10 Aprile 2025
Giovedì V Settimana di Quaresima
Gen 17,3-9; Salmo Responsoriale Dal Salmo 104 (105); Gv 8,51-59
Colletta
Ascolta, o Padre, coloro che ti supplicano
e custodisci con amore
quanti ripongono ogni speranza nella tua misericordia,
perché, purificati dalla corruzione del peccato,
permangano in una vita santa
e siano fatti eredi della tua promessa.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Comunione con Gesù e vita eterna - Catechismo degli Adulti [1192]: Gesù, nella parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro come anche nella promessa al ladrone pentito, mostra di condividere la stessa concezione. La novità è il ruolo decisivo che riveste la sua persona. La comunione con lui è più forte della morte, si prolunga per l’eternità: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia» (Gv 6,48-50); «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte» (Gv 8,51). Chi crede nel Figlio di Dio, già adesso possiede la vita eterna e nell’ultimo giorno riceverà la salvezza completa con la risurrezione.
[1193] La Chiesa dei primi tempi vive questa gioiosa certezza. Stefano, mentre viene ucciso, esclama: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59). Paolo è ancora più esplicito: sia che viviamo, sia che moriamo, apparteniamo al Signore e viviamo insieme a lui; sulla terra ci troviamo in esilio, perché non possiamo vederlo; per noi è molto meglio morire, per «abitare presso il Signore» (2Cor 5,8). La comunione con il Risorto, e attraverso di lui con il Padre, vince ogni ostacolo. Perfino i giusti delle passate generazioni vengono da lui raggiunti, portati alla perfezione e introdotti nel santuario celeste.
I Lettura: Dio rinnova l’alleanza con Abramo, e a motivo di questa alleanza il suo nome viene mutato da Abram, “grande padre”, a Abramo, “padre di una moltitudine di nazioni”. Secondo la concezione semitica, il nome “di un essere non lo designa soltanto, ma determina anche la sua natura. Un cambiamento di nome sottolinea quindi un cambiamento di destino, cfr. v 15 e Gen 35,10. Abram e Abraham sembrano essere due forme dialettali del medesimo nome e significare ugualmente: «Egli è grande quanto a suo padre, è di stirpe nobile». Ma Abraham è spiegato qui dalla assonanza con ‘ab hamôn, «padre di moltitudine»” (Bibbia di Gerusalemme).
Vangelo
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno.
I Giudei accusano Gesù di essere indemoniato. E forse anche un esaltato perché pretende di liberare dalla morte i suoi discepoli. Tutti gli uomini sono segnati con il sigillo della morte... Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”... Chi credi di essere? A questa domanda Gesù risponde ai Giudei istituendo un confronto tra la loro incredulità e la fede di Abramo di cui essi si vantano di essere figli: Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia. Abramo che perseverò nella fede, ha avuto la gioia e la luce interiore per contemplare, al di là del tempo, il giorno del Verbo, un giorno rilucente di gloria divina: In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 8,51-59
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Parola del Signore.
Ora sappiamo che sei un indemoniato - Bruno Maggioni (Vangelo di Giovanni): Nella finale del discorso (vv. 48-59) assistiamo, da una parte alla rivelazione di Gesù che si fa, se possibile, ancora più esplicita, più paradossale e si direbbe anche più inerme, più esposta alle critiche; dall’altra alla reazione dei giudei che si fa più decisa e ironica, si direbbe con evidenti argomenti in suo favore (Ora siamo sicuri che sei indemoniato: v. 52). Sembra davvero che Gesù si esponga, facendo affermazioni che si prestano facilmente al sarcasmo e al disprezzo: Chi custodisce la mia parola non morirà; Abramo esultò al pensiero di vedere il mio giorno; prima che Abramo fosse, io sono. Gesù si presta così persino all’accusa di essere un vanaglorioso (Chi pretendi di essere? v. 53), accusa che raggiunge il cuore della sua personalità, la sua originalità più gelosamente affermata: l’essere obbediente, in ascolto, alla ricerca della gloria del Padre e non di sé. Le accuse reciproche vanno dunque al centro della questione: quella di Gesù
nei confronti dei giudei (Voi non conoscete colui del quale orgogliosamente affermate: è nostro Dio, vv. 54.55), quella dei giudei nei confronti di Gesù (Chi pretendi di essere?). L’opposizione è così definitiva ed esplicita, lucida.
Infine si osservi, ancora una volta, che Gesù non spiega ciò che afferma: non torna indietro, non cerca un linguaggio più chiaro accessibile, non offre prove convincenti. Nulla di tutto questo. Infatti non è questo il punto. Non è questione di parole più chiare e di prove. Non è questione di linguaggio, ma di sintonia. Ecco perché Gesù non spiega la sua rivelazione, ma indica ripetutamente l’origine dell’incomprensione. E su questo insiste.
Io Sono - Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 26 Agosto 1987): [...] l’insieme di ciò che [Gesù] faceva e insegnava rendeva testimonianza che egli era il Figlio di Dio nel senso letterale della parola: che cioè era con il Padre una cosa sola, e quindi: come il Padre, così anche lui era Dio. Del contenuto univoco di tale testimonianza è prova sia il fatto che egli fu riconosciuto e accolto da alcuni: “molti credettero in lui”: (cfr. per esempio Gv 8,30); sia, ancor più, il fatto che trovò in altri un’opposizione radicale, anzi l’accusa di bestemmia con la disposizione a infliggergli la pena, prevista per i bestemmiatori dalla Legge dell’Antico Testamento. Tra le affermazioni di Cristo relative a questo argomento, particolarmente significativa appare l’espressione: “Io Sono”. Il contesto in cui essa viene pronunciata indica che Gesù richiama qui la risposta data a Mosè da Dio stesso, quando gli viene rivolta la domanda circa il suo nome: “Io sono colui che sono . . . Dirai agli Israeliti: Io Sono mi ha mandato a voi” (Es 3,14). Ora, Cristo si serve della stessa espressione “Io Sono” in contesti molto significativi. Quello di cui s’è parlato, concernente Abramo; “Prima che Abramo fosse, “Io Sono”: ma non solo quello. Così, per esempio: “Se... non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati” (Gv 8,24). E ancora: “Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono” (Gv 8,28), e inoltre: “Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che “Io Sono” (Gv 13,19). Questo “Io Sono” si trova pure in altri luoghi, presenti nei Vangeli sinottici (per esempio Mt 28,20; Lc 24,39); ma nelle affermazioni citate sopra l’uso del nome di Dio, proprio del Libro dell’Esodo, appare particolarmente limpido e fermo. Cristo parla della sua “elevazione” pasquale mediante la croce e la successiva risurrezione: “Allora saprete che Io Sono”. Il che vuol dire: allora risulterà pienamente che io sono colui al quale compete il nome di Dio. Con tale espressione perciò Gesù indica di essere il vero Dio. E ancora prima della passione egli prega il Padre così: “Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie” (Gv 17,10) che è un altro modo per affermare: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Davanti a Cristo, Verbo di Dio incarnato, uniamoci anche noi a Pietro e ripetiamo con lo stesso trasporto di fede: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16).
I fedeli cattolici - Lumen gentium 14. Il santo Concilio si rivolge quindi prima di tutto ai fedeli cattolici. Esso, basandosi sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, insegna che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare. Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integralmente la sua organizzazione e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e che inoltre, grazie ai legami costituiti dalla professione di fede, dai sacramenti, dal governo ecclesiastico e dalla comunione, sono uniti, nell’assemblea visibile della Chiesa, con il Cristo che la dirige mediante il sommo Pontefice e i vescovi. Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col «corpo», ma non col «cuore». Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa che la loro privilegiata condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati.
Origene (In Jo, XX): Chi osserva la mia Parola, non vedrà la morte in eterno: queste parole vanno intese come se Colui che le pronunzia abbia fatto ai suoi ascoltatori un dono di luce e dica loro: “Chi conserva, questa mia luce, non vedrà tenebre in eterno” ... Così, dunque, la vita fu fatta nel Logos che era nel Principio; e perciò il Principio, vale a dire la Sapienza, ci ammaestra intorno al Logos che ha in Sé e nel quale è stata fatta la vita ... perché chi osserva la Parola avrà insieme anche la vita che in Lei è stata fatta e che da Lei è inseparabile.
Il Santo del giorno: 10 Aprile 2025: Beato Antonio Neyrot, Martire: Nato a Rivoli (Torino) intorno al 1423, Antonio Neyrot entrò tra i Domenicani, ricevendo l’abito, nel convento di San Marco a Firenze, da sant’Antonino, il futuro arcivescovo della città. Si imbarcò per un pericoloso viaggio in Sicilia. La rotta era, infatti, battuta dai pirati: e se la prima volta gli andò bene, di ritorno dalla Sicilia per Napoli il nostro fu catturato. Era il 1458 e il religioso venne condotto come schiavo a Tunisi. Qui, sotto le pressioni dei saraceni, abiurò la fede e si sposò. Ma gli apparve in sogno Antonino, nel frattempo morto, che lo invitò a pentirsi. Nel Giovedì Santo del 1460 rimise l’abito e professò pubblicamente la sua fede davanti al sultano. Un gesto che gli costò la vita. In seguito il corpo fu acquistato da mercanti genovesi e, nel 1469, Amedeo di Savoia lo fece portare a Rivoli, dove riposa. (Avvenire)
Saziati dal dono di salvezza,
invochiamo la tua misericordia, o Signore,
perché, con questo sacramento che ci nutre nel tempo,
tu ci renda partecipi della vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.
ORAZIONE SUL POPOLO ad libitum
Sii propizio, o Signore, verso il tuo popolo
perché, rinunciando di giorno in giorno a ciò che non ti è gradito,
trovi la sua gioia nei tuoi comandamenti.
Per Cristo nostro Signore.