22 Aprile 2025
Martedì fra l’Ottava di Pasqua
At 2,36-41; Salmo Responsoriale Dal Salmo 32 (33); Gv 20,11-18
Colletta
O Dio, che ci hai donato i sacramenti pasquali,
assisti questo popolo con la tua grazia,
perché, raggiunta la libertà perfetta,
possa godere in cielo
quella gioia che ora pregusta sulla terra.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Papa Francesco (Udienza Generale 17 Maggio 2017): Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto - secondo i vangeli - sia avvenuta in un modo così personale! Che c’è qualcuno che ci conosce, che vede la nostra sofferenza e delusione, e che si commuove per noi, e ci chiama per nome. È una legge che troviamo scolpita in molte pagine del vangelo. Intorno a Gesù ci sono tante persone che cercano Dio; ma la realtà più prodigiosa è che, molto prima, c’è anzitutto Dio che si preoccupa per la nostra vita, che la vuole risollevare, e per fare questo ci chiama per nome, riconoscendo il volto personale di ciascuno. Ogni uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. Ognuno di noi è una storia di amore di Dio. Ognuno di noi Dio chiama con il proprio nome: ci conosce per nome, ci guarda, ci aspetta, ci perdona, ha pazienza con noi. E’ vero o non è vero? Ognuno di noi fa questa esperienza.
E Gesù la chiama: «Maria!»: la rivoluzione della sua vita, la rivoluzione destinata a trasformare l’esistenza di ogni uomo e donna, comincia con un nome che riecheggia nel giardino del sepolcro vuoto. I vangeli ci descrivono la felicità di Maria: la risurrezione di Gesù non è una gioia data col contagocce, ma una cascata che investe tutta la vita. L’esistenza cristiana non è intessuta di felicità soffici, ma di onde che travolgono tutto. Provate a pensare anche voi, in questo istante, col bagaglio di delusioni e sconfitte che ognuno di noi porta nel cuore, che c’è un Dio vicino a noi che ci chiama per nome e ci dice: “Rialzati, smetti di piangere, perché sono venuto a liberarti!”. È bello questo.
Gesù non è uno che si adatta al mondo, tollerando che in esso perdurino la morte, la tristezza, l’odio, la distruzione morale delle persone… Il nostro Dio non è inerte, ma il nostro Dio - mi permetto la parola - è un sognatore: sogna la trasformazione del mondo, e l’ha realizzata nel mistero della Risurrezione.
Maria vorrebbe abbracciare il suo Signore, ma Lui è ormai orientato al Padre celeste, mentre lei è inviata a portare l’annuncio ai fratelli. E così quella donna, che prima di incontrare Gesù era in balìa del maligno (cfr Lc 8,2), ora è diventata apostola della nuova e più grande speranza. La sua intercessione ci aiuti a vivere anche noi questa esperienza: nell’ora del pianto, e nell’ora dell’abbandono, ascoltare Gesù Risorto che ci chiama per nome, e col cuore pieno di gioia andare ad annunciare: «Ho visto il Signore!» (v. 18). Ho cambiato vita perché ho visto il Signore! Adesso sono diverso da prima, sono un’altra persona. Sono cambiato perché ho visto il Signore. Questa è la nostra forza e questa è la nostra speranza.
I lettura: Che cosa dobbiamo fare? A questa domanda Pietro risponde risponde indicando un sentiero luminoso di gioia e di salvezza: invito alla conversione, lavacro nel battesimo e promessa dello Spirito Santo. Il pentimento-conversione si manifesta nell’accettare il battesimo nel nome di Gesù
Vangelo
Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose.
Maria di Magdala, dalla quale Gesù cacciato sette demoni (Mc 16,9), stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva: l’amore la tiene inchiodata al sepolcro, così come era rimasta inchiodata ai piedi della croce. Tutto sembra essere finito per sempre, e la visione degli angeli non la scuote, né la spaventa. Vede Gesù e non lo riconosce, lo scambia per il custode del giardino. Maria non pensa alla risurrezione, ha un solo cruccio: Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo. Dolore si assomma a dolore: hanno ucciso il Maestro, ora lo hanno rubato. Maria..., quella voce... sì quella voce la conosce... è Gesù... vorrebbe trattenersi e trattenere il Maestro, ma non può, deve andare: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». E Maria si mette in cammino, non è il tempo di fermarsi, la Buona Novella della Risurrezione non deve fermarsi, ma diffondersi... Ho visto il Signore... una testimonianza che travalica il tempo e raggiunge, oggi, fino agli estremi confini della terra tutti gli uomini. Fedeltà, amore, sollecitudine... come Maria dobbiamo metterci in cammino per annunciare al mondo il Vangelo della misericordia: Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 20,11-18
In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò subito ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Maria di Màgdala andò subito ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Parola del Signore.
Giuseppe Segalla (Giovanni): 16 Maria!: è difficile dire se sia ebraico o aramaico. C’è chi sostiene si tratti di una forma aramaica (maryam), mentre in ebraico sarebbe «Myriam». Gesù conosce per nome le sue pecorelle e le sue pecore conoscono la sua voce (Gv 10,3-4.14). Questo episodio lo dimostra. - Rabbuni: è la forma di rispetto oppure familiare di «Rabbì». È certo il modo con cui Maria Maddalena si rivolgeva abitualmente a Gesù. Lei ritiene, sbagliando, che si tratti di un ritorno di Gesù a continuare la sua vita terrena.
17 Non mi trattenere: lett.: «Non mi toccare»; il verbo greco può significare anche «trattenere» (Mt 8,15; Mr 1,3). Il motivo per cui Gesù si sottrae è che non è ancora salito al Padre. È difficile dire cosa ciò significhi. Tutte le suggestioni sono insoddisfacenti. È certo comunque che in Gv non c’è distinzione fra risurrezione ed ascensione. Il ritorno al Padre, nella teologia di Giovanni, è la risurrezione-ascensione. L’attenzione però sembra rivolta più a ciò che segue. La Maddalena non deve trattenersi con Gesù (lo farà quando lo raggiungerà là dove è lui!), ma deve affrettarsi a compiere la sua missione: l’annuncio della risurrezione in termini di ritorno al Padre. Con questo fatto salvifico Dio diviene Padre anche dei discepoli ed essi divengono fratelli di Gesù.
18: Anche questo v. è un po’ stentato nella costruzione, perché passa dalla formulazione diretta («Ho visto il Signore») a quella indiretta («e quanto le aveva detto»). L’annuncio che dà agli apostoli è la visione del Signore risorto. Non viene registrata la reazione dei discepoli, come in Mt 28,8.
Secondo l’appendice marciana (Mr 16,10-11) e Lc 24,10b-11, la reazione fu scettica. Una tale reazione, nel contesto giovanneo, non sarebbe stata coerente, perché vi si parla prima e dopo della fede serena dei discepoli. L’incredulità dei discepoli all’annuncio di Maria Maddalena e delle donne passa invece e si personalizza nella figura di Tommaso.
Incontri pasquali Catechismo degli Adulti [265] L’apostolo Paolo, verso l’anno 55, riassume l’annuncio pasquale della prima comunità cristiana con quattro verbi, che indicano avvenimenti reali, anche se non tutti controllabili allo stesso modo: «Cristo morì... fu sepolto... è risuscitato... apparve»; poi subito fa seguire un elenco di testimoni autorevoli, ai quali bisogna fare riferimento: «apparve a Cefa (Pietro) e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me» (1Cor 15,3-8).Si potrebbe obiettare: se Gesù davvero è risorto, perché non si è manifestato anche al sinedrio, a Ponzio Pilato, a tutto il popolo? Per incontrare Dio, bisogna prima cercarlo umilmente; non ha senso un miracolo per costringere a credere. Del resto Dio è sovranamente libero nelle sue decisioni: «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,40-41).
[266] Gli incontri del Risorto con i suoi avvennero a Gerusalemme e in Galilea. Ma è impossibile per noi stabilirne la successione e le modalità. I racconti pasquali, riportati nei quattro Vangeli, presentano divergenze in numerosi dettagli. Questi dettagli a volte, più che ricordi, sembrano essere mezzi letterari per esprimere la concretezza o il significato dell’incontro. La struttura dei racconti è però costante: iniziativa del Risorto, che si fa vedere, viene, si avvicina, sta in mezzo, si manifesta; riconoscimento da parte dei discepoli, senza possibilità di equivocare con qualche spirito o fantasma; missione affidata agli apostoli, che fa della loro testimonianza il fondamento della Chiesa. L’insistenza sull’oggettività dell’esperienza è tale, che le apparizioni sono in realtà da considerare veri e propri incontri interpersonali concreti.
Gesù il Primogenito di tra i morti - J. Radermakers e P. Grelot - Preludi - Gesù non crede soltanto alla risurrezione dei giusti nell’ultimo giorno. Egli sa che il mistero della risurrezione dev’essere da lui inaugurato, cui Dio ha dato il dominio della vita e della morte. Manifesta questo potere, che ha ricevuto dal Padre, riportando alla vita parecchi morti per i quali era stato supplicato: la figlia di Giairo (Mc 5, 21-42 par.), il figlio della vedova di Nain (Lc 7, 11-17), Lazzaro suo amico (Gv 11). Queste risurrezioni, che ricordano i miracoli profetici, sono già l’annunzio velato della sua, che sarà di ordine completamente diverso. Egli vi aggiunge predizioni chiare: il figlio dell’uomo deve morire e risuscitare il terzo giorno (Mc 8, 31; 9, 31; 10, 34 par.). Secondo Mt, questo è il «segno di Giona»: il figlio dell’uomo sarà per tre giorni e tre notti nel seno della terra (Mt 12,40). È il segno del tempio: «Distruggete questo tempio, ed in tre giorni io lo riedificherò..»; ora «egli parlava del tempio del suo corpo» (Gv 2, 19 ss; cfr. Mt 26, 61 par.). Questo annunzio di una risurrezione dai morti rimane incomprensibile anche per i Dodici (cfr. Mc 9, 10); a maggior ragione per i nemici di Gesù, che ne prendono pretesto per far custodire la sua tomba (Mt 27, 63 s).
2. L’esperienza pasquale. - I Dodici quindi non avevano compreso che l’annunzio della risurrezione nelle Scritture riguardava in primo luogo Gesù stesso (Gv 20, 9); e per questo la sua morte e la sua sepoltura li avevano gettati nella disperazione (cfr. Mc 16, 14; Lc 24, 21-24. 37; Gv 20, 19). Per indurli a credere è necessaria nientemeno che l’esperienza pasquale. Quella del sepolcro trovato vuoto non basta a convincerli, perché potrebbe spiegarsi con un semplice trafugamento del cadavere (Lc 24, 11 s; Gv 20, 2): soltanto Giovanni crede subito (Gv 20, 8). Ma noi incominciano le apparizioni del risorto. La lista raccolta da Paolo (1 Cor 15, 5 ss) e quella degli evangelisti non coincidono perfettamente; ma il numero esatto ha poca importanza. Gesù appare «durante molti giorni» (Atti 13, 31); altrove si precisa: «durante 40 giorni» (1, 3), fino alla scena significativa della ascensione. I racconti sottolineano il carattere concreto di queste manifestazioni: colui che appare è proprio Gesù di Nazaret; gli apostoli lo vedono e lo toccano (Lc 24, 36-40; Gv 20, 19-29), mangiano con lui (Lc 24, 29 s. 41 s; Gv 21, 9-13; Atti 10, 41). Egli è presente, non come un fantasma, ma con il suo proprio corpo (Mt 28, 9; Lc 24, 37 ss; Gv 20, 20. 27 ss). Tuttavia questo corpo sfugge alle condizioni abituali della vita terrena (Gv 20, 19; cfr. 20, 17). Gesù ripete bensì gli atti che compiva durante la sua vita pubblica, e ciò permette di riconoscerlo (Lc 24, 30 s; Gv 21, 6. 12); ma ora è nello stato di gloria che descrivevano le apocalissi giudaiche. Il popolo non è spettatore di queste apparizioni, come lo è stato della passione e della morte. Gesù riserva le sue manifestazioni ai testimoni che si è scelto (Atti 2, 32; 10, 41; 13, 31), e l’ultimo è Paolo sulla strada di Damasco (1 Cor 15, 8): dei testimoni egli fa i suoi apostoli. Si mostra ad essi «e non al mondo» (Gv 14, 22), perché il mondo è chiuso alla fede. Neppure le guardie del sepolcro, terrorizzate dalla teofania misteriosa (Mt 28, 4), non vedono Cristo stesso. Perciò il fatto della risurrezione, il momento in cui Gesù risale dalla morte, è impossibile da descrivere. Matteo non fa che evocarlo con un linguaggio convenzionale desunto dalle Scritture (Mt 28, 2 s): terremoto, luce abbagliante, apparizione dell’angelo del Signore ... Si entra qui in un campo trascendente, che soltanto le espressioni preparate dal VT possono tradurre, benché la realtà a cui vengono applicate sia in se stessa ineffabile.
Zenone di Verona: Chiunque nega la risurrezione, condanna a morte da se stesso la sua vita. Perché, infatti, dovrebbero meritare di contemplare la felicità del tempo futuro coloro che tu vedi sminuire la potenza di Dio con sacrilega incredulità? Ma lo fanno per amore dei loro misfatti, pensando che resti così impunito ciò che compiono in segreto, giacché, se sentissero ormai avvicinarsi il giorno del giudizio, avrebbero in odio i beni presenti e crederebbero nelle realtà future, e anche ne avrebbero timore. Non vi è nessuno, tanto digiuno anche solo della sapienza di questo mondo, che osi asserire che le anime muoiono con i corpi e che le realtà celesti vanno perdute con quelle terrestri. Invero il più saggio dei greci [Platone] dice che la morte è quando l’animo è trattenuto nel corpo come chiuso in un carcere o che la vita vera si ha quando, liberato dal suo soggiorno in carcere, l’animo ritorna al luogo da cui è venuto. Se lui, che non conosceva Cristo, era convinto di ciò, perché il cristiano, che sente parlare della futura risurrezione e che in essa spera e si figura di raggiungerla un giorno, dovrebbe dubitare di Cristo?
Il Santo del Giorno - 22 aprile 2025 - Sant’Agapito I Papa: Fu eletto Papa il 13 maggio 535 ma il suo pontificato durò poco più di undici mesi. Un periodo durante il quale l’imperatore d’Oriente Giustiniano riuscì a conquistare la rimanente parte del Medio Oriente e gran parte dell’Africa nord orientale, già regno dei Goti. Poi inviò il suo generale Belisario in Italia: sbarcato in Sicilia diresse le sue truppe verso Napoli e da li si preparò a sferrare l’attacco finale a Roma. Il principe ostrogoto Teodato riuscì però a costringere papa Agapito, usando la «longa manus» imperiale, ad intraprendere un duro viaggio verso Bisanzio, al fine di riuscire a convincere l’imperatore a desistere dalla sua impresa. Giunto a Costantinopoli, Agapito fu accolto con tutti gli onori ma non riuscì a far desistere Giustiniano dai propositi di riconquista della penisola italica. In compenso però, Agapito inflisse un duro colpo all’eresia monofisita, riuscendo a far allontanare il patriarca Antimo e a insediare il patriarca Menas. Dopo le fatiche del viaggio il Papa si ammalò gravemente. Morì il 22 aprile 536. (Avvenire)
Esaudisci, Dio onnipotente, le nostre preghiere
e guida alla beatitudine eterna
questa tua famigliache hai ricolmato della grazia del Battesimo.
Per Cristo nostro Signore.