5 Marzo 2025
Mercoledì delle Ceneri
Gl 2,2-18; Salmo responsoriale Dal Salmo 50 (51); 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18
La parola di Dio ci dà il giusto orientamento per vivere bene la Quaresima. Quando facciamo qualcosa di bene, a volte siamo tentati di essere apprezzati e di avere una ricompensa: la gloria umana. Ma si tratta di una ricompensa falsa perché ci proietta verso quello che gli altri pensano di noi. Gesù ci chiede di fare il bene perché è bene. Ci chiede di sentirci sempre sotto lo sguardo del Padre celeste e di vivere in rapporto a Lui, non in rapporto al giudizio degli altri. Vivere alla presenza del Padre è una gioia molto più profonda di una gloria mondana. Il nostro atteggiamento in questa Quaresima sia dunque di vivere nel segreto dove il Padre ci vede, ci ama, ci aspetta. Certo, anche le cose esteriori sono importanti, ma dobbiamo sempre scegliere e vivere alla presenza di Dio. Facciamo nella preghiera, nella mortificazione, e nella carità fraterna quello che possiamo, umilmente, davanti a Dio. Così saremo degni della ricompensa di Dio Padre.
Colletta
O Dio, nostro Padre,
concedi al popolo cristiano
di iniziare con questo digiuno
un cammino di vera conversione,
per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza
il combattimento contro lo spirito del male.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Papa Francesco (Audiomessaggio “Keeplent”, 10 febbraio 2016): Oggi con l’imposizione delle ceneri, inizia la Quaresima, tempo di penitenza, revisione e introspezione di sé. Ed è il tempo propizio per maturare, nella preghiera, propositi e decisioni che ci permetteranno di pronunciare il nostro si alla volontà di Dio e alla sua Legge, preparandoci in questo modo fruttuosamente alla Pasqua. Ecco perché è importante per noi cristiani accostarci alla Liturgia della Ceneri, poiché ci invita a riflettere sulla nostra condotta di vita e ci spinge a intraprendere un cammino più adatto all’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio. Le ceneri poste sul nostro capo ci ricordano la potenza creatrice di Dio: noi eravamo polvere che l’Onnipotente ha plasmato e a cui ha dato vita, attraverso il suo soffio generatore (Gen 2,6). Ma ci ricorda anche la nostra contingenza: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai» (Genesi 3,19). La Quaresima ci ricorda il nostro peccato, e la vita nuova che ci è stata donata in Cristo. Ci ricorda la misericordia di Dio, e, allo stesso tempo, il nostro impegno per conquistare, con l’aiuto della grazia divina, la vita eterna.
I Lettura: La prima lettura è un invito alla penitenza. Un invito fatto tramite una serie di imperativi: ritornate … proclamate ... convocate. Un invito che vuole andare in profondità: bisogna ritornare al Signore non con un semplice atto di culto, ma lacerando il cuore per spurgarlo dal peccato, pus velenoso che appesta la vita dell’uomo: in altre parole mettere in moto un serio cammino di conversione rinunciando decisamente al peccato.
II Lettura: È Dio stesso che esorta attraverso la predicazione degli Apostoli. Fedeli al Vangelo, gli Apostoli annunciano la riconciliazione operata da Cristo. Non bisogna far cadere nel vuoto la predicazione degli Apostoli perché è scoccata l’ora della salvezza, infatti, ora, questo momento, è il tempo favorevole per carpire la salvezza offerta dall’amore di Dio a tutti gli uomini.
Vangelo
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Per cogliere in profondità il tema del brano evangelico è necessario collocarlo all’interno di quella magna charta del cristianesimo che è il Discorso della Montagna (Mt 5-7). La liturgia odierna ritaglia da questo Discorso un sostanzioso programma quaresimale attorno a tre temi: l’elemosina, la preghiera, il digiuno. La novità cristiana sta nel fatto che l’elemosina, la preghiera e il digiuno, esercizi ascetici tanto cari ai pii israeliti, sono stati purificati da quella ritualità esteriore che facilmente li fanno precipitare nelle acque paludose dell’ipocrisia. Gesù introduce come cardine di queste necessarie pratiche penitenziali il segreto e l’intimità, lasciando così il giudizio e la ricompensa al Padre che vede nel segreto.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 6,1-6.16-18
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Parola del Signore.
Elemosina, preghiera e digiuno - Era già stato sancito da Gesù il principio: la legge dev’essere osservata dai discepoli con una perfezione superiore a quella degli scribi e dei farisei (5,20). Ora giunge il momento di applicare il principio ad alcune delle pratiche religiose più importanti in quei tempi: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Gesù conserva, di fronte a queste pratiche, l’atteggiamento che aveva assunto di fronte alla legge: non le critica in sé, ma nel modo e con le finalità con le quali sono compiute particolarmente dai farisei, ipocriti, i quali su queste pratiche insistevano maggiormente. Le pratiche religiose sono presentate in base al principio della retribuzione: chi le compie per gli uomini, per essere stimato e lodato per esse, ha già ricevuto la sua ricompensa; chi le compie per Dio, riceverà la ricompensa da lui.
L’elemosina era tenuta in onore fra i giudei come opera di carità. Gesù è d’accordo con questa mentalità. Al suo tempo era divenuto generale l’uso di annunziare nelle riunioni della sinagoga e persino per le strade qualsiasi elemosina importante. Il «suonare la tromba» sarebbe una metafora per indicare la pubblicità fatta alle elemosine. Invece di invanirsi per le proprie opere buone e di farne pubblicità, Gesù comanda di conservarne il segreto. Questo è il significato delle parole: «Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra».
La stessa norma è data per la preghiera. 1 sacrifici nel tempio erano accompagnati da preghiere pubbliche. Le sinagoghe erano considerate come un prolungamento del tempio agli effetti della preghiera; quando giungeva l’ora della preghiera, si usava pregare anche per le strade. Questo si prestava all’ostentazione, specialmente per il fatto che si potevano ammirare coloro che sapevano recitare lunghe formule a memoria. Di fronte a questa usanza Gesù comanda che i suoi discepoli si rivolgano al Padre con preghiere semplici, in segreto, senza ostentazione. Naturalmente, queste affermazioni non privilegiano assolutamente un atteggiamento di Gesù che sarebbe contrario al. culto pubblico: egli stesso vi prendeva parte nel tempio di Gerusalemme.
Lo stesso schema è seguito per il tema del digiuno, che era considerato una concretizzazione o manifestazione della penitenza-conversione. Già nell’Antico Testamento vi era stata una distinzione tra il digiuno vero e il falso (Is 58,5-6). Il vero comporta l’autentica conversione a Dio; e questo, per Gesù, è un motivo di gioia, poiché la conversione stessa è una gioia. Il digiuno dev’essere praticato come fa intendere il testo, in modo festivo e gioioso. E poiché la conversione di cui si parla è un rapporto personale fra Dio e il peccatore, dev’essere conservato segreto, con la certezza che Dio ricompenserà quello che nessuno conosce fuori di Dio e dell’interessato.
Penitenza, una parola che oggi suscita qualche perplessità ed in molte menti evoca fantasmi medioevali. Per evitare tale disagio la si è cancellata, quasi del tutto, anche dal linguaggio cristiano. Al dire di Paolo Evdokimov, l’ascesi del nostro tempo «consisterà più che altro nel riposo imposto, nella disciplina della quiete e del silenzio, dove l’uomo ritrova la facoltà di concentrarsi per la preghiera e la contemplazione» e il digiuno, al posto «della macerazione inflitta, sarà la rinuncia gioiosa al superfluo, la sua spartizione con i poveri, un equilibrio sorridente, spontaneo, pacato». Occorre anche questo. Ora, l’uomo non deve convertirsi soltanto dalle notti sregolate passate al bar, ma, innanzi tutto, dal peccato. Non deve astenersi soltanto dal fumo o da qualche spettacolo indecente, ma deve fare molto di più: deve convertirsi dal peccato, rinunciare al male, riprendere la strada della santità. Spostare l’asse di attenzione sarebbe un enorme errore. La sacra Scrittura, il cui Magistero è infallibile, insegna che «Dio non ha dato a nessuno il permesso di peccare» (Sir 15,20), ma, se malauguratamente dovesse succedere di cadere nelle sabbie mobili del male, Dio concede all’uomo, dopo il peccato, la possibilità di pentirsi (cfr. Sap 12,19). È il momento di cambiare mente, di fare ritorno nella casa del Padre celeste, di fare penitenza chiudendosi in un amplesso amoroso tra le braccia di Dio. E alla penitenza si deve assommare la vigilanza e la preghiera (cfr. Mt 26,41); la fede e la grazia di Dio (cfr. Ef 6,16; Rom 7,25); la fiducia in Dio, il quale, non permettendo che i credenti siano tentati oltre le loro forze, con la tentazione darà loro anche la via d’uscita e la forza per sopportarla (cfr. 1Cor 10,13; 2Pt 2,9; Rom 16,20; Ap 3,10). Deve soprattutto impugnare «la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio» (Ef 6,17). Per quanto riguarda la sua efficacia, lo suggerisce incautamente lo stesso tentatore quando oserà tentare nel deserto il Figlio di Dio. Satana sbaragliato dalla Parola di Dio fa ricorso alla stessa per tentare di limitare la disfatta. La vita cristiana è fondata sul progetto salvifico di Dio e soltanto edificandola sulla Parola di Dio avrà stabilità imperitura (cfr. Mt 7,24-5). Inaugurando l’itinerario quaresimale, «guardiamo a Cristo che digiuna e lotta contro il diavolo. Anche noi, infatti, nel prepararci alla Pasqua, siamo “condotti” dallo Spirito nel deserto della preghiera e della penitenza, per nutrirci intensamente della Parola di Dio. Anche noi, come Cristo, siamo chiamati a una lotta forte e decisa contro il demonio. Solo così, con una rinnovata adesione alla volontà di Dio, possiamo restare fedeli alla nostra vocazione cristiana: quella di essere araldi e testimoni del Vangelo» (Giovanni Paolo II, 2004). Resistere allo Spirito Santo sarebbe pura e semplice follia con irreversibili conseguenze!
L’elemosina per il Regno dei Cieli - I. Roncagli: Il motivo per cui l’elemosina costituisce la chiave del regno viene esposto dallo stesso Gesù nel grande discorso escatologico (Mt 26,31-40) in cui egli ci insegna a scoprire e a servire la sua stessa persona in tutti i fratelli che invocano il nostro aiuto.
La rinuncia completa ai beni terreni, distribuendoli ai poveri, diviene quindi lo strumento ideale per il conseguimento dell’unione con Cristo. Ecco la richiesta che Gesù rivolge al giovane ricco desideroso di avere la vita eterna: «Una cosa ancora ti manca; vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi» (Lc 18,22).
Chi ha compreso queste parole è come l’uomo che ha scoperto il tesoro nascosto in un campo e, «pieno di gioia, vende tutto il suo avere» per comprarlo (Mt 13,44).
Evidentemente siamo ben lontani dall’interpretazione corrente della parola «elemosina»; la scala dei valori è completamente capovolta, e il cosiddetto «benefattore», che con la rinuncia sia pure integrale a dei beni perituri consegue il possesso del bene eterno, è in realtà il vero «beneficato». O meglio, nella rispettiva donazione e accettazione, sono beneficati entrambi dal dono incomparabile della divina carità che lo Spirito santo diffonde nei loro cuori (cf. Rm 5,5).
Una lacrima di pentimento cancella ogni capo d’accusa: «Senza che l’uomo lo noti, gli sta incessantemente al fianco un annotatore invisibile dei suoi discorsi e delle sue azioni, che appunta per il giorno del giudizio. Chi potrà soddisfare le esigenze severe della giustizia, dato che chiederà conto di ogni battito degli occhi, dato che ogni sguardo non passa inosservato? E tuttavia, venite e incoraggiatevi: per quanto il conto della giustizia sia così severo, quando l’uomo fa penitenza una sola sua lacrima cancella tutto l’elenco delle sue colpe. Ma venite, vedete quest’altro e stupite: anche se dalla misericordia la grazia trabocca come un mare, a colui che non si converte nessuno potrà far giungere la grazia nel giorno del giudizio» (Efrem Siro, Esortazione alla penitenza, 11,5).
Il Santo del giorno - 5 Marzo 2025 - San Foca l’Ortolano, Martire: Accanto ai grandi martiri dei primi anni del secondo secolo come Ignazio di Antiochia e Simeone di Gerusalemme, ultimo dei parenti immediati di Gesù, troviamo anche un ortolano, di nome Foca, abitante a Sinope, nel Ponto Eusino. Era apprezzato e benvoluto da tutti per la sua generosità e la sua ospitalità e di queste sue virtù diede una commovente dimostrazione agli stessi carnefici, incaricati di eseguire la sentenza capitale pronunciata contro di lui. Evidentemente i carnefici non lo conoscevano di persona, perché, entrati in casa sua per avere delle indicazioni, furono generosamente invitati a pranzo dall’ortolano. Mentre i due si rifocillavano, Foca andò nell’orto a scavarsi la fossa; quindi tornò in casa e dichiarò la propria identità ai carnefici, pregandoli di non porre indugi all’esecuzione della sentenza. Fu accontentato e pochi istanti dopo il suo corpo cadeva nella fossa appena scavata. (Avvenire)
Questo sacramento che abbiamo ricevuto, o Padre,
ci sostenga nel cammino quaresimale,
santifichi il nostro digiuno
e lo renda efficace per la guarigione del nostro spirito.
Per Cristo nostro Signore.