15 Marzo 2025
 
Sabato I Settimana di Quaresima

Dt 26,16-19; Salmo Responsoriale Salmo 118 (119); Mt 5,43-48
 
Colletta
Padre di eterna misericordia,
converti a te i nostri cuori,
perché nella ricerca dell’unico bene necessario
e nelle opere di carità fraterna
siamo sempre consacrati alla tua lode.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Vocazione universale alla santità - Lumen Gentium 40: Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,12). I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. Li ammonisce l’Apostolo che vivano « come si conviene a santi » (Ef 5,3), si rivestano «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza » (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Gal 5,22; Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc 3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: «Rimetti a noi i nostri debiti» (Mt 6,12).
È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l’esempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi.
 
I Lettura: La cornice del brano veterotestamentario è il secondo discorso di Mosè che giungerà al suo termine al 28mo capitolo (v. 68). Il “codice deuteronomico, che precede, è il documento dell’alleanza presentata come un contratto; Jahve sarà il Dio di Israele e Israele sarà il suo popolo, a condizione che osservi i comandi. Le benedizioni e le maledizioni [c 28] saranno la sanzione dell’osservanza di questo contratto” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
 Siate perfetti come il Padre vostro celeste.
 
Se il mondo afferma che praticare il Vangelo è impossibile, per la sua mentalità, a volte amorale, ha ragione.
Nel Vangelo di oggi, Gesù indica due mete, difficili, ma non inattuabili da raggiungere. La prima meta è “amare i nemici e pregare per i persecutori”. Nemici e persecutori sono lupi che divorano, distruggono i beni più dell’uomo, come la gioia e la pace. Non è facile sradicare dal cuore il rancore, la rabbia, l’odio, ma vi è un farmaco che può fare tutto questo, ed è la Parola di Dio: “Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2Tm 3,17-17).
Ma non è da dimenticare anche questo severo monito: “Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6,14-15).
La seconda meta è “essere perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Anche qui dobbiamo fare ricorso alla Parola di Dio. Gesù suggerisce di essere “perfetti” come il Padre suo, ma indica anche il “come” possiamo essere perfetti: “come” il Padre nostro che è nei cieli il quale “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. È la “via” della imparzialità, della giustizia, in definitiva, la via dell’amore: amare come Dio ama gli uomini ed elargisce i suoi beni e i suoi doni sia ai buoni che ai cattivi, a questi ultimi in vista di una loro sincera conversione, perche Egli non gode “della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33,11).
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,43-48
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
 
Parola del Signore.
 
Felipe F. Ramos (Commento della Bibbia Liturgica): Nell’Antico Testamento (Lv 19,18), è formulata la legge dell’amore verso il prossimo, anche se il concetto di prossimo era limitato ai membri del popolo d’Israele e a tutti quelli che, in qualche modo, erano stati incorporati a questo popolo. Lia seconda parte del precetto: «odierai il tuo nemico» non è scritta in nessuna parte della Bibbia. I giudei l’avevano dedotta, a modo di conclusione, dalla prima parte: tutti quelli che non appartenevano al popolo di Dio, erano idolatri e, quindi, nemici di Dio. Ora, siccome i giudei non conoscevano nessuna mezza misura fra l’amore e l’odio, il sentimento che provavano per i non giudei l’avevano formulato in termini di odio.
Gesù eleva il principio dell’amore al prossimo a categoria universale, senza fare nessun genere di distinzione.
Non fare così vuol dire restare al livello dei pubblicani che, per solidarietà, erano uniti fra loro e si amavano, o al livello dei pagani. E partendo da questo principio accettato dai giudei: «si deve imitare la condotta di Dio», Gesù stabilisce il principio dell’amore universale. Dio non fa distinzioni, fa sorgere il sole per tutti. È una nuova visione e una nuova interpretazione di Dio, poiché i giudei erano convinti di avere preferenze e quasi l’esclusiva davanti a lui.
L’ultima prescrizione, in forma imperativa, riguarda la perfezione: una perfezione che consiste nel fatto che la nostra vita e la nostra attività costituiscano un’unità tutta per Dio, senza stabilire distinzioni o divisioni nel campo della vita umana.
 
Siate perfetti … - Gaudete et Exultate - Più vivi, più umani - 32. Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere. Dipendere da Lui ci libera dalle schiavitù e ci porta a riconoscere la nostra dignità. Questa realtà si riflette in santa Giuseppina Bakhita, che fu «resa schiava e venduta come tale alla tenera età di sette anni, soffrì molto nelle mani di padroni crudeli. Tuttavia comprese la verità profonda che Dio, e non l’uomo, è il vero padrone di ogni essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande saggezza per questa umile figlia d’Africa».
33. Ogni cristiano, nella misura in cui si santifica, diventa più fecondo per il mondo. I Vescovi dell’Africa Occidentale ci hanno insegnato: «Siamo chiamati, nello spirito della nuova evangelizzazione, ad essere evangelizzati e a evangelizzare mediante la promozione di tutti i battezzati, affinché assumiate i vostri ruoli come sale della terra e luce del mondo dovunque vi troviate».
34. Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita «non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi».
 
Amare i nemici e pregare per i persecutori, porgere l’altra guancia, sono delle postazioni di osservazione dalle quali il credente osserva ogni situazione, anche la più drammatica, con gli occhi di Dio e la interpreta con misericordia, imitando la misericordia di Dio: Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste (Lc 6,36). Una cabina di regia per leggere fatti, avvenimenti con il cuore in mano, un cuore che si fa carne pietosa rifiutando di aprirsi alla vendetta o dimenticando di chiedere gli interessi o slanciandosi in soccorso caritatevole verso i più bisognosi, i più indigenti, i più poveri. Una scelta di campo che spezza la spirale della violenza, che annichilisce ogni interpretazione farisaica della Legge di Dio, che stempera lo zelo divenuto eccessivo, che soffoca quell’estremismo religioso che ama brandire la spada. San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene... Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto… Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti... se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rom 12,9-21). Il modello di queste norme etiche si trova in Gesù, autore e perfezionatore della fede (cfr. Eb 12,2), soprattutto nei diversi episodi della sua terrificante passione: quando reagisce con imperturbabilità e fermezza alle percosse durante il processo ebraico (Gv 18,23), quando non fugge dinanzi alla marmaglia che era venuta per arrestarlo e impedisce a Pietro di usare la spada per difenderlo (Gv 18,4-10), quando perdona i carnefici (Lc 23,34) e accoglie nel suo Regno il buon ladrone (Lc 23,40). E sappiamo che a tenerlo confitto in Croce fu l’amore per gli uomini (Gv 13,1; 15,13).
San Tommaso d’Aquino ci dice appunto che la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Infatti, chiunque «vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù è assente dalla croce». Dunque, la via da battere per vivere la Legge nuova è quella del Calvario, difatti se «cerchi un esempio di carità... Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce... Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso... Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene... Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele...» (San Tommaso d’Aquino).
Solo chi si fa inchiodare sulla Croce del Cristo può vivere la sua Parola, altrimenti tutto è pura follia.
 
Cassiano Giovanni (Conferenze, 21,33): Chi ha raggiunto la vetta della perfezione evangelica sta al di sopra di tutta la legge per il merito di sì grande virtù. Guardando dall’alto in basso come cosa di poco conto tutto ciò che Mosè ha ordinato, egli riconosce di vivere sotto la grazia del redentore, per il cui aiuto, lo sa bene, egli è giunto a questo stato eccelso. Non regna perciò in lui il peccato, perché l’amore di Dio, riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo [Rm 5,5) che ci è stato donato, esclude ogni inclinazione a qualsiasi altra cosa. Egli perciò non può desiderare quel che è proibito né disprezzare ciò che è comandato, perché tutta la sua tensione, tutti i suoi desideri sono rivolti all’amore di Dio ed egli è così poco preso dal piacere delle cose terrene, che non se ne serve neppure se permesse.
 
Il Santo del giorno - 15 Marzo 2025 - Santa Luisa de Marillac, Vedova  e Religiosa: Luisa (Ludovica) nasce nel 1591 a Ferrieres e ha un’infanzia agiata. Dopo il 1604, morto il padre, viene tolta dal regio collegio e affidata a una «signorina povera» (forse sua madre), che l’avvia al lavoro. In questo periodo matura il proposito di farsi religiosa. Ma i parenti la danno in sposa nel 1613 allo scudiero e segretario di Maria de’ Medici, Antonio Le Gras. I frequenti colloqui con Francesco di Sales, incontrato la prima volta a Parigi nel 1618, aiutano Ludovica a superare le proprie sofferenze. Poi nel 1624, grazie all’incontro con Vincenzo de’ Paoli, diventa cofondatrice dell’Istituto delle Figlie della Carità. Poco dopo, nel dicembre 1625, morto il marito ed entrato in seminario il figlio Michele, accoglie in casa sua le prime giovani venute dal contado per mettersi al servizio dei poveri, in collaborazione con le Dame della Carità. Era il primo nucleo della nuova congregazione, dai lei guidata fino alla morte, avvenuta nel 1660. (Avvenire)
 
Non manchi mai la tua benevolenza, o Signore,
a coloro che nutri con questi divini misteri,
e poiché ci hai accolti alla scuola della tua sapienza,
continua ad assisterci con il tuo paterno aiuto.
Per Cristo nostro Signore.
 
ORAZIONE SUL POPOLO ad libitum

Scenda sui tuoi fedeli, o Signore,
la benedizione che invocano
e confermali nei santi propositi,
perché non si separino mai dalla tua volontà
e rendano sempre grazie per i tuoi benefici.
Per Cristo nostro Signore.