11 APRILE 2025
 
VENERDÌ DELLA V SETTIMANA DI QUARESIMA
 
Ger 20,10-13; Salmo Responsoriale Dal Salmo 17 (18); Gv 10,31-42
 
Colletta
O Dio, che in questo tempo concedi alla tua Chiesa
di imitare la beata Vergine Maria
nella contemplazione della passione di Cristo,
donaci, per sua intercessione,
di conformarci sempre più al tuo Figlio unigenito
e di giungere alla pienezza della sua grazia.
Egli è Dio, e vive e regna con te.

Credere in Gesù: Catechismo della Chiesa Cattolica 590: Soltanto l’identità divina della Persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: “Chi non è con me è contro di me” (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c’è “più di Giona... più di Salomone” (Mt 12,41-42), “c’è qualcosa più grande del Tempio” (Mt 12,6); quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58); e anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
591: Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa delle opere del Padre che egli compiva. Un tale atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita “dall’alto” (Gv 3,7), sotto lo stimolo della grazia divina. Una simile esigenza di conversione di fronte a un così sorprendente compimento delle promesse permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché bestemmiatore. I suoi membri agivano così per “ignoranza” e al tempo stesso per l’“indurimento” (Mc 3,5; Rm 11,25) dell’incredulità.
 
I Lettura: Geremia lamenta di essere stato «violentato» da Dio e «costretto» ad annunciare una Parola scomoda. Il profeta medita di abbandonare il campo d’azione, anzi di cancellare Dio dalla sua memoria. Ma nelle traversie scopre la presenza del Signore che sconvolge le congiure degli empi e libera il povero dalle mani dei malfattori. Tutto questo lo apre alla fiducia e gli infonde nuovo coraggio per andare avanti nella missione. Povero, ‘anaw (Ger 22,16), assume qui un significato religioso: colui che è provato in mezzo agli uomini e ripone la sua fiducia in Dio. I «poveri di Jahve» (Sof 2,3) rappresenteranno la posterità spirituale di Geremia.   
 
Vangelo
Cercavano di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

I tentativi di catturare Gesù o di ucciderlo lapidandolo sono maldestri, e così falliscono miseramente.
Gesù non arretra dinanzi alle minacce che non sono più velate, e nel tentativo di far conoscere la sua vera identità e la sua missione, proclama di essere Dio, il Padre è in me, e io nel Padre, una dichiarazione considerata dai Farisei blasfema, e mentre nel loro cuore perverso si accende sempre di più la fiamma dell’odio e dell’ira, molti vedendo le opere di Gesù credono in lui. Ma l’ora del Padre sta per giungere, e la Vittima innocente sarà immolata per la salvezza del mondo intero.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10,31-42
 
In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». 
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre».
Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. 
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Parola del Signore.
 
Richard Gutwiller (Meditazioni su Giovanni): Alla domanda di Gesù che chiede perché vogliono lapidarlo, rispondono chiaramente che è a causa della sua bestemmia: «Perché tu sei uomo e ti fai Dio». Essi hanno capito la sua rivelazione e sanno benissimo che le parole di lui affermano la sua divinità. Più chiare di cosi non si poteva enunciarlo.
Cristo che sta dinanzi a loro come uomo, afferma nello stesso tempo di essere Dio. Per questa gente il mistero dell’Incarnazione è assolutamente inammissibile; perciò vogliono uccidere in nome di Dio colui che in realtà è Dio e porta loro la vita.
Gesti accerta l’accusa, anzi la conferma. Nel Salmo 82 i Giudei inviati da Dio a reggere Israele sono chiamati «dèi». Quanto più spetta questo nome al Figlio di Dio che il Padre ha santificato ed inviato nel mondo!
Poco prima Gesù aveva detto: «Io ed il Padre siamo una cosa sola»: ora sviluppa ulteriormente questo pensiero formulandolo con maggior chiarezza, perché quell’unità potrebbe anche intendersi in senso unicamente spirituale e morale. Perciò dichiara espressamente: «Il Padre è in me ed io sono nel Padre».
Si tratta dunque di un’unione sostanziale: quest’uomo afferma realmente, nel senso più pieno della parola, di essere in Dio, suo Padre, e quindi di essere Dio.
La reazione è sempre la stessa: i Giudei cercano di impossessarsi di lui, ma Gesù sfugge alla loro presa e se ne va oltre il Giordano, là dove è un po’ più al sicuro.
Sulle rive del Giordano egli ha dato inizio alla sua vita pubblica; là è stato annunciato ed additato alle folle dal Precursore; là si raccolgono intorno a lui molti dei suoi fedeli, che lo credono davvero il Figlio di Dio.
L’Israele ufficiale respinge il Signore; ma il vero, il nuovo Israele si raccoglie intorno a lui. Sull’argine del Giordano, là dove il popolo di Dio s’era radunato prima d’entrare nella terra promessa, si riuniscono ora i fedeli di Gesti per entrare, tramite lui, nel possesso del regno di Dio.
 
Paolo VI (Udienza generale, 28 Settembre 1977): Gesù è la via, la verità e la vita (Io. 14, 6). Gesù è la luce del mondo (Ibid. 8,12; 9,5). Gesù è il Pane della vita (Ibid. 6,48). Gesù è il Pastore buono (Ibid. 10,11-14). Gesù è il Figlio dell’uomo (Matth. 16,13; 25,31; 26,24), è il figlio di Maria (Ibid. 13,55), è il figlio di Dio (Ibid. 14,33; 26,64; Io. 9,35; etc.); Gesù è l’alfa e l’omega (Apoc. 22,13). Noi vogliamo attestare, a voi Figli e Fratelli, e a quanti della gloria e della speranza del nome cristiano sono rivestiti nel mondo, che Cristo ancor oggi, è nella storia del mondo; ancor oggi più che mai, Cristo è vivo, Cristo è reale. Vivo e reale, non nella penombra del dubbio e dell’incertezza, non nell’interpretazione vanificante d’un razionalismo miope ed orgoglioso, che lo coarta nella misura dei fenomeni comprensibili, e tutt’al più singolari e sfuggenti alle proporzioni ordinarie della naturale intelligibilità; ma vivo e reale nell’eccedente dimensione del suo Essere divino, che solo la fede ammette esultante, spaziando nel mistero da Lui stesso proclamato e documentato (Cfr. Io. 10,38). Cristo è presente. Il tempo non lo contiene e non lo consuma. La storia si evolve e può assai modificare la faccia del mondo. Ma la sua presenza la illumina rivelandone come a Sé dovute le sapienti bellezze, e penetrandone i vuoti abissali con riparatrice misericordia ch’Egli solo può effondere. Egli è il gaudio della terra (cfr. Ibid. 3,29); Egli è il medico d’ogni umana infermità (Io. 8,7). Egli si personifica in ogni uomo che soffre; finché sarà il dolore sulla terra, Egli se ne farà propria immagine per suscitare l’energia della compassione e del generoso amore (Matth. 25,40). Gesù perciò è sempre e dappertutto presente. E ciascuno Io può di sé. Perché come è vero che Gesù Cristo è, per il disegno salvifico universale che in Lui si compie (cfr. Eph. l-2), il centro dell’umanità, il «Figlio dell’uomo» per eccellenza, è pur vero che Egli è il Maestro, il Fratello, il Pastore, l’Amico d’ognuno dei suoi, il Salvatore d’ogni singola creatura umana, che abbia la fortuna di essere da Lui associato come cellula del corpo mistico, di cui Egli è il capo. Ciascuno è autorizzato a chiamarlo per nome, non come personaggio estraneo, lontano e inaccessibile, ma come il «Tu» del supremo ed unico amore, come lo Sposo della propria felicità (cfr. Matth. 9,15; Apoc. 22,17), che misteriosamente è più vicino di quanto ciascuno che lo cerchi può immaginare, come t stato detto: «consolati, tu non mi cercheresti, se già non mi avessi trovato» (B. PASCAL, Le mystère de Jésus; S. AUGUSTINI Confessiones, X, c. 18).
 
Compostella (Messale per la Vita Cristiana): Una volta ancora Gesù sta per essere lapidato, e le parole che scambia con i suoi persecutori mettono in rilievo il vero motivo del suo martirio ormai prossimo. Gesù non è stato condannato a morte, come Giovanni Battista, perché predicava la giustizia e nemmeno perché i suoi miracoli preoccupavano i potenti, ma piuttosto perché si dichiarava Figlio di Dio e, per la legge di Mosè, una simile affermazione meritava la morte. Durante tutta la vita, egli ha voluto conoscere nella sua sensibilità ardente questa sofferenza di essere rifiutato perché era Figlio del Padre, mentre il suo solo desiderio era di donarci suo Padre.
Alcuni l’hanno riconosciuto e sono venuti a lui. Sono quelli che, attraverso la sua parola dolce e pacata, ma affilata come una spada, attraverso le sue opere di misericordia, i miracoli, le risurrezioni che manifestavano la gloria di Dio, oppure attraverso la testimonianza del suo precursore, hanno percepito lo Spirito del Padre che li toccava nel più profondo del loro cuore e sono stati abbastanza umili, abbastanza poveri per aprirsi all’adorazione. Allora costoro sono stati rinsaldati nella fede e hanno riconosciuto che Gesù è nel Padre e che il Padre è in lui.
In questi ultimi giorni prima della Passione, la Chiesa ci spinge ad attaccarci, con una fede amorosa e piena, a «colui che il Padre ha consacrato e mandare nel mondo»,
 
Tommaso d’Aquino (In Jo. ev. exp., X): I giudei presero di nuovo delle pietre per lapidarlo: poiché infatti erano duri e incapaci di capire le profonde parole del Signore, simili alle pietre ricorrono alle pietre.
 
Il Santo del giorno - 11 Aprile 2025 - San Stanislao, Vescovo e Martire: Stanislao nasce nel 1030 a Szczepanowa, un paese vicino a Cracovia. Dopo gli studi presso i Benedettini della città, fu inviato in vari monasteri, in Belgio e in Francia, dove si formò culturalmente e spiritualmente, abbracciando con slancio le idee della riforma gregoriana. Ritornato in patria, fu ordinato sacerdote dal vescovo Lamberto, e nel 1072, alla morte del presule, fu chiamato a succedergli. Boleslao, re di Polonia, dapprima appoggiò l’azione apostolica di Stanislao, ma poi, da questi ammonito severamente per la sua condotta immorale, che gli attirò perfino la scomunica, lo prese in odio e decise di vendicarsi. I suoi sicari aggredirono il vescovo all’altare mentre celebrava l’Eucaristia, lo colpirono al capo e infierirono sul suo corpo, come si usava fare per i traditori. Era l’11 aprile del 1079. Il popolo reagì di fronte a questa orrenda esecuzione, e il re dovette fuggire in esilio. Dopo alcuni anni Boleslao chiese perdono del suo peccato, e si ritirò in penitenza nel monastero di Osjak. Stanisław fu canonizzato il 17 agosto 1253 da Innocenzo IV. Stanisław è patrono principale della Polonia e il suo culto è particolarmente vivo anche in Lituania, Bielorussia, Ucraina e negli Stati Uniti. (Fonte: Vangelo del giorno)
 
Non ci abbandoni, o Signore,
la continua protezione del sacrificio che abbiamo ricevuto,
e allontani sempre da noi ogni male.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum
 
Concedi, Dio onnipotente,
ai tuoi fedeli, che invocano la grazia della tua protezione,
di essere liberati da ogni male e di servirti con animo fiducioso.
Per Cristo nostro Signore.