17 Marzo 2025
 
Lunedì II Settimana di Quaresima
 
Dn 9,4b-10; Salmo Responsoriale dal Salmo 78 (79); Lc 6,36-38
 
Colletta
O Dio, che hai ordinato la penitenza del corpo
come medicina dell’anima,
fa’ che ci asteniamo da ogni peccato
per avere la forza di osservare
i comandamenti del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Non giudicate: Evangelii gaudium 172: Il Vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere una persona a partire dal riconoscimento della malvagità oggettiva delle sue azioni (cfr Mt 18,15), ma senza emettere giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cfr Mt 7,1; Lc 6,37). In ogni caso un valido accompagnatore non accondiscende ai fatalismi o alla pusillanimità. Invita sempre a volersi curare, a rialzarsi, ad abbracciare la croce, a lasciare tutto, ad uscire sempre di nuovo per annunciare il Vangelo. La personale esperienza di lasciarci accompagnare e curare, riuscendo ad esprimere con piena sincerità la nostra vita davanti a chi ci accompagna, ci insegna ad essere pazienti e comprensivi con gli altri e ci mette in grado di trovare i modi per risvegliarne in loro la fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere.

Con la misura: Evangelii gaudium 179: La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2); e risponde alla misericordia divina verso di noi: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi è l’assoluta priorità dell’«uscita da sé verso il fratello» come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio. Per ciò stesso «anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza». 
 
I Lettura: Israele, per bocca di Daniele, confessa il suo peccato. Una accorata e umile preghiera, sincera e appassionata, ma venata di certa speranza: Dio è misericordioso e largamente perdona. La gioia ritornerà a splendere sul volto degli esiliati, i passi di uomini liberi si muoveranno nuovamente verso Gerusalemme, la città santa. Un ritorno ritmato dalla danza e dal canto gioioso di chi ha ritrovato la libertà
 
Vangelo
Perdonate e sarete perdonati.
 
Nuovo Grande Commentario Biblico (Queriniana): 35c-36 Visto nel contesto dei discepoli che condividono i propri beni con gli altri, il motivo della imitazione di Dio si traduce così: «Come Dio soccorre il mondo bisognoso con il dono gratuito della salvezza, [43:92-95] così i discepoli devono soccorrere i poveri della società con cuore generoso» (SECCOMBE, Possessions [® 23] 196).
37-39. Luca continua ad interpretare il materiale tradizionale di Q per mezzo del suo insegnamento sulla condivisione dei beni.
37c. perdonate e vi sarà perdonato: Veramente il verbo greco apolyein non andrebbe tradotto con «perdonare» (chi ti ha fatto torto), ma piuttosto «rimettere i debiti». Il verbo, infatti, come dimostra BAGD 96, ha una valenza economica; in questo senso è in linea con l’insegnamento lucano di 6,27- 39.
38. L’avvincente immagine del proprio grembo che non riesce a contenere una cascata di cose buone, illumina la risposta sovrabbondante di Dio alla generosa condivisione dei beni da pane degli umani. Con molte variazioni sull’unico tema della condivisione dei beni, Luca ha dato unità ai disparati materiali di 6,27-38 e ha attualizzato il significato delle beatitudini e dei «guai» per i discepoli e per gli aspiranti discepoli.
 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,36-38
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
 
Parola del Signore
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 36 Siate misericordiosi, come è misericordioso il vostro Padre; il vers. conclude in pari tempo la sezione precedente ed introduce quella seguente. In Matteo il vers. suona: «siate perfetti, come è perfetto etc.», in Luca al contrario si parla di misericordia. Dio è il modello della misericordia al quale si devono ispirare i discepoli; in Dio la misericordia deriva dalla sua bontà essenziale che si comunica a tutti gli esseri. Il seguace di Cristo sarà misericordioso con tutti, senza considerare chi ne è degno o meno. Anche i rabbini dicevano: «come il nostro Padre è misericordioso in cielo, così voi dovete essere misericordiosi sulla terra».
37 Non giudicate e non sarete giudicati; il precetto è formulato alla stessa maniera del primo evangelista; Luca tuttavia non si limita a questo semplice divieto in sé molto chiaro ed esplicito, ma lo sviluppa per tutto l’intero versetto e parte del seguente. In Matteo si legge una sola proibizione, in Luca invece si hanno due divieti e due precetti. La proibizione di giudicare il prossimo è considerata come un’applicazione della misericordia, della bontà e della dolcezza da usare verso gli altri. Non condannate; come per il giudizio, così anche per la condanna non si tratta di un procedimento giudiziario, ma di una critica negativa e di una condanna personale del prossimo. Rimettete e vi sarà rimesso, vale a dire: assolvete e sarete assolti; scagionate gli altri e sarete scagionati.
38 Date e vi sarà dato; siate generosi verso gli altri e Dio lo sarà verso di voi. Anche il dare si deve ispirare alla misericordia. Una misura piena, pressata etc.; il principio è illustrato con un’immagine, tratta dal mondo agricolo, che indica la sovrabbondanza della retribuzione nel cielo; la ricompensa celeste è così piena e abbondante come una misura che deborda per l’eccessiva quantità di grano riposto in essa. Vi sarà versata nelle pieghe (della vostra tunica); letteral.: nel vostro seno. Le pieghe della tunica o del mantello, formate dalla cintura, servivano da tasche per mettervi denaro e provviste. Poiché con la misura con la quale misurate etc.; la stessa affermazione ricorre anche in Matteo; tuttavia nei due testi paralleli il detto ha una differente puntualizzazione: in Matteo esso indica la severità del giudizio per colui che ha giudicato senza carità il prossimo; in Luca invece si mette in rilievo la sovrabbondanza della ricompensa promessa a coloro che hanno dato con larga generosità.
 
Jules Cambier e Xavier Léon-Dufour (Misericordia in Dizionario di Teologia Biblica): Il linguaggio corrente, determinato indubbiamente dal latino ecclesiastico, identifica la misericordia con la compassione od il perdono. Questa identificazione, quantunque valida, minaccia di velare la ricchezza concreta che Israele, in virtù della sua esperienza, poneva nel termine.
Per esso infatti la misericordia si trova alla confluenza di due correnti di pensiero: la compassione e la fedeltà.
Il primo termine ebraico (rahamim) esprime l’attaccamento istintivo di un essere ad un altro. Secondo i semiti questo sentimento ha sede nel seno materno (rehem: 1 Re 3, 26), nelle viscere (rahamim) - noi diremmo: il cuore - di un padre (Ger 31, 20; Sal 103, 13), o di un fratello (Gen 43, 30): è la tenerezza; esso si traduce subito in atti: in compassione, in occasione di una situazione tragica (Sal 106, 45), od in perdono delle offese (Dam 9, 9).
Il secondo termine (hesed), tradotto ordinariamente in greco con una parola che significa anch’essa misericordia (èleos), designa per sé la pietà, relazione che unisce due esseri ed implica fedeltà. Per tale fatto la misericordia riceve una base solida: non è più soltanto l’eco d’un istinto di bontà, che può ingannarsi circa il suo oggetto e la sua natura, ma una bontà cosciente, voluta; è anche risposta ad un dovere interiore, fedeltà a se stesso. Le traduzioni in lingue moderne delle parole ebraiche e greche oscillano dalla misericordia all’amore, passando attraverso la tenerezza, la pietà, la compassione, la clemenza, la bontà e persino la grazia (ebr. hen) che tuttavia ha un’accezione molto più ampia. Nonostante questa varietà, non è impossibile definire la concezione biblica della misericordia. Dall’inizio alla fine Dio manifesta la sua tenerezza in occasione della miseria umana; l’uomo, a sua volta, deve mostrarsi misericordioso verso il prossimo, ad imitazione del suo creatore.
VT - Il Dio delle misericordie - Quando l’uomo acquista coscienza di essere sventurato o peccatore, allora gli si rivela, più o meno netto, il volto della misericordia infinita.
In soccorso al misero - Incessanti risuonano le grida del salmista: «Pietà di me, o Signore!» (Sal 4, 2; 6, 3; 9, 14; 25, 16), oppure le proclamazioni di ringraziamento: «Rendete grazie a Jahve, perché eterno è il suo amore (hesed)» (Sal 107, 1), quella misericordia che egli non cessa di dimostrare nei confronti di coloro che gridano a lui nella loro miseria, i naviganti in pericolo, ad esempio (Sal 107, 23), nei confronti dei «figli di Adamo», chiunque essi siano. Egli infatti si presenta come il difensore del povero, della vedova e dell’orfano: sono i suoi privilegiati. Questa convinzione incrollabile degli uomini pii sembra trarre origine dall’esperienza che fece Israele in occasione dell’esodo. Quantunque il termine misericordia non si trovi nel racconto del fatto, la liberazione dall’Egitto è descritta come un atto della misericordia divina. La prime tradizioni sulla vocazione di Mosè lo suggeriscono nettamente: «Ho visto la miseria del mio popolo. Ho ascoltato le sue grida di aiuto... Conosco le sue angosce. Sono deciso a liberarlo» (Es 3, 7s. 16s). Più tardi, il redattore sacerdotale spiegherà la decisione di Dio con la sua fedeltà all’alleanza (6, 5). Nella sua misericordia Dio non può sopportare la miseria del suo eletto; è come se, contraendo alleanza con esso, egli ne avesse fatto un essere «della sua stirpe» (cfr. Atti 17, 28s): un istinto di tenerezza lo unisce a lui per sempre.
La salvezza del peccatore - Ma che avverrà se questo eletto si separa da lui con il peccato? La misericordia prevarrà ancora, purché egli non si indurisca; infatti, sconvolto dal castigo che il peccato esige, Dio vuol salvare il peccatore. Così, in occasione del peccato, l’uomo entra ancora più profondamente nel mistero nella tenerezza divina.
 
Perché l’uomo possa affrancarsi dal giogo del peccato, Gesù indica esplicitamente due strade. Innanzi tutto, guardare al Padre, - Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre -; guardare a Lui, fissare gli occhi sul suo cuore: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Poi, offrire il proprio corpo marcio alla incisione del divino chirurgo perché il pietoso medico possa incidere la carne in putrefazione e fare sprizzare il pus che avvelena il cuore e la mente dell’uomo. Perché nulla resti nel campo della teoria, Gesù chiede praticamente che l’uomo, vincendo se stesso, ami i suoi nemici; domanda di fare del bene e prestare senza sperare nulla in contraccambio; di essere misericordioso, di non giudicare, di non condannare, di perdonare, di dare abbondantemente: proposte tutte terribilmente concrete, opere che attraversano il quotidiano dell’uomo: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (Rom 10,8). Cristo non chiede cose spirituali o straordinarie, come la penitenza o la mortificazione, ma atteggiamenti concreti: la capacità nobile di relazionarsi con il prossimo; una vittoria totale sull’io e, infine, aprire il cuore, la mente, l’anima alla potente, vivificante azione dello Spirito Santo. In tal modo, Luca, con questa impareggiabile pagina, educa i missionari di tutti i tempi: coloro che portano la Parola non stiano a fantasticare, ma annuncino la vera, Buona Notizia che vuole sanare globalmente l’uomo: il Vangelo che promette il Paradiso e la beatitudine della pace già in questa terra, pace con se stessi, pace con il mondo circostante, pace con Dio (Lc 1,79; 2,14).
Il servo della Parola, colui che è mandato ad annunciare la Parola di Dio sino agli estremi confini della terra, se vuole assolvere fedelmente il suo mandato deve essere un uomo riconciliato con se stesso, con i fratelli e con Dio. E la riconciliazione ha unicamente il fragrante sapore dell’amore.
 
Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio: «Non è vostro fratello - egli dice - che voi condannate, ma voi stessi; siete voi che vi preparate un temibile tribunale, davanti al quale dovrete rendere conto rigoroso del vostro comportamento. Come Dio ci perdonerà i nostri peccati nella misura in cui noi avremo perdonato agli altri, così anche ci giudicherà nella misura in cui avremo giudicato gli altri. Non dobbiamo, quindi, né ingiuriare, né insultare coloro che peccano, ma dobbiamo avvertirli. Non bisogna dirne male e diffamarli, ma consigliarli. Dobbiamo correggerli con amore e non insorgere contro di loro con arroganza. Se trattate il vostro prossimo senza rispetto e senza pietà quando dovrete decidere dei suoi errori e determinare le sue colpe, non sarà lui, ma voi a essere condannati all’estremo supplizio» (Giovanni Crisostomo, In Matth., 23,1s.).
 
Il Santo del giorno - 17 Marzo 2025 - Santa Gertrude di Nivelles: Figlia di Pipino di Landen, signore nel Brabante e antenato di Carlo Magno, alla morte del padre (639) si fa monaca con la madre Itta e la sorella Begga. La madre fonda un monastero “doppio”, di uomini e donne, governati tutti dalla badessa. E badessa è Itta, fino alla morte (652). Le succede Gertrude, che accetta il titolo, ma lascia a un frate il potere effettivo e riserva a sé il compito di istruire monaci e monache. Chiama dall’Irlanda monaci dotti nelle Scritture e manda gente a Roma per rifornire la comunità di libri liturgici. Fu presto circondata dall’aureola di santa. Ma il suo vero prodigio fu la pace portata tra le famiglie signorili locali, divise da eterni scontri che per la gente portavano solo saccheggi, razzie di ostaggi e anni di miseria. Quando muore, a 33 anni nel 659, la venerazione è immediata. Il suo corpo viene deposto in una cappella che poi ingrandita, abbattuta e ricostruita diventerà basilica. (Avvenire)
 
Ci purifichi da ogni colpa, o Signore,
questa comunione al tuo sacramento
e ci renda partecipi della gioia eterna.
Per Cristo nostro Signore.