popoli la giustizia» (12,18); e «nel suo nome spereranno i popoli» (12,21).
Per gli appartenenti alla comunità matteana, Mt 12,15-21 doveva servire a sottolineare i poteri di Gesù come guaritore già evidenziati nei capitoli 8-9 in 12,9-14. Doveva anche completare il quadro che avevano dell’identità di Gesù in base alle caratteristiche accennate nel capoverso precedente. Nel contesto polemico del capitolo 12 (e dei cappo 11-14 nel loro insieme) questo testo si prestava anche ad essere inteso come una critica ai farisei e alla «loro sinagoga» per la loro incapacità di riconoscere in Gesù il Servo di Dio e il portatore dello Spirito Santo.
Nell’applicazione di questo testo è importante distinguere il Cantico del Servo (Is 42,1-4) citato qui dagli altri Cantici del Servo, in particolare Is 52,13-53,12, con la loro chiara enfasi sulle sofferenze del Servo. In Mt 12,15-21 l’accento è posto sulla mitezza e bontà del Servo, assieme ad altri temi cristologici: Servo/Figlio, il prediletto da Dio, il portatore dello Spirito Santo, e la rilevanza di Gesù per i non Giudei.
 
Egli non griderà - Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 40, 2: Con tali parole il profeta canta l’ineffabile mitezza e il potere di Cristo, apre alle genti una porta larga e spaziosa, mentre predice ai giudei le sciagure che un giorno li colpiranno. Manifesta inoltre la perfetta armonia di Gesù che è con il Padre. Ecco - dice - il mio servo che mi sono scelto, non è certo per opporsi a lui che egli abroga la legge, né come nemico del legislatore, ma lo fa in pieno accordo con il Padre. E per proclamare la sua mansuetudine, il profeta dice: Non contenderà né parlerà forte (Is 42, 2). Gesù intendeva personalmente prendersi cura degli uomini; ma poiché lo respingono, egli se ne fa senza resistenza.
 
Santo del giorno - 19 Luglio 2025 - Beato Achille (Achilles Josef) Puchała, Sacerdote e Martire: Nacque il 18 marzo 1911 in Polonia nel villaggio di Kosin, diocesi di Przemy. Terminata la scuola elementare, nel 1924 entrò a Leopoli nel seminario minore dei Frati minori conventuali. La sua formazione religiosa culminò il 22 maggio 1932 con la professione dei voti solenni ed il 5 luglio 1936 venne ordinato sacerdote. I primi anni di ministero furono nel convento di Grodno. Trasferito poi a Iwieniec, diocesi di Pilsk, fu sorpreso dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Il 19 giugno 1943 si verificò un’insurrezione contro i nazisti. Quando il parroco della vicina Pierszaje fuggì, padre Achilles vi si trasferì nei primi anni 40 per reggere la sede vacante.
Un mese dopo giunse a Pierszaje la Gestapo, che perquisì anche la canonica. Secondo un testimone oculare, il comandante locale della gendarmeria tedesca, cattolico praticante che abitava nella canonica, propose ai due sacerdoti di rifugiarsi in un nascondiglio, ma Achilles non abbandonò i fedeli e si unì agli arrestati. Fu ucciso in un fienile a cui poi fu dato fuoco il 19 luglio 1943. (Avvenire)  
 
O Signore, che ci hai nutriti con i tuoi doni,
fa’ che per la celebrazione di questi santi misteri
cresca in noi il frutto della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.